La cultura dell’auto

 

Carole Sauvè

 

 

La lussuria della velocità distrugge il proprio scopo; un pedone avanza meglio di un centinaio di mezzi imbottigliati lungo le curve della Strada Sacra.

 

Adriano, Imperatore Romano.

 

Durante la civilizzazione romana, Giulio Cesare era così frustrato dalla congestione da traffico che vietò la circolazione dei carri durante le ore diurne. Come dice Sean Hayes, questo è il primo esempio mondiale di regolazione del traffico. Le profezie di Cesare ed Adriano rimangono ancora attuali, la congestione da traffico è ancora un problema molto serio, ma al giorno d’oggi non sono i carri e i cavalli a causare questo disagio. La causa della maggior parte di tutti i nostri mal di testa da traffico cittadino è il tributo del ventesimo secolo al progresso tecnologico ed umano: l’automobile.

 

Nei suoi primi sviluppi l’automobile rappresentava il coronamento del sogno del “carro senza cavalli”, capace di straordinarie velocità. All’inizio del secolo, prometteva uno stile di vita più libero e una maggiore mobilità, e questa promessa fu mantenuta grazie alla costruzione di poderose infrastrutture. In nessun posto come nel Nord America la promessa dell’auto è stata promossa così entusiasticamente. Il sogno dell’automobile ha preso possesso del nostro sistema di trasporto e lo ha reso autodipendente.  Com'è riuscito questo sistema di trasporto autocentrico a permeare la sfera culturale e sociale della nostra vita fino al livello attuale?

 

Obiettivo di questo documento è quello di analizzare la precedente domanda illustrando gli sviluppi chiave di una cultura dipendente dall’auto in nord America. In particolare, approfondiremo il ruolo che la pianificazione e il finanziamento da parte di soggetti pubblici hanno giocato nel consolidarsi delle infrastrutture relative all’auto e dello stile di vita ad essa collegato. Questo include argomenti come strade, superstrade, parcheggi, “sprawl” urbano e sviluppo delle periferie. Inoltre dimostreremo che la cultura dell’auto si è sviluppata in una maniera talmente rigida in modo da scoraggiare chiaramente altre modalità di trasporto sostenibile e su scala ridotta. Di conseguenza, la tendenza dell’automobile è quella di produrre grandi impatti culturali ed ambientali per la società in cui viviamo come per l’intero pianeta.

 

Le origini dell’auto e delle infrastrutture ad essa dedicate possono essere rintracciate nel XIX secolo in Europa. Nel 1836 i francesi costruirono una rete di strade nazionali con l’unico scopo di spostare le forze armate. Alla fine, questa rete sarebbe stata usata dagli spostamenti in automobile. Le strade proliferarono e migliorarono con l’avvento della bicicletta a Parigi nel 1860. Ironia della sorte, le biciclette avrebbero dovuto fare posto ai veicoli motorizzati nel ventesimo secolo. Il motore per potenziare i veicoli automobili fu essenzialmente un’invenzione tedesca, essendo stato sviluppato nello stesso periodo da G. Daimler e K. Benz nel 1885. Nello stesso anno, essi unirono i loro sforzi nella Mercedes-Benz.

 

L’automobile concepita in Germania trovò una cittadinanza stabile in Nord America. Non più tardi del 1906, gli USA avevano già sorpassato la Francia come primo produttore mondiale d'automobili. La scoperta di massicci giacimenti di petrolio in Texas aiutò incredibilmente la prosperità dell’industria all’inizio del secolo. Un altro fattore che contribuì al fulmineo successo dell’auto fu l’introduzione della produzione di massa grazie alla catena di montaggio. I metodi di Henry Ford aprirono la strada alla commercializzazione di massa dell’auto grazie al fatto che il lavoro alla  catena di montaggio richiedeva mansioni ripetitive e a bassa specializzazione. La catena di montaggio di Ford può essere classificata nei parametri di quella che Ursula Franklin considera una divisione prescrittiva del lavoro. All’interno di questo tipo di divisione del lavoro, che crebbe durante la Rivoluzione Industriale in Gran Bretagna, il processo produttivo viene diviso in semplici passi chiaramente identificabili, e portato avanti da lavoratori differenti. All’interno di questo sistema prescrittivo si formarono i monopoli, alle spese d'imprese orientate verso un modo di produzione più olistico. Per esempio, tra il 1896 e il 1939 venivano prodotte 4250 marche di auto, ma soltanto una manciata di queste sopravvisse alla fine di questo periodo. Anche all’interno di questo sistema monopolistico, i singoli lavoratori erano facilmente sostituibili pur mantenendo la stessa efficienza della linea produttiva.

