"La Voce" di Badia Polesine - Dicembre 1995 (mensile della "Parrocchia San Giovanni Battista"
(promotore di questo generoso articolo è stato Don Dante Bellinati, parroco della parrocchia, che l'11 dicembre 1995 ha anche celebrato la Santa Messa per il nonno, ricorrendo il 44° anniversario della morte.)
*nel primopiano della foto, oltre al nonno
Gustavo, appare la Zia Albina, sua cognata, moglie del figlio Giulio;sullo
sfondo Il figlio Dante Arturo
Per una migliore lettura riportiamo il testo:
Molti badiesi sanno che nella loro cittadina sono nati e
hanno trascorso una parte della loro vita molti uomi illustri. Tanto per citarne
alcuni, si può ricordare G. Bronziero, G. Gherardini, oppure, tra i viventi, R.
Patrese o B. Munari, oppure i prof. A. Rigobello o C. Corrain.
Accanto a questi, devono essere ricordati tutti coloro che, pur non essendo
ritenuti famosi, hanno abbellito ed
onorato questa cittadina.
Tra questi, dobbiamo ricordare Gustavo Turola
che, l'affetto e l'interessamento del nipote Sergio Corna, ha tratto dall'oblio
in cui il nostro concittadino rischiava di perdersi.
Di lui rimangono numerose opere in ferro
battuto che ha lasciato. Tra esse, sono sicuramente a lui attribuibili il
lampione che pende all'angolo del mercato coperto (l'odierno Ufficio del
registro), quello sotto la loggia comunale ed il tripode del monumento funebre a
Giuseppe Gradassi, nel locale cimitero.
Il "Gazzettino" dell'epoca lo ricorda come
l'artefice di "molte opere degne di ricordo" e come creatore di "una squadra
eletta di lavoratori del ferro onesti quanto lui, bravi quanto lui era stato".
E i badiesi del tempo, alla sua morte, hanno
rimpianto sia la perizia dell'artista, che la modestia dell'uomo che, nonostante
una vita dedicata al lavoro, per le avversità del periodo storico, ha terminato
la vità in povertà.
Noi, i posteri, dobbiamo certamente ricordare Gustavo Turola, artista. Ma
dobbiamo ricordarlo anche come esempio di vita perchè, se possiamo perdere i
suoi ferri battuti (e la perdita sarebbe grave!) perdendo il suo esempio di vita
onesta e laboriosa perderemmo non solo il ricordo di chi li ha incarnati ma
anche noi stessi.
Gianmaria Munerato