Quando l’azienda non paga il fonfo pensione integrativo: il caso Tirrena Macchine

 

Tra le tante difficoltà che un lavoratore incontra nel suo percorso verso il nuovo modello pensionistico, un aspetto particolare è capitato ad un centinaio di lavoratori della società metalmeccanica Tirrena Macchine di Massa.

Attraversata da una grave crisi finanziaria, la società ha pensato di “autofinanziarsi”, tra le altre cose, con i contributi che doveva versare al fondo pensione integrativo. Il fondo integrativo dei metalmeccanici - “Cometa” - è composto da 3 parti: un contributo a carico dell’azienda, un contributo a carico del lavoratore ed una terza parte formata da un pezzo o dall’intero TFR, a seconda degli anni di anzianità di servizio del sottoscrittore; queste 3 parti, versate ogni 3 mesi, compongono una quota totale che entra nel montante accumulato .

Da circa un anno e mezzo la ditta non versa più le quote di sua competenza, non versa quella parte di TFR che i lavoratori hanno destinato al fondo pensione e, per circa un anno, non ha versato neanche il contributo dei lavoratori commettendo, tra le altre cose, un reato penale (”appropriazione indebita”), prontamente denunciato all’autorità giudiziaria. La denuncia penale ha fatto sì che la società versasse i contributi di competenza dei lavoratori, ma il mancato pagamento sia del TFR che della quota spettante all’azienda ha fatto sì che i lavoratori, pur avendo versato soldi, avendo investito - malamente - il TFR, si ritrovino impossibilitati a riscuotere sia la loro parte di pensione integrativa che l’esborso per il cessato rapporto con la società.

Infatti, i lavoratori che si sono licenziati e che in virtù della cessazione del rapporto di lavoro avevano diritto a riscattare il capitale ed i lavoratori che sono andati in pensione che avevano acquisito il diritto alla pensione integrativa si sono trovati con un brutta sorpresa.

L’azienda non avendo comunicato la sua impossibilità a coprire le quote della pensione integrativa, congelando così la sua adesione al fondo, ha lasciato che Cometa le attribuisse agli aderenti.

Le quote in essere, non essendo coperte da versamenti finanziari, hanno creato una situazione particolare che renderà disponibile ai lavoratori la loro pensione integrativa solo quando la società onorerà il debito accumulato.

Resta un dubbio che tormenta tutti i lavoratori: in caso di fallimento della società, un fallimento dove l’alienazione dei beni fosse insufficiente a coprire tutti i debiti contratti, chi garantirà il recupero della pensione integrativa ?

 

Marco Tonarelli, Tirrena Macchine