Incontro del
27 marzo 2004
A casa di Antonio Coppola
ore 20

Immagini del film


Incontro del marzo 2004 da Antonio a Puglianello

Mancano Agi, Erminia e Rosalba.
Capocollo e bruschette. Vino.
Inizia il film.
Di Richard Brooks “La gatta sul tetto che scotta”, ovvero, della menzogna.
Cena. Discussione.

Maggio 2004. Redazione del verbale. Provo a ricordare. Come al solito, poco o niente.

Alicudi, 10 aprile 2004, ora di pranzo. Sono con Bianca sul terrazzo.
“Bianca, secondo te cosa dovrei scrivere nel verbale?”.
“Dovresti scrivere della menzogna”.
“Cosa si deve intendere per menzogna?”
“Le menzogne sono, per esempio quelle di Bush e dei suoi amici che hanno mentito sulla questione delle armi in Iraq”, quelle che intervengono nei rapporti di lavoro.

Per Bianca la menzogna è quella di chi mente sapendo di mentire. Se non ricordo male, questa è anche la menzogna secondo Roberto.

“D’accordo, ma secondo me nel film si fa riferimento ad un’altra categoria di menzogne; nel film la menzogna è quella fra fratello e fratello, figlio e padre, figlio e madre, moglie e marito …; insomma, è la menzogna nei rapporti umani con le persone più prossime”.

Sulla custodia della cassetta si legge:
Opera di rara intensità, questo film dipinge in modo affascinante e insieme feroce il mondo dei rapporti umani costruito sulla menzogna.

Dico a Bianca “In questi casi, la menzogna non ha più contorni così definiti”.

Trovo conferma nel ricordo di uno sprazzo di discussione alla fine del film. Ciascuno dava una definizione diversa della menzogna. Era come arrampicarsi sugli specchi.
Per Geppino la menzogna è talora, o spesso, dico io, a seconda dei casi, utile per evitare inutili dispiaceri alle persone vicine.
È vero, ma poi se ne perde il controllo, nel senso che può essere così utile, qualcuno potrebbe dire così efficacemente strumentale, che si finisce per crederci. È a questo punto che non si capisce più dove sia la verità o la menzogna nei propri comportamenti, nei propri atteggiamenti. Credo che a tutti capiti di costatare, a me capita, che certi nostri discorsi, certi nostri comportamenti, appaiano veri una volta ed ipocriti e strumentali la volta successiva. Non si sa più in quale momento siamo più veri e quando invece fingiamo e mentiamo agli altri e a noi stessi. Rimane il fatto che la menzogna nei confronti delle persone più prossime può fare così apparentemente bene da diventare la verità, non ci pare più di mentire. È, tuttavia, come nascondersi dietro un dito.
Poi, non sempre, c’è la catarsi. Secondo Roberto, la verità viene puntualmente fuori nei momenti di “morte” in senso lato, nei momenti per esempio di grande dolore, quando non si ha più voglia di mediare attraverso la menzogna, quando invece si sente una gran voglia, vera, questa sì, di “liberarsi”. Si diventa improvvisamente veri, di una nuova verità, ma pur sempre veri. È quello che d’altra parte succede nel film.

Alicudi, qualche minuto dopo.
“Bianca, io non penavo alla menzogna di chi mente sapendo di mentire. Pensavo ad un alto tipo di menzogna, quella nei rapporti con le persone vicine”.
Bianca, sicuramente non ricordando cosa avesse detto Geppino la sera del film, ha detto “le menzogne nei confronti delle persone vicine servono a non fare loro del male”. “Noi siamo capaci di capire quando sia opportuno mentire, mentire può essere un atto di responsabilità”. “Altrimenti saremmo delle bestie”.

Ho pensato “se qualcuno mi dovesse chiedere cos’è che distingue l’animale-uomo dall’animale-animale, oggi direi: «è la menzogna».

Tanto dovevasi.

Antonio