90 morti al giorno per “malasanità”

La “ricetta” del governo “amico”: tagli e ticket sulla sanità

 

Quando entriamo nella sala di attesa di un Pronto Soccorso un grande pannello con codici colorati ci attende. Quei codici sono la classificazione della gravità (presunta) dei sintomi che accusiamo. Se siete arrivati da soli (nel senso che qualche amico o parente vi ha accompagnato) sarà un infermiere (o qualche volte un ausiliario, ma mai un medico) a raccogliere i vostri dati e ad assegnarvi un codice colorato. Se arrivate in ambulanza il codice vi sarà stato assegnato dall’addetto che ha ricevuto la telefonata.

Il colore del codice non determinerà solo il vostro tempo di attesa: dal 1° gennaio 2007 determinerà anche se e quanto dovrete pagare. Prima di questa finanziaria 8 regioni italiane avevano ticket sui farmaci e 12  applicavano anche quelli sul Pronto Soccorso. 5 Regioni non facevano pagare niente e altre 4 facevano pagare sia farmaci che Pronto Soccorso.

Con questa manovra Finanziaria il governo Prodi riduce gli stanziamenti per la sanità di 3 miliardi di euro e introduce i ticket per le prestazioni di Pronto Soccorso per la fascia “bianca” (nessuna urgenza) (quella “verde” - urgenza minore - è stata esclusa all’ultimo momento dalla Finanziaria ma è chiaro che sarà re-introdotta più avanti).

Viene chiesto il pagamento di un ticket di 25 euro, a meno che non siano necessari ulteriori accertamenti.  Le fasce valgono per tutti i non esenti e per i soggetti con più di 14 anni senza distinzione di reddito (cosicché un precario o un lavoratore pagherà quanto un Agnelli, un Berlusconi o un Bertinotti). Sempre dal 1° gennaio 2007 verrà fissato in 10 euro il ticket sulle visite ambulatoriali specialistiche. Anche qui, ovviamente, senza distinzione di reddito.

Questo nuovo attacco alle tasche e alla salute da parte del “governo amico” non deve stupirci. Non fu forse il primo governo Prodi (con l’appoggio “desistente” del PRC) ad aver fatto transitare tutta una serie di farmaci “salvavita” dalla fascia A gratuita a quella C a pagamento ?

Che la salute non fosse un diritto uguale per tutti lo sapevamo. Sempre i ricchi hanno potuto accedere a cure specialistiche economicamente proibite per i poveri. Oggi, con il “governo amico”, le cose peggiorano ulteriormente anche a causa della incentivazione della sanità privata. Infatti, la politica seguita in questi anni di ridurre il personale, i reparti, i tempi di degenza… provoca un peggioramento del servizio pubblico a tutto vantaggio del privato.

Come l’esperienza insegna oggi nel “pubblico” servono mesi anche per una semplice ecografia; invece, nel “privato” - pagando - i tempi si accorciano notevolmente. E’, oltre tutto, una operazione ideologica che fa supporre alle persone che “privato è bello” e che tutto quello che riguarda il pubblico (scuola, pensioni, sanità…) debba essere considerato inefficiente e da privatizzare.

Inoltre, attraverso l’attacco alla Sanità pubblica si realizza anche un attacco al salario sociale complessivo dei lavoratori. Si pensi a tutto quello che comporta oggi il regime di pre-ospedalizzazione sul territorio con gli esami pre-operatori che sono formalmente gratuiti, ma collocati fuori dall’ambito del ricovero e quindi direttamente a carico del lavoratore che quindi non può considerare il tempo investito per l’espletamento degli esami come malattia, ma deve ingegnarsi per trovare permessi, ferie o altro...

Un’altra faccia di questo attacco è rappresentato dalle condizioni cui sono sottoposti i lavoratori della Sanità, non dissimili e non slegate da quelle che subiscono gli altri lavoratori.

Anche nella Sanità, come ormai nella maggior parte dei settori, esiste un esercito di lavoratori “esternalizzati”.  Come osservato da qualcuno “si mantiene un sistema sanitario formalmente pubblico ma nella pratica privatizzato, fondato sulla esternalizzazione, ovvero su cooperative rosse, bianche, di CL e di multinazionali che forniscono lavoratori che se assunti farebbero risparmiare due milioni di euro ogni 350 lavoratori (sono 1300 gli esterni nel solo ospedale centrale di Roma: figuriamoci in tutta Italia) su cui le cooperative possono pagare contributi INPS per il 50% di stipendio dei lavoratori, i quali a loro volta percepiscono 1/3 di stipendio in meno di quello che il pubblico paga alla coop. per ognuno di loro, per non parlare che non sono pagate ferie, malattie, TFR e tredicesima, o delle buste paga prive di indicazioni delle mansioni ecc…”. Questa situazione complessiva non può non avere effetti anche sulla qualità del “servizio”. Secondo gli esperti dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), che hanno promosso su questo tema un Convegno nazionale all’Istituto nazionale dei Tumori di Milano nell’ottobre 2006 gli errori commessi dai medici o provocati dalla cattiva organizzazione dei servizi sono da bollettino di guerra: tra 14 e 50 mila i decessi ogni anno (la stima ha una forbice ampia ma anche il dato minimo è molto alto), circa 90 al giorno, di cui il 50% certamente evitabile.

Quanti medici, infermieri, tecnici, operatori potevano essere assunti e formati con i soldi sperperati dallo Stato e dai governi “amici” (sì ma delle grandi imprese farmaceutiche, dei proprietari di cliniche private, della lobby “cristiana” della sanità privata) ? Quanta prevenzione e quanta ricerca “pura” poteva essere sviluppata? In definitiva, quante vite potevano essere salvate e quante migliori cure potevano essere prestate ?

Ma in questa società non ci si cura, ci si passi il gioco di parole, dei più deboli. Si preferisce rastrellare risorse da destinare alla riduzione delle tasse per i già ricchi (vedi i 6 miliardi a fondo perso per la riduzione del “cuneo fiscale” alle grandi imprese o il trasferimento del TFR a banche e assicurazioni o gli incentivi per le rottamazioni…).

Emblematico a questo riguardo il ministro “comunista” Paolo Ferrero: “I ticket per il pronto soccorso oggi sono stati messi ma, per quanto mi riguarda, lavoreremo per toglierli. Li abbiamo votati nel quadro dell’emergenza dei conti pubblici ma non li ritengo delle misure positive”. E  meno male. Il problema è che ci sarà sempre una (finta) emergenza, un “grande pericolo” contro il quale invocare un “meno peggio” per giustificare l’attacco alle condizioni di vita e di lavoro delle classi popolari. Ferrero si esprime allo stesso modo del suo degno “compagno di merende” Bertinotti quando nel lontano 1997 difese l’introduzione del Pacchetto Treu “Meglio pochi posti di lavoro maledetti ma subito”. Come è finita quella storia oggi lo sappiamo tutti ovvero con la precarizzazione di massa del mondo del lavoro e soprattutto di quello giovanile.

 

PS: Con la finanziaria 2007 il governo “amico” stabilisce un tetto di 500 milioni di euro l’anno per lo stipendio dei grandi manager di Stato.

Ci stavamo preoccupando per nulla.

Questo sì che si chiama far piangere i ricchi.