Salvatore Quasimodo

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Biografia - Opere postume


Che lunga notte

Che lunga notte e luna rosa e verde
al tuo grido tra zagare, se batti
ad una porta come un re di Dio
pungente di rugiade: "Apri, amore, apri! "
Il vento, a corde, dagli Iblei dai coni
delle Madonie strappa inni e lamenti
su timpani di grotte antiche come
l'agave e l'occhio del brigante. E l'orsa
ancora non ti lascia e scrolla i sette
fuochi d'allarme accesi alle colline,
e non ti lascia il rumore dei carri
rossi di saraceni e di crociati,
forse la solitudine, anche il dialogo
con gli animali stellati, il cavallo
e il cane la rana le allucinate
chitarre di cicale nella sera.


Al di là delle onde delle colline

Non t'è sfuggita la vita per cabale
o ibridi emblemi di zodiaco o sillabe
e numeri ordinati a riscoprire
il mondo. Ma sei stato in prigionia
a misurare, con la sabbia e il sangue,
i silenzi le voci della morte,
al di là delle onde delle colline.


Vicino a una torre saracena, per il fratello morto

Io stavo ad una chiara
conchiglia del mio mare
e nel suono lontano udivo cuori
crescere con me, battere
uguale età. Di dèi o di bestie, timidi
o diavoli: favole avverse della
mente. Forse le attente
morse delle tagliole
cupe per volpi lupi
iene, sotto la luna a vela lacera
scattarono per noi,
cuori di viole delicate, cuori
di fiori irti. O non dovevano crescere
e scendere dal suono: il tuono tetro
su dall'arcobaleno d'aria e pietra
all'orecchio del mare rombava una
infanzia errata, eredità di sogni
a rovescio, alla terra di misure
astratte, dove ogni cosa
à pił forte dell'uomo.


Tempio di Zeus ad Agrigento

La ragazza seduta sull'erba alza
dalla nuca i capelli ruvidi e ride
della corsa e del pettine smarrito.
Il colore non dice o se strappato
dalla mano rovente che lontana
saluta dietro un mandorlo o finito
sul mosaico del cervo greco in riva
al fiume o in un fosso di spine viola.
E ride la follia dei sensi, ride
continua alla sua pelle di canicola
meridiana dell'isola
e l'ape lucida zufola e saetta
veleni e vischi d'abbracci infantili.


In silenzio guardiamo questo segno
d'ironica menzogna: e per noi brucia
rovesciata la luna diurna e cade
al fuoco verticale. Che futuro
ci può leggere il pozzo
dorico, che memoria? Il secchio lento
risale dal fondo e porta erbe e volti
appena conosciuti.
Tu giri antica ruota di ribrezzo,
tu malinconia che prepari il giomo
attenta in ogni tempo, che rovina
fai d'angeliche immagini e miracoli,
che mare getti nella luce stretta
d'un occhio! Il telamone è qui, a due passi
dall'Ade (mormorio afoso, immobile),
disteso nel giardino di Zeus e sgretola
la sua pietra con pazienza di verme
dell'aria: è qui, giuntura su giuntura,
fra alberi eterni per un solo seme.