Lavoro interinale
Nell’editoriale di Primomaggio n.1, dedicato
alla riforma del mercato del lavoro, sono state riportate le modifiche
introdotte dal “libro bianco” di Biagi e Maroni al lavoro interinale e,
nell’articolo intitolato “Un posto al sole per gli interinali”, si è accennato
al meccanismo di funzionamento di una agenzia di lavoro interinale.
Ma cosa sono le agenzie di lavoro interinale e quando
nascono in Italia?
Il primo tentativo di introdurre nel nostro ordinamento
il c.d. lavoro interinale, in affitto o temporaneo risale ad un decreto legge
(emanazione quindi del Governo) del 1993, decreto poi non convertito. A tale
tentativo fece seguito, attraverso la mediazione del Governo, un accordo tra le
parti sociali che, con il Protocollo del luglio ’93, definirono i caratteri
fondamentali del nuovo istituto. Ma è soltanto nel settembre del 1996 che, con
il “Patto per il lavoro”, le parti sociali ed il governo tornano
definitivamente a parlare di lavoro interinale per considerarlo come un
tassello fondamentale di una più ampia ed innovativa strategia di politica
economica ed occupazionale.
Ecco allora che, con la legge 196/97 (nota come Pacchetto
Treu) il Governo di centro sinistra, guidato da Romano Prodi, insieme a
Confindustria e CGIL-CISL-UIL si fanno artefici di un generale progetto di
ristrutturazione del mondo del lavoro che ha quali principi cardine la
flessibilità e la precarietà. E’ proprio con questa legge, frutto della
concertazione tra Governo, padroni e sindacati, che si gettano le basi della
controriforma del collocamento pubblico, si introduce l’apprendistato nella
grande impresa, si incrementano i contratti di formazione-lavoro attraverso
maggiori incentivi (sgravi) alle imprese, si legalizzano le differenze
salariali tra nord e sud attraverso dei “Patti territoriali” e, in generale, da
un lato si introducono o potenziano forme di lavoro precario e, dall’altro, si
sgravano sempre più le imprese. In poche parole si legalizza la precarietà
lavorativa e sociale e, contemporaneamente, si trasferiscono massicce quantità
di capitale dal salario direttamente alle imprese.
Il sistema di lavoro interinale si basa su agenzie
private di collocamento che assumono il lavoratore per brevissimi periodi (da 1
giorno ad alcuni mesi, a seconda del tipo di contratto flessibile con il quale
si viene assunti) a imprese e industrie che abbiano bisogno delle sue
prestazioni. Il lavoratore interinale viene chiamato al lavoro tramite
l’agenzia, utilizzato e sfruttato per il periodo strettamente necessario e poi
licenziato e restituito all’agenzia che lo collocherà altrove se ci sarà e
quando ci sarà richiesta.
Per capire chi “ci guadagna” nel lavoro in affitto basta
pensare alla situazione concreta in cui si vengono a trovare lavoratori
interinali, agenzie ed imprese.
Il lavoratore temporaneo non ha garanzia del salario.
Viene pagato solo quando e se ha la fortuna di lavorare, e possono passare mesi
fra una chiamata e l’altra (senza considerare che “un’altra chiamata” può anche
non arrivare mai). Può essere licenziato se il padrone non è soddisfatto della
sua produttività o della sua ….loquacità! La precarietà economica in cui vive
si trasforma automaticamente in precarietà sociale, nel senso che non solo non
può programmarsi una vita perché vive una continua e drammatica situazione di
incertezza rispetto alle prospettive di reddito, ma addirittura questa
possibilità gli è negata. Basti pensare alla condizione di molti giovani in
cerca di una casa. I costi di un immobile in Italia sono stratosferici così
pure quelli degli affitti (grazie alla liberalizzazione dei canoni di
locazione), cosicché si è quasi costretti a “sobbarcarsi” mutui bancari della
durata di una vita intera per uscire dalla casa materna. Il dramma consiste nel
fatto che le banche vogliono garanzie in cambio della concessione di un mutuo,
e quali garanzie può dare un lavoratore interinale e, in genere, un lavoratore
flessibile e dunque precario? Già, la flessibilità! Per attuare questa politica
di liberismo estremo finalizzata a dare fiato ai padroni in una fase di
profonda crisi economica si è propagandata un’immagine del mercato del lavoro
come un sistema rigido ed ingessato. Certo, la rigidità è, anzi era, quella
delle garanzie e delle tutele, dei diritti strappati in anni e anni di dure
lotte dei lavoratori, costate sacrifici, scioperi, licenziamenti! La rigidità
di uno Statuto dei lavoratori continuamente attaccato; la rigidità di un
articolo 18 che tutela il lavoratore dai licenziamenti arbitrari; la rigidità
di un lavoro a tempo indeterminato che dava un minimo di sicurezza e di
stabilità al lavoratore; la rigidità di strumenti volti a garantire i
lavoratori da licenziamenti per ragioni politiche e sindacali! Ma i lavoratori
sanno che la flessibilità non è altro che l’altra faccia del loro sfruttamento
e del profitto per i padroni.
