Note inerenti il progetto di impianto di trattamento di rifiuti liquidi pericolosi e non pericolosi (ditta WISCO, Vicenza) a cura di Marco Caldiroli (Medicina Democratica)

Sintesi del progetto

Il progetto relativo a Vicenza si situa in un progetto più ampio e che interessa diversi siti.
In estrema sintesi si prevede che  

- L’impianto di trattamento esistente presso lo scalo FS di Vicenza viene sottoposto a intervento di modifica e potenziamento incrementando la capacità di trattamento di 200 t/giorno (50.000 t/a), l’estensione è anche qualitativa (ulteriori tipologie di rifiuti) e apre l’attività a rifiuti prodotti da terzi (rispetto alla attuale finalità di trattamento di rifiuti in conto proprio di Trenitalia). Attualmente la capacità di trattamento (acque di scarico Trenitalia, 50 t/g);

 - L’impianto di trattamento esistente presso lo scalo FS di Mestre viene sottoposto a intervento di modifica e potenziamento incrementando la capacità di trattamento di 100 t/giorno (25.000 t/a), l’estensione è anche qualitativa (ulteriori tipologie di rifiuti, le tipologie aggiunte sono minori rispetto a quelle previste per Vicenza) e apre l’attività a rifiuti prodotti da terzi (rispetto alla attuale finalità di trattamento di rifiuti in conto proprio delle FS)

 - Gli impianti esistenti di Treviso (72.000 t/a – già autorizzato anche per rifiuti non Trenitalia) e Verona (33.750 t/a) vengono sottoposti a manutenzione straordinaria senza incremento della capacità di trattamento; nel caso di Verona – a parità di capacità – viene richiesta l’estensione a rifiuti di produzione di terzi.

 - Agli impianti di trattamento sono correlate le attività di raccolta e trasporto (in relazione alle aree regionali) di rifiuti liquidi negli interporti di Sommacampagna e Cervignano, che vengono attrezzate per tale attività

 Nello specifico dell’impianto di Vicenza le modifiche tecniche sono costituite principalmente dalla aggiunta, a monte dell’esistente impianto chimico-fisico (con chiariflocculazione e disidratazione fanghi) e oltre un incremento di capacità delle sezioni esistenti, di distinte sezioni (distinti reattori) di :

- Ossidazione cianuri, riduzione cromati;
- Ossidazione con reattore di fenton (acqua ossigenata e Sali di ferro)
- Ossidazione ad umido
- Deemulsionatore

Ad ognuna di tali sezioni verrà inviato un mix di rifiuti liquidi composto in relazione alle caratteristiche di partenza degli stessi ; dopo il singolo trattamento i reflui “chiarificati” vengono miscelati e inviati all’esistente impianto chimico-fisico esistente (e potenziato) per trattamenti finali di precipitazione dei contaminanti, dopodichè il refluo viene sottoposto a trattamento di finitura in un impianto di tipo biologico di tipo MBR nonché con un impianto a osmosi inversa (quest’ultimo interviene solo in casi di evidenza di elevate concentrazioni saline al termine dei precedenti trattamenti). I fanghi prodotti dall’impianto chimico-fisico e/o dai trattamenti iniziali, vengono inviati alla esistente (ampliata) sezione di disidratazione e quindi a smaltimento finale.
Le acque trattate (250 t/g) finiscono in fognatura e da qui al depuratore di S. Agostino.

Aspetti di criticità ambientale connessi con il progetto

Un primo aspetto importante riguarda la reale tipologia di rifiuti che si intendono trattare presso l’impianto così ampliato. Da quanto dichiarato nel progetto si dichiara di trattare rifiuti liquidi dei gruppi 5, 6, 7, 8, 9, 11, 12, 13, 14, 16, 19 del CER.
La gamma dei rifiuti risulta pertanto molto ampia ancorché riferibile ai rifiuti allo stato fisico liquido.

Di questo il proponente evidenzia gli aspetti positivi come di un “impianto polifunzionale in grado di adattarsi alla notevole eterogeneità dei rifiuti liquidi prodotti dal comparto industriale, assicurando elevate prestazioni di trattamento” senza però fornire alcun dettaglio (perlomeno nella documentazione esaminata) di tali affermazioni ma, contestualmente, evidenziando che “il fattore determinante gli impatti è la gestione” per la quale l’unica esplicita assicurazione è rappresentata dal piano di monitoraggio e da un non meglio precisato “programma di garanzia della qualità”.

