Il
22 gennaio scorso Confindustria, governo, CISL, UIL, UGL hanno
sottoscritto l’“Accordo
quadro per la riforma degli assetti
contrattuali” per ridefinire il modello
della contrattazione collettiva, sostituendo quello introdotto con
l’accordo
del 23 luglio 1993.
Non
per nulla Confindustria, nella sua proposta del settembre 2008,
dichiarava che
in Italia la “vera emergenza nazionale”
è quella della produttività (ovvero,
del profitto): chi pensava che in Italia la vera emergenza sia quella
di
trovare un lavoro decente, con un salario decente e con un decente
livello di
sicurezza, evidentemente, “si sbaglia”.
Che
nei 15 anni in cui ha funzionato il “modello del
I
padroni, con il pretesto della crisi, pretendono miliardi di euro dallo
Stato
(attraverso sovvenzioni, sgravi, incentivi, rottamazioni…) e
mano libera nello
sfruttamento dei lavoratori anche grazie a questo accordo.
Ecco
cosa è previsto:
2)
Per l’adeguamento dei salari all’aumento del costo
della vita si passa da una
previsione arbitraria (l’inflazione
programmata dal Governo) ad un’altra previsione
arbitraria (l’IPCA, Indice dei
Prezzi al Consumo
Armonizzato) “depurata”
dell’inflazione derivante dai costi energetici
(benzina, metano…) che verrà così
integralmente scaricata sui lavoratori.
3)
Si prevede un giro di vite contro il diritto di sciopero per garantire
la
“tregua sindacale” durante il negoziato
affinché nessuno osi disturbare il
Governo, il padronato e i loro amici sindacali mentre
“rinnovano il contratto”.
Lo sciopero non deve essere uno strumento per sostenere le
rivendicazioni dei
lavoratori; deve essere fatto lontano dalla trattativa, quando non
serve.
4)
Deve crescere il più possibile l’importanza del
secondo livello (“decentrato”)
della contrattazione a discapito del primo livello (nazionale)
perché si vuole
che eventuali aumenti salariali siano strettamente collegati
all’aumento della
produttività (aumento a cui noi ci opponiamo
perché significa maggiore
sfruttamento dei lavoratori e perdita di posti di lavoro).
5)
I padroni vogliono incentivi ed esenzioni di tasse e contributi da
parte dello
Stato su tutto quanto riguarda il “salario di
produttività”. Si chiede che
siano i cittadini con le proprie tasse (che pagano soprattutto i
lavoratori
dipendenti) a sostenere l’aumento della
produttività e dei profitti.
6)
Si prevedono “deroghe” - ovviamente peggiorative
- al CCNL per “particolari” situazioni
territoriali e aziendali. La
contrattazione di secondo livello tende a non essere più,
quindi,
“integrativa”, ma “sostitutiva”.
7)
Nuovo “giro di vite” per quanto riguarda il diritto
di sciopero nei servizi
pubblici essenziali. Potrà scioperare solo chi aggrada a lor
signori e quando
loro vorranno. Il ministro Sacconi sta per presentare in Parlamento un
decreto
- probabilmente incostituzionale, giacché il diritto di
sciopero è individuale -
che limita questo diritto
solo alle organizzazioni che hanno almeno il 50% di
rappresentatività.
8)
A tal proposito, entro tre mesi verrà proposto un nuovo
modello di rappresentanza
sindacale nei luoghi di lavoro per superare, ovviamente in senso
peggiorativo,
le attuali RSU.
I
padroni sferrano questo nuovo attacco al lavoro dando una spallata alle
conquiste che il movimento dei lavoratori aveva strappato fino alla
metà degli
anni ‘70. Il progressivo smantellamento della contrattazione
nazionale (CCNL) e
lo spostamento su un secondo livello che ha solo un’esigua
minoranza dei
lavoratori (meno del 20%) colpirà tutti, ma soprattutto i
giovani tra i quali è
molto diffuso il precariato (che
ovviamente non accede alla contrattazione decentrata). Ma verranno
colpiti
anche quei pochi lavoratori che la contrattazione decentrata ce
l’hanno ancora.
I
lavoratori possono e debbono opporre in ogni modo e in ogni circostanza
il loro
più energico rifiuto, rispedendo al mittente un accordo la
cui qualità emerge
con chiarezza anche dal semplice fatto che non lo si vuol neppure far
discutere
ed approvare ai lavoratori (evidentemente per evitare di essere presi
ad uova
marce o a bullonate come nel 1992-‘93).
In
tutte le assemblee i lavoratori facciano sentire la loro voce e la
propria
forza ostacolando con ogni mezzo l’approvazione a questo
accordo.
Febbraio
2009
[fipmsfeb2009]