Car wars

L'economia USA dipende dal petrolio come un tossico dipende dall'eroina, e l'Iraq fornira' la prossima dose

Ian Roberts
18 gennaio 2003
The Guardian


La guerra in Iraq e' inevitabile. Che ci sarebbe stata una guerra venne deciso a meta' degli anni 20 dai pianificatori nordamericani. Che avrebbe avuto luogo in Iraq e' stato deciso molto piu' recentemente. La guerra e' inevitabile non a causa delle armi di distruzione di massa irachene, come dichiarato dalla destra politica, e nemmeno a causa dell'imperialismo occidentale, come sostenuto dalla sinistra. Il motivo di questa guerra, e probabilmente di quella che la seguira', è la dipendenza dall'automobile.

Gli USA si sono chiusi in un angolo di asfalto ed automobili. Le loro infrastrutture economiche e fisiche sono cosi' dipendenti dalla motorizzazione privata di massa che gli Stati Uniti sono patologicamente dipendenti dal petrolio. Senza i miliardi di barili di prezioso liquido nero che vengono pompati nelle vene dell'economia statunitense tutti gli anni, la nazione sperimenterebbe una crisi di astinenza dolorosa e dannosissima.

Il primo modello T della Ford usci' dalla catena di montaggio nel 1908 e rappresento' un miracolo della produzione di massa. Nel primo decennio di quel secolo, le registrazioni di automobili negli Stati Uniti crebbero da 8000 a quasi 500mila. Nelle citta' gli autobus sostituirono i tram, e poi le auto sostituirono gli autobus. Nel 1932 la General Motors compro' gran parte dei sistemi tramviari statunitensi per poi chiuderli. Ma furono i pianificatori urbani che intrappolarono davvero l'America. La proprieta' privata della vettura offriva una possibilita' di evasione dalle citta' sporche e sovraffollate verso i verdi parchi suburbani e i progettisti urbani fornirono le vie di fuga.

Tra gli anni 20 e 30 del secolo scorso, gli Stati Uniti trasformarono se stessi in una nazione di suburbi di piccoli proprietari di abitazioni. Con le parole di Joni Mitchell: "Asfaltarono il paradiso e costruirono un parcheggio". Citta' come Los Angeles, Dallas, Phoenix furono modellate dalle auto private in sterminati insediamenti suburbani talmente dilatati che era ora quasi impossibile fornire un servizio di trasporto pubblico economico ed adeguato.

Mentre le citta' si dilatavano, l'industria dell'auto cresceva e si consolidava fino a diventare il maggior settore di occupazione del mondo, dominato da cinque grandi multinazionali dei quali la General Motors e' la piu' importante. Il paesaggio e i mezzi di sussistenza degli statunitensi vennero forgiati dai fabbricanti d'auto.

Gli autoveicoli sono responsabili di circa un terzo dell'utilizzo del petrolio a livello mondiale, ma di quasi due terzi negli Stati Uniti. Nel resto del mondo, la maggior parte della destinazione d'uso del greggio e' da addebitare al riscaldamento e alla generazione di energia elettrica. L'impennata dei prezzi durante l'embargo petrolifero dei paesi OPEC del 1973 stimolo' la sostituzione del petrolio con altri combustibili per gli impianti di riscaldamento e le centrali elettriche, ma nel settore dei trasporti le alternative nel breve periodo scarseggiano.

Grazie a prezzi del greggio e della benzina artificialmente bassi, che non riflettevano i reali costi sociali ed ambientali dell'utilizzo e della produzione di combustibili fossili, le spinte a cercare fonti energetiche alternative scarseggiavano. L'embargo OPEC stimolo' temporaneamente un miglioramento nell'efficienza dei motori con l'introduzione di requisiti standard di consumo di combustibili, ma nel decennio passato la crescente popolarita' dei cosiddetti SUV (sport utility vehicles), vetture che bruciano enormi quantita' di benzina, ha sostanzialmente ridotto l'efficienza media del parco macchine statunitense.

Il settore trasporto nordamericano e' quasi totalmente dipendente dal petrolio la cui disponibilita' comincia a scarseggiare. E' stato calcolato che l'ammontare di petrolio che puo' venire estratto dal suolo e' di circa duemila miliardi di barili e che la produzione mondiale raggiungera' il suo apice nei prossimi 10 o 15 anni. Dato che anche modeste riduzioni nella produzione di greggio possono avere serie conseguenze sui prezzi dei carburanti, l'amministrazione statunitense e' ben consapevole dell'importanza di garantirsi per il futuro. Tutti gli shock petroliferi piu' consistenti degli ultimi 30 anni hanno avuto come conseguenza una recessione negli USA e qualsiasi importante recessione e' stata preceduta da uno shock petrolifero.