 

 Con la scoperta del petrolio e il consolidarsi del lavoro alla catena di montaggio, l’automobile si lasciò indietro il cavallo e il carro in Europa e in Nord America. E’ interessante notare che un gran numero dei primissimi produttori di automobili erano anche produttori di carri o fabbricanti di armi. Si notano tra questi il canadese Sam McLaughlin che costruiva carri a Toronto, Ransom Olds della Oldsmobile in precedenza fabbricava armi così come Gottlieb Daimler della Mercedes Benz e Henry Leland, successore di Henry Ford. Nel 1914, la produzione americana di automobili superò quella dei vagoni e dei carri, e durante la prima guerra mondiale le strade furono notevolmente migliorate per sopperire alla congestione sulle linee ferroviarie. Con l’introduzione dei modelli annuali da parte della General Motors negli anni 20, uno strumento di marketing era ora disponibile per incoraggiare e sostenere la domanda e l’interesse dei consumatori. Il numero delle automobili presenti sulle strade nordamericane crebbe esponenzialmente nel decennio seguente la seconda guerra mondiale: da una macchina ogni 3.75 persone nei primi anni 50 a un’auto ogni 2.25 alla fine degli anni 60. Le cifre da allora sono cambiate pochissimo. Attualmente il numero di persone per automobile è di 2.1 in Canada e 1.7 in USA, a dimostrazione che il mercato nordamericano è saturo.

 

Data l’accresciuta enfasi posta sulle infrastrutture stradali nei decenni citati, altre modalità di trasporto divennero marginali ed obsolete. Per esempio, le ferrovie elettriche, i tram, i carri giocavano tutti un ruolo importante nei trasporti nordamericani ma vennero tutti seriamente indeboliti o sparirono completamente con l’avvento dell’automobile. In ogni caso questo spostamento dal pubblico al privato dei mezzi di trasporto non avvenne per magia.  In larga parte fu dovuto alle pressioni del settore privato che era il principale interessato sia all’utilizzo dell’autovettura privata, sia alla costruzione di strade e superstrade. Fin dagli anni 20 gli interessi privati cercavano di dirigere le politiche governative di trasporto in questa direzione. Negli Stati Uniti, questi interessi erano comunemente conosciuti come il complesso auto-industriale. Questo includeva le fabbriche di automobili, le compagnie petrolifere, le ditte costruttrici di strade, le industrie dell’acciaio e della gomma così come gli interessi commerciali. In questo periodo, il trasporto pubblico di massa era ancora dominante ma agli inizi degli anni 20 la GM, la Firestone e la Standard Oil cominciarono a investire nel trasporto pubblico. Sorprendentemente, tra il 1920 e il 1955, GM comprò più di cento sistemi di trasporto pubblico elettrici in 45 città americane, lasciandoli deteriorare e rimpiazzandoli con autobus alimentati a gasolio. Inoltre, per dimostrare la complicità del governo nello smantellamento del trasporto pubblico, le compagnie succitate furono processate nel 1949 per cospirazione criminale con lo scopo di rimpiazzare i tram elettrici con autobus di fabbricazione GM. Alla fine, la corte multò la GM per 5000 dollari e il suo direttore esecutivo per 1 Dollaro.

 

L’emergere di un sistema di trasporto autocentrico non sarebbe stato possibile senza l’utilizzo massiccio di sussidi pubblici. In questo passaggio Ursula Franklin spiega il contesto storico di questo fenomeno:

 

            Fin dai tempi della rivoluzione industriale, la crescita e lo sviluppo della tecnologia a richiesto  come necessario prerequisito una relazione di aiuto dai governi e dalle istituzione pubbliche che non esisteva in precedenza… allo scopo di operare con successo, le tecnologie di produzione industriale richiedono strutture permanenti di trasporto e distribuzione. In tutte le nazioni la sfera pubblica ha fornito queste infrastrutture e le ha gestite di conseguenza.

 

Questa spiegazione illustra esattamente cosa è successo con l’industria dell’automobile. Per esempio, negli USA, i sussidi alle industrie automobilistiche e petrolifere cominciarono grazie all’Interstate Highway Act, spinto pesantemente dal complesso auto-industirale. Questa legge iniziò la costruzione di 41000 miglia di superstrade. Come da previsioni, il pubblico non fu molto informato di questo sistema di strade e ci fu una domanda di utilizzo molto bassa. Questo avvenne in parte perché i proprietari di automobile guidavano solamente all’interno dei limiti cittadini. Nonostante questa realtà, il governo spese 70 miliardi di dollari per le superstrade tra il 1956 e il 1970. Per dimostrare l’erosione delle possibilità di scelta personali che stava avvenendo riguardo ad altri mezzi di trasporto, gli USA spesero solo 795 milioni di dollari per le ferrovie nello stesso periodo, circa l’uno per cento del budget totale dei trasporti.

