SOGNO DI BALLERINA



LA DANZA

STORIA

EPISTOLARI E LETTERE

 

LE NUOVE IDEE SUL BALLETTO IN UNA LETTERA SCRITTA DA MIKHAIL FOKINE IL 6 LUGLIO 1914 AL "THE TIMES"

 

Al Direttore del "The Times", 6 luglio 1914

Egregio Direttore,

sono estremamente grato alla stampa inglese per l’attenzione che ha voluto prestare al “Balletto russo”, che si sta presentando al Drury Lane Theatre, ma allo stesso tempo vorrei far rilevare alcuni errori in cui è incorsa sia riguardo la storia di tale genere di balletto che riguardo ai principi sui quali si basa.

Alcuni credono erroneamente che questa nuova scuola d’arte, sorta solamente durante gli ultimi sette anni, altro non sia che il balletto tradizionale, che esiste tuttora nei teatri imperiali di Pietroburgo e di Mosca, mentre altri pensano che questa scuola trovi origine nei principi della Isadora Duncan opportunamente sviluppati, mentre in realtà il nuovo balletto russo non ha nulla a che fare, quanto ai suoi principi, né col vecchio balletto russo né con l’arte della grande ballerina. 

Le vecchie convenzioni

Il vecchio balletto sviluppò il genere della danza cosiddetta “classica”, la quale consciamente preferiva a qualsiasi altro stile di danza quella artificiosa sulle punte, i piedi voltati in fuori, i corti tutù, i corpi strettamente inguainati nei corsetti e nelle maglie e un ben preciso sistema di passi, gesti ed atteggiamenti. La Duncan rifiutò questo genere di balletto ed introdusse un genere suo completamente diverso del precedente. Introdusse la danza naturale in cui il corpo del ballerino. Libero dalla schiavitù delle scarpette di seta e dagli impedimenti del costume di rito si svincolò anche dai passi tradizionali. La Duncan basò la sua danza sui movimenti naturali e sulla più naturale fra tutte le forme di danza, quella degli Antichi Greci.

Il nuovo balletto, pur riportando anch’esso le convenzioni del vecchio balletto, non può tuttavia essere considerato come una conseguenza delle innovazioni della Duncan. Ogni forma di danza è buona se riesce ad esprimere il soggetto cui la danza si riferisce; e la forma è tanto più naturale quanto più si plasma e risponde allo scopo del ballerino. Sarebbe del tutto innaturale rappresentare una danza greca di baccanti con passetti di danza sulle punte o rappresentare una caratteristica danza spagnola correndo e saltando avvolti in una tunica greca e cadendo in atteggiamenti ripresi dalle pitture degli antichi vasi greci. Nessuna forma di danza dovrebbe venire accettata per una e per tutte. Traendo i suoi soggetti dai più svariati periodi storici, il balletto deve poter creare forme corrispondenti ai vari periodi rappresentati. Non sto parlando qui di esattezza etnografica ed archeologica, ma di corrispondenza tra lo stile della danza e i suoi gesti con lo stile dei periodi rappresentati. Nei secoli l’uomo ha ripetutamente cambiato il suo linguaggio plastico ed ha espresso le sue gioie e le sue pene mediante grande varietà di forme, spesso di estrema bellezza. Giacchè l’uomo è infinitamente vario e l’espressività umana dei gesti non può essere ridotta ad una sola formula.

L’arte del vecchio balletto volgeva le spalle alla vita e a tutte le altre arti per racchiudersi in un ristretto cerchio di tradizioni. Secondo il vecchio sistema, volendo creare un balletto, il maestro di ballo componeva le sue danze combinando assieme alcuni movimenti e pose, ormai accettati, e per le scene mimiche usava gesti convenzionali, tentando, mediante i gesti delle mani del ballerino, di stabilire le parti, affinché l’intreccio del balletto potesse riuscire chiaro allo spettatore. 

