Incontro del
24-01-2004
A casa di Massimo Miniero
ore 19.30

Immagini del film

Inizia il settimo anno di incontri. Ho avvertito nell'aria, nelle settimane precedenti, un senso di stanchezza da parte di alcuni ed ho sentito l'esigenza di ribadire, in una mail, il mio sempre più vivo interesse per quello che facciamo, per come lo facciamo, oltre che il sempre maggiore affetto e stima che sento per tutti e da tutti, mi pare, ricambiato.

Ci sono assenze di peso per la prima del 2004. Mancano Bianca & Bianca: una per malattia e l'altra perché impegnata nei preparativi per la sua partenza per l'Africa. Mancano Agi e Rosalba. In compenso c'è Erminia. Ci sono poi due new entry ovvero Alba e Giuseppe (quest'anno ci saranno due Giuseppe da festeggiare nell'incontro di Marzo: dovrò raddoppiare il numero di zeppole?).

Con la consueta applicazione ci si dedica a rifocillarsi prima della visione del film.
Dopo il film si mangia ed anche se non tutto è all'altezza delle mie attese, mi pare che le pietanze, nel complesso, siano gradite.
Prima del dibattito c'è un momento molto toccante quando i miei amici mi fanno un dono (un bellissimo bastone) lasciandomi senza parole. Penso, dopo, di aver dimostrato una contentezza inferiore a quella provata. Evidentemente debbo ancora lavorare molto per riuscire ad esternare compiutamente i miei sentimenti.

Il film che abbiamo visto è «Good Bye Lenin». Ne avevo sentito parlare ma non l'avevo visto fino a quando Lella (che farei senza lei) mi ha invogliato a farlo (lei lo aveva già visto). Mi è piaciuto molto. Un amore a prima vista. Alla fine della visione mi pare che il film sia piaciuto a tutti.

Esordisco ricordando che in settimana, il 21 gennaio, è stato l'ottantesimo anniversario della morte di Lenin e l'83 esimo anniversario della scissione di Livorno con la fondazione del PCI.
Pur non avendo in mente queste ricorrenze, la scelta del film mi fa pensare ad una strana coincidenza. Da junghiano sarebbe più corretto ipotizzare un fenomeno di sincronicità.
Espongo quelli che, a mio vedere, sono i diversi registri di lettura. Quello più immediato ovvero la storia personale che il film narra; storia che ha un senso solo per il momento storico in cui si dipana. Le metafore sottese: la malattia e la morte della madre come malattia di una nazione, di un sistema ed infine la sua morte. Una morte dignitosa e pacificata per una bugia protratta ed una svelata. E' la bugia di far sembrare che nulla è cambiato e che tutto va bene, anzi meglio, che rimanda alle bugie, a fin di bene, mi raccomando, a fin di bene! che sono state spesso propinate dai regimi del socialismo reale (ma non solo da loro; però sembra che bugie somministrate in nome della democrazia siano accettabili se non irrilevanti)
Dichiaro una mia idea di libertà intrinsecamente collegata a quella di uguaglianza. Cito il «Libro nero degli Stati Uniti» che documenta tutti gli atti criminali compiuti dagli Stati Uniti negli ultimi 60 anni contro i Paesi comunisti o supposti tali solo perché avevano tentato di contrastare l'oppressione del capitalismo Statunitense. Elenco parte di quelli che sono stati compiuti nei confronti della DDR. Dichiaro la mia commozione durante la scena in cui il vero o finto astronauta finge di essere il nuovo presidente della Germania dell'Est e dice, tra l'altro, che il il socialismo non è fatto per erigere muri ma piuttosto per tendere la mano. Un po' come dire: socialismo o barbarie, come Rosa Luxenbourg. Insomma mi pare di mettere molta carne a cuocere.

