Finanziaria 2007: dare con una mano, prendere con tutte e due

 

Da quello che sentiamo in televisione o leggiamo sui quotidiani l’attuale governo di centro-sinistra vorrebbe farci credere che  la Finanziaria che verrà adottata per il 2007 per la prima volta non colpisce le fasce più deboli della popolazione, ma anzi le sostiene.

Noi non solo non crediamo che questo sia vero, ma anzi crediamo che il reddito dei lavoratori sia attaccato su vari fronti. Infatti, quando pensiamo al salario non pensiamo solo alla “busta paga”, ma alla sua struttura complessiva (il “salario sociale”) formata da 3 componenti: il salario diretto, quello cioè che percepiamo in busta paga al netto dei contributi versati allo stato); il salario indiretto, che è rappresentato dai sevizi erogati dallo Stato quali assistenza sanitaria, istruzione pubblica, abitazione, trasporti pubblici, ecc.; il salario differito, costituito dal Trattamento di Fine Rapporto (TFR) e dalla pensione.

E quando ci riferiamo alle imposte ci riferiamo tanto alle imposte dirette (diciamo, l’IRPEF), sia a quelle indirette. Infine, quando pensiamo alle imposte indirette ci riferiamo tanto a quelle “nazionali” quanto a quelle “locali” (regionali, comunali).

Insomma già il solo riferirsi ai semplici scaglioni IRPEF per calcolare se la Finanziaria prende o non prende ai lavoratori italiani è, semplicemente, un imbroglio. E questo, i lavoratori, lo capiscono benissimo perché per valutare se la politica del governo migliora o peggiora i conti familiari c’è un sistema molto efficace: contare i soldi a fine mese.

Il salario diretto subisce da anni una forte riduzione. Primo perché, grazie alla concertazione tra Stato, imprese e sindacati confederali, gli aumenti, quando ci sono, sono annullati dall’aumento del costo della vita in quanto legati alla cosiddetta inflazione programmata (che ovviamente è molto più bassa di quella reale); questo significa, in parole povere, che sempre di più bisogna fare i salti mortali per arrivare alla fine del mese.

Secondo, perché l’introduzione di sempre maggiore precarietà nel mercato del lavoro porta ad una forte riduzione del monte salari in conseguenza della logica per cui si viene assunti solo quando facciamo comodo al padrone e per il resto dei mesi ognuno si arrangi come può! Tra l’altro, l’aumento della facilità a perdere il lavoro, combinata con l’aumento della difficoltà a trovarne un altro, fa sì che aumenti il potere di ricatto delle imprese sui lavoratori che, di conseguenza, hanno molta più difficoltà a sviluppare lotte salariali e per i diritti.

“Prodi & Co” vorrebbero farci credere che attraverso la “riforma fiscale” si produrrebbe una redistribuzione della ricchezza verso i redditi medio-bassi. Si dice che i lavoratori potranno ottenere vantaggi economici significativi dalla “rimodulazione delle aliquote IRPEF” (Imposta sul Reddito delle PErsone Fisiche) (vedi tabella 1) e in particolare dall’estensione della “no-tax area” (cioè della quota di reddito esente dalla tassazione) da 7.500 a 8.000 euro per i lavoratori e da 7.000 a 7.500 euro per i pensionati, nonché dalla riformulazione dell’assegno per il nucleo familiare e dalle detrazioni applicabili. Questo, ovviamente, non è vero nel senso che il risparmio per i contribuenti è, per un verso, minimo e, per l’altro verso, integralmente risucchiato da altre imposizioni fiscali.

Quando parliamo della tanto sbandierata “riduzione dell’aliquota IRPEF sotto i 40.000 euro” di quanto stiamo parlando ? 148 e 146 euro rispettivamente per un dipendente e un pensionato con reddito fino a 8.000 euro; 89 e 48 euro per un dipendente e un pensionato con reddito fino ai 35.000 euro.

