INTERVISTA:

Provenienza: il sito di NOCTURNO www.ulysse.net

I suoi inizi cinematografici contemplano un film importante come Il buco di Jacques Becker…

Oh sì… Come tutti gli altri attori scelti da Becker anch’io non ero assolutamente un professionista! Anche se ho iniziato con un maestro, sono diventato attore per caso. Ero molto intimorito dal fatto che nel mondo dello spettacolo ci fossero così tanti omosessuali (ride). Infatti avevo ben altre intenzioni.

Davvero, e quali erano?

Sono stato ufficiale di riserva in Indocina e in Algeria, tant’è che ho dovuto lasciare la Francia per ragioni politiche. Ma forse anche perché mi piacciono molto l’avventura e i viaggi.

E a furia di viaggiare è capitato in Italia…

Già, e fu soprattutto Vittorio Caprioli a credere molto in me. Mi convinse a recitare. Ero sul cast di Leoni al sole, il suo primo film da regista, ambientato fra Amalfi e Capri.

Un vero padrino artistico con cui ha lavorato più volte. Ma perché c’è stato uno sbarco in massa di attori francesi qui in Italia, alla fine degli anni Sessanta?

Probabilmente perché qui c’era un sacco di lavoro per noi. Questa industria cinematografica ha avuto un picco mai più raggiunto. C’era una voglia di fare e vedere cinema che adesso pare perduta.

Sicuramente e c’era anche una grande voglia di peplum come testimonia il suo Solo contro Roma. Su questo film c’è tuttora una bagarre in corso fra gli esperti, a proposito della sua paternità visto che Luciano Ricci e Riccardo Freda ci hanno lavorato a quattro mani . Ci aiuti a svelare l’arcano.

Solo contro Roma è stato realizzato quasi interamente da Freda! Intendo dire che tutte le sequenze d’azione sono sue, e lui era un regista davvero incredibile. Per lui il film veniva prima di tutto.

Il produttore, per inciso, era Marco Vicario, altra figura chiave per il suo percorso artistico …

Grazie a Vicario non ho solo raggiunto il successo nei panni del professore di Sette uomini d’oro, ma ho trovato un grande amico come lo straordinario Gastone Moschin, che sulla scena era il freddo tedesco.

Con Freda vi siete invece ritrovati anche in Caccia all’uomo…

Certo e tornando alla pignoleria di Riccardo, lì ho pure rischiato anche di ammazzarmi in una scena particolarmente turbolenta. Se non mi teneva un macchinista finivo direttamente nella scarpata!

Beh, lei è famoso anche per la spericolatezza e l’allergia agli stuntman…

E tu pensa che in Tir quella serie che ho fatto per la Rai mi sono addirittura calato da un elicottero. Ma il mio amore per il rischio non mi porta mai a sopravvalutare le mie capacità! Prendo sempre le mie precauzioni

L’amore del rischio ha anche sempre scandito la sua filmografia. Basti pensare a film stravaganti come Puttana galera! di Gianfranco Piccioli, Il medium di Silvio Amadio scritto da Fragasso, Femina ridens di Piero Schivazappa e La svergognata di Giuliano Biagetti.

Ma sai, in realtà quelle cose le ho fatte per pura sopravvivenza, in periodi bui. Anche perché ho sempre avuto molti alti e bassi. Così ho dovuto fare questi film "alimentari".

La palma della morbosità va però al celebre Il portiere di notte…

Che esperienza! Sul set c’era una tale tensione che una volta durante un ciak con Dirk Bogarde, io e lui non abbiamo sentito lo stop di Liliana Cavani. Sfortunatamente non ho fatto riprese con Charlotte Rampling. E poi: l’odio della censura verso il film! La censura mi ha sempre divertito.

