Osservazioni relative allo Studio di Impatto Ambientale del progetto:
"Raccordo autostradale A15-A22 Fontevivo (PR)-Nogarole Rocca (VR)"



Formulate da:

Prof Antonio Bodini
Docente di Principi di Valutazione di Impatto Ambientale
Corso di Laurea in Scienze Ambientali
Università degli Studi di Parma



Premessa metodologica

Lo studio di impatto ambientale di grandi opere pubbliche è costituito da una molteplicità di documenti, elaborati cartografici e relazioni che rendono assai complicata la analisi critica finalizzata alla formulazione delle osservazioni. Per i continui riferimenti incrociati tra Quadro di Riferimento Programmatico, Progettuale e Ambientale la presente relazione è stata impostata a partire dal quadro di riferimento ambientale, circostanziando critiche e obiezioni anche alla luce degli elementi proposti negli altri due quadri, sottolineando opportunamente i riferimenti e la documentazione di supporto.

Quadro di Riferimento Ambientale (Elaborati E del SIA)

Poiché il quadro di riferimento ambientale si articola in capitoli riguardanti componenti e fattori, le osservazioni qui presentate seguiranno il medesimo schema.

Impatti per atmosfera e clima

1.Nel paragrafo E2.1, relativo al tratto A, si afferma che "per quanto riguarda le aree verdi o rurali lontane dalle zone industriali, le concentrazioni degli inquinanti in atmosfera saranno simili a quelle riportate nel paragrafo D.2, mentre ci saranno valori più elevati in corrispondenza delle zone industriali". Anche per il tratto B, che si snoda completamente in territorio rurale, e per il tratto C, che attraversa una zona in cui si registra le presenza di un polo industriale in pieno sviluppo, nello studio si fa presente che i valori di concentrazione riportati nel paragrafo D.2 possono fornire una buona indicazione dei livelli medi (di inquinamento n.d.r.). Il paragrafo D.2 è utilizzato come riferimento per la conoscenza dello stato di fatto relativo agli inquinanti anche per i tratti D ed E. Di fatto in questa parte dello studio ammette che non sono disponibili valori di riferimento per la maggior parte dell’area interessata al progetto. Le centraline fisse sono collocate in posizione decentrata rispetto al tracciato del TIBRE. Per stabilire i livelli di riferimento, sembra di capire che siano stati utilizzati i dati forniti da alcune centraline fisse, nella fattispecie quella di Corte de’ Cortesi (CR), Bosco Fontana (MN) e di Torricelle e Cason (VR). Utilizzare questi valori per stimare i valori di riferimento non è accettabile, considerato che:

  1. le ARPA provinciali sono dotate di centraline mobili per il rilevamento dei parametri di interesse (come ammesso anche nello stesso paragrafo D.2) e si sarebbe dovuto pianificare una campagna di rilevamento per le zone di interesse;
  2. per il territorio di pertinenza del tratto B l’ARPA di Parma ha condotto una campagna di rilevamento con centraline mobile nei pressi dell’abitato di Coltaro di Sissa e, stando al rapporto inviato al Comune (ARPA PR Prot. 1309 del 2/4/2003) "rimane sorprendente e critica la concentrazione rilevata di PM10 per una località non interessata a forti flussi di traffico veicolare"; infatti, in questa zona, sono stati misurati valori elevati, paragonabili ai valori che si registrano in ambito urbano;
  3. anche il distretto ARPA di Cremona ha prodotto un rapporto sui livelli di inquinamento atmsoferico (Prot. 37921LG), a dimostrazione del fatto che sarebbe stato possibile, da parte del committente, richiedere che ARPA eseguisse campagne di monitoraggio più mirate.

2. Si fa osservare, inoltre, che il paragrafo D.2 si caratterizza per un elemento di ambiguità . In esso, infatti, non sono riportati i valori dei parametri misurati delle centraline di Corte de’ Cortesi e Bosco Fontana, nonostante che queste stazioni di rilevamento fossero "state appositamente scelte per ottenere valori sull’inquinamento di fondo". Forse i valori registrati sono risultati inferiori a quelli delle stazioni di Toricelle e Cason e, in ragione di ciò , tutta la trattazione sull’inquinamento di fondo potrebbe essere stata impostata a partire da questi dati, secondo un approccio cautelativo; tuttavia, se questo fosse il caso, lo studio avrebbe dovuto indicarlo. Se, al contrario, questo non fosse l’approccio seguito rimane il dubbio sul perché questi valori non siano stati riportati.

3. Le emissioni in atmosfera in fase di esercizio sono calcolate utilizzando il modello di simulazione CALINE4. Come specificato nel Quadro di Riferimento Progettuale [RAAA-SIA-B(B.4-B.7) pagina 17], per la simulazione delle concentrazioni degli ossidi di azoto e dell’ozono il modello richiede che siano utilizzati in ingresso i valori di fondo delle concentrazioni di queste sostanze. A tal fine sono state usate concentrazioni definite "maggiormente rappresentative" dell’area in esame, costituita da terreno agricolo scarsamente urbanizzato, con valori di NO2, NO e O3 pari rispettivamente a 20, 1,5 60 µ g/mc. In questa parte dello studio si ravvisano due elementi di criticità :

  1. in riferimento alle perplessità espresse precedentemente sull’attendibilità dei dati relativi allo stato di fatto dell’inquinamento atmosferico, così come documentato nello studio di impatto, è lecito chiedersi se i valori usati siano effettivamente rappresentativi dei valori di fondo;
  2. non è chiaro da dove siano stati tratti i valori di concentrazione proposti: dalle stazioni di Torricelle e Cason? Sono valori medi calcolati sui dati di una (quella localizzata in ambito rurale) o entrambe le stazioni?

