INTERNI CONTRO ESTERNI:
UNA QUESTIONE DI SCALA
Nelle tradizionali città pedonali
del Marocco, gli ambienti interni ed esterni sono costruiti secondo lo stesso
ordine di grandezza, quello umano. I corridoi esterni (vie) non sono più larghi
di quelli interni, i locali esterni (piazze, raramente dalla forma molto
regolare) non sono più ampi di quelli interni (stanze o cortili). Piuttosto che
trovarsi di fronte a uno iato secco tra il dentro e il fuori, è spesso
difficile capire con certezza dove ci si trova. Spesso un cortile privato
sembra essere un ambiente interno, anche se è aperto. E un mercato di strada
coperto? E un negozio con tre sole pareti? La linea di confine si confonde, la
distinzione perde di significato.
Nelle città moderne gli
automobilisti, gli utenti del mezzo pubblico, perfino i ciclisti si lamentano
spesso che camminare risulta troppo lento – ma non perché, come essi stessi
pensano, i piedi di cui sono stati dotati sono inefficienti, ma perché la Città
Automobile ha distrutto e sostituito l’ambiente urbano nel quale i pedoni
prosperano. Sbagliano i pedoni ad interrogarsi sui loro piedi invece che sulla
forma distorta della moderna città. Una volta che abbiamo cominciato a
deprecare la lentezza delle nostre gambe, siamo seriamente confusi, incapaci di
prendere decisioni adeguate sull’ambiente in cui viviamo.
Basta prendere in considerazione il
fatto che, quando ci si trova in ambienti interni, anche enormi come un centro
commerciale, nessuno sembra trovare il camminare particolarmente inadeguato. Entrando
a piedi in un edificio nessuno avrebbe il coraggio di sostenere che il suo
diritto alla mobilità, motorizzata o ciclistica che sia, sia stato calpestato.
È semplicemente ovvio, per gli occhi di chiunque, che le attività che si
svolgono all’interno degli edifici – parlare, fare la spesa, cucinare,
mangiare, spostarsi da un locale all’altro, specialmente se sonnambuli – sono
molto più efficacemente soddisfatte se eseguite a passo d’uomo.
Solo in un ambiente interno
enormemente sovradimensionato la gente trova davvero utile aumentare la
velocità. (Pensiamo ai grandi ipermercati dove i dipendenti zigzagano sui
rollerblade – ma anche qui il vantaggio verrebbe perso nel caso anche i clienti
si dotassero della medesima attrezzatura.)
Quindi perché esiste questa
differenza nel metro di giudizio sulla mobilità interna rispetto a quella
esterna? Perché accettiamo come normale che l’ambiente interno venga costruito
su scala umana mentre la scala sulla quale viene edificato l’esterno è
semplicemente alienante – sacrificato tutto alla velocità, alla circolazione e
alla sosta degli autoveicoli, svuotato totalmente di vita?
Come il pesce, incapace di chiedersi
alcunché a proposito dell’acqua in cui si trova, troviamo esageratamente
difficile intravedere una forma urbana alternativa, in parte perché non ci
rendiamo nemmeno conto che qualcosa come “la forma urbana” possa esistere. È
molto più facile rifiutare una tecnologia particolare come l’automobile, ancora
più facile abbracciare una tecnologia alternativa come la bicicletta. Molti di
noi hanno continuato a promuovere l’utilizzo di mezzi alternativi di trasporto
come alternativi in se stessi, senza preoccuparsi di creare le condizioni
necessarie per un generale favore dell’opinione pubblica verso di essi. Abbiamo
dato per scontato che avremmo dovuto occuparci di proporre diverse opzioni al
pubblico, come se l’auto e queste alternative esistessero su uno stesso piano –
come se uno stesso piano fosse possibile.
Questo è il punto sul quale dobbiamo
riflettere se vogliamo che pedalare e camminare diventino delle modalità di
trasporto realizzabili per tutti e non restino la scelta di una piccola e
combattiva minoranza di persone “alternative”. Fino a che non sceglieremo la
prima possibilità non riusciremo a spostare la nostra attenzione sul problema
della forma urbana. Se e quando ci riusciremo il “piano” sul quale giocare la
partita non sarà più lo stesso, ma, esattamente come il nostro ambiente
interno, sarà decisamente sbilanciato in favore dei pedoni.
Si può anche lavorare per fare della
città un ambiente di compromesso tra automobilisti e pedoni, servendo nessuno
molto bene, oppure possiamo lavorare per fare diventare tutti dei pedoni, nello
stesso modo in cui la Città Automobile fa diventare tutti degli automobilisti.Le
esperienze del turismo suggeriscono che molte persone amerebbero moltissimo
passare del tempo in un ambiente pedonale; solamente non vogliono fare i pedoni
(o i ciclisti, o gli utenti del trasporto pubblico) in un ambiente a misura di
automobile.
In una città costruita per e intorno all’automobile, la
maggior parte delle persone “sceglierà” di guidare. In una città pedonale,
“sceglierà” di camminare. Sembra che il miglior modo di cambiare i
comportamenti sia quello di cambiare l’ambiente.