Le nuove idee 

Nel nuovo balletto, invece, l’azione drammatica si esprime con danze e mimica in cui tutto il corpo, anzi, ogni sua parte ha un suo ruolo. Per creare un quadro stilistico il maestro di danza della nuova scuola deve studiare, in primo luogo, le danze nazionali delle nazioni presentate, giacchè le danze differiscono da nazione a nazione, e spesso esprimono lo spirito di tutta una razza; e in secondo luogo deve studiare l’arte e la letteratura del periodo in cui è localizzata l’azione. La nuova scuola, pur riconoscendo i pregi indiscutibili del vecchio balletto e della danza di Isadora Duncan in tutti quei casi ove l’azione si plasma al soggetto da trattare, si rifiuta di accettare qualsiasi forma come fine a sé stessa ed esclusiva,

Se guardiamo ai capolavori della pittura e della scultura dal punto di vista del coreografo vecchia scuola che non vede nulla al di fuori dei canoni del movimento tradizionale e della danza con le punte in fuori, troveremo che le figure in marmo dei greci stanno in atteggiamenti del tutto sbagliati, nessuno di loro volge in fuori le piante dei piedi o tiene le mani nella posizione richiesta dai canoni dell’arte del balletto. Egualmente errate, dal punto di vista del maestro di ballo vecchio stile, sono le maestose figure di Michelangelo e le espressive figure delle pitture del Rinascimento, per non parlare poi delle creazioni di Raffaello e di tutta l’arte moderna da Rodin in poi. Se dobbiamo rispettare i canoni del vecchio balletto, dobbiamo sdegnare tesori di bellezza accumulati dal genio umano durante migliaia di anni, e dichiarare questi tesori di bellezza tutti sbagliati.

Se guardiamo dal punto di vista della danza naturale della Duncan i fantastici atteggiamenti delle statue che ornano i templi indiani, le figure severamente belle dell’Egitto, dell’Assiria e di Babilonia, le poetiche miniature della Persia, le acqueforti della Cina e del Giappone, l’arte della Grecia preistorica, le immagini nei libri dei racconti fantastici e nelle fiancate dei vecchi vascelli russi, tutti sono molto lontani dai movimenti naturali dell’uomo e non possono essere avvicinati ad alcuna teoria di danza naturale e libera. E tuttavia sono ricchi di infinita bellezza, di un’immensa varietà di gusto e sono chiare espressioni del carattere e degli ideali delle varie nazioni che li hanno prodotti. Abbiamo noi il diritto di rifiutare tutta questa bellezza e varietà di forma, in nome dell’amore per l’aderenza ad una singola formula? No. 

I cinque principi 

Primo compito del nuovo balletto è di non formare combinazioni di passi di danza già prefissi e stabiliti, ma di creare in ciascun caso una nuova forma corrispondente al soggetto, ossia la forma più espressiva possibile per la rappresentazione di un periodo e del carattere della nazione prescelta.

Secondo principio è che la danza e la mimica non hanno alcun significato in un balletto a meno che servano ad esprimere la sua azione drammatica, e si deve evitare di usarle come semplice divertissement o riempitivo, senza alcuna relazione con lo schema di tutto il balletto.

Terzo punto è che il nuovo balletto ammette l’uso del gesto convenzionale solo ove ciò sia richiesto dallo stile del balletto e in tutti gli altri casi ceca di sostituire i gesti delle mani con la mimica di tutto il corpo. L’uomo può e deve essere espressivo dalla testa ai piedi.

Quarto punto è la possibilità espressiva dei gruppi e dei complessi di danza. Nei balletti antichi si formavano dei gruppi di ballerini solo a scopo di ornamento, ed il maestro di ballo non si curava dell’espressione di un sentimento nei gruppi di carattere o in danze di insieme. Invece il nuovo balletto, sviluppando il principio dell’espressività, partendo dall’espressività del viso, risale all’espressività di tutto il corpo e dall’espressività del corpo individuale all’espressività di un gruppo di corpi e all’espressività della danza combinata di una massa.