E veniamo proprio a questi ultimi e a cosa ottengono
grazie al lavoro interinale.
Innanzitutto si scelgono il lavoratore (adesso, con la
definitiva abolizione del collocamento pubblico, è la legge che addirittura
glielo impone) in base a quelle che sono le proprie esigenze e pretese
soggettive (“apprendisti” ovunque perché costano poco e, intanto, chi ha 30
anni è già fregato; operai e manovali, o comunque lavori non qualificati e
spesso pericolosi, che sono poi quelli più richiesti dalle agenzie).
In più (e qui sta il concreto vantaggio economico)
tramite le agenzie di lavoro interinale le aziende aumentano i profitti, in
quanto possono sfruttare i “picchi di produzione”, ossia i momenti in cui
un’azienda ha un grande quantitativo di ordini da smaltire e c’è bisogno di più
personale. Nei momenti “di calo”, nessun problema: i lavoratori tornano a casa
da soli.
Altro elemento di grande importanza è che i lavoratori
interinali sono difficilmente “sindacalizzabili”, e ciò è alquanto ovvio.
Un interinale che lavora un mese presso una azienda e
magari dopo tre mesi in un’altra e via dicendo, avrà difficilmente la
possibilità di socializzare con altri lavoratori, di radicalizzarsi in un
contesto lavorativo al fine di portare avanti delle rivendicazioni sia
salariali che legate alle specifiche condizioni di lavoro.
E poi è un lavoratore estremamente ricattabile. Sa che il
suo lavoro è temporaneo, che altri lavoratori attendono di essere chiamati
magari da quella stessa agenzia; sa che un suo eventuale inquadramento
sindacale può automaticamente collocarlo in “liste nere” di lavoratori che
“sobillano” o “esercitano diritti”…E le liste nere sono una realtà che
oltretutto circola tra le varie agenzie ed imprese utilizzatrici.
Da ultimo, la condizione delle agenzie interinali che, in
cambio della loro attività di intermediazione, si “beccano” una parte della
paga del lavoratore il quale, a proposito, “ringrazia” l’agenzia di questa
bella condizione in cui si trova a vivere prendendo meno soldi!
E pensare che in Italia il divieto di intermediazione di
manodopera, ossia il divieto di forme di interposizione nel mercato del lavoro
al solo fine di fornire manodopera (il c.d. caporalato) ha resistito più di 40
anni! Oggi è stato eliminato anche questo vincolo o, meglio, questa “rigidità”,
che comunque non ha impedito l’istituzione delle agenzie interinali, che di
questo caporalato hanno rappresentato la legalizzazione.
Oggi, con la riforma Biagi e l’introduzione del c.d.
“staff leasing”, non è vero, come si sente dire, che è stato eliminato il
lavoro interinale, tutt’altro! L’intermediazione di manodopera è stata
riorganizzata e potenziata. La “somministrazione di manodopera” è diventata un
contratto tipico, da utilizzare per il lavoro a tempo determinato ed
indeterminato (e, anche qui, non confondiamoci: a tempo indeterminato non
significa che il lavoratore per un tempo indeterminato lavora, significa sempre
che lavorerà quando le imprese utilizzatrici ne avranno bisogno, ricevendo
un’indennità, che non è un salario, per il tempo in cui rimane a disposizione
in attesa di “assegnazione”).
Da notare, tra l’altro, che il termine “somministrazione”
è un termine giuridico utilizzato fino ad oggi esclusivamente in riferimento
alle merci.
Finalmente un po’ di chiarezza anche nel linguaggio.
In questo sistema il lavoratore è una merce sì o no?
E, allora, che questo “nostro” sistema giuridico
formalizzi quella che è la realtà del mondo del lavoro…!
E, in tutto questo, non dobbiamo dimenticare che sono
stati i governi di centro sinistra insieme ai sindacati confederali a mettere
in moto questa sorta di rivoluzione del mercato del lavoro all’insegna della
flessibilità e precarietà; il governo di centro destra, nel silenzio ed anzi
ancora con il sostegno di CGIL-CISL-UIL, l’ha solo potenziata e resa più
“efficiente”, e i padroni, con gli uni e con gli altri, hanno semplicemente
aumentato i loro profitti.