LAURA BELLI: BIOGRAFIA

Provenienza: il sito di "POLLANET SQUAD".

Capelli e occhi castani, bellezza spigliata ma discreta, la napoletana Laura Belli approda al grande e al piccolo schermo dopo aver frequentato il Centro Sperimentale di Cinematografia e l’Accademia d’arte drammatica.

Poco più che ventenne, Laura esordisce nel melodramma storico, con significative puntate nel pruriginoso, La monaca di Monza (una storia lombarda) (1969) di Eriprando Visconti. Nel film dell’ingiustamente dimenticato cineasta lombardo, incolpevole antesignano del filone erotico-conventuale, Laura incarna la figura della tormentata suor Candida Colomba, amante e vittima del luciferino e callido don Paolo Arrigone (il biondo e glaucopide Hardy Kruger).

Sul piccolo schermo, prima della grande stagione degli sceneggiati e degli originali televisivi, Laura presenta – onore che condivide con altre affascinanti future attrici come Maria Rosaria Omaggio e Roberta Paladini – la rubrica di anticipazioni dei programmi della Rai-tv Prossimamente.

La carriera cinematografica di Laura prosegue con il bellico La battaglia del deserto (1969) di Mino Loy, in cui la Nostra, all’interno di un flashback-incubo dell’infortunato e sfortunato soldato Charles (Fabrizio Moroni), si mostra nelle sue acerbe, giovanili e gradevolissime nudità.

In Faccia da schiaffi (1969) di Armando Crispino, invece, Laura viene elevata al rango di protagonista femminile in una storia a sfondo (melo)drammatico che tenta di rilanciare le incerte doti attoriali di Gianni Morandi al di fuori del fiorente ma moribondo genere “musicarello”.

Una nota insolita nella filmografia di Laura, ma, più generalmente, nel panorama cinematografico del tempo, è rappresentata da La stagione dei sensi (1969, ma in realtà distribuito nel 1971) di Massimo Franciosa, curioso e strano apologo “sadiano”. Nella pellicola di Franciosa, prolifico sceneggiatore nonché regista da riscoprire, Laura e le sue amiche, sbarcate su un’isola misteriosa, sono vittime del fascino crudele e sottile di un dandystico ed algido Udo Kier, magnetico e implacabile vampiro d’amore.

Nel 1971 Laura ritorna alla Rai-tv per interpretare La casa di Bernarda Alba, tratto da un dramma di Federico Garcia Lorca e diretto dal veterano Daniele D’Anza, e, soprattutto, L’Eneide, memorabile film tv in sette puntate ispirato al poema virgiliano e diretto dallo specialista Franco Rossi.

Laura, con la sua faccia pulita ed il fascino quieto della ragazza della porta accanto, subisce una brutale immersione nella casistica violenta del nascente genere del poliziesco all’italiana.

In La polizia ringrazia (1972) di Stefano Vanzina, che, a torto o a ragione, è comunemente definito l’archetipo del rigoglioso filone, Laura interpreta il ruolo di Anna Maria Sprovieri, una giovane donna rapita da un forsennato criminale. Laura, nel capolavoro di Vanzina senior, è picchiata, denudata, oltreggiata e, dulcis in fundo, gettata da una moto in corsa e poco felicemente stritolata dalle ruote di un’innocente auto della polizia.

Raccolti i pezzi l’anno dopo Laura è presente nel cast del secondo capitolo della fortunata saga “poliziotta” prodotta dalla Primex di Roberto Infascelli, La polizia sta a guardare (1973), interpretato sempre dall’efficace Enrico Maria Salerno e diretto dallo stesso Infascelli. Questa volta Laura si cala negli ariosi panni dell’avvenente Laura Ponti, ragazza di facili e liberi costumi, testimone fondamentale in una complicata inchiesta che intreccia sequestri di persona e trame eversive.

Ne Il figlioccio del padrino (1973) di Mariano Laurenti, felice digressione comica in una carriera che vira al genere poliziesco e drammatico, Laura è la figlia del padrino (Saro Urzì) promessa sposa dell’aspirante mafioso tutto da ridere Franco Franchi.

Protagonista del telefilm Rai Viaggio d’andata di Alessandro Cane nel 1972, è nel 1973 che Laura, interpretando una serie di lavori di grande successo, inizia ad essere conosciuta dalla vasta platea televisiva.

Il primo di questi successi è lo sceneggiato in cinque puntate, andate in onda a partire dal 13 gennaio, Lungo il fiume e sull’acqua, tratto da un romanzo di Francis Durbridge e diretto da Alberto Negrin, che si piazza al secondo posto, con una media di oltre venti milioni di telespettatori a puntata, nella classifica annuale dei programmi più seguiti. Nell’originale televisivo Laura interpreta la figura chiave di Katherine Sheldon, disegnatrice di moda implicata nelle indagini sul misterioso omicidio di una ragazza.

Sono il mistero fatto persona - dichiara Laura a proposito del suo ruolo. ­ Di me non si sa nulla e confesso che proprio per questo mi sono molto divertita durante la lavorazione dello sceneggiato.

Sempre nel 1973 - il 4 settembre, per la precisione – va in onda sulla Rai-tv la prima puntata della serie gialla curata da Dario Argento La porta sul buio; Laura è la protagonista femminile di questo primo episodio, intitolato Il vicino di casa e diretto da Luigi Cozzi, a fianco di Aldo Reggiani, Mimmo Palmara ed Elio Polacchi.