4. Per gli altri inquinanti presi in considerazione nella simulazione sembra di capire che il modello non richieda in input i valori di fondo delle concentrazioni e che, quindi, l’output non sia rappresentativo della situazione complessiva, ma solo delle emissioni prodotte dal progetto in fase di esercizio. In relazione ai valori preoccupanti delle concentrazioni di PM10 rilevati da ARPA in prossimità degli abitati di Coltaro e di Piadena, una simulazione che non integri i valori di fondo con quelli di progetto non può essere rappresentativa della variazione della qualità ambientale che si avrebbe in seguito all’entrata in funzione del tratto autostradale. In particolare a Piadena la sezione ARPA Cremona ha rilevato che, su 58 giorni durante i quali sono state fatte le rilevazioni, per 44 di essi le concentrazioni di particolato fine sono state superiori alla soglia di attenzione e in 23 giorni superiori alla soglia di emergenza.
Nello studio di impatto ambientale, al quadro di riferimento progettuale, la valutazione preventiva delle emissioni di polveri sottili sembra fare riferimento ai soli veicoli pesanti (Tabella B.4.2-2). In realtà anche gli altri veicoli producono polveri sottili; di conseguenza i dati in input non sembrano essere stati impostati correttamente.

5. In relazione all’inquinamento atmosferico il SIA esprime una valutazione positiva perché "in sostanza ciò che avviene non è la produzione di nuove emissioni, ma una diversa dislocazione e una riduzione di quelle attuali, grazie a una razionalizzazione dei flussi di traffico con conseguente incremento della fluidità e miglioramento della circolazione attuale". Questa convinzione si basa su una analisi della domanda e offerta di viabilità e che è parte integrante del Quadro di Riferimento Programmatico (A.1). A una lettura critica del documento A.1, emergono forti perplessità circa la fondatezza di tale conclusione. Si cercherà ora di circostanziare questi elementi di dubbio utilizzando le valutazioni presentate nel SIA e riguardanti l’analisi domanda/offerta di viabilità . Questa analisi ha considerato il progetto sia in ottica nazionale che locale, soffermandosi sugli elementi di criticità concernenti la viabilità e cercando di evidenziare i benefici legati alla realizzazione del progetto sia per la viabilità di lungo percorso che per quella locale. L’analisi della domanda è stata condotta suddividendo il territorio in una serie di zone geografiche significative per comprendere le relazioni che sono all’origine dei flussi di traffico. Tra i risultati presentati è conveniente prendere in considerazione la matrice riassuntiva delle origini e delle destinazioni del traffico in funzione delle zone in cui è stato suddiviso il territorio di pertinenza del progetto. Questa matrice evidenzia che dei 128.000 spostamenti giornalieri stimati, il 59% riguarda la viabilità meramente locale, cioè quella per la quale origine e destinazione cadono entro il territorio delle zone 1, 2 e 3, che raggruppano, secondo quanto mostrato in Figura A.2.1-3, i comuni più direttamente interessati al nuovo corridoio. Solo il 10% del traffico registrato è di attraversamento puro. Il traffico generato dalla zona è quindi, soprattutto, un traffico interno, "rispetto al quale il progetto del nuovo collegamento deve rispondere grazie a un’opportuna distribuzione territoriale". Questa conclusione lascia intravedere una volontà da parte del committente di rispondere anche ai problemi della viabilità locale.

6. I volumi di traffico locale, stimati attraverso un campionamento condotto per tre giorni feriali di una normale settimana lavorativa su una serie di strade considerate in funzione delle competenze e della loro importanza, sono stati raggruppati in classi di criticità . La Tabella A.2.1-15 riassume queste classi di criticità che servono a una prima identificazione di itinerari e zone con un’alta domanda di mobilità e un’offerta insoddisfacente. Ora, lo studio di impatto definisce anche le convenienze di diversi tragitti fondamentali in relazione alla viabilità attuale a all’esistenza del corridoio TIBRE. Ciò che si descrive in seguito è una valutazione basata sull’integrazione delle due analisi presentate (in particolare si fa riferimento al documento RAAA-SIA-A-A.1, pagg.76 e seguenti).

