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LETTERA QUARTA ALLA BEATA AGNESE DI PRAGA

A colei che è la metà dell’anima sua e santuario di un singolare e cordialissimo amore, all’illustre regina, sposa dell’Agnello e Re eterno, a Donna Agnese, madre sua carissima e figlia tra le altre la più amata,  Chiara, serva indegna di Cristo ed ancella inutile (cfr Lc 17,4) delle serve del Signore dimoranti nel monastero di San Damiano in Assisi, invia il suo saluto  e l’augurio di poter sciogliere un cantico nuovo, in compagnia delle altre santissime vergini, davanti al trono di Dio e dell’Agnello e di accompagnare l’Agnello ovunque vada (Ap 14,3-4).

O madre e figlia, sposa del Re di tutti i secoli (cfr Mt 12,50), non stupirti se non ti ho scritto di frequente come l’anima tua e la mia parimenti desiderano e bramano, e non credere assolutamente che l’incendio dell’amore verso di te sia divenuto meno ardente e dolce nel cuore della tua madre.  

Il solo ostacolo alla nostra corrispondenza è stato la scarsità dei messaggeri e l’insicurezza delle strade.  Ma oggi, che si presenta l’occasione di scrivere alla tua carità, ecco mi rallegro con te e con te gioisco nel gaudio dello Spirito, o sposa di Cristo (cfr 1Ts 1,6; 2Cor 11,2),  poiché, come quell’altra santissima vergine Agnese, tu, slacciandoti da tutte le ricchezze e vanità del mondo, ti sei meravigliosamente unita in sposa all’Agnello immacolato, che toglie i peccati del mondo (1Pt 1,19; Gv 1,29).

Te veramente felice! Ti è concesso di godere di questo sacro convito, per poter aderire con tutte le fibre del tuo cuore a Colui, la cui bellezza è l’ammirazione instancabile delle beate schiere del cielo (cfr Lc 14,15; Ap 19,9). L’amore di lui rende felici, la contemplazione ristora, la benignità ricolma.  La soavità di lui pervade tutta l’anima, il ricordo brilla dolce nella memoria.  Al suo profumo i morti risorgono e la gloriosa visione di lui formerà la felicità dei cittadini della Gerusalemme celeste (cfr Ap 21,2.).

E poiché questa visione di lui è splendore dell’eterna gloria, chiarore della luce perenne e specchio senza macchia (Eb 1,3; Sap 7,26),  ogni giorno porta l’anima tua, o regina, sposa di Gesù Cristo (cfr 2Cor 11,2), in questo specchio e scruta in esso continuamente il tuo volto,  perché tu possa così adornarti tutta all’interno e all’esterno, vestita e circondata di varietà (Sal 44,10), e sii adorna dei variopinti fiori di tutte le virtù e ancora di vesti splendenti, quali convengono alla figlia e sposa del sommo Re.

 In questo specchio poi rifulgono la beata povertà, la santa umiltà e l’ineffabile carità; e questo tu potrai contemplare, con la grazia di Dio, diffuso su tutta la superficie dello specchio.

 Mira, in alto, la povertà di Colui che fu deposto nel presepe e avvolto in poveri pannicelli (cfr Lc 2,12).

O mirabile umiltà e povertà che dà stupore!  Il Re degli angeli, il Signore del cielo e della terra (cfr Mt 11,25), è adagiato in una mangiatoia!  Vedi poi, al centro dello specchio, la santa umiltà, e insieme ancora la beata povertà, le fatiche e pene senza numero ch’Egli sostenne per la redenzione del genere umano.  E, in basso, contempla l’ineffabile carità per la quale volle patire sul legno della croce e su di essa morire della morte più infamante.  Perciò è lo stesso specchio che, dall’alto del legno della croce, rivolge ai passanti la sua voce perché si fermino a meditare:  O voi tutti, che sulla strada passate, fermatevi a vedere se esiste un dolore simile al mio (Lam 1,12);  e rispondiamo, dico a Lui che chiama e geme, ad una voce e con un solo cuore: Non mi abbandonerà mai il ricordo di te e si struggerà in me l’anima mia (Lam 3,20).

Lasciati, dunque, o regina sposa del celeste Re, bruciare sempre più fortemente da questo ardore di carità!

Contempla ancora le indicibili sue delizie, le ricchezze e gli onori eterni,  e grida con tutto l’ardore del tuo desiderio e del tuo amore:  Attirami a te, o celeste Sposo! Dietro a te correremo attratti dalla dolcezza del tuo profumo (Ct 1,3). Correrò, senza stancarmi mai, finché tu mi introduca nella tua cella inebriante (Ct 2,4).  Allora la tua sinistra passi sotto il mio capo e la tua destra mi abbracci deliziosamente (Ct 2,6) e tu mi bacerai col felicissimo bacio della tua bocca (Ct 1,1).

Stando in questa contemplazione, abbi memoria della tua madre poverella,  ben sapendo ch’io porto il tuo caro ricordo inseparabilmente impresso nel profondo del mio cuore (Pr 3,3; cfr 2Cor 3,3), perché tu sei per me la più cara tra tutte.

Che cosa potrei ancora dirti? E meglio che la parola umana rinunci qui ad esprimerti il mio affetto per te; solo l’anima, nel suo linguaggio silenzioso, riuscirebbe a fartelo sentire.

E poiché, o figlia benedetta, la mia lingua è del tutto impotente ad esprimerti meglio l’amore che ti porto; queste poche cose che ti ho scritto in modo così imperfetto, quasi dimezzando il pensiero, sono tutto quanto ho potuto dirti.

Ti prego però, che tu voglia ugualmente accogliere queste mie parole con benevolenza e devozione, ascoltando in esse soprattutto l’affetto materno di cui sono ripiena, in ardore di carità verso di te e delle tue figlie ogni giorno; e ad esse raccomanda assai in Cristo me e le mie figlie.  Queste stesse mie figlie poi, in particolare la vergine prudentissima Agnese, sorella nostra, si raccomandano vivamente nel Signore a te e alle tue figlie.

Addio, figlia mia carissima, a te e alle tue figlie, fino al trono di gloria del gran Re (cfr Tt 2,13), e pregate per noi.

 Con tutta la premura e l’amore che posso raccomando finalmente alla tua carità i latori della presente lettera, i nostri carissimi frate Amato, caro a Dio e agli uomini (Sir 45,1), e frate Bonagura. Amen.

 

 

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