«AI TRENTINI
NON IMPORTA DELL’ITALIA»



1909 - Le tentarono tutte, non solo in Sudtirolo, per convincere i tirolesi di lingua italiana (e non) che l'Austria non era la loro patria, che Roma era la loro vera madre. Ma perfino un "fanatico" come Mussolini dovette cedere all'evidenza. Ai trentini dell'Italia non importava, e in un rapporto il futuro Duce dovette ammetterlo. Di seguito un articolo di Mirko Molteni tratto da La Padania del 23 settembre 2004.

m."m".d.

Colla pell de Garibaldi
e farem tanti tamburi,
Tirolesi stè sicuri
Garibaldi no ven pù




La conclusione tracciata da Mussolini in un’inchiesta basata sulle sue esperienze del 1909,
quando a Trento lavorava per il giornale di Battisti

«AI TRENTINI NON IMPORTA DELL’ITALIA»

________________________Mirko Molteni________________________

Negli anni della Prima Guerra Mondiale (o immediatamente precedenti a essa) l’irredentismo non ebbe presa sulla maggior parte dei circa 300mila Trentini di lingua italiana. La devozione cattolica per il binomio Chiesa-Imperatore era infatti preponderante. A testimoniarlo è lo stesso Benito Mussolini, che quando era ancora un giovanotto socialista ebbe modo di conoscere direttamente quella realtà sociale, vivendo a Trento per diversi mesi e lavorando insieme a Cesare Battisti.
Dalla sua esperienza trasse il materiale utilizzato per un’inchiesta che compilò dopo essere rientrato in Italia. Era il 28 febbraio 1911 quando a Firenze usciva, per la serie dei quaderni della “Voce” (il giornale diretto da Giuseppe Prezzolini) il libretto “Il Trentino veduto da un socialista”. Pagine in cui il 28enne Mussolini diede un quadro sintetico, ma significativo degli atteggiamenti da lui osservati un paio d’anni prima fra quelle genti. Il baldo ragazzotto romagnolo, che già aveva sulle spalle diversi vagabondaggi politici, era giunto nella Trento austriaca il 2 febbraio 1909 e si era subito messo a disposizione dei socialisti locali. Diventò segretario della Camera del Lavoro e animò il settimanale “L’Avvenire del lavoratore”, spesso sequestrato dalla Imperial Regia Polizia a causa degli attacchi al vetriolo condotti contro le alte gerarchie della Chiesa. Mussolini passò poi a lavorare per la redazione de “Il Popolo” di Cesare Battisti, scrivendo per quel quotidiano perfino un romanzetto anticlericale a puntate, intitolato “Claudia Particella amante del cardinale”. Una narrazione salace con cui il giovane Mussolini volle far riflettere il pubblico, in modo peraltro originale e acuto, sul fatto che in fondo anche i religiosi sono uomini uguali agli altri! Dopo 9 mesi di permanenza, Benito si trovò in guai seri, sospettato di complicità nel furto di 380mila corone da una banca cooperativa. Incarcerato a Rovereto, fu assolto, ma le autorità austriache colsero comunque il pretesto per espellere dall’Impero un elemento perturbatore. Mussolini aveva nel frattempo visto abbastanza per rendersi conto che l’irredentismo e l’annessione all’Italia erano chimere inseguite da pochi. Già nella prefazione del pamphlet (da lui scritta in terza persona) sottolinea: “L’autore delle pagine che seguono ha dimorato nel Trentino quasi tutto l’anno 1909. Ha osservato, notato, raccolto. Suo compito era quello di descrivere il Trentino qual’è oggi nella sua situazione linguistica, economica, politica, di informare il grande pubblico che ha idee false o ignora o si culla di beate illusioni che la realtà purtroppo smentisce”.
Le prime pagine dell’inchiesta sono dedicate all’esame delle dottrine pangermaniste diffuse in Germania e Austria a cavallo fra XIX e XX secolo. Tali idee, imperniate sulla presunta superiorità del ceppo razziale nordico, vengono collegate da Mussolini ai rapporti di subalternità che vedono i 300mila Trentini dominati dai 500mila Tirolesi di stirpe tedesca. In verità l’essenza del problema era più che altro amministrativa, poichè al Trentino non veniva riconosciuta l’autonomia nell’ambito del Tirolo, cioè la provincia (o “Kronland”) in cui esso era compreso. Comunque i Trentini non protestavano che blandamente contro questo stato di cose e, soprattutto, non intendevano staccarsi dall’Impero per unirsi all’Italia. Per citare le esatte parole di Mussolini: “Il Trentino è oggi impotente. Non può combattere il Tirolo perchè non vuol combattere l’Austria”. D’altronde il maggior punto di riferimento per la popolazione era la Chiesa cattolica, che andava a braccetto col potere di Vienna. “Qui il clericalismo - scrive Benito - non è adulterato o mascherato dalla religione o da vernici moderniste: è genuino. E si mostra anzitutto come una vasta e ben congegnata organizzazione di interessi profani (...) La massima dei clericali trentini è quella del vescovo Pelizzo da Padova: una chiesa di meno e un giornale di più. I fogli dei preti esercitano una specie di censura su quanto pensano o scrivono i cittadini. Per i clericali trentini il nemico è l’Italia. Essi sono austriacanti”. Il nostro testimone d’eccezione ci riferisce inoltre una curiosa strofa anti-italiana (nel senso: contro lo Stato italiano, non contro la cultura di Dante) che molti cattolici trentini usavano canticchiare: “Colla pell de Garibaldi/ Ne farem tanti tamburi,/ Tirolesi stè sicuri/ Garibaldi no ven pù”. Soprattutto i contadini erano fra i più affezionati all’ordine asburgico, tanto che “talvolta i coscritti di certe vallate trentine, scendendo nelle città, cantano inni anti-italiani, offendono gli Italiani e gridano - Viva l’Austria! - ”.
Solo i socialisti di Battisti lottavano seriamente per un’autonomia del Trentino nell’ambito dell’Austria- Ungheria (si badi, autonomia e non secessione dall’Impero). Gli altri schieramenti politici locali non vi erano realmente interessati. E’ quindi comprensibile la conclusione cui giunge Mussolini: «Ci dicano ora gli irredentisti italiani (...) se un Paese che lotta così blandamente per l’autonomia può essere domani capace di un’insurrezione per l’annessione all’Italia. Ne dubitiamo».
L’inchiesta del socialista romagnolo è espressione di un ben determinato periodo della vita del futuro Duce, quello del marxista internazionalista... per quanto un marxista anomalo sorbitosi robuste dosi di Nietzsche. In quello stesso 1911, Mussolini ribadì il suo punto di vista sulla questione con queste frasi: «Ormai si dovrebbe avere il coraggio di abbandonare le pose e il frasario quarantottesco dell’irredentismo austrofobo. A meno che non si voglia provocare la guerra. Nel qual caso, o irredentisti, voi vivrete Lissa e Custoza, la sconfitta e la vergogna». Come sappiamo, avrebbe poi cambiato idea, anche se il suo interventismo del 1914 non sarebbe stato focalizzato tanto sulla questione di Trento e Trieste, quanto sul mito della guerra rivoluzionaria.

Mirko Molteni







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