Quinta caratteristica è l’alleanza della danza con altre arti. Il nuovo balletto, rifiutandosi di essere sciavo della musica o della decorazione scenica, ed alleandosi con le altre arti solo a condizione di una completa eguaglianza, permette la perfetta libertà sia all’artista scenico che al musicista. Contrariamente al vecchio balletto, non richiede al compositore una “musica per balletto” come accompagnamento alla danza; accetta musica di qualsiasi genere, purchè sia buona ed espressiva. Non richiede al coreografo di mettere in catalogo le ballerine dalla vestina corta e le scarpette rosa. Non impone specifiche condizioni di “balletto” né al compositore né all’artista decoratore, ma lascia libertà completa alle loro possibilità creative.

 

Queste le caratteristiche fondamentali del nuovo balletto. Se gli ideali non sono ancora stati completamente realizzati, i programmi sono in ogni modo ben delineati e dichiarati, tanto d’aver creato una scissione non solo nel pubblico e nella stampa, ma anche tra i componenti del balletto di Pietroburgo, che si sono divisi in due gruppi opposti, conducenti infine alla creazione di quel “Balletto Russo” che visita tutti i paesi stranieri ed è spesso scambiato per il tradizionale Balletto Russo che continua tuttora ad esistere a Mosca ed a Pietroburgo.

Nessun artista può mai dire quanto il suo lavoro risenta dell’influenza degli altri e in che misura sia frutto solo del suo genio. Quindi non si può giudicare quanto le vecchie tradizioni abbiano influenzato il nuovo balletto e in che modo i nuovi ideali della Duncan vi siano riflessi. Pur rimanendo aderente ai suddetti principi del nuovo balletto nel comporre i lavori che, assieme al vecchio balletto “Le Lac des Cygnes”, costituiscono il repertorio del “Balletto Russo” di Drury Lane, ero non solo sotto l’influenza degli artisti dei periodi storici rappresentati, ma deliberatamente cercai di far sentire tale influenza. Quando volli comporre un antico balletto greco, ho dovuto studiare gli artisti della vecchia Grecia; quando ho prodotto “Le Cocq d’Or”, ho studiato i vecchi popolari libri di favole russe e le fiancate dei velieri; e quando ho prodotto “Shéhérazade”, “Cleopatra”, “Le Spectre de la Rose” e le danze polacche del “Principe Igor”, in ciascun caso ho fatto uso di differenti materiali particolarmente adatti al balletto che dovevo trattare. 

Distinti saluti.

                                                                                  Michel Fokine


 

 

PENSIERO DI SERGE DIAGHILEV SULLA DANZA E SULLA MUSICA IN UNA LETTERA INDIRIZZATA AL DIRETTORE DEL "THE TIMES" IL 13 LUGLIO 1929

Egregio Direttore, 

più il mondo si muove, meno movimento vi troveremo? I popoli possono combattere guerre mondiali, gli imperi possono sfasciarsi e sorgere, può nascere una colossale Utopia, ma le innate tradizioni dell’Umanità rimangono le medesime: Le rivoluzioni sociali scardinano dalle piazze le statue politiche, ma non possono nulla contro quella parte dello spirito umano che aspira alla bellezza. Al contrario, in simili momenti non si ha il tempo di occuparsi di problemi estetici. Presentemente ci troviamo in un periodo del genere, in un momento in cui l’intelligenza individuale e il genio umano, sempre vivi e presenti, entrano come un microbo nel sistema umano, ma ad essi è rifiutato qualsiasi sostegno.

Il nostro secolo si interessa senza tregua dei nuovi “Movimenti meccanici”, ma allorché sopravvengono nuovi “Movimenti artistici”, la gente sembra spaventata dalla possibilità di venire da questi trascinata più di quanto non si preoccupi di essere trascinata da una motocicletta. La società dovrà riconoscere che i miei esperimenti, che oggi appaiono dannosi , domani diventeranno indispensabili. La disgrazia dell’arte è che ciascuno crede di avere il diritto di dare il suo giudizio. Quando uno scienziato inventa una macchina elettrica, solo gli esperti possono assumersi il diritto di criticare, ma quando io invento la mia macchina artistica, tutti, senza alcuna cerimonia, mettono il dito nelle parti più delicate della macchina e la fanno andare ciascuno secondo il proprio cervello.

