...E la chiamavano "Piazza Piccola": nel 1957
le profezie di Leonardo Borgese su Piazza Cavour, puntualmente avverate



Piazza Piccola prima della costruzione del palazzo della Camera di Commercio e, sotto a colori, come è oggi

Ora la chiamano Piazza Stradivari ed è quasi uguale a Piazza Roberto Farinacci

Un articolo di Luigi Silla

Rivedendo le vecchie fotografie di Piazza Cavour ante guerra, ti prende un groppo alla gola; le case demolite per far posto alla costruzione del Palazza della Camera di Commercio, erano decorose e significative per il tessuto urbano della città.
I portici cinquecenteschi erano costruiti proprio per proteggere dagli eventi atmosferici, dalla pioggia, dalla nebbia e dalla calura estiva. I portici attuali, così alti non proteggono, anzi, l’umidità delle nebbie e delle piogge rende scivoloso il pavimento. Il palazzo Galizioli nel lato sud della piazza, demolito per la costruzione del palazzo della RAS, contribuiva a rendere omogenea tutta la piazza.
Il progetto originale e farinacciano degli anni 30 del secolo scorso, prevedeva l‘abbattimento delle residue case poste tra piazza Cavour, Via Verdi e Via Capitano del Popolo per la costruzione di quegli enormi spazi atti ad ospitare le adunanze oceaniche fasciste. Fortunatamente questo isolato venne conservato fino alla fine degli anni 60, quando con la costruzione del palazzo della Casa di Bianco, vennero definitivamente demolite. Fortunatamente la Sopraintendenza pretese il mantenimento della facciata verso piazza Cavour e la sistemazione della Torre del Capitano.
Anche con questo intervento la piazza mantenne il suo connotato di Piazza Piccola con l’incrocio delle vie che da sempre la solcavano: la via Curzia (ora via Gramsci) chiamata così per l’affresco posto sulla facciata di una casa con l’immagine dell’eroe romano Curzio, ora conservata in Museo, ed il proseguimento della Via Baldesio fino alla congiunzione con Corso Vittorio Emanuele II.

Gli interventi di questi ultimi anni hanno dato un altro colpo all’immagine di questa piazza.
L’aver eliminato le vie preesistenti vuol dire cancellare la memoria storica di tali vie (la Strata Magistra). Altro errore compiuto dalla passata amministrazione, è stato quello di scambiare il nome della piazza con quello del corso. Già negli anni precedenti la guerra venne compiuto un tale errore, l’attuale Via del Vasto che collega piazza Cadorna con Via Bissolati, originariamente era posta a metà del cosrso Stradivari e venne eliminata con la costruzione della Galleria 25 Aprile. Uno storico che volesse ricostruire le vicende di un palazzo o di una costruzione posta in tale via, potrebbe cadere in errore di individuazione della zona.
Anche ora, l’aver scambiato di nome Corso Stradivari con Piazza Cavour, potrebbe portare allo stesso inconveniente.
Negli anni trenta venne eliminato dalla piazza il monumento a Vittorio Emanuele II, opera del Selleroni, e riposizionato in piazza Castello. Si disse che i monumenti ormai non significavano più nulla.
Ora viene posto un monumento a Stradivari , talmente brutto da essere secondo in bruttezza, solo alla inutile pensilina che attraversa la piazza e che interrompe la visione per chi viene da Corso Vittorio Emanuele, dei monumenti di piazza del Comune e nel contempo l’asse visiva da via Beltrami a Piazza Roma.
Intanto si hanno nuove notizie sul parcheggio sotterraneo di Piazza Marconi: quattro piani? Un flusso ininterrotto di auto a due passi dal Torrazzo, e nella città delle polveri sottili.
Rileggete alcuni stralci dal libro di Leonardo Borghese “L’Italia rovinata dagli italiani”. E’ del novembre del 1957.

Ma pare una perorazione rivolta agli urbanisti della Cremona di oggi. Non ci sarebbe da cambiare una virgola. Bisognerebbe soltanto aggiungere il rimpianto per la scomparsa di personaggi come Alfredo Puerari e Giulio Grasseli e tutti questi cremonesi “persone di gusto e di alta cultura” che avrebbero impedito come un sol uomo gli sgarbi compiuti con sempre maggiore dovizia nella Cremona di questi anni, dove per una scellerata disposizione urbanistica, si è giunti persino a “far volare le case come la Sacra casa di Loreto”, consentendo di trasferire le cubature da una parte all’altra della città, il che sta procurando tutti i danni via via ripresi con una serie di denuncie e fotografie da “Il Vascello”.



Palazzo Galizioli e, sopra a colori, il palazzo Ras che lo ha sostituito, davanti la famigerata pensilina

Noi oscurantisti, forcaiuoli, codini, senili, nemici del progresso, dell'igiene e dell'Uomo

di Leonardo Borgese (novembre 1957)

Perché ama il dovere di proteggere e difendere il patrimonio artistico e naturale, al soprintendente Piero Gazzola (naturalmente il riferimento va a personaggi del 1957, ma come si leggerà poi i fatti potrebbero essere tranquillamente riferiti all'oggi - ndr) sono toccate molte e dure offese. Despota, dittatore, l'hanno chiamato, e inventore di falsi architettonici... E poi ancora, si capisce, lo chiameranno reazionario, retrivo, oscurantista, forcaiuolo, codino, senile, nemico del progresso, dell’igiene, dell’Uomo...
Gli stessi epiteti vanno o andranno certo ad Alfredo Puerari, che ha rinnovato il Museo Civico cremonese in esemplare maniera ed è fra i rarissimi direttori italiani che abbiano compilato un serio catalogo. E anche a Giulio Grasselli, persona di gusto e di alta cultura, e anche a vari altri cittadini che onorano Cremona e che hanno una perfetta e moderna coscienza estetica ed etica. Il meno che potranno sentirsi ripetere è patiti e conservatori di fantasmi, amanti di macerie e di ruderi pietosi, adoratori di indegno vecchiume. Con accompagnamento di scherno ed ironia. ( "tiràa indrèe”: ha definito i loro epigoni l’incolto Enrico Pirondini - ndr).