La discussione inizia molto vivace. Geppino parla per primo, cosa che non fa quasi mai, e dice che il film gli è piaciuto. Riprende alcuni degli spunti che ho suggerito, racconta la sua personale esperienza derivata dai suoi soggiorni tedeschi e dalle sue relazioni con persone dell'est. Poi Roberto dice di essere in sostanziale accordo con quanto ho detto. Commento la stranezza del fatto. Giuseppe e Lucio parlano della loro personale conoscenza della privazione di libertà dei cittadini dell'est. Giuseppe afferma che non ci può essere libertà quando c'è pianificazione. Lucio ci parla di una sua esperienza a Berlino, della sua abitudine di recarsi sempre nei luoghi più alti delle città che visita e di un cittadino dell'est che non lo vuole fare perché non ha senso vedere luoghi in cui non potrà mai andare. Ci dice di come, dall'alto, Berlino ovest brulicava di folla mentre ad est le strade erano vuote. Insomma mi pare che emerga da ogni intervento un aspetto di quella idea assai complessa e molto personale che ognuno ha della libertà. Anna interviene deprecando una polarizzazione della discussione. Forse è vero, ma non certo tra chi difende i defunti regimi del socialismo reale e chi no. Sia Geppino che io riaffermiamo che non stiamo difendendo nulla ma nemmeno ce la sentiamo di condannare senza attenuanti. Per dirla con Romano Madera (Manifesto del 4 febbraio) questi regimi hanno prodotto degli orrori che si sono esplicati soprattutto nel movimento comunista - macchiando, anche se non annullando, grandiose e indimenticabili conquiste di civiltà. Per Geppino e per me non vi è libertà se non sono garantiti i bisogni primari, mangiare, lavoro, un tetto. Aggiungo, come bisogno primario, una prospettiva per il futuro. Su questo ci si divide, forse, non sulla difesa o meno di regimi che tutti riconosciamo essere stati, secondo Roberto per errori commessi, oppressivi.

Quello che mi è rimasto come ricordo più vivido, della discussione, è il simbolo, il segno che ognuno ha identificato con l'idea di libertà goduta o negata: che se per Lucio è poter guardare lontano, per Giuseppe è l'assenza di pianificazione dall'alto, per Anna è poter fare una specie di danza new age che il cambiamento permette alla sorella del protagonista. Per Geppino e me il soddisfacimento dei bisogni primari.

La discussione continua animata e vi partecipano tutti i maschietti, mentre tra le donne intervengono Anna, Erminia e Lina; le altre tacciono. Lella parlerà solo alla fine. Richiama la nostra attenzione sulle bugie sulle quali si regge tutto il film. Il suo intervento resta sospeso e non ha seguito, anche perché siamo quasi a fine serata e la discussione continua a mantenersi sul piano "politico".
Lella esprime, nel dopo dibattito, un suo disagio per discussioni in cui la prepotenza maschile impone i temi ed in cui la voce maschile prevale. Antonella, il giorno dopo, concorda. Rispondo dicendo che non ci sarebbe stata questa storia se non in quel contesto storico. E' il film che ha imposto un certo tipo di discussione piuttosto che un altro. E, tra l'altro, la voglia di discutere è stata tanta e la discussione molto vivace. Ammetto che prevale nei nostri incontri la voce maschile ma questo non è da l'attribuire tanto ad una forma di prepotenza, che pure può esserci talvolta; casomai ad una maggiore facilità, una maggiore sicurezza (almeno apparente) che hanno i maschietti del gruppo ad esprimersi pubblicamente su temi che, ne convengo, non espongono troppo sul piano interiore. Esiste una sensibilità e/o interessi diversi tra noi, non del tutto indipendenti dal sesso, dipendenti anche dal momento che ognuno attraversa. Una differenza che è una ricchezza da valorizzare e mai una forza ostativa. Un invito a prendersi ognuno sempre più lo spazio che gli è più congeniale, sapendo che nessuno te lo cede volentieri, ma anche sapendo che non siamo tanto incapaci di ascoltare. Insomma discutere tra noi, dopo tanti anni che lo facciamo (per alcuni di noi ben più dei 7 anni del gruppo) non è un dialogare tra sordi. E questo, anche ad un incontentabile come io sono, pare già tanto.

P.S. Devo dire che mai come in questo incontro ho sentito la mancanza di Agi che avrebbe potuto parlarci, con la sua consueta sincerità, franchezza e freschezza, della sua personale esperienza come cittadina dell'est del passato e di oggi (anche se oggi è cittadina dell'ovest).