 

Il punto è che il pochissimo ottenuto dalla “riforma delle aliquote” verrà completamente riassorbito da altre misure. Vediamone alcune.

L’aumento dei costi e il ridimensionamento di servizi pubblici essenziali come l’assistenza sanitaria (3 mld di euro di tagli e aumento dei tickets) in che modo incide sui ricchi e sui poveri ? Nello stesso modo ?

Prendiamo l’aumento delle imposte che gli enti locali applicheranno in conseguenza della riduzione dei trasferimenti da parte dello Stato (4,3 miliardi di euro, di cui 2,2 alle province e ai comuni). L’attuale sistema di calcolo dell’addizionale IRPEF prevede la non tassazione di una parte di reddito differenziata per lavoratore dipendente, pensionato o altro mentre con la finanziaria 2007 è prevista la reintroduzione degli abbattimenti delle imposte e non più del reddito; si avrà quindi l’aumento dell’imponibile per le sopraccitate imposte locali (vedi tab.2) con conseguente aumento del prelievo fiscale e diminuzione della busta paga.

L’aumento dello 0,30%  dei contributi INPS a carico dei lavoratori dipendenti che su un salario lordo annuo di 20.000 euro comporta 60 euro di trattenute in più o l’aumento dell’aliquota per i parasubordinati (co.co.co) che passa dal 18,5% al 23% (+4,5%) sono misure fiscali contro i ricchi ?

L’aumento del bollo per le autovetture “euro zero” (cioè per coloro che non possono permettersi l’acquisto di un’autovettura nuova) non rappresenta forse una riduzione del salario per le fasce più deboli? Meno male che dovevano pagare quelli che hanno il “jeeppone”…

Ma anche i tagli alla ricerca pubblica produrranno nel medio-lungo termine una limitazione al nostro diritto alla tutela della salute così come i tagli alla scuola pubblica e l’aumento delle tasse universitarie - salvo poi sovvenzionare quella privata in modo, tra l’altro, incostituzionale -, ridurranno il diritto dei figli dei lavoratori ad avere un’istruzione adeguata.

Ovviamente la “gelida manina” che ci sfila soldi dalle tasche è la stessa che riempie quelle delle imprese, ovvero di coloro che in questi anni si sono ingrassati come non mai grazie alle politiche fiscali e del lavoro dei vari governi succedutisi. Anche in questa Finanziaria, tra sgravi, incentivi, compensazioni, riduzione del cuneo fiscale e chi più ne ha più ne metta, le imprese fanno “man bassa” (e l’elenco delle agevolazioni sarebbe davvero lungo).

In aggiunta, grazie alla “riforma” di TFR (la cui tassazione intanto passerà dal 23% al 24%,); viene fatto un regalo enorme ai sindacati e alle imprese che gestiscono fondi pensione integrativi “chiusi”, peggiorando persino - e sembrava impossibile - la riforma Maroni-Berlusconi. Tra l’altro al “sistema delle imprese” verranno erogate compensazioni per la mancata gestione dei soldi del TFR (che, non fa male ricordarlo, sono dei lavoratori e non delle imprese); insomma, in questi anni i padroni hanno sfruttato e lucrato su soldi non loro e oggi che li perdono ricevono soldi a fondo perso dallo Stato (o, per meglio dire, dalle tasche dei contribuenti ovvero, principalmente, dalle tasche dei dipendenti salariati che come si sa sono di gran lunga il maggiore contribuente, 80%); un guadagno per le imprese ben analizzato in un articolo di “Italia Oggi” del 6 novembre 2006.

Si potrebbe andare avanti ancora a lungo ma gli esempi fatti, crediamo, possono bastare per mostrare la vera natura della politica economica del “governo amico”, appoggiato dai “sindacati amici”. Come prima, più di prima, soldi che transitano dalle magre tasche dei lavoratori alle pingui tasche dei padroni. Dal salario al profitto. Come è (capitalisticamente) “giusto” che sia.