Un altro regista scandaloso con cui ha lavorato è quel Paolo Cavara del bellissimo L’occhio selvaggio, una delle prime riflessioni sulla violenza visuale…

Il mio personaggio era ricalcato proprio su Gualtiero Jacopetti. Capirai, Cavara si era fatto le ossa in Mondo Cane! Ma dato che mi chiamavo in maniera diversa, lui non ha protestato. Era un gran ruolo che a pensarci bene avrei potuto sviluppare meglio. Abbiamo anche avuto diversi problemi. Prima di tutto per qualche tempo sono mancati i finanziamenti, rischiammo anche di non pagare il conto dell’albergo. Poi a Saigon Paolo ebbe una colica renale. Lì c’era anche la guerriglia, e così lo sostituii per un po’. Altri posti dove io e Gabriele Tinti girammo con Cavara furono il deserto in Algeria, Singapore, e la Birmania.

Ma dopo aver fatto le veci di Cavara, non le è mai passato per la mente di diventare regista sul serio.

Eccome! Io che vivo intensamente un film non amo distrarmi. Sul lavoro sto spesso dietro la camera ad osservare e ho pensato alla regia per ben due volte. Mi sarebbe piaciuto filmare qualcosa di Joseph Conrad. Ho fatto persino dei sopralluoghi a Buonaventura, un porto della Colombia. Poi ho pensato ad un thriller su un uomo che ritorna dalla morte. Mi sarebbe piaciuto avere Laura Morante, una collega che stimo molto. Ma per i soliti problemi questi progetti non si sono avverati.

Dalla Colombia passiamo alla Cina di 55 giorni a Pechino…

La mia è stata poco più di una partecipazione. Ero un ufficiale francese e mi sono rimaste impresse certe stranezze di Charlton Heston e Ava Gardner. Una sera Charlton Heston ci ha invitato a cena nella sua villa. Eravamo in cinque e ci ha rifilato una bistecca a testa. Un vero tirchio! Ava Gardner era bellissima e stava con Walter Chiari. Un giorno doveva girare in mezzo alla folla di Pechino, con migliaia di comparse. Uno di questi cinesi le ha fatto una fotografia. Il flash l’ha talmente fatta arrabbiare che ha voluto girare soltanto il giorno successivo.

Un’altra stranezza è stata anche Una vita lunga un giorno di Ferdinando Baldi…

Questo film mi sfugge completamente.

Ma come…!? Si tratta di uno dei suoi pochi ruoli negativi. Lei è un cacciatore d’uomini e la traccia narrativa è stata ripresa anche da John Woo in Senza tregua con Jean-Claude Van Damme…

Van Damme per partito preso non lo guardo mai.

Un altro regista d’azione con cui hai lavorato è Enzo G. Castellari, in Ettore lo fusto.

Castellari è molto simpatico e dovevo fare con lui anche il seguito di Sandokan per Mediaset. Ma le dirò una cosa: questo Yanez de Gomera risultava privo di spessore rispetto a quello di Sollima, e così non ho voluto riprenderlo. Per questo motivo ho anche avuto dei contrasti con il produttore Lombardo.

Lo Yanez, secondo Sergio Sollima, tuttavia ha incrementato la sua fama…

Si, ed è il ruolo che amo di più. Oltretutto Yanez è stato il riepilogo della mia fantastica vita d’avventura. Quando mi sono avvicinato a questo avventuriero, un caro amico mi disse: " Philippe mettici la magia." Penso di esserci riuscito.

Cosa può dirci della connazionale Carol Andrè, di Sollima e Adolfo Celi?

Con Carol mi sono trovato benissimo. Lei è davvero straordinaria. Sollima ha un grande senso dello spettacolo. Con quella bella persona di Adolfo ho approfondito la mia conoscenza, che avevo iniziato in Yankee.

Yankee è l’unico western di Tinto Brass. Ci racconti qualche retroscena.

Brass è prima di tutto un uomo senza pietà con i collaboratori, molto sicuro di sé. Le racconterò un aneddoto sul mio rapporto col western. Sergio Leone mi aveva interpellato per il suo Per un pugno di dollari. Ma volevano impormi a tutti i costi un nome inglese e così non ho accettato la parte.