 

Sfortunatamente, questa tendenza di disuguaglianza nelle spese continua anche ai nostri giorni. Mentre la fetta di spese riguardanti le infrastrutture automobilistiche è aumentata dal 45 per cento al 54 percento tra la fine degli anni 80 e l’inizio dei 90, le spese per il trasporto pubblico sono passate dal 16 per cento al 13 per cento. Secondo il Worldwatch Institute, il totale dei sussidi destinati all’automobile negli Stati Uniti è nell’ordine dei 300 mld di dollari. Questa cifra include costi comunali, costruzione e manutenzione delle strade. Non incluse restano le spese relative alla salute, al pattugliamento di polizia stradale, agli incidenti stradali, all’inquinamento di acqua e aria e altre esternalità.  Data la vicinanza geografica e gli stretti legami economici del Canada con il suo potente vicino a sud, non suscita sorpresa che all’automobile è garantito un posto privilegiato nel nostro sistema di trasporto. Infatti, l’economia dell’auto è il settore produttivo più grande a livello mondiale. In Canada, questo si traduce in lavoro per il dieci per cento della popolazione nella costruzione di auto, dei componenti, di strade, nella perforazione dei pozzi, nel commercio al dettaglio, nella siderurgia. Inoltre, l’86 per cento del settore dei trasporti canadese è controllato dall’estero.

 

Comunque questi non sono gli unici indicatori che rivelano la nostra affinità con la cultura dell’auto. I nostri governi sostengono le infrastrutture e lo stile di vita legato all’auto attraverso il finanziamento pubblico e come risultato è diventato molto difficile un positivo rigetto della cultura dell’auto. Nel 1992 uno studio di Pollution Probe sui costi dell’auto valutava in più di 4.5 mld di dollari in sovvenzioni il sostegno pubblico all’automobile durante il 1991 in Ontario. Questa cifra include i costi per la costruzione di strade e la loro manutenzione, gli interessi sul debito pubblico correlati alle spese per l’auto, i costi per la tutela della salute e i costi per la polizia stradale. Altri 3.75 mld di dollari sono stati spesi in costi nascosti o indiretti e cioè: perdita di terreno agricolo; danno ai raccolti dovuto alla presenza dell’ozono al suolo; perdita di produttività dovuta a ritardi, ferite o morte; e danni ambientali legati alle piogge acide. Considerando tutti i fattori, il totale delle spese per l’auto nel 1991 ammonta a 8.25 mld di dollari. Secondo Pollution Probe, il governo dell’Ontario riesce a raccogliere solo 3.48 mld di dollari in entrate annuali provenienti dalle tasse pagate dalle industrie automobilistiche, dalle tasse locali e federali sui carburanti, oneri di registrazione ed altre tasse. Considerando tutto, la perdita netta è di circa 4.77 mld di dollari.

 

Queste cifre possono sembrare astronomiche ma non includono ancora alcuni dei meno ovvi e appariscenti costi esterni relativi alla cultura dell’auto. Anche questi vengono assorbiti dal portafoglio pubblico. Per esempio, la provincia dell’Ontario valuta in circa 9 mld di dollari i costi degli incidenti stradali che gravano sui contribuenti. Questa cifra include 800 mila ore di servizio di polizia, 150mila giorni di ricovero ospedaliero, 74 mila visite al pronto soccorso; 38 mila chiamate di ambulanza e 9000 risposte dei vigili del fuoco.

 

Altre importanti esternalità sono state: il fenomeno dello “sprawl” urbano e il suo prodotto, cioè i quartieri di periferia. C’è un detto che recita: “l’auto ci ha regalato la periferia e la periferia ci ha regalato l’auto”. Questa dichiarazione ben sottolinea l’interdipendenza che esiste tra queste due realtà. Storicamente, il suburbio fu concepito con intenzioni benigne. I primi quartieri periferici si svilupparono lungo le linee tranviarie e ferroviarie, ma con l’eliminazione della ferrovia elettrica negli Stati Uniti, l’auto ebbe il sopravvento nei tradizionali schemi di pendolarismo che permisero al suburbio di disperdersi ancora più liberamente e in lontananza. Negli anni 20 i pianificatori urbani vedevano l’auto come un mezzo per allontanare la gente dalla sporcizia dell’industria e per frapporre una distanza tra le abitazioni della gente e le ciminiere. Comunque gli anni passarono, i suburbi, con la loro indispensabile compagna automobile, cominciarono a possedere una vita propria. L'automobile rese possibile la conquista dello spazio; essendo lo spazio la distanza tra la casa nel suburbio e la destinazione scelta. Se si possiede una macchina, la distanza non è più una considerazione importante che influisce sulla scelta dell’abitazione. In ogni modo, qualcosa si perse in questo processo: il senso del posto. Come Peter Freund e George Martin spiegano nell’Ecologia dell’Automobile:

