Il
poeta- filosofo FRANCESCO DE FELICE Breve
nota biografica di Paolo
Mesolella Il canonico
Francesco De Felice nacque a Sparanise il 2 luglio 1862, e vi morì il 27
novembre 1929. Entrò in seminario nel 1874 e fu ordinato sacerdote, nel
dicembre 1885. Nel novembre
dello stesso anno fu nominato Maestro di filosofia nel seminario di Calvi. Nel 1893 passò
nel seminario di Teano ad insegnare filosofia, ltaliano, latino e greco. Nel marzo del
1897 fu nominato – con Decreto Reale – Cappellano Reale. Nell’ottobre
del 1901 fu chiamato dal Cardinale Capecelatro ad insegnare filosofia nel
Liceo del seminario di Capua. Subito dopo fu
richiamato da mons. Giordano per insegnare Italiano e Greco nel seminario
di Teano. Nell’ottobre
del 1903 fu obbligato dal Cardinale Capecelatro ad assumere anche
l’insegnamento della Letteratura Italiana nel Liceo del Seminario di
Capua. Dal giugno
1910 al 14 novembre 1913 assisté come segretario il Cardinale Capecelatro. Si dimise
dall’insegnamento nel seminario di Capua, il giorno dopo la morte del
Cardinale. Fu subito
invitato ad insegnare nel seminario di Nola, ma non accettò, per
dedicarsi allo studio. Nel dicembre
1916, però, pregato insistentemente dall’Abate Diamare e dal Priore
Winspeare, ritornò ad insegnare, con la cattedra di Italiano nella Badia
di Montecassino. Negli ultimi anni fu nominato Direttore del Seminario di
Teano dal Vescovo Licata: carica che tenne fino agli ultimi giorni della
sua vita. Quando non era
impegnato per l’insegnamento, si occupava dell’educazione e
dell’avvenire delle povere orfanelle di guerra ospitate presso
l’Istituto Padre Semeria. *** Come filosofo
era fermamente convinto che si potesse trovare un accordo tra Scienza e
fede, tra le nuove teorie evoluzionistiche e i dogmi cristiani. Si avvicinò
così al Modernismo. Come
poeta, scrisse poesie a soggetto religioso nella raccolta “Spiritus
tenius” oppure poesie
sull’esempio di poeti come Carducci o Fogazzaro. Come
letterato e saggista, invece, nei suoi “Saggi di varia polemica” e nei
suoi “Discorsi e profili” dimostra di conoscere profondamente gli
amati San Francesco, Dante
Alighieri, Luigi Tosti, il cardinale Capecelatro e la stessa Sparanise cui
dedicò nel 1928 un pregevole saggio. Le
opere “Spirutus
tenuis” (poesie), Roma, 1907 “Saggi di
varia polemica”, Roma 1907 “Poesie”,
“Inno Eucaristico”, 1929 “Discorsi,
Note e Profili”, Amatrice 1930. |
Padre
Giovanni Minozzi che con Padre Semeria ha dato vita all’Opera Nazionale
per il Mezzogiorno d’Italia ed alla colonia femminile di Sparanise, così
ricorda il canonico De Felice all’indomani della sua dolorosa scomparsa. “E’ la prima volta che trovo Sparanise velata, fasciata di
nebbia umidissima.
L’oscurità della notte è resa tragica dai bagliori giallicci delle
rarissime lampade. Ho il tremito dello spavento addosso. Dov’è don
Francesco? Quale abisso mai l’ha inghiottito nel vortice di un terremoto
scurissimo. Mi sento solo. L’anima è vuota. In nessun paese ho trovato un amico così
generoso; uno che dava tutto senza domandare mai nulla. Pudicamente. Uno
che viveva per le orfanelle. Sostituirlo non è possibile.. Tutte le mattine, saliva a celebrare la Messa
per le orfanelle, comunque minacciasse il tempo. Andava a prenderlo il
nostro contadino con il baroccio.La sua casa in mezzo ai campi dove si
ritirava tutti i giorni solo, a studiare nella quiete completa, tra i
libri, dà ancora i brividi. Già sull’ingresso la scritta greca
solenne, che prendeva con le sue parole misteriose tutta la fascia
centrale della costruzione, richiamava di colpo ad un che di severo, di
sacro: pareva trovarsi improvvisamente davanti ad un tempio delfico.
Dentro, poi, solo libri, nient’altro che libri. Viveva come un filosofo
autentico. Era un Myller più colto, più equilibrato e sereno.
Era un’anima ellenica: un discepolo di Platone cresciuto alla
luce del Cristo. Visse povero e morì povero. Ebbe del denaro
una noncuranza naturale. Se aveva un soldo, comprava un libro o lo dava
per carità, subito, come un dovere normale. Qualche tempo prima di morire
gli entrarono in casa, nello studio, di notte i ladri e gli portarono via
la biancheria personale e le poche lire che aveva in casa. E lui sorrideva
raccontandolo. Pochi giorni prima di morire si era acquistato un loculo al cimitero di Sparanise ma non lo aveva potuto pagare tutto, benché la somma non arrivasse alle mille lire. Lui che era stato professore e canonico da tanti anni. Ed aveva conosciuto il Tosti, il Fogazzaro e Giacomo Zanella. Ho visto
sacerdoti e venerandi uomini e giovani d’alti studi ed umili donne
lavoratrici cadere ginocchioni ai piedi della sua salma e rimanere muti
con quel nome sulle labbra, tra il pianto. Don Giovanni Minozzi
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