Mentre invece ha vissuto pienamente lo scultore Balli di Senilità.

E’ una delle mie prime interpretazioni impegnate, mi ha fatto una grande impressione lavorare in una città incredibile come Trieste.

Impegnata è anche la parentesi de Il terrorista di Gianfranco De Bosio, dove ha recitato con Gian Maria Volontè…

Grandissimo, Volontè, poteva fare qualsiasi cosa. Era un uomo chiuso e riservato. Il terrorista mi ha dato ad ogni modo delle grosse soddisfazioni.

Un altro mostro sacro con cui ha lavorato è Totò, in La mandragola…

Più che di Totò, ho un ricordo piuttosto vivo di Romolo Valli. Era un persona davvero squisita. L’ho visto anche a teatro quando ha fatto Pirandello.

Dopo Machiavelli un’altra immersione nella cultura è stato il televisivo La vita di Leonardo da Vinci.

All’inizio ero terrorizzato dall’idea di interpretare un genio del Rinascimento. Pensi che sono fuggito dal set due volte (ride). Il bravissimo Renato Castellani mi consigliò invece di lavorare sulla solitudine: " Se sei solo sarà tutto tuo", mi disse. Così ho lavorato d’intuizione, pur leggendo tutti i suoi scritti.

Ed è stato eccezionale, un po’ come nei noir Milano rovente, Milano calibro 9, La mano violenta della legge…

In Francia, da dove vengo io, c’è una forte tradizione noir. Con Umberto Lenzi sono stato uno dei pochi ad andare d’accordo, visto che ha un carattere assai difficile. Non ho litigato mai con registi e produttori. Ferdinando Di Leo è uno dei migliori registi con cui ho lavorato, un uomo molto preciso che conosceva benissimo le regole della riprese. Un altro che conosce il mezzo è Luigi Comencini.

Con lui ha fatto Il gatto e Senza sapere niente di lei.

Mi sono trovato benissimo, in quanto Comencini lavora molto sul personaggio proprio come piace a me. All’epoca ero molto obbediente verso il regista. Oggi mi dicono che sono un attore-autore. Per Senza sapere niente di lei non ero molto soddisfatto del ruolo. Paola Pitagora, invece, era bravissima. Ero anche molto indeciso a quei tempi.

Un altro autore con cui ha collaborato più volte è Pasquale Festa Campanile…

Pasquale è stato prima di tutto un amico. Abbiamo fatto insieme Una vergine per il principe, Soldato di ventura e Qua la mano. Di Una vergine per il principe preferisco non parlare. In Soldato di ventura è nata una bella amicizia con Bud Spencer. Ultimamente ho fatto in Costarica con lui un serial TV dove sono il matto delle armi. In Qua la mano mi sono divertito molto. Montesano l’ha praticamente inventato Pasquale.

E pur avendo lavorato con autori consumati non disdegna i giovani come il torinese Umberto Spinazzola del road- movie Cous, Cous.

Penso che Cous, Cous sia un buon film. L’unico suo limite sono i dialoghi un po’ lenti. In quel senso bisognava forse stringere un po’. A me piace approfondire parecchio il senso delle parole.

Eccetto Yanez, qual è il suo ruolo preferito?

C’ è un film dimenticato come Non faccio la guerra, faccio l’amore di Franco Rossi. Una bella favola d’amore che ho girato con Catherine Spaak. Da allora lei è diventata una delle mie più care amiche.

Progetti futuri?

Un po’ di TV. Come la fiction televisiva prodotta dal WWF Ranger d’Italia di Gjon Kondrekaj. Mi piacerebbe sensibilizzare la gente verso l’ecologia. Forse ci sarà anche Ornella Muti. Con Kondrekaj avevo già fatto un viaggio nei luoghi sacri. Mi riempie molto di gioia anche lavorare assiduamente per la protezione civile.

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