 

La diffusione dell’auto come principale mezzo di trasporto ha accelerato il deterioramento dello spazio pubblico vitale. L’adattamento dello spazio al trasporto in una capsula chiusa ha contribuito a una perdita del significato degli spazi pubblici: “La tecnologia del trasporto moderno sostituisce lo stare nella strada con il desiderio di eludere i limiti della geografia”. Lo spazio pubblico non è più visto come un posto dove svolgere diverse attività ma è essenzialmente senza significato, ad eccezione di qualcosa da attraversare.

 

Essenzialmente l’auto aumentò la velocità e le distanze che si potevano percorrere ma alla fine indebolì gli spazi pubblici interposti tra le destinazioni, rendendoli morti. In altre parole essa rinforzò la relazione tra il centro commerciale e il suburbio. James Carey esprime quest’idea quando dice:

 

Una particolare complicazione (nella comunicazione e nella tecnologia della comunicazione) è la contraddizione tra la domanda di comunicazione su lunga distanza e quella su corta distanza. Può essere espressa come una proposizione: come la comunicazione su lunga distanza migliora, la comunicazione su breve distanza si deteriora. Tempo e spazio, allora, sono principalmente nomi che indicano comunicazione su breve e lunga distanza.

 

Alla luce di questo, allora, come può la tendenza alla lunga distanza dell’automobilità influenzare e dare forma alle nostre comunità, interazioni sociali, al successo di modalità di trasporto alternative?

 

Gli effetti dell’automobilità sulla nostra società sono molteplici. Abbiamo visto l’effetto dell’auto sul “senso del luogo”. Nel far crescere un senso di “spaesamento”, l’auto e il suburbio sono riusciti a creare la società frammentata e corporativa, una società nella quale l’auto esegue la “passeggiata” fino alla banca, alla scuola, al lavoro, al parco al vostro posto perché le distanze sono semplicemente troppo grandi da sopportare per i vostri miseri piedi umani. In pratica, il suburbio fu costruito per l’auto, non per l’uomo. Come appendice, c’è un film d’animazione del National Film Board intitolato What on Earth nel quale i marziani visitano il pianeta Terra. Con loro gran sorpresa, scoprono che la specie dominante sul nostro pianeta deve essere l’automobile, dato che è la creatura in movimento più facilmente osservabile. Una volta notati gli esseri umani e i loro animali domestici, i marziani presumono che siano dei parassiti! E’ un film che descrive molto efficacemente la pervasività dell’auto nella nostra società.

Anche qui dobbiamo ancora rilevare il ruolo che la pianificazione e il finanziamento pubblico hanno avuto nel fare della vita nei suburbi una scelta percorribile per molte persone. Secondo un editoriale del Globe and Mail, l’agglomerato urbano a bassa densità conosciuto come il suburbio è stato identificato come il più grande progetto di legittimazione della classe media in Canada. Con lo scopo di far sopravvivere e sostenere il suburbio, il governo ha costruito strade, autostrade, fornito servizi essenziali come acquedotti e fognature, completamente gratis. Inoltre, la natura del suburbio espansivo e a bassa densità, fa sì che questi servizi costino molto di più data la distanza coperta da un suburbio. Attualmente, c’è una corrispondenza molto piccola tra i costi necessari a sostenere lo sviluppo suburbano e i prezzi effettivamente pagati dagli utenti. Lo stesso editoriale cita uno studio commissionato dalla Task Force sulla Greater Toronto Area (GTA) che stima tra i 700 e i 1000 milioni di dollari annuali il risparmio ottenuto calibrando la crescita in schemi urbani più efficienti.