Il 1974 si apre per Laura con un altro sceneggiato di grande successo, Ho incontrato un’ombra, in cui la Nostra è diretta ancora una volta dal bravo Daniele D’Anza. Il giallo, trasmesso dalla Rai-tv in quattro puntate a partire dal 23 febbraio, riscuote una media di quasi venti milioni di telespettatori a puntata, innalzando Laura al ruolo di regina del thriller televisivo.

Il settimanale Epoca dedica, nel numero del 12 ottobre 1974, un bel servizio all’affascinante attrice partenopea, significativamente titolato La bella tenebrosa è stanca di delitti. L’incipit del periodico mondadoriano celebra senza mezzi termini il successo della musa del giallo tv: Quando in televisione hanno intenzione di offrire un po’ di brividi ai telespettatori pensano subito a lei, Laura Belli […].

Ma il 1974 rimane impresso nella carriera di Laura soprattutto per la significativa partecipazione al capolavoro di Umberto Lenzi Milano odia: la polizia non può sparare. Nel film cult di Lenzi, esplosivo incontro tra il genere gangsterico di derivazione americana e l’autoctona tematica della violenza metropolitana, Laura interpreta la dolce Marilù, figlia del facoltoso industriale Porrino (Guido Alberti), rapita e brutalizzata dall’empio e vigliacco criminale Giulio Sacchi, superbamente interpretato da un elettrico Tomas Milian. Laura è testimone oculare, prima di essere lei stessa assassinata a sangue freddo, di una gamma di delitti tanto cruenti quanto crudelmente gratuiti, che vanno dall’assassinio del di lei fidanzato alla ferocissima strage nella villa, fino all’esplosizione finale di violenza sulla fatiscente barcaccia.
L’umana pietà e, forse, l’amore che Laura suscita in Ray Lovelock, frastornato e quasi ingenuo complice di Milian, vengono soffocati dallo scellerato bandito a colpi di mitra. Henry Silva, quanto mai marmoreo e gelido nel ruolo di un commissario dalle classiche mani legate, vendicherà l’assassinio di Laura e gli altri omicidi perpetrati dal Sacchi, abbattendo a pistolettate, sopra un cumolo di immondizia - in un finale che cita l’epilogo, scartato al montaggio, dello Scarface (1932) di Howard Hawks -, l’immonda belva sanguinaria. Film centrale e fondamentale all’interno del genere, Milano odia: la polizia non può sparare riassume ed amalgama, in una visione oggettiva bensì spietata, le pulsioni belluine e il forte disagio che serpeggiano contraddittoriamente in una società ormai preda della criminalità politica e comune, della ferocia degli esclusi dalla cornucopia consumistica e dei sogni proibiti e violenti delle maggioranze silenziose.

Dopo un intermezzo rappresentato dalla commedia I giorni della chimera (1976) di Franco Corona, Laura ritorna al poliziesco con Porci con la P38 (1978) di Gian[franco] Pagani. Nella pellicola diretta dal meteorico regista Pagani, misconosciuta e inopinatamente divenuta oggetto di culto a causa del demenziale e delirante titolo, Laura riveste il ruolo di protagonista femminile in un soggetto che sembra ispirarsi più ai coevi prodotti americani che non alla piacevole sfrontatezza del poliziesco tricolore. Ma, secondo i pochi (e fortunati?) conoscitori dell’opera, il risultato di tanta fatica è da antologia del Trash.

In Da Corleone a Brooklyn (1979) Laura torna ad essere diretta da Umberto Lenzi nel ruolo di Paola, l’ex moglie del commissario Giorgio Berni. In questo tardo poliziesco Laura affianca il commissario per antonomasia del poliziesco all’italiana, l’atletico e smagliante Maurizio Merli, icona autentica di un genere tristemente giunto al tramonto. Ultimo poliziesco della fortunata coppia Lenzi-Merli, Da Corleone a Brooklyn rappresenta il tentativo, peraltro riuscito, di rinnovamento di un genere che, purtroppo, collasserà definitivamente negli anni 80, relegando il cinema d’azione, depurato dalle sue asprezze così poco politicamente corrette, negli angusti limiti di spettacolo televisivo per famiglie. Maurizio Merli, in questo film, passa idealmente il testimone a Mario Merola, re della sceneggiata ed eroe dell’ultimo genere “basso” del nostro cinema. La parentesi sentimentale affidata a Laura, ex moglie e forzata eroina, è uno dei pochi momenti in cui il ritmo frenetico del film si distende per lasciare spazio a delicati e nostalgici momenti d’amore.

Nel 1979 Laura compare, inoltre, nel poco noto Ombre, diretto dallo sceneggiatore di fumetti erotici Giorgio Cavedon.

A sorpresa nel 2000 Laura esordisce dietro la macchina da presa con una pellicola, incentrata su un’attrice che interrompe la carriera per dedicarsi alla sceneggiatura e alla regia, forse autobiografica e dal tautologico titolo di Film. Malgrado l’interpretazione di un’attrice in continua ascesa come Laura Morante, il lavoro di Laura è completamente ignorato dal pubblico e stroncato inesorabilmente dalla critica.

Il nostro ricordo più vivo di Laura, bellezza semplice dalla solarità mediterranea, rimane comunque legato alle donne disperate e forti che, con energia ed estrema naturalezza, ha fatto vivere e morire sullo schermo e nei cuori degli spettatori.

Back to the home page

go to filmography