Guido Cavalcanti
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Guido Cavalcanti, nato qualche anno prima di Dante, fu il rappresentante
più valido della lirica stilnovistica a Firenze, e Dante compì i suoi primi
esperimenti poetici sull'esempio dell'amico ("Guido, i' vorrei", Rime, sonetto
LII).
Guido, esponente di una famiglia di antica nobiltà, non potè, proprio
per questo, come prescrivevano gli Ordinamenti di Giustizia, accedere alle
cariche pubbliche, ma prese ugualmente parte alle vicende politiche della città
fino a quando venne esiliato a Sarzana in seguito a gravi disordini scoppiati in
città, proprio quando, nel 1300, Dante ricopriva la carica di priore.
Alla
fine dell'estate dello stesso anno, la malattia lo portò alla morte poco dopo il
rientro in patria.
Guido aveva fama di filosofo epicureo e di ateo, come
risulta da una novella del Boccaccio (Decameron, giornata VI, nov. 9). Dalla
testimonianza di Dante e dai suoi scritti risulta l'adesione alla dottrina
averroistica.
Fresca rosa novella,
piacente primavera,
per prata e per
rivera
gaiamente cantando,
vostro fin presio mando - a la
verdura.
Lo vostro presio fino
in gio' si rinovelli
da grandi e da
zitelli
per ciascuno camino;
e cantine gli auselli
ciascuno in suo
latino
da sera e da matino
su li verdi arbuscelli.
Tutto lo mondo
canti,
po' che lo tempo vene,
sì come si convene,
vostr' altezza
presiata:
ché siete angelicata-criatura.
Angelica sembranza
in voi,
donna, riposa:
Dio, quanto aventurosa
fue la mia disianza!
Vostra
cera gioiosa,
poi che passa e avanza
natura e costumanza,
ben è mirabil
cosa.
Fra lor le donne dea
vi chiaman, come sete;
tanto adorna
parete,
ch'eo non saccio contare;
e chi poria pensare - oltra
natura?
Oltra natura umana
vostra fina piasenza
fece Dio, per
essenza
che voi foste sovrana:
per che vostra parvenza
ver' me non
sia lontana;
or non mi sia villana
la dolce provedenza!
E se vi
pare oltraggio
ch' ad amarvi sia dato,
non sia da voi blasmato:
ché
solo Amor mi sforza,
contra cui non val forza - né misura.
Se m'ha del tutto obliato Merzede,
già però Fede - il cor non
abandona,
anzi ragiona - di servire a grato
al dispietato -
core.
E, qual sì sente simil me, ciò crede;
ma chi tal vede - (certo
non persona),
ch'Amor mi dona - un spirito 'n su' stato
che, figurato, -
more?
Ché, quando lo piacer mi stringe tanto
che lo sospir si
mova,
par che nel cor mi piova
un dolce amor sì bono
ch'eo dico:
"Donna, tutto vostro sono".
Veggio negli occhi de la donna mia
un lume pien di spiriti d'amore,
che
porta uno piacer novo nel core,
sì che vi desta d'allegrezza
vita.
Cosa m'aven, quand' i' le son presente,
ch'i' no la posso a lo
'ntelletto dire:
veder mi par de la sua labbia uscire
una sì bella donna,
che la mente
comprender no la può, che 'mmantenente
ne nasce un'altra di
bellezza nova,
da la qual par ch'una stella si mova
e dica: "La salute tua
è apparita".
Là dove questa bella donna appare
s'ode una voce che le
ven davanti
e par che d'umiltà il su' nome canti
sì dolcemente, che, s'i'
'l vo' contare,
sento che 'l su' valor mi fa tremare;
e movonsi nell'anima
sospiri
che dicon: "Guarda; se tu coste' miri,
vedra' la sua vertù nel
ciel salita".
Donna me prega, - per ch'eo voglio dire
d'un accidente - che sovente -
è fero
ed è sì altero - ch'è chiamato amore:
sì chi lo nega - possa 'l ver
sentire!
Ed a presente - conoscente - chero,
perch' io no spero - ch'om di
basso core
a tal ragione porti canoscenza:
ché senza - natural
dimostramento
non ho talento - di voler provare
là dove posa, e chi lo fa
creare,
e qual sia sua vertute e sua potenza,
l'essenza - poi e ciascun
suo movimento,
e 'l piacimento - che 'l fa dire amare,
e s'omo per veder
lo pò mostrare.
In quella parte - dove sta memora
prende suo stato, -
sì formato, - come
diaffan da lume, - d'una scuritate
la qual da Marte -
viene, e fa demora;
elli è creato - ed ha sensato - nome,
d'alma costume -
e di cor volontate.
Vèn da veduta forma che s'intende,
che prende - nel
possibile intelletto,
come in subietto, - loco e dimoranza.
In quella
parte mai non ha possanza
perché da qualitate non descende:
resplende - in
sé perpetual effetto;
non ha diletto - ma consideranza;
sì che non pote
largir simiglianza.
Non è vertute, - ma da quella vène
ch'è perfezione
- (ché si pone - tale),
non razionale, - ma che sente, dico;
for di salute
- giudicar mantene,
ché la 'ntenzione - per ragione - vale:
discerne male
- in cui è vizio amico.
Di sua potenza segue spesso morte,
se forte - la
vertù fosse impedita,
la quale aita - la contraria via:
non perché oppost'
a naturale sia;
ma quanto che da buon perfetto tort'è
per sorte, - non pò
dire om ch'aggia vita,
che stabilita - non ha segnoria.
A simil pò valer
quand' om l'oblia.
L'essere è quando - lo voler è tanto
ch'oltra
misura - di natura - torna,
poi non s'adorna - di riposo mai.
Move,
cangiando - color, riso in pianto,
e la figura - Con paura - storna;
poco
soggiorna; - ancor di lui vedrai
che 'n gente di valor lo più si trova.
La
nova - qualità move sospiri,
e vol ch'om miri - 'n non formato
loco,
destandos' ira la qual manda foco
(imaginar nol pote om che nol
prova),
né mova - già però ch'a lui si tiri,
e non si giri - per trovarvi
gioco.
né cert' ha mente gran saver né poco.
De simil tragge -
complessione sguardo
che fa parere - lo piacere - certo:
non pò coverto -
star, quand' è sì giunto.
Non già selvagge - le bieltà son dardo,
ché tal
volere - per temere - è sperto:
consiegue merto - spirito ch'è punto.
E
non si pò conoscer per lo viso:
compriso - bianco in tale obietto cade;
e,
chi ben aude, - forma non si vede:
dunqu' elli meno, che da lei
procede.
For di colore, d'essere diviso,
assiso - 'n mezzo scuro, luce
rade.
For d'ogne fraude - dico, degno in fede,
che solo di costui nasce
mercede.
Tu puoi sicuramente gir, canzone,
là 've ti piace, ch'io t'ho
sì adornata
ch'assai laudata - sarà tua ragione
da le persone - c'hanno
intendimento:
di star con l'altre tu non hai talento.