 

Come in Ottawa, il governo regionale ha recentemente rivisto il suo Piano Ufficiale, un documento legale che dà direttive su come utilizzare il territorio regionale nei prossimi 20-25 anni. Al centro della strategia di sviluppo per la regione di Ottawa-Carelton è la densità urbana e il mantenimento della crescita all’interno della Cintura Verde. L’idea è quella di arrestare l’espansione dei confini urbani dovuta alla speculazione edilizia e di utilizzare la capacità delle strade, delle fognature e dei servizi di trasporto pubblico esistenti.  Il documento del Piano Regionale intitolato Capire la densità residenziale spiega che i problemi di costo, qualità e ammontare di territorio dedicato allo sviluppo urbano indicano il bisogno delle città di diventare più compatte, e di avere un miscuglio di destinazioni d’uso del territorio maggiore di quello tipico delle nuove aree sviluppatesi negli anni passati. L’aumento di densità e l’utilizzo misto del territorio ridurrebbero sicuramente la dipendenza dall’automobile e incoraggerebbero altri modi di trasporto sostenibili come camminare, pedalare e prendere l’autobus.

 

Essenzialmente, punto di vitale importanza è la suddivisione del territorio restrittiva associata allo sprawl urbano e al suburbio, e i costi di questo fenomeno. Lo stesso rapporto stima che quasi un miliardo di dollari potrebbe essere risparmiato nelle spese pubbliche se le 117mila unità che si devono costruire nelle campagne dell’area urbana di Ottawa-Carleton entro il 2021 fossero edificate a densità simili ai vecchi quartieri interni alla Cintura Verde (per lo più quartieri a densità medio-alta). Questo significherebbe un risparmio annuale sui conti pubblici di 12.5 milioni di dollari.

 

Nonostante questi risparmi, comunque, lo sviluppo urbano dovrà essere reso accessibile ai consumatori se si vuole che abbia successo. Secondo Randall Denley di The Ottawa Citizen:

 

Lo sviluppo urbano tende ad avere luogo dove i costruttori possono comperare terreno e costruire case ad un prezzo accessibile ottenendo un profitto. Portare lo sviluppo urbano nell’area centrale  è stato molto difficile da realizzare perché i compratori possono ottenere case molto migliori allo stesso prezzo un po’ più lontano.

 

E’ proprio questo tipo di sviluppo “un po’ più lontano” che permette ai quartieri a bassa densità ed auto-centrati di emergere in completa uniformità di forme, colori e dimensioni lungo l’orizzonte. Con le Parole di Peter Freund e George Martin: ”C’è un livello di omogeneità inusuale nei paesaggi urbani americani. I centri commerciali o le file di negozi in California difficilmente si distinguono da quelle in New Jersey o Kentucky”. Come le superstrade che li servono, questi paesaggi urbani Americani usufruiscono di massicci aiuti governativi. Nei primi anni 90, il governo degli Stati Uniti ha stanziato 70 miliardi di dollari per sostenere il mercato della casa nei suburbi, principalmente attraverso la deducibilità degli interessi sui mutui.

 

Mentre massicce sovvenzioni governative sono garantite per sostenere ancora di più lo sviluppo suburbano e delle autostrade, sempre più persone, naturalmente, sposano lo stile di vita suburbano e autocentrico. Più strade e autostrade vogliono dire più automobili e automobilisti.  Come abbiamo già accennato, il trasporto pubblico riceve un ammontare di sovvenzioni governative sproporzionato. Infatti, sotto l’amministrazione Bush le sovvenzioni ad Amtrack furono praticamente eliminate. Similmente nella regione di Ottawa-Carleton, OC transpo è stato bersaglio di consistenti riduzioni delle sovvenzioni pubbliche negli anni recenti. Questo si traduce, naturalmente, in servizi meno frequenti e in tariffe più elevate. Chiaramente questo impedisce di incoraggiare il trasporto pubblico come una scelta percorribile. Come può il trasporto pubblico prosperare quando è stato pianificato uno schema commerciale di 100 milioni di dollari per la superstrada 416? C’è la forte percezione da parte dell’opinione pubblica che il trasporto pubblico sia pesantemente sovvenzionato, e che, con l’attuale difficile congiuntura economica, sia un lusso che non ci si possa permettere. Tuttavia questa percezione non riflette la realtà dei fatti. L’anno scorso, il Piano Regionale dei Trasporti di Ottawa-Carleton sottolineava come le sovvenzioni al trasporto pubblico fossero circa un quarto di quelle destinate all’automobile. Infatti, secondo le cifre del 1993, i finanziamenti al trasporto pubblico ammontavano a circa 80 milioni di dollari, mentre i sussidi totali per il sistema dell’auto arrivava a 315 milioni di dollari. Chiaramente, tutti questi fatti e queste cifre indicano una tendenza fortemente radicata che favorisce l’utilizzo della macchina e marginalizza il trasporto pubblico. Anche l’utilizzo della bicicletta è marginalizzato nella nostra società. E’ generalmente percepito come un gioco per bambini o come un puro strumento ricreazionale per gli adulti. Tuttavia, la bicicletta è accessibile a quasi tutti e un sistema di trasporto incentrato sulla bicicletta gioverebbe alla società nel suo complesso. Come spiega Wayne Roberts:

 

…un sistema di trasporto imperniato sulla bicicletta soddisfa molte esigenze in una volta sola. Assicura spostamenti rapidi – le bici sono veloci quanto le auto nel normale traffico cittadino. Garantisce un buon lavoro fisico che permette di bruciare i grassi nell’immediato e di prevenire problemi cardiaci nel lungo periodo. Non crea inquinamento, evitando alla società spese miliardarie per curare asma e altre patologie respiratorie legate agli scarichi automobilistici. Riduce lo spazio da destinare al trasporto, rendendo disponibili per altri scopi milioni di acri. Ed è divertente.

 

La nostra società centrata su e dipendente dall’automobile, comunque, non sempre riconosce un posto adeguato ai ciclisti sulla strada. Questo può essere in parte attribuito a questa concezione che non vede le biciclette come seri mezzi di trasporto. Nonostante questo modo di sentire, le biciclette sono mezzi di trasporto e i ciclisti hanno gli stessi diritti e doveri degli automobilisti secondo l’Ontario Highway Traffic Act. Un credo popolare pervasivo nella nostra società riconosce la strada come supremo e unico dominio dell’automobile. Forse questo credo è stato alimentato dall’incessante bombardamento di pubblicità automobilistica che ha invaso la nostra società per quasi cento anni. I 5 miliardi di dollari spesi in pubblicità automobilistica ogni anno in Nord America rendono molto difficile alle persone resistere alla seduzione. Il risultato finale è una tendenza ormai interiorizzata dagli automobilisti come dai ciclisti; entrambi questi gruppi credono che l’unico scopo della strada sia quello di servire l’auto prima di tutto. Perché mai i ciclisti dovrebbero pedalare sui marciapiedi quando questo è illegale? La strada è diventata chiaramente inospitale per i pedoni e i ciclisti. La velocità tenuta da alcune automobili, l’inquinamento atmosferico, il rumore e gli scarichi tossici delle autovetture sono tutti fattori che contribuiscono a rendere sempre più pericolosa la vita delle strade.

 

Questo non era l’obiettivo iniziale di strade e vie. Alle origini il loro scopo era di servire i bisogni delle comunità e di incoraggiare le interazioni sociali tra i vicini. Come spiega l’autore David Engwicht nel suo Rivendichiamo le nostre città: “Per secoli le vie sono state il palcoscenico di musiche, processioni, matrimoni, funerali, entrate trionfali di re e regine, momenti educativi, dibattiti pubblici, preghiere, commercio e teatro. Secondo quanto si suppone, nel XIX secolo i pianificatori urbani nordamericani vollero abbandonare il vecchio modello Europeo senza pianificazione e rimpiazzarlo con strade larghe e lunghe abbastanza da essere percorse da squadre di cavalli”. Ovviamente, questi cavalli furono sostituiti da una sfilata di automobili e secondo W. Zuckermann: “Le strade lunghe e larghe occuparono spazio residenziale e servirono da barriere ai contatti sociali mentre permettevano al traffico su ruote di muoversi velocemente a danno del traffico pedonale”. Ancora è il concetto di un design urbano favorevole alla comunicazione su lunga distanza ai danni di quella a breve distanza e altre forme di comunicazione più conviviali.

 

Fino ad ora abbiamo visto alcune ripercussioni che un sistema di trasporto incentrato sull’auto può avere sulla società, sulle comunità e su altri mezzi di spostamento. Abbiamo dimostrato questo principalmente analizzando il consolidarsi di un sistema di trasporto dominato dall’autovettura privata attraverso la pianificazione e il finanziamento pubblico. Abbiamo anche tentato di mostrare che tale sistema è rigido e che riduce il campo di scelta “reale” in materia di trasporti. Per esempio, più infrastrutture vengono rese disponibili per la cultura dell’auto, più gente farà uso di esse. Attualmente, ci sono circa 500 milioni di automobili in uso in tutto il mondo. Con l’attuale esportazione del modello automobilistico e della sua ideologia verso il terzo mondo, le proiezioni per il 2030 parlano di 1 miliardo. Alla luce di tutto questo quali sono le soluzioni per contrastare questa tendenza all’auto radicata nella nostra società e come possiamo far crescere un più ampio spettro di possibilità personali in fatto di trasporti?