L'antica piazza Piccola e, sotto a colori, la nuova Casa di Bianco

Che cosa vogliono Piero Gazzola e gli altri infami? Orrore: che si salvi e si conservi la città di Cremona, ciò che avanza della bella e della caratteristica città. La quale - insistiamo di sfuggita, e valga per ogni luogo d’Italia e per ogni specie d’italiani - non appartiene soltanto ai cremonesi odierni; ma a tutti gl’italiani, ai presenti e più ancora ai futuri, e anzi appartiene a tutto il mondo. Seguitare a rovinarla è barbarie, ed è pessima amministrazione. Piero Gazzola fa bene a porre vincoli e veto. Agisse come lui ciascun funzionario delle Belle Arti! E fa bene ad esigere tegole vecchie sulle case nuove che sorgano entro la città vecchia (proprio quello che ha dimenticato l'attuale assessore all'urbanistica Soregaroli, il quale si è già guadagnato il soprannome di Attila- ndr.).
E non c’è da ridere quando Alfredo Puerari s’affligge perché l’Ufficio tecnico ricopre di luttuoso bitume le strade e scompaiono gli acciottolati e le trottatoie di bella pietra. Puro imbruttimento e sciupio. Bisogna aiutare a correre di più i sedentari motorizzati? Ciottoli e lastroni di pietra sono indispensabili al carattere padano; e d’altronde sono igienici e «funzionali» per chiari motivi.

La gente che crede d’esser moderna ghigna: «Andreste in giro con la tuba... ». Già, nel 1957 voi non girate con la tuba; pretendete però di mettere il casco da motociclista, e ci riuscite, alle città antiche.
Cosi eccoci a ...Piazza Cavour. Ignobilmente devastata e ingombrata col palazzaccio delle Corporazioni oggi, Camera di Commercio - che meriterebbe davvero d’essere umiliato, di perdere almeno il suo odioso torracchione - la smisurata, ex-Piccola, piazza aspettava i trionfi del Littorio. Il Comune perciò ebbe ad espropriare anche le case davanti, e di fianco salvo errore, col proposito di continuare a sventrare e ad allargare. Superato tal piano, fiorirono tuttavia nuovi piani e qui - per la piazza -(...) il programma dell’immenso vuoto (...).

Solito sbaglio, solita pessima speculazione in qualsiasi senso, a cominciare da quello pratico e moderno. Sanno ormai perfino gli urbanisti che è necessario allontanare il traffico dai vecchi centri cittadini, che è necessario chiuderli e calmarli, e che non si può continuare a uccidere la gente con pestiferi vapori e col canto dei motori.(...).

Ora, che il povero privato ignorante goda di vedere sparire una bella città pur di scorrazzare su e giù in auto o in moto, pazienza; ma che proprio gl’intellettuali dei municipi contribuiscano alla cattiva educazione pubblica e al generale disastro dell’Italia degna, onesta, vera, è addirittura pauroso (Ma piazza Marconi ospiterà a 300 metri dal Duomo e dal Torrazzo addirittura un silos per auto, forse a quattro piani interrati - ndr).

Perché - sia ben chiaro - il falso architettonico nella piazza Cavour, nell’intiera Cremona, nell’Italia tutta, lo compie non chi protegga, salvi, conservi, restauri, ripristini; ma chi pianifica, regola, sventra, rovina, altera, sciupa, modifica, demolisce, deturpa, distrugge, asserendo di rinnovare, rammodernare, risanare e di abbellire. Falso è in piazza Cavour il palazzo delle Corporazioni; falso sarebbe quanto si dovesse costruire ancora in odio ai «patiti", e fosse pure architetto Le Corbusier o Wright. (Oltre tutto nella Nuova Casa di Bianco è molto di meno... - ndr)
L’<ambiente>, infatti, non è moderno, né pseudomoderno, non è l’ambiente del palazzo farinacciano; ed è, viceversa, giusto l’ambiente di quelle vecchie case con la mozza torre e coi portichetti. Non sono le vecchie case a stonare, son esse le padrone del luogo. Stona il palazzo del Ventennio. Stonerebbe o forse anche di più, sarebbe intrusa, qualsiasi altra nuova, novissima edilizia. Falso chi costruì in retorico stile Duce e falso chi costruisse in retorico stile Palazzo di cristallo 1950 a pochi metri dal Duomo e dal Battistero.
Che cos’è questo ridicolo purismo? «Falso antico», «falso architettonico»... A dar retta, in Italia non avremmo più pietra su pietra. Tutte parole di persone arretrate che fingono cultura, e di senili avanguardisti, che s’illudono d’esser moderni e giovani, e che danno forza alle disastrose speculazioni. (....) I guai di piazza Cavour sono però poca cosa in confronto al finale assassinio di Cremona previsto dai vecchi piani regolatori e riprevisto con entusiasmo dai nuovi. (Se almeno gli architetti coscienti rifiutassero di costruire sulle rovine della patria!) .
(...) Cremona? Addio. Al diavolo.

Le foto a colori sono di Antonio Leoni, le altre foto di Ernesto Fazioli ©




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Mar, 3 gen 2006