Caso 1. La criticità massima si è riscontrata in corrispondenza della SS.236, relativamente all’itinerario Brescia-Goito. Ora a tale tratto, attualmente percorso da poco meno di 30.000 veicoli al giorno (Tabella A.2.1-13), non deriveebbe alcun beneficio, in termini di riduzione del traffico, dalla realizzazione del nuovo tracciato. Infatti, un autotrasportatore che da Brescia dovesse recarsi a Goito (MN) o a Marmirolo (MN) non utilizzerebbe la nuova infrastruttura, dovendo seguire il medesimo itinerario usato attualmente. Potrebbe, al contrario, verificarsi un ulteriore appesantimento della situazione su questo tratto della viabilità locale. All’uopo si consideri il tragitto Brescia-Parma. Lo studio di impatto ambientale riporta le ipotesi più probabili di collegamento tra le due città : la prima, che sfrutta interamente il percorso autostradale Brescia-Cermona-Parma, la seconda che fa riferimento alla tratta Brescia-Ghedi-Piadena-Parma. I due tracciati non presentano lunghezze molto diverse, ma il tempo di percorrenza differisce significativamente in favore del percorso autostradale. Nel SIA il TIBRE è indicato come una alternativa in grado di attrarre traffico nella direzione Brescia Parma (e viceversa). In pratica le vetture in uscita da Brescia imboccherebbero l’A4 sino a Verona, per poi scendere lungo la A22, imboccare la TIBRE a Nogarole Rocca (VR) e uscire poi a Parma (o a Fontevivo). L’alternativa, così prospettata, è ritenuta vantaggiosa dal punto di vista del risparmio di tempo rispetto al tracciato che utilizza la viabilità locale. In funzione di questo nuovo itinerario si avrebbe una riduzione del traffico sulla SS 343 e la SS 45bis. Ciò che lascia perplessi è la convinzione secondo cui gli automobilisti preferiranno recarsi sino a Verona, imboccare la Brennero-Modena e poi la TIBRE per arrivare a destinazione. Sembra più logico aspettarsi un comportamento diverso: coloro i quali, attualmente, preferiscono la viabilità locale, nonostante la disponibilità del tracciato autostradale A21-A1, che comporta un notevole risparmio di tempo, continueranno a preferirla. E’ logico infatti chiedersi perché mai dovrebbero scegliere un’alternativa autostradale più lunga e con un tempo di percorrenza maggiore, quando già ora preferiscono non utilizzare il tracciato autostradale esistente. Inoltre, gli utenti che si servono dell’autostrada per andare da Brescia a Parma continueranno a usare il tracciato attuale, più breve e con un tempo di percorrenza inferiore rispetto a quello proposto. La presenza del TIBRE potrebbe risultare attraente per i viaggiatori lungo la tratta Brescia Parma solo considerando una variante di percorso e cioè quella che collega Brescia a Goito e Goito a PR mediante il TIBRE. In questo caso, che appare più logico di quello prefigurato nel SIA, si avrebbe un ulteriore appesantimento della situazione sulla SS 236, che già adesso versa in condizioni critiche.

Caso 2. Il TIBRE viene presentato come un’alternativa vantaggiosa anche per il collegamento Parma-Cremona. Allo stato attuale sono possibili due alternative di tracciato: la prima che utilizza A1 e A21; la seconda che percorre la bassa parmense e attraversa il fiume Po in località S.Daniele (CR). Quest’ultimo percorso, nel tratto Parma-S.Secondo, appartiene, per il sistema viabilistico locale, a una classe di criticità medio-alta. Ora l’alternativa avanzata dagli estensori del progetto è quella di collegare Parma a Cremona mediante il TIBRE sino a Bozzolo, e poi mediante la SS.10. A questo riguardo si rilevano due problemi: in primo luogo non si vede quale vantaggio deriverebbe agli automobilisti dal seguire un percorso più lungo e con un tempo di percorrenza superiore anche all’alternativa che utilizza la viabilità locale (si veda la Tabella A.2.1-38); la seconda perplessità è legata al fatto che si ridurrebbe il traffico in un tratto a criticità medio-alta (Parma-S.Secondo) per convogliarlo su un altro tratto dalle medesime caratteristiche (SS.10). Ovviamente esiste un’alternativa migliore per il collegamento PR-CR attraverso il TIBRE, ed è costituita dal tratto PR-Gussola con immissione sulla SP 87 (Giuseppina). Anche in questo caso, comunque, l’operazione comporterebbe un travaso di traffico su una arteria che attualmente non compare tra quelle ad elevata criticità ma che potrebbe perdere le sue caratteristiche di arteria ad agevole percorrenza per il tratto Cremona-Casalmaggiore (dir. Mantova e Parma).

Caso 3. Tra le arterie classificate ad elevata criticità è inclusa la SS 343 relativamente all’itinerario Montichiari (BS)-Casalmaggiore (CR). Il TIBRE potrebbe essere un fattore di attrazione per gli autoveicoli, ma ciò potrebbe significare:
  1. traffico dirottato sulla SS 236, già fortemente congestionata, per giungere al casello di Goito;
  2. traffico dirottato sulla piccola viabilità locale, che verrebbe quindi penalizzata, per giungere allo svincolo di Gazoldo degli Ippoliti.
Oltre a ciò non bisogna dimenticare che gli automezzi diretti a Casalmaggiore, una volta imboccato il TIBRE, dovrebbero uscire a Gussola (CR) e giungere a destinazione attraversando i centri di Gussola e Martignana (CR), con grande disagio delle comunità e del traffico locale, soprattutto a causa al traffico pesante. La viabilità attuale da Montichiari a Casalmaggiore non prevede l’attraversamento di tali centri abitati.

Caso 4. Il TIBRE agevolerebbe il transito per i veicoli in partenza da Parma e diretti a Mantova. Attualmente l’unico percorso plausibile è costituito dalle SS 343 e 420. L’alternativa prefigurata nel SIA è costituita dal percorso Parma-Fontevivo-TIBRE-Bozzolo-Mantova. In tal modo si toglierebbe traffico da una arteria a criticità medio-bassa (SS 420 Sabbioneta-Mantova) per portarlo su una strada a criticità medio alta, cioè la SS 10 nel tratto da Bozzolo a Mantova. In questo esempio l’alternativa Mantova Sud, considerata nella valutazione, non è presa in esame dato che il committente, sulla base delle conclusioni dello studio sembra privilegiare il collegamento con la A22 in corrispondenza di Nogarole Rocca.