 

Un modo per rendere le città meno auto-dipendenti e farle diventare dei posti attraenti per vivere è incoraggiare la pianificazione e lo sviluppo del territorio per utilizzi promiscui. Questo tipo di sviluppo incoraggia la vicinanza di case, negozi, uffici pubblici e di affari, scuole, ristoranti e conseguentemente riduce l’affidamento a e la dipendenza dall’automobile. Inoltre, questo tipo di strategia di pianificazione diminuirebbe la distanza tra le persone di gruppi di età differenti e favorirebbe un maggior grado di integrazione tra loro. Questo tipo di città sarebbe più compatta e avrebbe meno spazi pubblici “vuoti” e “morti”. Ancora, questa città avrebbe una fittissima rete di piste ciclabili e trasporti pubblici convenienti e accessibili. Effettivamente questa città potrebbe imitare l’esempio olandese. I ciclisti dei Paesi Bassi dispongono di 13500 km di piste ciclabili, molti dei quali sono connessi tra loro, fornendo la possibilità di raggiungere la destinazione senza interruzioni. Il punto centrale è di fornire servizi ciclabili in maniera olistica, che vuol dire da e per quante più destinazioni possibili. L’opposto di un piano olistico è un piano a spizzichi e bocconi dove vengono costruite piste ciclabili di facciata che incoraggiano solo l’utilizzo ricreazionale di questo mezzo di trasporto.

 

Un altro sistema per far crescere comunità ciclabili e pedonali è di introdurre più iniziative di “traffic-calming”. Si tratta di iniziative aventi lo scopo di valorizzare la vita di strada. “Traffic-calming” fa diminuire le velocità degli automezzi in modo da renderla più compatibile con i pedoni e i ciclisti. Tali iniziative sono state popolari in Europa e stanno cominciando a raccogliere consenso qui grazie ad alcuni leader di comunità. Per esempio una proposta di legge sponsorizzata da Rosario Marchese concede l’autorizzazione alla città di Toronto di sperimentare un limite di velocità di 30 km all’ora su quelle strade già attrezzate con dispositivi di traffic-calming. Tali dispositivi accoglierebbero i bambini, gli anziani, persone disabili, ciclisti e pedoni per farli prendere parte alle attività della strada in maniera più integrata; questa strada sarebbe un posto che favorirebbe frequenti contatti spontanei e casuali tra le persone che non sono necessariamente di mentalità simile. Questa similitudine di mentalità è la caratteristica che Wolfgang Zuckermann usa per descrivere il tipo di comunità oggi predominante: “La comunità dei party serali di persone con la stessa mentalità che si incontrano grazie ad accordi deliberati e che non hanno bisogno di vivere una vicina all’altra dato che sono collegate tra di loro da un autostrada”. Dopo tutto, il traffic-calming riflette un design urbano più in accordo con una società a misura d’uomo e di comunità locale.

 

Un sistema di trasporto ferroviario completo ci darebbe un’altra possibilità per contemporaneamente ridurre la nostra dipendenza dalle automobili e migliorare il sistema di trasporto pubblico. Rail Ways to the Future, una task force di Transport 2000 Ontario, delinea i passi necessari per ripristinare un servizio su rotaia in Ontario. …. Sicuramente un tale piano, se sostenuto da finanziamenti pubblici, sarebbe molto più conveniente per i contribuenti, creerebbe più occupazione che l’attuale modello dominato dall’auto e ovviamente sarebbe meno inquinante per l’ambiente. Come spiega S. Zielinski nel suo articolo “Trasportandoci verso la crescita economica”:

 

Le auto effettivamente costano alla nostra società più soldi di quanto ne contribuiscano nella creazione di posti di lavoro… Un recente studio tedesco ha mostrato che la costruzione di autostrade genera meno posti di lavoro di qualsiasi altro investimento pubblico in infrastrutture. Spendere un miliardo di marchi tedeschi in autostrade porta solo tra i 14mila i 19mila nuovi posti di lavoro, comparati con i circa 22mila derivanti dalla costruzione di ferrovie, o i 23milla della costruzione di tram leggeri.

