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IL BASILISCO
"Se è vivo chi ti vide, la tua storia è
menzognera, perchè se non morì t'ignora e se morì non lo dice."
La voce "Basiliscus", che si incontra nella
Vulgata, traduce l’ebraico Sephà, che indica un serpente velenoso terribile, non
identificabile tra i viventi.
Dagli antichi col nome Basilisco venivano designati strani mostri creati dalla
fantasia a cui si attribuivano malefici poteri.
Il Basilisco è l’essere favoloso del mondo dei serpenti, un rettile leggendario
carico di significati simbolici.
Nel corso degli evi il basilisco, che significa "piccolo re", si modifica fino
alla bruttezza e all’orrore, e adesso se ne sta perdendo il ricordo.
Scrive Plinio: "E’ un drago che ha sulla testa una corona d’oro, grandi ali
spinose, una coda di serpente, che termina con la testa di un gallo. Il suo
fiato avvizzisce la frutta. Il suo sputo brucia e corrode. Il suo sguardo spacca
le pietre. L’odore della donnola lo uccide.
Altra arma contro di lui è lo specchio: il basilisco è fulminato dalla sua
propria immagine. E’ l’idea del maligno che lo morde".
Il basilisco, sempre secondo Plinio che ne ha parlato a lungo è un serpente
lungo solo dodici dita che ha una macchia bianca sulla testa, a forma di
diadema.
"Il suo sibilo fa fuggire i serpenti: non striscia sinuosamente come gli altri
rettili, ma avanza, col corpo eretto a metà.
Il suo contatto e anche il suo alito uccide gli arboscelli, brucia l’erba da
tanto è velenoso. E’ accaduto davvero che un uomo a cavallo uccise un basilisco
colpendolo con la lancia ma il veleno seguì l’arma e uccise non solo il
cavaliere ma anche il cavallo.
La donnola è l’antidoto contro questo mostro. Alcuni re, desiderando vedere
morto questo rettile, ne hanno fatto la prova: si butta una donnola nella tana
del basilisco ed essa lo uccide col suo odore, ma anch’essa perisce.
Così termina la lotta della natura contro se stessa." Secondo altre fonti il
basilisco nasce dall’uovo di un vecchio gallo di sette o quattordici anni,
deposto sul letame e covato da un rospo o da una rana.
E’ raffigurato da un gallo dalla coda di drago o da un serpente con ali di
gallo. Il basilisco risiede nel deserto: meglio, egli crea il deserto. Ai suoi
piedi cadono morti uccelli e imputridiscono i frutti.
Il basilisco, questo orrendo mostro mortifero è fulminato dalla sua propria
immagine.
Pare che gli antichi lo chiamassero basilisco che significa regale, a causa di
quella macchia bianca a forma di diadema.
Quanto alla sua vera natura si tratta indubbiamente di un miscuglio di diverse
specie.
Sembra, se si considera la sua andatura, che si tratti del naia, o cobra
indiano, che si erge in presenza dell’uomo, e porta sul collo, in evidenza, una
doppia lunetta chiara simile ad una corona.
La donnola, che uccide i basilischi, sarebbe forse la famosa mangusta descritta
da Kipling.
"Ciò nonostante la bestia è bella, di un bel colore chiazzato di bianco. Ciò
avviene per molte cose che sono belle, ma anche malvagie." Per Pietro il
Piccardo, che scrisse nel medioevo, il basilisco non poteva essere altri che il
diavolo, e così la pensava la maggior parte degli scrittori del suo tempo.
In molte cattedrali romaniche e gotiche, esso sta a rappresentare
alternativamente, il diavolo e il peccato.
Il medesimo basilisco nel secolo XIV e XV rappresenta il tradimento degli ebrei
e nel XVI secolo viene associato alla collera e alla forza.
Tra i peccati capitali il basilisco simboleggia la lussuria e viene combattuto
da Cristo insieme al leone e al drago.
La sifilide che si diffuse nel secolo XV fu denominata "morbo del basilisco".
Nei libri di emblemi medioevali si fa notare che il basilisco può essere
sconfitto solo con l’ausilio di uno specchio che rifletta il suo sguardo
velenoso.
"Il malefico basilisco da chiaro specchio sfugge, per propria rovina il
veleno dei suoi occhi, chi è incline a fare del male al prossimo, è giusto venga
colto egli stesso dal proprio impeto assassino" (Honberg, 1675).
Questo modo di opporre uno specchio al basilisco lo fa associare alla Gorgone,
la cui vista faceva precipitare nel terrore e nella morte.
I ciarlatani nei secoli XVI e XVII usavano fabbricare simili mostri, deformando
abilmente le razze, piccoli pescecani o altri animali, e li esponevano poi nelle
piazze per attirare gente.
Il basilisco compare anche come termine militare, è il nome di una grossa bocca
da fuoco, in uso nei secoli XIV e XV.
In alchimia è simbolo del fuoco devastatore che prelude alla trasformazione dei
metalli.
E’ l’immagine della morte che abbatte con feroce velocità, la falce è fulminea
come lo sguardo, se non ci si pensa in tempo preparandosi con lucidità.
Questo serpente è una immagine dell’inconscio, terribile e mostruoso per chi lo
ignora e non lo riconosce fino al punto di disintegrare la personalità.
Bisogna guardarlo e riconoscere il valore per non diventarne vittima.
I nostri lati di ombra sono in agguato finchè non li guardiamo allo specchio e
li accettiamo.
Ricordo un sogno in cui: la sognatrice incontra un uomo mostruoso che le
dice: "guardami, ti mostro il mio limite." E’ necessario fare i conti e
guardare in faccia il mostro che siamo, sapendo anche che mostruosità e regalità
coincidono, che nel nostro limite è celata la trasformazione. Incontro con
l’ombra, morte, trasformazione sono strettamente legate.
Prevale ancora il timore del serpente velenoso, come rappresentazione
dell’inconscio pericoloso e nella maggior parte delle persone il lato mostruoso,
tenebroso negativo della personalità resta inconscio.
Il basilisco può simboleggiare il male e le forze demoniache che solo l’eroe
affronta.
L’io non può trionfare prima di aver conosciuto e assimilato l’ombra.
Scrive Rilke in "Lettere ad un giovane poeta": "Tutti i mostri della nostra vita
sono forse belle principesse che attendono di vederci belli e coraggiosi.
Tutte le cose terrificanti sono cose prive di soccorso in attesa del nostro
aiuto."
Bibliografia: J.L.Borges "Manuale di zoologia fantastica" ed. Einaudi;
J.P.Clebert "Animali fantastici" ed. Armenia; H.Biedermann "Enciclopedia dei
simboli" ed. Garzanti
Simonetta Figuccia (courtesy of
ASSOCIAZIONE GEA)
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