Data Systems

Dopo la CIGO altra CIGO. L’azienda propone di abolire le indennità per le trasferte interne, ma i lavoratori bocciano la proposta

 

Nel numero scorso di PM avevo parlato della cassa integrazione che sarebbe dovuta iniziare con il mese di febbraio.

In effetti la “cassa” è partita.

Si tratta di una CIGO di 13 settimane che vede coinvolti circa 24 lavoratori, alcuni “a rotazione”, anche se per il mese di marzo la rotazione ha coinvolto pochissime persone a causa sia dei vincoli posti dall’azienda (che ha preteso che la rotazione fosse interna solo ai gruppi indicati per la cassa), sia per una certa “difficoltà” da parte dei lavoratori ad organizzare la rotazione in modo concreto.

Il fatto è che l’azienda, scaricando sui lavoratori la responsabilità di indicare i sostituti per le rotazioni, ha scaricato sui lavoratori anche le inevitabili resistenze che i lavoratori hanno opposto ad essere indicati per la “cassa” (sebbene l’assemblea avesse votato all’unanimità in questo senso).

In questo modo si è corso il rischio di una spaccatura tra i lavoratori alla quale hanno contribuito non poco anche alcune dichiarazioni fatte in assemblea e che per fortuna non hanno raccolto che il generale dissenso.

Dopo l’inizio della CIGO si sono avute altre 2 trattative.

La prima trattativa riguardava la conferma di un contratto di formazione lavoro (CFL) in scadenza che l’assemblea dei lavoratori aveva chiesto in cambio della firma dei sindacati sotto la Cigo. Questa trattativa è riuscita al 75% in quanto l’azienda ha acconsentito solo ad un part-time di 6 ore (ed anzi in un primo momento aveva accettato solo un part-time di 4 ore, confidando evidentemente nelle dimissioni spontanee della lavoratrice interessata).

La seconda trattativa ha riguardato la richiesta di sospensione dell’indennità “notte fuori” per le trasferte “interne” (cioè relative a città in cui sono presenti sedi del gruppo).

E’ stato firmato un accordo (sottoscritto da sindacato e azienda) per l’abolizione di questa indennità, prevista dall’accordo integrativo aziendale. I lavoratori hanno però deciso di bocciare l’accordo che è stato rigettato dall’assemblea dei lavoratori la quale ha anche dato mandato alle organizzazioni sindacali di provvedere alla convocazione delle elezioni per le RSU.

Il rigetto dell’assemblea è avvenuto per diverse ragioni: la prima che la firma all’accordo è avvenuta senza alcun mandato e senza interpellare gli interessati (cioè i lavoratori); la seconda, che la firma rappresenta un perdita secca di salario che, tra l’altro, apre la strada oggettivamente ad una completa abolizione dell’indennità di trasferta (anche quelle dai clienti e in città in cui il gruppo non è presente).

Infine, riaprire una trattativa (all’insaputa di tutti) sulle trasferte quando si è appena subita la “cassa” di 24 lavoratori per 13 settimane rischia di aprire la strada ad un sorta di “vertenza permanente” in cui è impossibile individuare il “punto di caduta” accettabile per i lavoratori.

Si doveva piuttosto procedere ad una trattativa complessiva per capire bene, alla fine, quanto si era perso e quanto si era mantenuto.

L’abolizione di punto in bianco dell’indennità era inaccettabile visto che questo genere di trasferte (per alcuni durate molti mesi, a volte anni) rappresentano un disagio per i lavoratori - costretti a vivere lontano dalle proprie famiglie e dalla propria vita quotidiana - che deve essere contrattualmente ripagato.

Le giustificazioni portate in assemblea dal sindacato per motivare la sua scelta di formare l’accordo non hanno convinto i lavoratori. Da qui la bocciatura.

Intanto la situazione dal punto di vista delle commesse per le sedi apuane non è cambiata, malgrado alcuni sforzi che si stanno facendo per reperire nuovi clienti.

L’azienda conferma al momento la dismissione dello sviluppo del prodotto Taxi Fashion su cui lavoravano alcune decine di programmatori.

Mentre la attuale cassa integrazione di 13 settimane (febbraio-aprile 2004) sta per terminare si comincia a parlare di un nuovo giro di cassa (a metà aprile è circolata una comunicazione delle RSU della sede centrale di Parma in cui si parla di una richiesta da parte dell’azienda per un prolungamento della Cigo con le stesse caratteristiche di quella attivata a febbraio).

Nel frattempo diverse persone (5-6) hanno rassegnato le dimissioni e sono andate a cercarsi un nuovo lavoro.

Anche questa continua emorragia è un fatto preoccupante. Negli ultimi 2 anni si è perso, infatti, circa (e forse oltre) il 20% di posti di lavoro.

 

Marco, lavoratore DS Data Systems, Marina di Massa

 

PS: L’articolo sulla Data Systems dello scorso numero di Primomaggio è stato fotocopiato ed affisso in bacheca. Su di esso “qualcuno” ha scritto che la questione dei contributi alla Data Systems per avere insediato uno stabilimento nella provincia di Massa-Carrara (zona di crisi in cui si possono prendere contributi dallo Stato) è una balla e che invece l’insediamento è stato realizzato integralmente con capitale privato.

Diciamo che la cosa dei contributi è una voce che gira un po’ dovunque (anche oltre la Data Systems).

Si può indagare ulteriormente e lo faremo.

Però (a parte che i contributi possono essere stati preventivati, se non ancora ricevuti; a parte che è un fatto che la provincia di Massa-Carrara è zona di crisi e nessuna azienda impianta stabilimenti solo perché è magnanima e offre lavoro a chi non lo ha) almeno una cosa si può calcolare, diciamo indicativamente.

Supponiamo che solo 30 persone abbiano seguito 8 ore al giorno per un mese un corso di formazione pagato dalla Provincia  su tecnologie specifiche di una particolare azienda.

Se questa azienda avesse assunto l’onere della formazione (come sarebbe stato obbligatorio visto che molti dei successivi assunti sarebbero stati in Contratto di Formazione Lavoro) avrebbe speso (prendendo come base 800 euro) circa 25.000 euro solo per i salari, per non parlare poi dei contributi.

I lavoratori della Data Systems sanno benissimo che questi sono dati solo indicativi e assolutamente per difetto.

Si tratta quindi di risparmi molto più alti.

Non chiamiamoli contributi, chiamiamoli come ci pare, però non chiamiamoli capitale integralmente privato.