Ma veniamo ai fatti.

Il nuovo genere di apprezzamento per i miei “spettacoli” odierni è una serie di esclamazioni tipo: “Che strano”, “che stravagante”, “che repellente” spettacolo, e le nuove definizioni per la coreografia solo “atletica” e “acrobatica”. Lo spettacolo prima di tutto deve essere “strano”. Posso immaginarmi la meraviglia delle persone che hanno veduta la prima lampada elettrica, che hanno ascoltato la prima parola al telefono. La mia prima campana elettrica per il pubblico inglese  è stata la presentazione della danze polovtziane del Principe Igor. Il ristretto pubblico non potè allora tollerare quella selvaggia ed acrobatica eccentricità e scappò via. E ciò non avvenne molti anni fa; si era semplicemente nel 1911 al Covent Garden. Proprio in quel medesimo teatro nel 1929 i critici annunciavano che i miei ballerini si erano trasformati in “atleti” e le mie parti coreografiche erano “pura acrobazia”.

Non ho qui spazio sufficiente per discutere questa grave questione nei suoi dettagli, ma riassumo in poche parole: la danza classica non è mai stata e non è il Balletto Russo. La sua culla è stata la Francia; si è sviluppata in Italia ed è stata conservata solo in Russia. A fianco della danza classica è sempre esistita la danza nazionale e caratteristiche che si è poi trasformata nel Balletto Russo. Non conosco un solo movimento classico nato dalle danze folcloristiche russe.. Perché dovevamo trarre la nostra ispirazione dal minuetto della Corte francese e non dalle danze dei contadini russi? Quel che sembra a voi acrobatico non è che il nostro passo di danza nazionale e usare questo termine significa usare una terminologia da dilettanti. In verità lo sbaglio va molto più al di là, perché è stata indubbiamente la scuola italiana classica ad introdurre nella danza l’elemento acrobatico. I più raffinati trucchi acrobatici sono proprio la danza sulle punte, il “doppio giro in aria”, accanto alle classiche “Pirouettes in fuori” e le odiose “32 Fouettés”, e proprio in questi casi si dovrebbe tacciare la danza di acrobatismo. Nelle plastiche figure di Balanchine nel Prodigal Son ci sono molto meno acrobatismi che nel classico finale Pas de deux in “Aurora’s Wedding”.

Il prossimo lunedì presenterò al pubblico due nuovi generi. Per la prima volta Lifar ha l’incarico di creare le danze; a lui si deve la coreografia di Renard e proprio in quel caso si è parlato la prima volta di balletto acrobatico. Non è questo il principio di Lifar, ma d’altra parte questo è l’unico modo e la sola forma per poter esprimere la musica acrobatica di Strawinsky. Strawinsky è senza dubbio l’acrobata del suono, come Ricasso è l’acrobata del disegno. Vari elementi costruttivi si sono introdotti nel campo dell’acrobatismo, e “Costruttivismo” nella pittura, nella musica e nella coreografia sono la pazzia del giorno.