Quelli proposti sono solo alcuni esempi per evidenziare come le previsioni relative a uno smaltimento e ad una razionalizzazione del traffico locale, con conseguente riduzione delle emissioni in atmosfera dovuta alla realizzazione del TIBRE, presentano fortissimi elementi di incertezza e, di conseguenza, non possono essere ritenute attendibili, se non in casi particolari. Ciò che con tutta probabilità si verificherà sarà una re-distribuzione del traffico, ma non necessariamente le zone attualmente sottoposte a forte pressione ne trarranno beneficio, mentre altre che attualmente sono a bassa criticità potrebbero vedere aumentare le presenze di veicoli. Ciò è motivato anche dal prevedibile aumento generalizzato del traffico in termini di stima di crescita dei driver, cioè i generatori di traffico (Tabella A.2.1-6).


In relazione alle criticità testé discusse non si ritiene di condividere il "giudizio globale assolutamente favorevole alla realizzazione del tracciato autostradale, in quanto permetterà di realizzare condizioni di sicuro beneficio rispetto alla situazione attuale". In particolare, le lacune più evidenti sono imputabili all’inattendibilità dei valori delle concentrazioni di fondo degli inquinanti (da registrare mediante campagne ad hoc con centraline mobili) e alla mancanza di un ragionamento articolato legato alle previsioni dei flussi di traffico. E’ vero che la mole di dati usata è imponente, ma pare di capire che questa non venga utilizzata per costruire degli scenari multipli e attendibili relativi alla scelta dei diversi itinerari che combinano viabilità locale e offerta autostradale.



Impatti per rumore e vibrazioni

1.Per una valutazione critica di quanto esposto nel SIA è bene partire dalle conclusioni ivi esposte: "La realizzazione del nuovo tracciato permetterà una migliore distribuzione dei flussi veicolari all’interno dell’area in esame. Gran parte del traffico attualmente circolante su strade statali e provinciali, con particolare riferimento ai veicoli pesanti, fonti di maggiore disagio, sarà attratto dalla nuova infrastruttura, con conseguente considerevole beneficio da parte dei recettori attualmente esposti al rumore generato da tali flussi.….Il traffico pesante nell’area in esame si sposterà quindi dalla viabilità attuale, che attraversa agglomerati urbani e zone ad elevata densità di popolazione, ad un tracciato autostradale…." I casi proposti nelle osservazioni relative agli impatti su atmosfera e clima mettono fortemente in dubbio il fatto che la distribuzione del traffico locale verrà ottimizzata grazie al nuovo tracciato. E’ certamente possibile che in alcuni casi il TIBRE attragga traffico, ma i cambiamenti dei flussi locali associati al suo utilizzo potranno migliorare la situazione di certe zone e peggiorare quella di altre. L’incertezza relativa alla conoscenza di questi aspetti è molto alta, ed è per questo che non si può condividere la sicurezza con la quale il SIA asserisce che ci sarà certamente un beneficio nei termini descritti. Sarebbero necessari studi più approfonditi di quelli presentati a supporto del progetto.

2.Questo capitolo del SIA evidenzia due aspetti importanti: il primo consiste in una previsione dei carichi acustici prodotti dall’infrastruttura in esame sui recettori potenziali effettuata utilizzando le previsioni sui flussi veicolari orari notturni come stimati nel capitolo A.2. Il secondo è dato dalla identificazione delle sorgenti di rumore che attualmente insistono sulle aree di pertinenza dei vari tratti componenti il TIBRE. La valutazione di impatto è stata condotta considerando solo gli effetti dei veicoli previsti scorrere lungo il tracciato autostradale e si specifica che non si è potuto condurre uno studio di dettaglio sullo stato di fatto dei carichi acustici attuali, perché sarebbe stato necessario conoscere le sorgenti sonore presenti nell’area, le loro caratteristiche di emissione, la loro distanza dai ricettori. Tale studio di dettaglio è demandato alla fase di monitoraggio prevista in accompagnamento al progetto definitivo. A questo proposito non è chiaro perché non vengano in questa sede forniti tutti gli elementi necessari alla valutazione, rimandando uno studio essenziale come quello di dettaglio sul rumore a una fase in cui non sarà possibile presentare osservazioni e fornire suggerimenti. E’ certamente vero che secondo il D.P.C.M. 377/88 per progetti di autostrade da sottoporre a VIA vanno intesi quelli concernenti il progetto di massima, ma è altresì vero che, secondo la filosofia che ha ispirato il legislatore, la VIA deve esplicitare tutti i fattori di maggiore criticità , fornendo in modo esauriente gli elementi necessari a una valutazione completa degli impatti. In mancanza di questo tipo di informazione per l’impatto acustico gli estensori del SIA avrebbero potuto indicare, almeno, il percorso logico-scientifico mediante il quale intendono integrare la conoscenza dello stato di fatto (che sarà acquisita attraverso il monitoraggio in fase di progetto definitivo) e le previsioni dei carichi acustici prodotti dall’autostrada.

