Home Page  



Vittorio Sereni nasce a Luino, sul Lago Maggiore, nel 1913, ma la sua città d'adozione è Milano, dove ha vissuto per quasi tutta la vita facendo inizialmente l'insegnante e poi il dirigente alla Mondadori. La sua opera più importante è Gli strumenti umani, uscita a Milano nel 1965 e più volte ristampata. La critica ha ormai riconosciuto a questo libro un posto di primissimo piano nella produzione poetica non solo italiana del secondo dopoguerra; Franco Fortini lo ha definito "uno dei libri di poesia più impegnativi e densi fra quanti ne sono stati scritti nel trentennio successivo alla seconda guerra". Vittorio Sereni appare così, ora, come il maggior lirico della generazione post-montaliana ed esercita una notevolissima influenza sulle generazioni più giovani.
Appare centrale, nella sua produzione, l'esperienza della prigionia in Algeria e Marocco tra 1943 e 1945. Da essa nasce il Diario d'Algeria, misto di versi e prose in cui la tragedia personale dell'uomo condannato alla segregazione da una guerra insensata diventa simbolo della crisi di un'intera generazione e di un'epoca; lo stesso rimando continuo dall'esperienza individuale alle grandi vicende della storia si ritrova ne Gli strumenti umani, dove il sentimento di estraneità dal mondo (Non lo amo il mio tempo, non lo amo) ben riflette la delusione per la sconfitta degli ideali democratici e socialisti in Italia e nel mondo e l'impossibilità di inserirsi veramente nel corso storico, quasi perdurasse una incaccelabile condizione di prigioniero. All'origine dello smarrimento di certezze, psicologiche e ideologiche, sta una radicale insicurezza di sè e del proprio ruolo; si riafferma dunque il primato di quel che vive al di fuori dell'uomo e gli sopravvive, e si precisa anche una tematica già presente nelle prime raccolte, il culto dei morti tramite cui si rivela sia la fragilità che la verità ultima delle cose. A questa disperazione di fondo fanno da controcanto continuo gli scatti della gioia, una gioia che nulla ha a che fare con la felicità ma che riesce tuttavia a illuminare alcuni versi con percezioni fulminee dei sentimenti dell'amore e dell'amicizia. Come ha scritto Guido Piovene "Sereni è uno dei pochi poeti che sanno dare parole adeguate alla gioia".
Uno dei saggi più acuti e brillanti dedicata a Sereni porta la firma di Franco Fortini, che così conclude: "Per quel tanto di sfocato che hanno le liriche, per quella loro instabilità di profilo dove l'improvviso emergere di un particolare perfettamente fisso e come irrigidito è una formula morale, questa poesia unisce il consiglio della cautela e del riserbo, figurato dall'esitazione, con l'imperativo della decisione e della scelta. Si può non sentirsi a proprio agio nelle poesie di Sereni che, d'altronde, non vogliono che ci si senta a proprio agio e anzi introducono di continuo, quasi a ogni parola, un'incertezza angosciosa".

Home Page  


Da: Diario d'Algeria

 
Non sa più nulla, è alto sulle ali
 
Non sa più nulla, è alto sulle ali
il primo caduto bocconi sulla spiaggia normanna.
Per questo qualcuno stanotte
mi toccava la spalla mormorando
di pregar per l'Europa
mentre la Nuova Armada
si presentava alle coste di Francia.
 
Ho risposto nel sonno: - E' il vento,
il vento che fa musiche bizzarre.
Ma se tu fossi davvero
il primo caduto bocconi sulla spiaggia normanna
prega tu se lo puoi, io sono morto
alla guerra e alla pace.
Questa è la musica ora:
delle tende che sbattono sui pali.
Non è musica d'angeli, è la mia
sola musica e mi basta. -
 
 
Ahimè come ritorna
 
Ahimè come ritorna
sulla frondosa a mezzo luglio
collina d'Algeria
di te nell'alta erba riversa
non ingenua la voce
e nemmeno perversa
che l'afa lamenta
e la bocca feroce
 
ma rauca un poco e tenera soltanto...
 
 
Da Gli strumenti umani
 
Anni dopo
 
La splendida la delirante pioggia s'è quietata,
con le rade ci bacia ultime stille.
Ritornati all'aperto
amore m'è accanto e amicizia.
E quello, che fino a poco fa quasi implorava,
dall'abbuiato portico brusìo
romba alle spalle ora, rompe dal mio passato:
volti non mutati saranno, risaputi,
di vecchia aria in essi oggi rappresa.
Anche i nostri, fra quelli, di una volta?
Dunque ti prego non voltarti amore
e tu resta e difendici amicizia.
 
 
Le sei del mattino
 
Tutto, si sa, la morte dissigilla.
E infatti, tornavo,
malchiusa era la porta
appena accostato il battente.
E spento infatti ero da poco,
disfatto in poche ore.
Ma quello vidi che certo
non vedono i defunti:
la casa visitata dalla mia fresca morte,
solo un poco smarrita
calda ancora di me che più non ero,
spezzata la sbarra
inane il chiavistello
e grande un'aria e popolosa attorno
a me piccino nella morte,
i corsi l'uno dopo l'altro desti
di Milano dentro tutto quel vento.
 
 
Quei bambini che giocano
 
un giorno perdoneranno
se presto ci togliamo di mezzo.
Perdoneranno. Un giorno.
Ma la distorsione del tempo
il corso della vita deviato su false piste
l'emorragia dei giorni
dal varco del corrotto intendimento:
questo no, non lo perdoneranno.
Non si perdona a una donna un amore bugiardo,
l'ameno paesaggio d'acque e foglie
che si squarcia svelando
radici putrefatte, melma nera.
"D'amore non esistono peccati,
s'infuriava un poeta ai tardi anni,
esistono soltanto peccati contro l'amore".
E questi no, non li perdoneranno.
 
 
La spiaggia
 
Sono andati via tutti -
blaterava la voce dentro il ricevitore.
E poi, saputa, - Non torneranno più -.
 
Ma oggi
su questo tratto di spiaggia mai prima visitato
quelle toppe solari... Segnali
di loro che partiti non erano affatto?
E zitti quelli al tuo voltarti, come niente fosse.
 
I morti non è quel che di giorno
in giorno va sprecato, ma quelle
toppe d'inesistenza, calce o cenere
pronte a farsi movimento e luce.
Non
dubitare, - m'investe della sua forza il mare -
parleranno.


Home Page