Non avendo documentazione di maggiore dettaglio non è possibile individuare con esattezza per quali codici CER viene richiesta l’autorizzazione , l’ampiezza degli stessi viene motivata da dati regionali relativi alla produzione e capacità di trattamento in Veneto: al 2001 si afferma che, per tali categorie di rifiuti, la produzione totale è stata di 1.190.173 t di cui 250.000 t/a sono quelli avviati fuori regione, per le stesse categorie sono stati importati 132.776 t di rifiuti. Tenendo conto che il bilancio complessivo export su import = 118.000 t/a (export) la capacità prevista aggiuntiva (Vicenza + Mestre) copre complessivamente 75.000 t/a di tale “carenza”.

Non è possibile confrontare i valori riportati nelle relazioni con quelle attuali in quanto le quantità indicate nelle stesse si riferiscono ai rifiuti liquidi per ognuna del gruppo CER, il Rapporto APAT indica comunque un incremento della capacità di trattamento chimico-fisico e biologico intorno a 1.650.000 t/a per il Veneto, non è comunque chiaro l’andamento rispetto a quanto indicato nelle relazioni.

L’ampia casistica di rifiuti determina dei dubbi circa la effettiva capacità di trattamento con le quattro “linee” previste di pretrattamento prima del trattamento nell’impianto chimico-fisico esistente (e potenziato).

Si sottolinea che, quali parametri per la corretta individuazione e corrispondenza della proposta con le BAT/MTD occorre che le scelte del proponente siano orientate a una “destinazione definita e certa sia dei rifiuti in ingresso che in uscita”, garantendo altresì “i livelli di qualità del materiale come richiesto dalle filiere di recupero a valle del trattamento e devono realizzarle con il minimo impatto complessivo” .

In sintesi : “va dunque ricercata la coerenza tra

1.       tipologia delle matrici da trattare

2.       situazione territoriale

3.       tecnologia di trattamento adottata

4.       criteri gestionali (v. Dm Ambiente 29 gennaio 2007 - Dlgs 18 febbraio 2005, n. 59 - Linee guida per l'individuazione e l'utilizzazione delle migliorie tecniche disponibili, in materia di gestione dei rifiuti) . 

Quanto sopra in relazione all’obiettivo e ai parametri generali di individuazione e applicazione delle migliori tecnologie (v. DM citato sulle MTD) :

1.       il massimo rendimento degli impianti

2.       il minimo rilascio di contaminanti

3.       la minimizzazione dell’impatto ambientale

4.       la valutazione della convenienza economica e dei costi-benefici. 

La scelta delle tecnologie deve essere orientata alla individuazione di una destinazione definita e certa sia dei rifiuti in ingresso che dei flussi in uscita.”

I singoli trattamenti previsti sono idonei (sono delle BAT – v. linee guida impianti di trattamento chimico-fisico e biologico dei rifiuti liquidi) in funzione delle caratteristiche dei rifiuti alimentati, nelle relazioni si parla solo di miscelazione per gruppi di rifiuti e avvio a uno dei pretrattamenti in relazione alle caratteristiche di ognuna delle quattro “miscele”. 

- Riduzione chimica ( corrispondente alla “riduzione cromati” con bisolfito di sodio - la funzione è quella di ridurre il CromoVI – tossico e cancerogeno - a Cromo III meno pericoloso, rimosso successivamente nel trattamento chimico-fisico) – si tratta di un trattamento per tipologie di rifiuti contenenti sostanze inorganiche ben definite e limitate, vi è tendenza alla formazione di emissioni gassose che necessitano di trattamenti idonei;

- Ossidazione chimica (corrispondente alla “Ossidazione cianuricon ipoclorito di sodio l’obiettivo è simile a quello della riduzione per sostanze diverse da quelle del precedente trattamento, in questo caso da cianuri a cianati e successiva idrolisi in ambiente basico), questo trattamento è utilizzato in particolare per reflui difficilmente biodegradabili – come le sostanze inorganiche tra cui i cianuri – ottenendo composti poi degradabili per via biologica; problematica può essere l’elevata torbidità della miscela trattata, la possibilità di formazione di composti organici clorurati – come il clorocianato, tossico – il trattamento non è idoneo per la rimozione di ammoniaca e cloruri; nella relazione è prevista anche una versione particolare di ossidazione chimica, condotta con reattivo di Fenton, il principio è lo stesso, cambia il reagente, acqua ossigenata e Sali di ferro, e si applica su rifiuti meno problematici di quelli con cianuri o altri contaminanti molto tossici; 

