Ad inizio campionato
1944-45 il Toro si presentava con Bagicalupo in porta, Ballarin e
Maroso terzini, Rigamonti centromediano, centrocampo a quattro con Grezar,
Loik, Castigliano, Mazzola, e Ossola, Gabetto, Ferraris in attacco; una
squadra magnifica che dominò il girone Alta Italia e il girone finale
ad otto squadre, è il secondo scudetto del Grande Torino.
Dalla stagione 1946-47 fu ripristinato il campionato a girone unico;
Ferrero non modifica niente nell'undici base, dominio assoluto, le
cifre sono impressionanti: 104 gol fatti, 35 subiti, Mazzola Capocannoniere
del torneo con 29 centri. Inoltre il Torino Campione d'Italia per la terza
volta, viene portato in blocco in Nazionale da Vittorio Pozzo, il
record assoluto fu toccato in occasione di Italia-Ungheria 3-2, con 10 giocatori
granata con la maglia azzurra.
Il torneo 1947-48 recita sempre lo stesso copione: i granata stravincono
anche in quest'occasione. La formazione tipo è la seguente: Bagicalupo,
Ballarin, Tomà, Grezar, Rigamonti, Castigliano, Menti, Loik, Gabetto,
Mazzola, Ossola.
Ferrero lasciò la guida tecnica a Mario Sperone, ma in realtà
la squadra la faceva Erbstein da sempre "consigliere" di Novo.
Il Torino si laureò Campione d'Italia con cinque giornate d'anticipo,
circa un mese e mezzo prima della fine del torneo! Fu, probabilmente, il
miglior Toro di tutti i tempi; la stagione 1947-48 vide giocare una delle
più forti squadre di sempre.
Nuovo allenatore per il campionato 1948-49: l'inglese Lievesley.
La campagna acquisti portò in granata i franco-italiani: Ruggero
Grava ed Emilio Bongiorni e il boemo Julius Schubert, alla rosa
si aggregano i giovani Operto, Ballarin II e Fadini.
Tutto procede come al solito, i granata al massimo della forma travolgono
tutti gli avversari portandosi in testa alla classifica;
Pareggiata l'impegnativa sfida di campionato con l'Inter, il Torino si fermò
a Milano, da dove sarebbe partito per Lisbona, dove avrebbe disputato
una gara amichevole contro il Benfica, per festeggiare l'addio al calcio
di Ferreira capitano della nazionale portoghese.
La gara contro il Benfica fu davvero un'amichevole, 4-3 il risultato finale.
Il giorno seguente, il 4 Maggio, il Torino salì sul trimotore
"I-Elce" per fare ritorno a casa. Il tempo era pessimo, nuvole
basse, pioggia: alle 17 l'ultimo contatto tra l'aereo e l'aeroporto di Torino,
poi il buio. La Basilica di Superga apparve davanti al pilota all'improvviso:
una fiammata, lo schianto tremendo, la morte improvvisa. Tra le 17,01 e
le 17,04 del 4 maggio 1949 morì il Grande Torino ed iniziò
la sua leggenda. Nell'infernale impatto morirono tutti: 18 giocatori: Bagicalupo,
Aldo e Dino Ballarin, Bongiorni, Castigliano, Fadini, Gabetto, Grava, Grezar,
Loik, Maroso, Martelli, Mazzola, Menti, Operto, Ossola, Rigamonti, Schubert;
cinque rappresentanti della società: Cortina (massaggiatore), Agnisetta
(dirigente), Civalleri (accompagnatore), Egri Erbstein (direttore tecnico),
Leslie Lievesley (preparatore atletico); tre noti giornalisti: Renato Tosatti
della "Gazzetta del Popolo", Renato Casalbore di "Tuttosport"
e Luigi Cavallero de "La Stampa"; e l'equipaggio.
La notizia della tragedia in un attimo fece il giro del mondo, in tutti
lo sgomento fu enorme; il compito più ingrato toccò a Vittorio
Pozzo, che dovette procedere al riconoscimento dei suoi ragazzi, uno per
uno.
Dopo il riconoscimento, le salme furono portate a Palazzo Madama, per il
saluto della folla: una vera processione rese omaggio alle bare allineate.
Una folla immensa partecipò ai funerali il 6 maggio 1949.
Per varie ragioni tre elementi di quella magica squadra non salirono sull'aereo
per Lisbona; Giuliano, Gandolfi e il più famoso Sauro Tomà,
fermato dal medico per un infortunio al ginocchio. Anche Ferruccio Novo,
bloccato dalla broncopolmonite, si salvò, così come il grande
Nicolò Carosio che rimase a casa per la cresima del figlio: casi
fortunati, della vita. La stagione 1948-49 fu portata a termine dai giovani
del Torino, che disputarono le ultime gare contro le corrispettive formazioni
giovanili. Il Torino vinse tutte le rimanenti partite, chiudendo il campionato
1948-49 con 60 punti, cinque di vantaggio sull'Inter seconda: mai trionfo
più fu amaro. Già prima, in ogni caso, Ottorino Barassi,
presidente della federazione aveva proclamato la squadra granata, Campione
d'Italia per la quinta volta consecutiva.
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