Impatti per acque superficiali e sotterranee

1.Una prima osservazione per ciò che riguarda gli impatti relativi a questa componente è che non viene fatto cenno al consumo di acqua per la realizzazione delle infrastrutture. Se ne parla solo nella sintesi non tecnica. La produzione di cemento e calcestruzzo necessita di quantitativi variabili di acqua, che deve essere prelevata dalle acque superficiali oppure, molto più probabilmente, da falda. Per esempio nel caso della produzione di calcestruzzo del tipo "Ytong", in funzione della densità del materiale prodotto, sono necessari dai 330 ai 440 Kg di acqua per metro cubo di prodotto (http://www.ceg.trieste.it/ytclscel.htm). Ovviamente questo dato è fornito a solo titolo di esempio e certamente non vuole essere una misura delle quantità di acqua che saranno utilizzate. Tuttavia è indicativo del fatto che tale risorsa sarà utilizzata in quantità considerevoli, data l’estensione dell’infrastruttura. Poiché la risorsa idrica è sottoposta a forti pressioni, sia di tipo qualitativo che quantitativo, il SIA, benché relativo al progetto preliminare, avrebbedovuto fornire un bilancio materiale attendibile relativo alla risorsa acqua, specificando i quantitativi da usare e, soprattutto, quali fonti di approvvigionamento verranno sfruttate. Un forte prelievo da falda potrebbe contribuire a causare fenomeni indesiderati, come per esempio un aumento della subsidenza nel territorio di competenza del tratto B, che si presenta come un’ampia depressione morfologica, la più accentuata di tutta la piana alluvionale Parmense.


2. A pagina 33 del documento RAAA-SIA-E (E.1-E.2) si afferma che, per l’alternativa di tracciato denominata A1 (quella preferibile rispetto alle tre che sono state proposte), "l’interferenza col Recchio genera un medio impatto a causa della deviazione del corso d’acqua, anche se tuttavia tale operazione non altera i fenomeni di propagazione delle piene e la stabilità dell’alveo". Questa affermazione andrebbe circostanziata identificandone gli elementi significativi a supporto. Affermazioni di principio non consentono di esprimere valutazioni sul tipo di impatto né sulla sua gravità . Il supporto cartografico presente nel SIA, costituito da carte idro-morfologiche, idrogeologiche e di vulnerabilità degli acquiferi, può aiutare a interpretare il profilo di impatto che si genererebbe sull’area in esame, ma questo dovrebbe essere descritto in dettaglio nel Quadro di Riferimento Ambientale.

3. Un altro esempio di impatto da citare è quello dovuto alle pile del ponte sul Fiume Taro e all’attraversamento delle zone di golena limitrofe al fiume. Tali impatti sono ritenuti, rispettivamente, "piuttosto significativo" e "di grado inferiore". L’informazione così data non è sufficiente a qualificare i tipi di impatto e, soprattutto, non rende ragione della loro portata ai fini del giudizio di compatibilità del progetto, anche in ragione della generalità del processo di sintesi utilizzato (si vedano le considerazioni metodologiche sviluppate nella parte finale del documento). Aspetti di tale rilevanza avrebbero potuto essere sviluppati in maggiore dettaglio, magari utilizzando a supporto il documento "Criteri per la valutazione della compatibilità idraulica delle infrastrutture pubbliche e di interesse pubblico all’interno delle fasce A e B", che è usato dall’autorità di bacino del Fiume Po per le procedure di verifica, ma che, comunque, può fornire indicazioni utili per esplicitare le interferenze di un’opera come quella in esame sui sistemi delle acque superficiali. L’uso di questo strumento faciliterebbe inoltre il compito di valutazione da parte dell’autorità .
Le osservazioni di cui sopra possono applicarsi anche agli altri tratti del TIBRE per i quali si abbia interferenza con il reticolo idrografico superficiale.


4. "Le opere mitigative saranno funzionali a ridurre l’impatto sui luoghi e le eventuali successive deformazioni dovute alla realizzazione delle nuove opere: sono previsti pertanto interventi di stabilizzazione del fondo e delle scarpate fluviali e/o arginali, interventi di miglioramento dei deflussi con eventuali allargamenti delle sezioni d’alveo, sistemazioni delle aree golenali ed eventuali ristrutturazioni di manufatti esistenti al fine di recuperarne la stabilità e la funzionalità . Saranno realizzate anche opere compensative sostanzialmente opere trasversali e longitudinali quali soglie, briglie, pennelli e scogliere rivolti alla stabilizzazione e al controllo dei deflussi". Queste indicazioni destano preoccupazione. La tradizionale regimazione dei corsi fluviali ha prodotto guasti seri alla vita dei fiumi (si pensi alla cementificazione degli alvei o delle sole sponde) e aumentato i problemi di dissesto idrogeologico. Pertanto la volontà di agire sui regimi fluviali attraverso opere cosiddette di mitigazione deve essere vista con apprensione. E’ tutto da valutare alla luce delle ipotesi progettuali, ma la costruzione di briglie, soglie, e pennelli rischia di modificare in modo profondo e dannoso il regime dei fiumi e dei torrenti sui quali si intende agire. Inoltre esistono delle prescrizioni precise dell’Autorità di Bacino che impediscono di realizzare opere tendenti a modificare o controllare i deflussi.

5. Forti perplessità emergono in relazione agli impatti sulle acque sotterranee. Una situazione particolarmente rischiosa è quella che riguarda il tratto A, in tutte le sue varianti, che sarà realizzato in corrispondenza di una zona dominata dalla conoide ghiaiosa del fiume Taro. Eventuali fenomeni di inquinamento in questa zona sarebbero particolarmente pericolosi perché rischierebbero di propagarsi a tutto l’acquifero. In ragione di questa criticità non si capisce perché gli estensori del SIA abbiano deciso di tipizzare gli impatti sulle acque sotterranee per il tratto A come reversibili (RV), lievi (LV, tranne che per il tracciato A2) e di portata locale (LC) . Un inquinamento di falda (si pensi a un’autobotte che per un incidente dovesse riversare sostanze tossiche sul tracciato e sulla superficie del terreno circostante) in questa zona dovrebbe a pieno titolo essere considerato irreversibile a causa degli altissimi tempi di "bonifica naturale". Infatti, il tempo medio di rinnovo completo per un acquifero è dell’ordine delle centinaia di anni, a fronte dei 20 giorni necessari alle acque superficiali per il ricambio. Questo tipo di impatto non può essere definito locale; esso è , piuttosto, strategico per due ragioni: la prima è che l’inquinamento dell’acquifero di conoide si ripercuote su tutto il sistema di falda, e quindi non rimarrebbe spazialmente confinato; la seconda è per l’importanza che questa risorsa ha attualmente per le zone di pianura. L’acqua buona è sempre più rara e la sua conservazione fa parte delle strategie di molte amministrazioni.


