Vino Nero d'Avola, adesso è il momento di tutelarlo                            di Luigi Salvo     

Quando una quindicina di anni fa, iniziai a descrivere ed ad elogiare l’antico vitigno Nero d’Avola ed i vini di rango che ne derivavano, “u Calabrisi” chiamato così in dialetto, era ben lontano "dall’esplodere come fenomeno" ed era un vino apprezzato non da molti al di fuori dei confini regionali. Qualche anno dopo, nella Guida ai Migliori Vini di Sicilia che pubblicai nel 1999, ne menzionai otto in purezza e quarantacinque in blend, oggi la situazione è completamente cambiata, sono oltre cinquecento le aziende che imbottigliano Nero d’Avola, vengono prodotti, tra monovarietali e blend oltre un migliaio di etichette, e sono tanti purtroppo, i vini che riportando la dicitura Nero d’Avola “come specchietto per le allodole”, sono imbottigliati fuori dalla Sicilia. Per me è sicuramente un piacere, costatare che miei articoli e giudizi sul più nobile vitigno siciliano, sono riportati nei siti dei migliori produttori ( vedi alcuni es.1 2 3) ed anche il sito ufficiale creato appositamente per la sua promozione comprende un mia presentazione del vitigno, ma ritengo che oggi, la vera priorità più che l’elogio critico o degustativo, sia un 'altra, dopo l’impegno verso la selezione clonale, è necessario chiedere a gran voce che la produzione da questo vitigno sia tutelata e regolamenta, se non vogliamo permettere che dopo la crescita in termini di consensi e vendita, adesso si continui in modo indiscriminato a svilirne il prestigio.

Per la stesura delle schede della Guida dei Vini Buoni d’Italia 2008, Nero D’avola in purezza, che mi piace chiamare “possibili” ne ho degustati più di un centinaio, ma come già ebbi modo di scrivere “la grandezza e la piacevolezza del vino è insita nella sua varietà e quindi nella sua diversità, la globalizzazione che è ormai entrata nel mondo del vino, ha portato inevitabilmente ad una omologazione delle produzioni, con una riduzione delle tipicità, questo fenomeno colpisce anche il Nero D'Avola, a causa della crescita esponenziale della produzione imbottigliata.I vini di nuova concezione, (tranne rari casi, Feudo Montoni, Gulfi, Benanti, Morgante, Donnafugata e pochi altri tutti ad onor del vero membri di Assovini Sicilia) ricordano sempre meno i loro padri, il grande Duca Enrico del 1987 ed i primi Rosso del Conte, e sempre più quelli di altre zone vinicole, sia per una scelta che porta ad un uso eccessivo del legno, o per un'iperconcentrazione che non dà né finezza né eleganza, vini che spesso esportati, diffondono nel mondo la terra d'origine, ma che in realtà esprimono ben poco delle loro vere radici”.

Purtroppo c’è anche di più, trovandomi al nord Italia o all’estero spesso mi capita di trovare bottiglie di Nero D’Avola con etichette mai viste, dai nomi spudoratamente “sicilianizzanti”, all’interno delle quali l’uva del nobile vitigno probabilmente non vi entrata neanche per 1%, per non parlare delle descrizioni organolettiche frutto dell'assaggio di questi prodotti, in vero spesso al limite della potabilità. Diciamolo francamente, per il bene della produzione siciliana, la presenza di questi vini non è più assolutamente tollerabile.

Luigi Salvo

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