La vertenza Tirrena Macchine non è chiusa

 

Il 13 settembre 2004, in Piazza Aranci a Massa, nasce la “tenda del lavoro”. Obbiettivo della tenda è quello di raccogliere tutti i lavoratori delle aziende in crisi nel nostro territorio (la maggior parte delle quali aveva avuto grossi benefici economici da parte dello Stato in termini di finanziamenti pubblici e sgravi fiscali e contributivi) ed intraprendere una vertenza territoriale che partisse dai problemi conclamati dell’industria e si estendesse a tutte le realtà di potenziale crisi, disagio, sfruttamento, precarietà… presenti sul territorio.

Dopo la chiusura delle grandi fabbriche nel nostro territorio (Dalmine, Olivetti, Farmoplant…) e il susseguirsi delle attuali chiusure di altrettante piccole e medie realtà lavorative, l’obbiettivo prioritario di noi lavoratori era quello di chiedere alla politica e a chi si era ”divorato” i soldi pubblici, il conto per tutto quello che stava accadendo nella nostra provincia: centinaia di lavoratori aggrappati agli ammortizzatori sociali, senza prospettive di lavoro per il futuro, centinaia di famiglie che con le poche o addirittura nessuna entrata economica non arrivavano a fine mese e tutto questo, come al solito, per un gioco politico e di speculazioni economiche.

Le sigle sindacali che si candidavano a guidare la lotta erano Fiom, Fim, Uilm e Ugl.

 

Ad un anno dalla nascita della tenda del lavoro tutte le categorie sindacali considerano chiusa la “vertenza Tirrena Macchine” ed in generale “migliorata” la situazione territoriale perché gli obbiettivi prefissati sono stati “in un certo qual modo” raggiunti. Vediamo quali.

Dopo un anno di finte occupazioni in Prefettura e in Consiglio Comunale, di blocco della zona industriale e tante altre manifestazioni, purtroppo edulcorate “a mestiere” da sindacalisti, esponenti di partito e esponenti delle istituzioni… sempre pronti a mettersi in mostra e a concertare sulla pelle e le difficoltà di chi lotta per un posto di lavoro e sulle spalle del futuro di chi verrà, le conclusioni per quel che riguarda Tirrena Macchine sono le seguenti:

1) tutti i dipendenti, dal 13 dicembre 2004, sono in regime di Cassa Integrazione Straordinaria, ancora in attesa della mensilità di agosto (con una lunga attesa per riscuotere i primi 11 mesi, dato che l’ultima mensilità erogata prima della CIGS fu agosto 2004 e i primi soldi della cassa sono stati dati a fine luglio 2005).

E non a caso, nel luglio 2005, in concomitanza con l’arrivo dei soldi, viene firmato un accordo tra le parti sociali (azienda, sindacato ed istituzioni locali) senza l’avallo dei lavoratori, malgrado la garanzia sia dei segretari di Fim Fiom, Uilm e Ugl, sia dell’assessore Parrini che l’accordo sarebbe stato vincolato all’approvazione dell’assemblea dei lavoratori. Belle facce toste.

Visto che la democrazia a volte può riservare brutte sorprese, si è deciso di non correre il rischio e dal momento che le varie assemblee tentate davano sempre esiti negativi qualcuno ha pensato bene di procedere senza quell’avvallo che pochi giorni prima si era dichiarato addirittura vincolante.

Accordo stipulato e via libera al Sig. Angelo Gervasi, cliente del vecchio proprietario Casiello e, “beffa delle beffe”, a detta del sindacato e di parte delle istituzioni, ancora a lui collegato.

L’accordo siglato presuppone l’affitto di ramo di azienda per 4 anni ed il reintegro immediato di 16 lavoratori con un percorso che porti all’assunzione di altre 9 unità entro la fine del 2005 e di altre 10 unità entro giugno 2007, per un totale complessivo di 35 lavoratori su 72 in cassa integrazione; oltre a questo, la perdita da parte dei lavoratori di un pezzo consistente del salario maturato con la vecchia proprietà, pur essendoci continuità di azienda e quindi inammissibile dai contratti e dalle norme che regolano i rapporti di lavoro (si sente puzza molto forte di licenziamento collettivo in barba all’art. 18);  il rientro in azienda attraverso la lista di mobilità (e si sa che attingere da quella lista fa sì che i costi di contribuzione per il lavoratore siano molto bassi, con in aggiunta un incentivo da parte della Provincia per ogni nuovo-vecchio assunto di 200 euro mensili, come se questi finti-fanta imprenditori non fossero ancora costati abbastanza alla comunità; ed infine, un’opzione d’acquisto sul capannone Tirrena, per cui i canoni di affitto pagati si trasformeranno in acconto sul prezzo che verrà pattuito. Le persone che sono al lavoro sono 16 dei quali 4 prossimi alla pensione. Tutti sono assunti a contratto a tempo determinato di 1 anno. Il concordato fallimentare in atto più le agevolazioni del passato “decreto sulla competitività” portano il debito da risarcire da 26 milioni di euro a 17,5 milioni di euro, recuperabili con la vendita dei beni immobili, come ad esempio i capannoni della ex-Dalmine avuti praticamente a “costo zero” dallo Stato grazie agli aiuti per la reindustrializzazione (legge 181/89).

Ci domandiamo, questa si può considerare una vertenza chiusa?

Anche le e altre, che in pratica sono andate anche peggio, quali garanzie hanno?

Dove andranno gli altri 35 dipendenti nel 2007, alla fine dell’accordo (sempre che siano 35 e non molti di più) ?

Quale sarà il loro futuro ?

Se il nostro territorio non offre occupazione, allora perché farci credere di essere i privilegiati di un percorso ipotizzando il ricollocamento da qualche parte se poi altre migliaia di lavoratori vedi Nasa, Csra, Olivetti, Bsi, DS Data Systems… sono nella stessa nostra situazione ?

In ultimo esprimiamo la nostra solidarietà ai lavoratori di DS Data Systems che da giorni hanno aperto un percorso di lotta contro i licenziamenti; ci sentiamo uniti a loro e alle altre vertenze ancora aperte del nostro territorio.

 

Alcuni lavoratori della Tirrena Macchine