Impatti su suolo e sottosuolo

1. Il prelievo di materiale inerte è senza dubbio tra gli aspetti più significativi quando si considerano gli impatti su suolo e sottosuolo. Nel Quadro di Riferimento Progettuale, pag. 57, si elencano i poli estrattivi dai quali ricavare materiale inerte. Per il Polo Taro Sud, destinato alla realizzazione di tutto il tracciato di pertinenza del territorio parmense, viene stimato un incremento di volume di 500.000 m3, considerato "sostanzialmente ininfluente sulla volumetria del polo stesso". Dal Piano Infraregionale delle Attività Estrattive (PIAE), variante del 1999 approvata con DEL Giunta n. 2176 del 5/12/2000, questo polo estrattivo è stato dimensionato per l’estrazione di 2.500.000 m3 di ghiaie pregiate. Un aumento di 500.000 m3 costituirebbe un incremento pari al 20%. Sarebbe bene che gli estensori del SIA specificassero la soglia oltre la quale il prelievo può essere considerato "influente". Nel polo Taro Nord si prevede un ulteriore prelievo di 200.000 m3 che, solo in riferimento al tipo di inerte considerato, costituisce, rispetto alla volumetria prevista dal PIAE, un incremento del 17%. Questo materiale pregiato (ghiaie) è detto che servirà per la costruzione del ponte sul fiume Taro. Dalla Tabella riepilogativa di pag. 54 (RAAA-SIA-B.1-B3), tuttavia, si evince che il fabbisogno di inerte per la realizzazione di questa infrastruttura è stimato in quantità pari a 100.000 m3, il che evidenzia una discrepanza tra fabbisogno reale e prelievo previsto nel polo Taro Nord. Va tenuto anche presente che questo polo estrattivo è stato in buona parte destinato ai lavori della TAV. Nel territorio Parmense sono previsti altri due poli estrattivi: il polo Bosco di Maria Luigia e il polo di Torricella, entrambi localizzati nel Comune di Sissa. Nel primo il PIAE non prevede attualmente interventi estrattivi, per cui i 2.000.000 di m3 previsti deriverebbero dalla coltivazione di un nuova cava in area golenale. Per il secondo polo, invece, la pianificazione provinciale di settore ha assegnato un quantitativo pari a 1.560.000 m3, di cui 1.200.000 per inerti pregiati. L’incremento proposto è pari a 2.000.000m3 con un aumento superiore alla dimensione stessa del polo. Tra l’altro, si cita nel Quadro di Riferimento Progettuale che parte di questi volumi potrebbero essere reperiti in aree demaniali, sulla base del "Progetto di rinaturazione dell’area golenale di Torricella", adottato dal Comune di Sissa. Ora, che i progetti di rinaturazione prevedano piccoli interventi di escavazione per il ripristino della funzionalità idraulica di un ambiente è possibile, ma che si possa fare rientrare il reperimento di tali ingenti quantitativi di materiale inerte in un progetto di ripristino non sembra plausibile. Infine va detto che l’attivazione dei poli per i quantitativi descritti si pone in contrasto con la normativa di settore. Il PIAE di Parma ha definito i quantitativi e nonostante la situazione pianificatoria sia in evoluzione il documento preliminare alla variante PIAE 2002 cita: "occorre premettere che l’attuale livello di pianificazione del settore estrattivo della Provincia di Parma, risulta tuttora valido dal punto di vista della stima dei fabbisogni e tutt’altro dall’essere completato sotto l’aspetto estrattivo: ciò anche grazie alle due varianti di adeguamento (’97 e ’99, n.d.r.). La presente variante è da intendere prioritariamente come una variante normativa, che non opererà alcuna variazione al dimensionamento complessivo del Piano, limitandosi ad alcuni aggiustamenti dei fabbisogni comunali già previsti e derivanti da specifiche richieste comunali.." In ragione di ciò sembra di capire che il progetto TIBRE, per quanto riguarda il reperimento di materiale da costruzione, si pone in contrasto con lo strumento normativo in vigore.

2. Tra le misure di mitigazione sono previsti interventi di riqualificazione delle cave di prestito, finalizzati al recupero naturalistico. In particolare, per le escavazioni sotto falda si prevede la ricostituzione di ambienti umidi su modello naturale. Tuttavia non vengono precisati, se non altro in senso descrittivo, i criteri fondamentali attraverso cui si realizzeranno questi interventi. Tali criteri impongono che già nel momento dell’escavazione si prevedano certe profondità e sagomature, in modo che il corpo d’acqua derivante possa mantenersi in buona qualità , in modo da evitare il rischio di crisi anossiche, che sono a carico della zona di massima profondità di questi laghi di cava.