- Ossidazione ad umido (corrispondente alla “Ossidazione chimica ad umido (wet oxidation)si tratta di uno dei sistemi più promettenti per degradare rifiuti ad elevata tossicità producendo sottoprodotti non pericolosi – v. Oltre lo spreco di Luigi Mara – in sostanza si tratta di un processo di ossidazione “spinto” – è esotermico – alternativo all’incenerimento di tali rifiuti liquidi – necessita di impianti di abbattimento tipo scrubber per evitare l’emissione di sottoprodotti organici volatici e/o odori;

- Separazione emulsioni oleose (corrispondente alla “rottura emulsioni oleosedalla descrizione contenuta nelle relazioni, tra le diverse modalità operative, appare scelta quella a freddo con additivi (non specificati) - vi è anche un trattamento analogo, applicabile per lo più a residui contaminati da prodotti petroliferi, a caldo – finalizzata a separare la componente grassa – olio – dall’acqua. Se non ben individuato il processo vi possono essere risultati lontani dalle aspettative, inoltre sono processi che producono elevate quantità di fanghi o flottati non recuperabili e pericolosi, nonché l’emanazione di cattivi odori difficilmente abbattibili 

Anche i trattamenti esistenti (basati sulla precipitazione dei contaminanti con appositi reagenti) possono determinare (in considerazione dell’aumento dei volumi trattati e dell’estensione delle tipologie dei rifiuti) l’emergere (o l’incremento) di fenomeni di inquinamento dell’atmosfera quali l’emissione di acido solfidrico e/o solfuri che hanno bassa soglia olfattiva.

Come accennato, oltre alle caratteristiche attese (modifica dei contaminanti presenti o loro separazione dalla fase liquida) del refluo pretrattato per ottenere l’ulteriore abbattimento, eventuali “malfunzionamenti” possono determinare emissioni (anche in atmosfera e non solo come concentrazioni negli scarichi) differenti quali-quantitativamente rispetto a quelli attesi e per i quali sono previsti dei presidi ambientali (poco dettagliati nelle relazioni disponibili). 

I sistemi di abbattimento per le emissioni in atmosfera sono previsti :

a)       per i serbatoio di stoccaggio (filtri a carbone attivo);

b)      per i serbatoi dei reagenti (filtri a carbone attivo e filtro a maniche per il serbatoio della calce);

c)      per “aspirazione locali, vasche e reattori” , dotati di scrubber a doppio stadio e filtro a carboni attivi per la linea reattori – non è chiaro però se il sistema di aspirazione riguarda sia i locali ove sono posizionate le diverse apparecchiature di trattamento o anche “in testa” ai singoli reattori. Per meglio dire quello che sembra previsto è un filtro a carboni attivi a servizio di tutte le linee di trattamento mentre lo scrubber riguarda l’aria esausta dai locali di lavoro e delle altre apparecchiature (impianto chimico-fisico e biologico, disidratazione fanghi), questa impressione viene però messa in dubbio (p. 49 della sintesi non tecnica) quando si parla solo di scrubber per tutte le apparecchiature (reattori inclusi) delle zone di trattamento, mentre a p. 79 si torna a parlare di “sezione filtrante a carboni attivi a servizio esclusivo dei reattori e scrubber finale”. 

Nelle relazioni non sono indicati possibili valori di emissione dei diversi inquinanti connessi con i processi di trattamento, anche in questo caso si presume che un unico sistema di trattamento possa essere idoneo per la ampia gamma di contaminanti gassosi che possono essere prodotti dai reattori a seconda del rifiuto e del tipo di trattamento in atto.

Secondo le linee guida già citate  

- gli scrubber (o sistemi analoghi di abbattimento ad umido) sono idonei in particolare per emissioni contaminate da polveri, per altre sostanze, organiche e non, dipende dall’utilizzo o meno di reagenti unitamente all’acqua di abbattimento;

- per emissioni di sostanze organiche volatili (nel nostro caso dai reattori) sono preferibili sistemi di ossidazione termica (anche se questo sistema determina l’emissione di monossido di carbonio e ossidi di azoto) oppure sistemi di trattamento biologico; i carboni attivi non sono indicate tra le BAT in questo settore – per la parte trattamento - probabilmente in quanto di più difficile gestione e necessitano di un monitoraggio continuo per evitare drastiche e inaspettate riduzioni di efficienza. 