Nel 1997 la commissione Carnegie, incaricata di prevenire conflitti che potevano avere conseguenze mortali, identifico' alcuni importanti fattori di rischio. Tra questi cambiamenti demografici che impediscano agli stati di fornire servizi essenziali e il controllo mono od oligopolistico di importanti risorse naturali . Entrambi questi fattori sono motivazioni chiave nella guerra con l'Iraq. L'america suburbana ha bisogno del petrolio e Saddam Hussein ci sta seduto sopra.

L'economia USA ha bisogno del petrolio come un tossico ha bisogno dell'eroina e l'Iraq ha una disponibilita' di 112 miliardi di barili, la piu' grossa scorta mondiale fuori dell'Arabia Saudita. Ancora prima di sparare il primo colpo ci sono state feroci discussioni sulle modalita' di estrazione delle riserve petrolifere irachene. Tutti e cinque i membri del consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite hanno compagnie petrolifere che hanno interesse in un "cambio di regime" a Baghdad.

La dipendenza dall'automobile e' un problema di salute pubblica globale del quale le guerre per il petrolio sono solo un aspetto. Ogni giorno nel mondo muoiono circa tremila persone ed altre 30mila sono ferite gravemente negli incidenti stradali. Piu' dell'85% dei decessi avvengono nei paesi a reddito medio-basso, il fardello piu' pesante sopportato da pedoni, ciclisti, e passeggeri di autobus. La maggior parte delle vittime non possiedera' mai un'automobile e molte di loro sono bambini.

Nel 2020, gli incidenti stradali passeranno al terzo posto nella graduatoria mondiale delle cause di decessi, dal nono posto attuale, e si troveranno al secondo posto nei paesi in via di sviluppo. Il fatto che accettiamo questa carneficina come un danno collaterale di un sistema di trasporto basato sull'automobile privata e' indice della pervasivita' e della forza della dipendneza dall'auto. Inoltre, il viaggio in auto ha ridotto l'utilizzo dell nostre gambe per camminare. Un quarto di tutti gli spostamenti in automobile serve per coprire percorsi di lunghezza inferiore alle due miglia. Una camminata di tre km utilizza meta' dell'energia contenuta in una barretta di cioccolato. La stessa distanza coperta in automobile ne richiede 10 volte tanta ma dalla fonte sbagliata. Possiamo continuare a fabbricare cioccolato, ma le riserve petrolifere sono destinate ad esaurirsi.

Il ricorso all'automobile con il corrispondente declino dell'attivita' fisica e' un'importante causa dell'obesita' epidemica negli USA e in Gran Bretagna, aumentando i rischi di malattie cardiache, diabete, osteoporosi e ipertensione. L'abitudine di utilizzare l'auto per andare a fare la spesa ha trasformato molte piccole citta' in citta' fantasma, danneggiando la reti sociali di interazioni comunitarie, che svolgono un importante ruolo di supporto per gli individui.

La prima guerra per la benzina ha avuto luogo in Kuwait e la seconda verra' condotta in Iraq. Il mondo deve agire ora per prevenire la terza. Sull'onda di questa guerra, Tony Blair sta svolgendo il ruolo di leader mondiale che non si lascia influenzare da nessuno. Ma i trasporti, non l'Iraq, rappresentano il vero nodo da sciogliere.

Quelli che si oppongono a questa guerra devono unire i loro sforzi per prevenire i conflitti che seguiranno se non riusciremo a contrastare la dipendenza dall'auto. Dobbiamo rivendicare per le nostre strade un utilizzo alternativo, promuovere gli spostamenti a piedi e in bicicletta, rafforzare il trasporto pubblico, opporci alla costruzione di nuove strade e pagare il pieno costo sociale ed ambientale dell'utilizzo dell'auto. Dobbiamo riflettere e discutere su politiche di utilizzo del territorio che riducano il bisogno di spostamenti in auto. Abbiamo bisogno di "villaggi urbani" raccolti intorno ai nodi dei servizi di trasporto pubblico, non conurbazioni dilatate ed auto-dipendenti. Possiamo fare tutti la nostra parte e dobbiamo agire ora.

· Ian Roberts e' insegnante di salute pubblica alla London School di igiene e medicina tropicale
ian.roberts@LSHTM.ac.uk


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