Impatti sugli ecosistemi

1. Lo studio di impatto ambientale sugli ecosistemi si caratterizza più per una impostazione di tipo morfologico-paesaggistico che funzionale. Per tutti i tratti sono proposti gli elementi di interferenza con tre tipologie fondamentali di ecosistema: i sistemi delle valli fluviali, gli agroecosistemi e i sistemi di risorgive. L’analisi considera, giustamente, quale elemento di criticità , il grado di frammentazione che l’infrastruttura impone all’ecomosaico; tuttavia la norma tecnica VIA specifica che gli aspetti funzionali da indagare per valutare l’impatto sugli ecosistemi riguardano stime di carattere quantitativo come la diversità biologica, il grado di sviluppo dell’ecosistema, le via preferenziali di propagazione degli inquinanti (DPCM 27 /12/1988). Queste valutazioni sono importanti per stabilire il grado di stress che l’ecosistema può sopportare e quindi pervenire a una coerente valutazione degli impatti. Senza questi elementi conoscitivi non è possibile associare alle valutazioni proposte, espresse in termini di "impatto modesto", "apprezzabile", un significato ancorché approssimativo. La corretta valutazione degli impatti sugli ecosistemi, considerato lo stadio di progetto di massima, poteva essere sviluppata con l’aiuto di esperti naturalisti in grado di identificare a grandi linee le reti alimentari, alle quali si sarebbero potuti applicare modelli ecologici qualitativi per effettuare delle previsioni sulle variazioni della abbondanze a partire da alcuni effetti legati alla presenza del progetto.

Osservazioni metodologiche


1. Il SIA si struttura in quadro di Riferimento Progettuale, Programmatico e Ambientale. Per ciascuno di questi quadri la norma tecnica sulla VIA impone che vengano considerati i fattori critici del progetto in relazione alle finalità dei quadri medesimi. Se per il quadro progettuale ciò è stato fatto con precisione, non altrettanto si può dire per gli altri due. Il Quadro di Riferimento Programmatico ha come finalità quella di fornire gli elementi conoscitivi sulle relazioni tra l’opera e gli atti di programmazione e pianificazione territoriale e settoriale, evidenziando, tra gli altri i rapporti di coerenza del progetto con gli obiettivi perseguiti dagli strumenti pianificatori…e…le eventuali disarmonie di previsioni contenute nei distinti strumenti programmatori. Ora la gran parte del Quadro di Riferimento Programmatico si limita a descrivere gli strumenti di programmazione considerati (piani paesistici regionali, territoriali di coordinamento provinciale, regolatori comunali, piano di assetto idrogeologico, ecc.) ma non si premura di sviluppare compiutamente gli elementi di coerenza del progetto con tali strumenti né le sue eventuali disarmonie. La sezione teoricamente dedicata a questa descrizione, appropriatamente intitolata "descrizione delle conformità e delle disarmonie eventuali del progetto con gli strumenti di programmazione e pianificazione vigenti", evidenzia questi elementi ma solo in relazione agli obiettivi generali della programmazione, senza esplicitare gli aspetti di coerenza o di incoerenza in rapporto alle disposizioni normative contenute nei vari strumenti. Per rendere chiaro il senso di questa osservazione si rimanda il lettore a pagina 67 del documento in esame (RAAA-SIA-A-A.3), in cui si specifica che gli elementi di interferenza del progetto con i vincoli elencati sono riassunti in una serie di tavole (RAAA-SIA-A4.1-A.4.7). Queste tavole certamente evidenziano gli elementi sottoposti a vincolo con cui va a collidere l’infrastruttura, ma esse non sono sufficienti a stabilirne la conformità con gli strumenti di pianificazione. Infatti, nella maggior parte dei casi, gli elementi sottoposti a vincolo sono accompagnati da normative di tutela, che sanciscono ciò che è ammesso dal punto di vista dell’intervento antropico e ciò che, invece, è proibito. E’ solo attraverso una analisi critica delle relazioni tra gli elementi di progetto e la norma associata ai vincoli che possono emergere gli elementi di coerenza e disarmonia tra progetto stesso e strumenti di governo del territorio. Questa analisi critica non è percepita all’interno del documento in esame. Per riassumere il senso di quanto detto sopra si rimanda alle pag. 14 e seguenti, quelle concernenti la strumentazione urbanistica del Comune di Fontevivo (PR). Si consideri, a titolo esemplificativo, la descrizione del tratto A1: "all’altezza di San Tiburzio Piccolo il tracciato insiste su una "Zona di Tutela dei Corsi d’Acqua", in cui incrocia il Torrente Recchio". Al termine del paragrafo (pag. 15) lo studio si limita ad affermare che "lo strumento regolatore del Comune di Fontevivo attualmente non prevede la realizzazione di una infrastruttura di questo tipo e che solo le fasce di rispetto stradale hanno destinazioni compatibili con l’opera di progetto". In realtà sarebbe stato sufficiente analizzare il progetto alla luce delle disposizioni che regolano le attività nelle "Zone di tutela dei corsi d’acqua" per esplicitare e rendere trasparenti gli eventuali ulteriori elementi di criticità . In altre parole, non è sufficiente "riportare in sintesi l’esistenza o meno di previsioni specifiche compatibili con la realizzazione del tracciato". Le stesse argomentazioni si applicano a tutti gli elementi di tutela presenti nell’area in esame. Data l’estensione della documentazione, i continui rimandi dalle relazioni alla cartografia, i riferimenti incrociati, sarebbe stato opportuno inserire al termine del Quadro di Riferimento Programmatico una tavola riassuntiva degli elementi di compatibilità o disarmonia costruiti a partire dalla dialettica tra progetto e normativa che governa i vincoli, come specificato sopra.