 

Data la nostra attuale ossessione per la creazione di posti di lavoro e la nostra dichiarata ansia per l’ambiente e le nostre comunità, forse più politici dovrebbero annotarsi qualcuna delle precedenti osservazioni. Tali osservazioni di solito riflettono le preoccupazioni e il punto di vista di persone che hanno un interesse reale nella comunità in cui vivono e di conseguenza si preoccupano della sua salute e benessere. Comunque queste opinioni e preoccupazioni spesso si scontrano con interessi commerciali e corporativi che sempre più controllano e dominano le politiche pubbliche in tema di trasporti a livello locale, regionale e federale.

 

Difatti, questo conflitto di interessi pone un’importante domanda: che tipo di città vogliamo? Come chiede Jan C. Lunberg: “Una domanda vitale è se avremo diverse economie autonome o un'unica, grande, interdipendente distribuzione su gomma che fa guadagnare solamente dei perfetti sconosciuti lontano da noi”. In questa epoca di globalizzazione e informazione, la dicotomia tra globale e regionale è di importanza fondamentale se si considera il problema dell’autonomia delle comunità. Questo tema scottante è stato sottolineato da Ursula Franklin durante il suo intervento a Parliament Hill il 7 dicembre 1995. Nel suo discorso, analizzava la dinamica tra il livello globale, che lei paragonava alla fetta orizzontale di una torta, e il livello locale, paragonato a una fetta verticale della stessa torta. Sottolineava l’importanza di considerare le specifiche preoccupazioni di una particolare comunità e di cercare di prevedere i potenziali effetti di prescrizioni globali (per esempio i suburbi auto-dipendenti sparpagliati in tutto il nord America) a livello di comunità locale. Con le sue parole:

 

Così quello che abbiamo davanti, penso, è il bisogno di pensare seriamente a dove siamo e a che livello vogliamo mantenere e valorizzare l’esistenza della fetta verticale. Potete notare che la fetta verticale sembra essere condizionata dai tassi di interesse internazionali, che sono di competenza esclusivamente orizzontale. Nessuno di quelli che stimano il valore di una regione o una comunità abitano lì. Non c’è niente da dire su dove si trovano le noccioline e le uvette nella torta, ma è la facilità del movimento orizzontale che determina la loro distribuzione.

 

Questa dichiarazione è una rivendicazione di rispetto delle diversità e delle variazioni regionali, implica inoltre che le prescrizioni volute dall’alto, come quelle sui tassi di interesse, possono influenzare la futura conformazione di comunità e città. Inoltre, gli schemi di attività della gente saranno anch’essi influenzati da questa fetta orizzontale.

 

Trasferendo questi argomenti alla cultura dell’auto, si possono evidenziare molte similitudini. Le tre più grandi industrie automobilistiche in Nord America sono General Motors, Ford e Chrysler. Tutte e tre sono grandi multinazionali che hanno pesantemente influenzato la pianificazione urbana e il design delle nostre città in questo secolo. La loro influenza è indiscutibilmente al livello orizzontale della torta e di conseguenza ha determinato in maniera pesante il tipo di città che avrebbe dominato da nord a sud e da est a ovest nel nostro continente. L’assoluta grandezza dei beni che queste compagnie sono riuscite ad accentrare e concentrare sul livello delle fette orizzontali ha indubbiamente imposto i parametri nei quali le città canadesi avrebbero potuto evolversi. I nostri pianificatori urbani non avrebbero potuto costruire città circolari, paesi triangolari, o quartieri ovali, perché i più grandi costruttori di automobili, fortemente immersi nelle fette orizzontali della torta, hanno imposto essenzialmente il modello rigido della città a forma di scatola a tutti i livelli della torta.

 

In questo documento abbiamo tentato di togliere il velo alle forze economiche e politiche che sostengono l’automobile e il suo apparato infrastrutturale. Abbiamo rivelato che l’automobile non si è evoluta “naturalmente” nella catena del progresso tecnologico ma, di fatto, si è evoluta gradualmente, grazie alla cortesia di pianificazioni e finanziamenti pubblici i quali contribuiscono anche a mantenerla nella sua attuale posizione nel nostro sistema di trasporto. Abbiamo inoltre notato che il suo status privilegiato, perpetuato da massicci sussidi governativi così come da campagne pubblicitarie, è stato spesso elevato a detrimento di modalità di trasporto su scala più piccola e più sostenibili come la bicicletta e la rotaia. Abbiamo anche dimostrato chiaramente che questa tendenza all’auto è riuscita a erodere le possibilità di scelta per i cittadini in materia di trasporti. Speriamo che questo documento riesca a creare un pensiero più critico nei confronti della cultura dell’auto. Come abbiamo visto questa cultura non è apparsa magicamente ma è stata creata nei fatti da diversi attori differenti.

 



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