Dalla Neutralità all'entrata in guerra

L'Italia, dal 1882 nominalmene alleata della Germania e dell'Austria-Ungheria nella Triplice Alleanza, ma con dei piani propri nei confronti dei territori austriaci di Sud Tirolo, Istria e Dalmazia, e un accordo segreto del 1902 con la Francia, che in pratica annullava i suoi impegni di alleanza, restò inizialmente neutrale. La decisione fu presa sulla base del fatto che, considerando l'azione austriaca contro la Serbia come un puro atto di aggressione, non era vincolata dalla natura difensiva del trattato della Triplice Alleanza ad intervenire a fianco degli "alleati".
L'opinione pubblica italiana invece si divise tra coloro i quali erano favorevoli all'intervento in guerra dell'Italia (Interventisti) e quelli che volevano che la nazione restasse neutrale. Tra gli interventisti il dibattito era incentrato sulla parte da prendere nel caso si fosse entrati in guerra, ovvero su quale parte avrebbe garantito meglio gli interessi dell'Italia.
Con il passare del tempo il numero di interventisti cresce sempre più, l'esempio più celebre e quello di Benito Mussolini allora direttore dell'"Avanti!", il giornale del partito socialista, e in seguito del "Popolo d'Italia", che partito da posizioni fermamente neutrali si schiererò poi per l'intervento in guerra. Il governo italiano intanto iniziò a trattare con entrambe le parti l'ingresso nel conflitto.
La richiesta principale fatta all'Austria era la cessione del Trentino, ma gli austriaci continuavano a tirare in lungo le trattative per prendere tempo e l'Italia concluse con l'Intesa il Patto di Londra, che le garantiva molto di più dal punto di vista territoriale. Il Patto venne firnato il 26 aprile e con esso l'Italia si impeganva ad entrare in guerra entro un mese. Va inoltre considerato il fatto che l'Austria-Ungheria era la potenza contro la quale si era combattuto durante le guerre d'indipendenze e che entrare in guerra al suo fianco avrebbe smentito tutta la tradizione risorgimentale, sulla quale si fondavano in gran parte le motivazioni degli interventisti.


L'Ambasciatore Austro-Ungarico a Roma, von Merey, al Conte Berchtold

Roma, 30 Luglio 1914

Telegramma: Il Ministro degli Affari Esteri ha spontanemente introdotto oggi la questione dell'atteggiamento italiano nell'eventualità di una guerra europea.
Dato che il carattere della Triplice Allenza è puramente difensivo; dato che le nostre misure contro la Serbia possono precipitare una conflagrazione europea; e infine, dato che non abbiamo preventivamente consultato questo governo, l'Italia non sarebbe stata obbligata a unirsi a noi nella guerra.
Questo, tuttavia, non preclude l'alternativa che l'Italia possa, nell'eventualità, dover decidere per se stessa se i suoi interessi fossero serviti meglio alleandosi con noi in una operazione militare o rimanendo neutrale.
Personalemente si sente più incline a favore della prima soluzione, che gli appare la più probabile, purché gli interessi italiani nella Penisola Balcanica siano salvaguardati e purché noi non cerchiamo cambiamenti che probabilmentre ci daranno un predominio dannoso agli interessi italiani nei Balcani.