Le forme cambiano. Nella pittura e nella scenografia questa pazzia sta declinando. Ma nella musica, in cui eravamo pieni di impressionismo e neo-sentimentalismo, e nella coreografia, in cui ci si inchinava riverenti alla danza classica, il “costruttivismo” ha acquistato una forza straordinaria. A Parigi abbiamo appena attraversato un periodo scandaloso riguardo la musica. E’ stato il periodo della cinica semplicità sentimentale. Cominciò con il culto di Gounod, Tchaikowsky e Donizetti. E’ finito con i pastiches di Goddard e di Lecoq. Melodie senza alcuna scelta preliminare furono imposte come principio inevitabile e la povera musica affogò in una forma di banalità, superiore perfino alle ballate per gentildonne della fine del diciottesimo secolo. Per questa ragione  accetto tutto ciò che può aiutarci a dimenticare i fatali errori del “mercato internazionale di Parigi”. Il mio giovane compatriota Igor Markevitch suonerà per la prima volta il suo concerto per pianoforte. Egli ha solo sedici anni. La sua musica mi è cara, perché vedo in essa la nascita stessa di quella nuova generazione che può sollevare una protesta contro le orge  parigine di questi ultimi anni.  Evidentemente Markevitch e quanti pensano come lui cadono in un altro estremo; qualsiasi sentimentalismo melodico è assente dalle loro produzioni. Markevitch comincia con estrema durezza di composizione, non tollera alcun compromesso. L’insistenza del suo ritmo dinamico è particolarmente sorprendente, considerata la sua età, e tutti i suoi temi sono ben nascosti in accorgimenti contrappuntistici. La sua musica è vicina al piacere.

Lifar ha il medesimo senso costruttivo e lo stesso terrore del compromesso. Sulla copertina della partitura del Renard, Strawinsky ha scritto: “Questo balletto deve essere eseguito da buffoni, acrobati e ballerini”: Lifar ha preso ballerini e veri acrobati da circo e il compito del coreografo è stato di combinare la plasticità del circo con gli artifizi della danza, mentre Strawinsky costringe il basso a cantare con una voce in falsetto ed esprime il sentimentalismo della volpe con i suoi bei piatti da restaurant. Probabilmente il pubblico e i critici si annoieranno alle rappresentazioni dei miei due giovani amici, ma entrambi sono dei “debuttanti” e non hanno alcuna paura di essere considerati tali.

Più il mondo si muove, meno movimento troviamo in esso!

 

                                                                                              Serge Diaghilev

 

 

DA "LETTRES SUR LA DANSE" DI JEAN-GEORGES NOVERRE (1727-1810) CHIUSURA DELLA LETTERA XIII "REGOLE DA SEGUIRE NELLA COMPOSIZIONE DEI BALLETTI"

 

Converrò che l’esecuzione meccanica di questa arte è portata ad un grado di perfezione che non lascia nulla a desiderare; aggiungerò anche che talvolta essa ha delle grazie, ma la grazia non è che una piccola parte delle qualità che deve avere.

I passi, la facilità ed il brillio del loro coordinamento, l’equilibrio, la stabilità, la rapidità, la precisione, ecco ciò che chiamo il meccanismo della danza. Quando la leggerezza, le opposizioni delle braccia con le gambe, tutti questi elementi non hanno una giustificazione spirituale, quando il genio non guida quei movimenti e il sentimento e l’espressione non prestano loro energia capace di commuovermi e di interessarmi, io applaudo allora l’abilità, ammiro l’uomo-macchina, rendo giustizia alla sua forza ed agilità; ma egli in nessun  modo mi commuove, non mi intenerisce e non mi provoca maggior sensazione che la disposizione delle parole seguenti: “Fait…pas le…la honte… non  …crime… et….l’échafaud”. Tuttavia le stesse parole, ordinate dal grand’uomo, compongono questo bel verso del Conte d’Essex: “Le crime fait la honte et non pas l’échafaud”.

Da questo confronto si deve dedurre che la danza racchiude in sé quanto è necessario al bel linguaggio e che non basta conoscere l’alfabeto. Che un uomo di genio disponga le lettere, formi e leghi fra loro le parole, e la danza cesserà di esser muta, parlerà con tanta forza quanta energia e i balletti allora divideranno con i migliori lavori del teatro la gloria di intenerire, di commuovere fino alle lacrime e di sedurre, divertire e piacere nei generi meno seri. La danza abbellita dal sentimento e seguita dal genio, riceverà, infine, con gli elogi e gli applausi che tutta Europa accorda alla poesia e alla pittura, i riconoscimenti di cui queste sono onorate.