2. La valutazione di impatto ambientale prevede che si mettano in evidenza gli impatti anche alla luce delle alternative. Per alcuni di questi tratti ciò è stato fatto, mentre per altri, es. il tratto B, l’alternativa è unica. Ciò sembra essere legato a precedenti valutazioni condotte in passato, quando i primi progetti di collegamento AUTOCISA-AUTOBRENNERO furono concepiti. In ragione del mutato quadro ambientale e territoriale anche per questi tratti si sarebbero dovute considerare delle alternative, giungendo a una decisione sul tracciato migliore al termine di un processo di comparazione, magari condotto attraverso un’analisi multi-attributo. E’ possibile che l’attuale tracciato B sia comunque il più idoneo, ma la decisione doveva scaturire da un processo trasparente di valutazione comparata.

3. Nel documento RAAA-SIA-E (E.1-E.12) si afferma che "nella valutazione di impatto non può essere trascurata l’ipotesi dell’alternativa zero, che corrisponde alla situazione attesa nel caso non venga realizzato il progetto". Secondo gli estensori del SIA "questo scenario può scaturire da due aspetti: valutazioni che inducono a non ritenere necessaria l’opera e dalla presenza di un eccesso di impatti irreversibili non mitigabili e dal vantaggio, in termini ambientali ed economici nel non fare nulla". Il documento procede affermando che "il primo aspetto perde di significato nella considerazione delle motivazioni che hanno spinto alla progettazione dell’opera, che nascono da una esigenza di un miglioramento della qualità del trasporto sia a scala nazionale che a scala locale. Il secondo aspetto, invece, sarà preso in esame al termine della trattazione degli impatti dell’opera e delle sue varianti sulle diverse componenti ambientali considerate". Ora in merito alla prima considerazione, in forza della quale perderebbe di significato l’ipotesi "do nothing" (migliorare la qualità del trasporto) le osservazioni formulate in riferimento all’inquinamento atmosferico suggeriscono dei dubbi sul fatto che la struttura migliorerà la qualità del trasporto su scala locale. Per quanto riguarda i vantaggi su scala nazionale non va dimenticato che il TIBRE fungerà da innesto per la A15; ciò che è ragionevole ipotizzare è una situazione in cui una quota maggiore di traffico autostradale andrà ad insistere su un tratto di viabilità che già oggi versa in condizioni critiche (traffico intenso, cantieri presenti tutto l’anno, tracciato non agevole). Non è quindi certo che il TIBRE migliorerà la qualità del trasporto anche su scala nazionale. In relazione al secondo aspetto, quello relativo al numero e alla consistenza degli impatti, il SIA non considera mai, contrariamente a quanto affermato, un confronto effettivo con l’ipotesi zero come fosse una alternativa tra le tante, per cui non si può dire che sia stata condotta una valutazione corretta. In ragione dei vari tracciati considerati va anche precisato che una stima comparativa degli impatti permette di evidenziare quale di questi presenti l’impatto minore, ma non se questo è accettabile, aspetto, quest’ultimo, fondamentale per formulare un giudizio di compatibilità realistico.


4. Il metodo di sintesi proposto (Canter modificato da Bresso) non sembra particolarmente funzionale. In primo luogo perché la matrice degli effetti è troppo sintetica. Nel fare questa scelta gli estensori del SIA hanno privilegiato l’aspetto riassuntivo della matrice rispetto a quello di supporto al processo decisionale. Infatti non sfuggirà al lettore che le tabelle al termine di ciascun capitolo del Quadro di Riferimento Ambientale riportano in termini riassuntivi e per categorie di tipizzazione elementi che sono già stati valutati durante l’analisi descrittiva. In altri termini le tabelle semplicemente riassumono un giudizio che è già stato enunciato. In ragione dell’elevato grado di incertezza associato all’identificazione e tipizzazione degli impatti, si sarebbe dovuto usare la matrice come vero e proprio strumento di supporto alla valutazione. In questo caso le singole azioni di progetto che compongono le fasi di cantiere, esercizio, e dismissione del cantiere, avrebbero dovuto essere esplicitate nel dettaglio all’interno della matrice, specificandone gli impatti sui vari aspetti, strutturali e funzionali, delle componenti ambientali. Ciascun elemento della tipizzazione (reversibile, irreversibile ecc.) avrebbe dovuto essere associato a un punteggio, secondo un sistema definito a priori e più flessibile rispetto a quello proposto. In ciascuna matrice (una per ogni alternativa) le varie combinazioni che tipizzano gli impatti avrebbero reso dei valori numerici, che sarebbero poi stati accorpati per l’intera matrice, combinati con il sistema di ponderazione. Il confronto tra i valori resi dalle varie matrici avrebbe contribuito a definire l’alternativa migliore per i vari tracciati. A questo punto, attraverso una definizione dello stato di qualità ambientale attuale, espresso mediante un sistema i punteggi si sarebbe dovuto dare un giudizio di compatibilità ambientale per l’alternativa risultata vincente nella procedura comparativa. Tale giudizio avrebbe dovuto esse ricavato dall’abbassamento del punteggio di qualità che subirebbe la matrice ambiente quando sottoposta all’azione del progetto.

5. Alcune voci della scala di tipizzazione degli impatti non sembrano essere stati specificati correttamente. Per esempio la tipizzazione locale-strategico fa riferimento solo a una scala spaziale, mentre l’attributo di "strategicità " dovrebbe tenere conto anche di attributi di qualità , quali il valore della risorsa in un dato instante di tempo e nello spazio, la rarità di una specie, l’importanza che la collettività associa a un certo elemento naturale o antropico.



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