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MARZIALE
I CENTO EPIGRAMMI PROIBITI

 
I secoli che effettivamente ci separano dal periodo in cui Marziale visse e operò sembrano perdere magicamente consistenza di fronte alla stupefacente modernità della sua poesia, quanto mai contemporanea e attuale. Sarebbe infatti sufficiente sostituire alle sue famose delicatorie, rivolte ad affarisit, adulatori, arricchiti e prostitute, il nome di un qualsivoglia uomo politico, o di un letterato o di un'attrice ed ecco che i suoi epigrammi potrebbero d'incanto apparire come appena scritti. Più che un severo fustigatore dei costumi, più che un intreansigente censore il poeta iberico ci appare come un cronista sagace e arguto, un divertito osservatore della quotidianità della Capitale dell'Impero contro cui la sua pena agile e veloce si scaglia con brillantissima attitudine satirica. Non si volgiono dunque cercare in Marziale la coscienza morale o l'impegno artistico, quanto piuttosto la sua straordinaria capacità di cogliere, tra giochi di parole, battute e caricature, il buffo, il grottesco, il pittoresco della vita e il suo sottile compiacimento degli aspetti licenziosi del comportamento umano.
Franco Zagato
 
Marco Valerio Marziale, nacqua a Bilbilis in Spagna, intorno al 40 d.C. Soggiornò a Roma per 34 anni cercando la protezione dei potenti in cambio dei suoi panegilici, ma dopo la morte di Domiziano ritornò nella sua città natale dove morì nel 102 ca.
 
(Tratto da Tascabili Economici Newton a cura di Franco Zagato, "MARZIALE, I CENTO EPIGRAMMI PROIBITI")
 
 
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CORNELIO SEMPRE TU DEPLORI
 

Cornelio, sempre tu deplori
questi mi versi poco seri
che invero non potrebbe declamare
un maestro di scuola alle scolare,
ma queste mie operette da sollazzo
siccome ad una moglie suo marito
non possono piacere senza il cazzo.
Come se mi ordinassi un erotico motivo
che di erotico non avesse nemmeno un aggettivo.
quel bischero ai festini floreali
imporrebbe facilmente a una battona
un vestito accollato da matrona?
Questa è la legge del peota licenzioso:
non può piacere se non è pruriginoso.
Perciò ora la serietà ora deponi,
assolvi dunque queste mie canzoni
e guardati dal castrare i veli belli:
nulla è più orrendo di un priapo senza orpelli.

Versus scribere me parum severos
nec quos praelegat in schola magister,
Corneli, quereris: sed hi libelli,
tam quam coniugibus suis mariti,
non possunt sine mentula placere.
quid si me iubeas thalassionem
verbis dicere non thalassionis?
quis Floraria vestit et stolatum
permittit meretricibus pudorem?
lex haec carminibus data est iocosis,
ne possint, nisi pruriant, iuvare.
quare deposita severitate
parcas lusibus et iocis rogamus,
nec castrare veris meos libellos.
Gallo turpius est nihil Priapo.
IL MEMBRO CHE TI PENDEVA, GLITTO
Il membro che ti pendeva, Glitto
dal ferro di un chirurgo fu tagliato.
Perchè questa pazzia
se eri tu da tempo gia castrato?
Quae tibi non stabat precisa est mentula, Glypte.
demens, cum ferro quid tibi? Gallus eras
TI PERDONO, GAURO, LE LUNGHE NOTTI
Ti perdono, Gauro, le lunghe notti
che trascorri vivendo tra le botti.
Tu hai il vizio divino di Catone.
Se scrivi versi senza ispirazione
meriti lode: sei come Cicerone.
Sei come Antonio nel tuo vomitare,
sei come Apicio nel gozzovigliare,
ma nel succhiare i cazzi che ti pigli
dimmi, mio Gauro, dimmi a chi assomigli?
Quod nimio gaudes noctem producere vino
ignosco: vitium, Gaure, Catonis habes.
carmina quod scribis Musis et Apollonine nullo
laudari debes: hoc Ciceronis habes.
quod vomis, Antoni: quod luxuriaris Apici.
quod fellas, vitium dic mihi cuius habes?
NON SONO UN INDOVINO
Non sono un indovino,
ma se al tuo schiavo duole l'uccello
e a te, Nevolo, il culo,
è facile saper quello che fai di bello
Mentula cum doelat puero, tibi, Naevole, culus,
non sum divinus, sed scio quid facias
LE VECCHIE TI DANNO ECCITAZIONE
Le vecchie ti danno eccitazione
e alle ragazze tu non fai attenzione.
Non ti piacciono le tonde
e pazzo vai a moribonde.
Io mi domando ripetutamente
se la follia non ti piglia,
non è questo un cazzo demente
quando scopa la madre e non chiava la figlia?
Arrigis at vetulas, fastidis, Basse, puellas,
nec formonsa tibi sed moritura placet.
Hic, rogo, non furor est, non haec mentula demens?
Cum possis Hecaben, non potes Andromachen!
TU, LESBIA, VUOI CHE L'ABBIA RITTO ALL'INFINITO?
Tu, Lesbia, vuoi che l'abbia ritto all'infinito,
credimi, il cazzo non è proprio uguale a un dito.
Tu l'accarezzi parlandogli da amico,
ma il fare tuo impetuoso ti è nemico.
Stare iubes semper nostrum tibi, Lesbia, penem:
crede mihi, non est mentula quod digitus.
Tu licet et manibus blandis et vocibus instes,
te contra faces imperiosa tua est.
LA PIU' BELLA DI QUANTE FURONO E SONO
La più bella di quante furono e sono,
la più troia di quante furono e sono,
o Catulla, come un pò meno bella ti vorrei
ed un pò meno troia di quella che tu sei.
Formonsissima quae fuere vel sunt,
sed vilissima quae fuere vel sunt,
o quam te fieri, Catulla, vellem
formonsam minus aut magis pudicam.
LESBIA ASSICURA CHE NESSUNO MAI
Lesbia che nessuno mai
la chiavò gratis. E' vero, sai!
Quando lei vuole essere chiavata
pagarsi deve sempre la scopata.
Lesbia se iurat gratis numquam esse fututam.
Verum est. Cum futui vult, numerare solet.
CON RAGAZZI SUPERDOTATI CERCHI RIPOSO
Con ragazzi superdotati cerchi riposo
e non si rizza a te qual coso
che a loro è sempre retto.
Febo, quale vuoi mai che sia il mio sospetto?
Io direi in un batter d'occhio
che tu, Febo, sei finocchio,
ma la pubblica opinione
nega che sei culattone.
Dormis cum pueris mutuniatis,
et non stat tibi, Galle, quod stat illis.
quid vis me, rogo, Phoebe, suspicari?
sed rumor negat esse te cinaedum.
GALLA, PERCHE' NON TI SPOSO MI CHIEDI
Galla, perchè non ti sposo mi chiedi.
Sei troppo colta e di letteratura pratica
e quest'uccello mio, come tu vedi,
fa di di frequente erori di grammatica.
Quaeris cur nolim te ducere, Galla? Diserta es,
saepe soloecismum mentula nostra facit