N.A.S.A. 1998-2004. Un’occasione mancata

 

La chiusura della Dalmine ha lasciato nel nostro territorio, oltre a parecchia povertà, molte aree (con annessi capannoni) soggette a finanziamenti statali per una eventuale “riconversione industriale”.

NASA nasce quando un piccolo artigiano fiorentino, vantando bisogni di espansione della Ditta Madre, si propone come futuro industriale in Massa. Presenta il suo Piano Produttivo, un copioso documento dove illustra, sulla carta, tutte le produzioni che intende realizzare nel futuro, a giustificazione della richiesta dei finanziamenti.

Per il momento la produzione, sempre artigianale, è la stessa della “casa madre”, trasferita immediatamente in NASA insieme a parte dei suoi dipendenti.

Nel 1998 NASA parte con 25 dipendenti ex-Dalmine, i quali portano in dote all’imprenditore alcune decine di milioni di lire a testa, e una decina di dipendenti dell’imprenditore stesso. Così facendo alleggerisce la “ditta madre” che già si vociferava non navigasse in buone acque. Come socio in questa avventura (con il 48%) ha la “finanziaria di Stato” Sviluppo Italia.

E’ chiaro che il timore della caccia al finanziamento facile ci rendeva sempre un po’ sospettosi visto che vi erano già stati dei precedenti nei capannoni adiacenti. Nonostante tutto si parte fiduciosi nel fatto che i politici locali, i sindacati e soprattutto Sviluppo Italia si facevano garanti della sincerità del progetto.

Si comincia con la formazione del personale, centinaia di ore finanziate dalla Comunità Europea attraverso la Provincia di Massa. 

Nel capannone si ristruttura e si impiantano i macchinari necessari; grazie ad alcune agevolazioni che facevano tornare all’imprenditore gran parte dei soldi spesi, molti di questi macchinari non verranno mai utilizzati. NASA ha pagato alla Ditta Madre dell’imprenditore tutto il materiale che lo stesso ha ritenuto opportuno trasferire in Massa, buono o meno buono che fosse.

L’unico cliente di NASA è la Ditta Madre.

Praticamente lo stesso imprenditore produce a Massa beneficiando dei finanziamenti e rivende il prodotto a prezzi vantaggiosissimi alla Ditta Madre.

Comincia a farsi strada il sospetto che NASA “spenda” e la Ditta Madre “fatturi”, un modo per abbassare il costo del lavoro. Dopo il primo anno alcune sensazioni sono già chiare: lo spazio, 12.500 mq, è enorme rispetto alle esigenze lavorative e la deambulazione dei dipendenti assume aspetti comici. Le produzioni sono di tipo artigianale senza alcuna specifica tecnica tale da giustificare il termine “industriale”. I prodotti sono l’ennesima fotocopia di altri già esistenti sul mercato. Quando non sono addirittura produzioni sbagliate in precedenza dalla Ditta Madre o da altri imprenditori “amici” che trovano in NASA un porto dove naufragare. Non c’è nessuno studio o ricerca su prodotto e mercato. Di dare corpo alle produzioni promesse non se ne parla ancora. Gli stipendi sono molto bassi e si respira malumore, la dirigenza dà la sensazione di non essere all’altezza della situazione. Il silenzio di Sviluppo Italia è preoccupante, la “tregua sindacale” è evidente, si percepisce l’aria del meccanismo ad orologeria.

Un altro imprenditore (CR) porta alcune sue produzioni all’interno e anche queste vengono rivendute a prezzi vantaggiosissimi alla “casa madre” del nuovo imprenditore. Lo stabilimento cambia direttori con una frequenza impressionante, tutti privi della necessaria professionalità, nonostante gli alti stipendi, armati solo di arroganza nei confronti dei dipendenti.

Puntualmente, dopo 2 anni e mezzo, il fondatore “lascia” NASA, adducendo come scusa litigi con l’amministratore (un classico) e si ritira nella sua “casa madre” a fare ciò che faceva prima. Ovviamente il grosso Piano Produttivo che aveva presentato a Sviluppo Italia per accedere ai finanziamenti non vedrà mai la luce.  Abortito.

Sviluppo Italia tace. NASA rimane con il secondo imprenditore che prosegue la gestione con lo stesso sistema del precedente (sono soci in altre realtà pseudo-industriali).

La produzione è improvvisata, cambia troppo spesso per nascere da un una logica produttiva ed è sempre antieconomica per NASA. La situazione è isterica, il morale a terra. I dipendenti lanciano molti messaggi di allarme ai politici locali ed a Sviluppo Italia. Molto silenzio.

L’ultimo anno i dipendenti sono costretti a trascorrere la giornata di lavoro in modo non dignitoso.

Appena l’imprenditore ha perfezionato l’acquisto del capannone di NASA a vantaggio della “casa madre”, NASA fallisce! Sviluppo Italia tace! La reindustrializzazione del dopo-Dalmine doveva portare un po’ di ricchezza nella nostra città, ma in questo caso ha prodotto solo ulteriore povertà.

NASA ha speso tantissimi soldi pubblici ma non a beneficio dei lavoratori e neppure della società in sé stessa. Il benessere della città è stato messo in secondo piano rispetto all’interesse privato di pochi imprenditori.

Cittadini che dovevano lavorare con dignità si ritrovano in cassa integrazione, incolpevoli, di nuovo a carico della spesa pubblica, vittime della dilagante furbizia imprenditoriale. Una occasione sprecata!

 

Alcuni lavoratori della NASA