Inchiesta sul lavoro nella Toscana del nord - 1

 

Con questo numero di PM iniziamo un’opera di indagine sul mondo del lavoro nel territorio della Toscana del Nord (e principalmente nella zona apuo-versiliese) che ci porterà ad una conoscenza più capillare della distribuzione e della composizione delle forze di lavoro nella provincia di Lucca e in quella di Massa-Carrara.

Fino ad oggi Primomaggio ha svolto un primo fondamentale livello di “inchiesta operaia” analizzando la situazione delle diverse aziende del territorio (soprattutto di quelle in lotta) attraverso articoli scritti direttamente da lavoratori e delegati. Del resto, il contatto diretto con i lavoratori e la presenza nei luoghi di lavoro è il primo indispensabile strumento per comprendere concretamente cosa accade all’interno della realtà lavorativa e produttiva.

A tale primo livello di analisi riteniamo che sia necessario affiancare un ulteriore livello di lettura della realtà territoriale  almeno, inizialmente, per quanto riguarda il mercato del lavoro -  partendo da una prospettiva più generale, da uno sguardo d’insieme del territorio stesso, analizzando e riportando dati statistici ed elementi di riflessione che consentano di registrare le macro-trasformazioni avvenute in questi anni e in corso attualmente.

 

Il nostro viaggio nell’analisi dei dati statistici relativi al mondo del lavoro nella Toscana del nord inizia con la Provincia di Lucca. I dati a cui faremo riferimento sono tratti da una indagine curata dal Centro Statistica Aziendale di Firenze per conto dell’Amministrazione provinciale e condotta con cadenza semestrale. Per questa ragione, ci riproponiamo di sintetizzare semestralmente i risultati della ricerca.

In questa indagine emerge la chiara esaltazione delle modifiche legislative - dal “Pacchetto Treu” al Libro Bianco di Marco Biagi - che hanno legalizzato ed esteso in Italia la precarietà e la flessibilità del lavoro.

Il compito che ci proponiamo, pertanto, è quello di studiare e analizzare i dati per orientarci e orientare nell’accesso all’informazione, per completare l’oggettività delle conoscenze sul rapporto di lavoro, cercando di far emergere il più possibile gli inganni e le perversioni che  vi stanno dietro.

 

L’indagine semestrale condotta nelle ultime tre settimane del luglio 2005 evidenzia, da un lato, una difficoltà nel rilancio dei livelli di occupazione e, dall’altro, una evidente e sempre maggiore diffusione del lavoro cosiddetto “atipico”.

Le evoluzioni che si sono determinate sono frutto di dinamiche differenziate rispetto a:

- genere: aumento massiccio dell’occupazione femminile;

- territorio: buon andamento della Piana di Lucca, ma in minor misura sia nella Mediavalle che in Versilia;

- settore: l’avanzamento è dell’industria, sospinta in estate dalla cantieristica navale; dell’agricoltura, che sembra essersi ripresa dopo anni di arretramento, ma anche dei servizi;

- posizione professionale degli occupati e rapporti di lavoro: grossa impennata dei lavoratori autonomi (molti dei quali lavoratori dipendenti nella sostanza, ma costretti a diventare “autonomi” attraverso l’inganno dell’apertura della partita IVA, con cui il datore di lavoro sgrava sul lavoratore costi e rischi);  lieve calo dei lavoratori dipendenti e forte aumento delle collaborazioni a progetto e coordinate e continuative.

 

In generale emergono - anche rispetto all’anno precedente - forti mutamenti strutturali, determinati dalle riforme legislative cui si accennava sopra, sia sul lato della domanda di lavoro (caratterizzata dalla tendenza consolidata delle imprese ad utilizzare forza-lavoro flessibile, tanto allettante ai fini del profitto), sia dell’offerta da parte dei lavoratori, soprattutto donne.

Un dato importante, dunque.

Nel territorio della provincia di Lucca, le donne sono il soggetto prediletto della flessibilità.

Dal lavoro nero si passa al lavoro “bianco” dei contratti flessibili e precari, introdotti dal “Pacchetto Treu” nel 1996 dal governo Prodi e più di recente ampliati, nella gamma e nell’intensità di sfruttamento, dalla riforma Biagi.

 

Si tende a parlare di uno “sblocco” del mercato del lavoro lucchese, che va “finalmente” orientandosi verso quella maggiore flessibilità già collaudata da diversi anni su scala nazionale e regionale.

L’emergere di una maggiore flessibilità risulta confermata dal fatto che se - rispetto al 2003 - si contano in provincia circa 2.500 occupati in più, è proprio perché sono aumentati di 3.300 unità i lavoratori “indipendenti” (di cui ben 2.300 collaboratori “coordinati e continuativi” o “a progetto”).

Per contro, continua la lenta ma progressiva diminuzione dei lavoratori dipendenti la cui quota relativa è scesa, per la prima volta dal luglio 2000, al disotto del 70%.

 

Altro dato fondamentale che registra il territorio lucchese: le imprese utilizzano sempre più lavoratori flessibili e precari, che si vedono sparire salario diretto e differito (la pensione, ad esempio, rischiano di scordarsela se non si metteranno in campo iniziative di lotta durature ed efficaci per difendere la previdenza pubblica), mentre le imprese alleggeriscono costi, ottengono agevolazioni e sgravi per assumere lavoratori con i suddetti contratti, acquistano competitività, vale a dire, aumentano i profitti.

Nella Provincia di Lucca è evidente un netto trasferimento di “denaro” dai lavoratori alle imprese.

Ma è tutto legale.  Non solo: si dice che “solo” così può aumentare l’occupazione…

 

Primomaggio, redazione della Versilia