Lettere dell'emigrato

La passeggiata (poesia)

Villalba bedda (poesia)

 

Lettere dell’emigrato

 

Caro Paese Mio,

Ti scrivo questa lettera dettata dal desiderio del mio mesto cuore. La mia mente si ferma un attimo, i miei pensieri volano indietro, al tempo passato, al tempo della mia infanzia, quando spensierato correvo percorrendo le tue amene colline, le terre brune e il tuo cielo delicato accarezzava la mia fronte di bambino sorridente. Quanta meraviglia porta al mio cuore il solo ricordarti! Ma, mentre osservo sbalordito la lontananza che ci divide; vedo gli anni che passo distante da te. Il tempo corre e il rimpianto si mischia alla voglia di rivederti.

Chi altro, se non io che vivo lontano, può anelare per una tua carezza? Una delle tante carezze che tu dispendi ai tuoi figli come una madre affettuosa, questo ti chiedo. Tu che dal sole sei baciata, solo tu, sei la ragione che mi spinge, col tuo richiamo fortissimo, a ritornare dove il mio cuore vorrebbe vivere per sempre.

Quando provo solo ad immaginare i tuoi occhi di pietra, una sensazione di ritorno diventa una promessa di vita che faccio a me stesso; non posso negarlo, non posso mentire, è questo ciò che sento dentro. E me ne sto seduto all’ombra a ricordarti, mentre la mia vita palpita di distacco, proprio quel lunghissimo distacco tra te e me.

Io che ora sono qui straniero, in una terra che non appartenne ai miei padri, lontano dalla mia Casa, ti scrivo una lettera di passione, e solo a scriverla mi commuovo perché ti confesso con tanta bontà tutta la mia malinconia, perché abbandonarmi ai ricordi non mi soddisfa più. Le cure e l’amorevolezza che mi hai dato calmano il dolore che c’è in me, esaltano la speranza che mi fa vivere fino al giorno che potrò finalmente riabbracciarti. Quante volte, in notti forestiere, ti ho sognato, solo Dio lo sa! Nelle mie memorie ti vengo a cercare, solo per alleviare la mancanza che si aggrappa al mio vivere lontano da te.

Quando il destino mi costrinse ad andare, non capivo le accoglienze che riservavi al mio spirito giovanissimo, non capivo cosa voleva dire lasciare tutto, non capivo cosa voleva dire lasciarti per poi ritrovarmi in posti che non mi davano la felicità che tu riuscivi a darmi. Solo oggi capisco quante è grande l’amore per la mia dimora, e nulla può eguagliarlo!

Un treno che si dirigeva lento verso il sole dell’alba, portava lacrime di tramonto al mio animo appena staccatosi dalle tue accoglienti mura. Così andai via dai sentimenti che tu potevi darmi, e mi incamminavo verso la trascuratezza di nuovi paesi, ma il mio paese eri tu, il mio paese sei tu. Non c’è nulla di più piacevole che stendersi tra le braccia della propria terra e fare sogni di tranquilla realtà, cullato dall’ombra della tua natura e accarezzato dalla gentilezza del tuo vento.

Aspetto il tempo che verrà, che verrà per poter percorrere di nuovo le tue vie che rivivono nella mia mente. Per poter sentire i tuoi profumi, per ammirare le colline che ti circondano, quelle colline che donano dolci frutti; per essere di nuovo contento di rincontrarti, tu che sei la mia Famiglia, tu che sei la mia Casa. Non smetterò mai di aspettare il momento per poterti baciare nuovamente, per poterti rivedere e vivere insieme, fino all’ultimo giorno della mia vecchiaia.

Oh, paese mio, tu che sei mio amico e padre putativo, a te rivolgo il mio pianto di speranza, a te intono il mio canto d’amore che nasce e vive nel mio essere in memoria dei tempi trascorsi insieme.

Questa lettera ti dedico, perché questo è ciò che voglio da sempre dirti, e quanto forte può essere la mia voce tanto di più è la distanza che ti impedisce di sentirla, ma l’amore supera ogni frontiera e ogni ostacolo, nulla può fermare il dolce sentimento di un figlio che vuol congiungersi alla sua Terra.  E come gli infiniti raggi del sole, che ti nutrono e ti fanno brillare, ti invito ad ascoltare e accogliere le parole che custodisco nel mio animo pieno di nostalgia.

 

23 Aprile 2007

 


 

La passeggiata

 

Terra di luce, tra i tuoi viali alberati

E le colline verdeggianti alle tue spalle

Si incontrano umili usanze.

 

Valle di tradizione, Venerdì Santo.

La tua gente, vedo, in processione

Mentre segue la statua del santo:

Ecce Homo.

 

In piazza, contadini parlano del raccolto,

Raccontano storie di campi

Che si perdono nei loro ricordi infantili.

 

Nei balconi fioriti, profumi di basilico

Accompagnano i rintocchi del campanile

Che vigila sulle strade silenziose.

 

La tua voce, di notte, non sento più;

Ma solo la luna ingioiellata di stelle

Vedo nel tuo chiarissimo cielo.

 

Terra di luce, tra i tuoi viali alberati

E le colline verdeggianti alle tue spalle

Si incontrano umili usanze e nuovi sogni.

 

26-Aprile-2007

 


 

Villalba bedda

 

Nella calma di un pomeriggio d’estate,

Un dolce sospiro di vento si leva timido

E ti accarezza, mia silenziosa Villalba.

 

Non chiedermi nulla mentre ti osservo

Sonnecchiare per il caldo afoso, di vuoto,

Dopo pranzo, mia sonnolente Villalba.

 

Canto Veni l’Autunnu, accarezzo le dorate spighe

Nate da raggi di un sole duro e brillante,

Il tuo volto beato m’incanta, mia dolce Villalba.

 

All’ombra degli oliveti, inizio a sognare,

Non so se puoi capirmi, non so come dirlo, ma:

“Ti vuagliu beni, Villalba bedda mia, Villalba bedda”.

 

26 Aprile 2007

 

Villalba

 


Salvatore Lumia, una passione per la fotografia

e-mail: matlumi@tin.it