In termini di impatti delle emissioni viene ipotizzata la sola emissione di sostanze organiche volatile e, per una valutazione delle stesse, con una concentrazione all’emissione non indicate, si ipotizza un limite (di qualità dell’aria non ulteriormente dettagliato) riferito alla propionaldeide pari a 30 micro/mc e una ricaduta di SOV nell’area limitrofa all’impianto tra 3,7 e 5,71 microg/mc di TOC equivalenti a 17,9 – 27,6 microg/mc di propionaldeide.

Il proponente conclude che tutti i valori di TOC espressi come propionaldeide sono inferiori al limite di 30 microg/mc, affermazione di significato assolutamente non chiaro in quanto non è conosciuta la congruenza del “limite” indicato né l’apporto concreto di tali contaminante (e a maggior ragione di altri non considerati) alle condizioni locali.
Si rammenta che la propionaldeide ha una soglia olfattiva intorno a 0,21 mg/mc (210 microg/mc) quindi un solo ordine di grandezza superiore a quello stimato ( e vi sono altre sostanze, come l’acido solfidrico che possiedono soglie olfattive molto più basse. 

Non è possibile svolgere valutazioni sulle considerazioni presentate in merito ai rischi di contaminazione del sottosuolo e delle falde in quanto basate su studi relativi allo stato dell’area non disponibili e su stime diffusionali non dettagliate.

Assolutamente non chiare sono le indicazione in merito agli impatti acustici: si afferma (p. 70 sintesi non tecnica) che “i limiti di emissione, relativi alle sorgenti fisse, sono rispettati sia con riferimento ai ricettori di vai Arsenale” sia con altri ricettori, quando, per definizione normativa i limiti alle emissioni sono riferite alla sorgente e vanno valutate al perimetro dell’impianto e non presso i ricettori.
Viceversa, i valori di rumore presso i ricettori (immissioni) non sono state considerare in quanto “non si è proceduto alla modellizzazione delle altre sorgenti industriali insistenti sull’area in esame” (ma in questo modo non è stato considerato nemmeno l’apporto dell’impianto in progetto) dichiarando comunque il rispetto dei limiti grazie al solo fatto della presenza di contributi acustici dovuti al traffico. 

Si rammenta anche le norme (prima il DLgs 22/97 e poi il Dlgs 152/06) prescrivono il divieto di miscelazione tra rifiuti pericolosi e non pericolosi e tra categorie diversi di rifiuti pericolosi, a meno di dimostrare che la miscelazione comporta una riduzione dell’impatto dei reflui ovvero una loro migliore trattabilità (aspetto che non viene citato in alcun luogo delle relazioni esaminate).

A proposito della “compatibilità” dello scarico aggiuntivo dell’impianto di Vicenza rispetto al depuratore di S. Agostino nella sintesi non tecnica il proponente non riporta alcuna considerazione/valutazione in proposito.Nella relazione generale sono presenti delle considerazioni ma riguardano gli impianti di Treviso, Verona(per i quali è previsto il raddoppio della portata scaricata anche senza incrementi di capacità, si prevede pertanto lo sfruttamento della potenzialità oggi non utilizzata degli impianti esistenti) ma nulla si dice di Mestre e Vicenza.
L’unico accenno in tal senso (p. 80 della sintesi non tecnica) fa riferimento a condizioni anomale ovvero a efficienza ridotta del sistema di trattamento che “può comportare un peggioramento delle caratteristiche qualitative degli effluenti depurati che possono, a loro volta, inficiare le prestazioni dell’impianto di depurazione terminale di S. Agostino, con conseguenti implicazioni relative allo scarico in corpo idrico superficiale di effluenti contaminati”, ma la relazione prosegue indicando solo quali siano le condizioni operative per ridurre la possibilità di tali evenienze e/o limitarne gli effetti esterni, ma non parla degli effetti degli effluenti in condizioni “normali” sulla funzionalità dell’impianto di depurazione di S. Agostino. 

Segnalo infine che la società Sodai Italia hanno presentato - nel 2006 - analoghe richieste per il potenziamento e l’estensione quali-quantitativa dei rifiuti trattati presso gli impianti chimico-fisici presso le officine di Trenitalia a Milano (deposito Fiorenza) e a Voghera (PV – in questo caso l’incremento quantitativo era di ben 150.000 t/a) ottenendo in entrambi i casi una pronuncia negativa di VIA (v. BURL n. 11 del 10.03.2008) per incompatibilità urbanistiche e/o di vincoli ambientali, perplessità sulla capacità dei depuratori consortili di poter trattare i reflui aggiuntivi prodotti, incompletezze di trattazione dei diversi aspetti ambientali previsti dalla procedura di VIA.

16 aprile 2008