Direttamente nel buio

Non è un racconto di pesca inteso come tale, piuttosto un modo per raccontare delle sensazioni che ho provato e che sicuramente avranno provato alcuni di quelli che vanno a pescare in mare.

Andando

Partiamo venerdì abbastanza tardi per le nostre abitudini ma si sa nel lavoro non sempre va tutto liscio. Siamo in luglio e fa abbastanza caldo, abbiamo deciso di dormire nella tenda, come sempre d'estate, e per questo motivo sarebbe stato meglio arrivare a destinazione con la luce invece di mettere in acqua il gommone con le luci del campeggio dove lasceremo il camper. Accendo il portatile e trovo in memoria una traccia di alcuni anni prima che ci porta esattamente nel punto dove abbiamo deciso di arrivare per accamparci e pescare la prima notte; collego il Gps e carico i dati, il nostro spione elettronico è pronto per portarci a destinazione. Naturalmente da stamattina soffia la bora dopo che per settimane non si faceva vedere tanto che ormai gli amici ci chiedono quando usciremo a pesca per andare a fare il windsurf. Il cielo è coperto non c'è la luna e il mare è abbastanza grosso, condizioni ideali per navigare senza poter vedere nulla dal momento che appena superata la prima isola si viaggia dietro di essa e non si ha, fino al ritorno, alcun contatto visivo con luci da terra. Lo abbiamo fatto molte volte e sempre in queste situazioni l'atmosfera è tesa, non parliamo e prepariamo tutto con la massima serietà con la consapevolezza che lasciare qualcosa a terra vuol dire privarsene per due giorni e due notti. Ci è successo infatti una volta di dimenticare a terra le brandine che usiamo per dormire e di andare in un posto dove nemmeno un fachiro si sarebbe potuto sedere con il risultato di passare due notti in bianco, anche se in parte per il continuo mangiare dei pesci, e di avere un ricordo indelebile ma negativo. Prima di lasciare il molo controllo quello che c'è a bordo cercando di non tralasciare nulla ma non trovo la concentrazione necessaria a far questo. La sensazione che provo guardando nel buio totale davanti a noi è un misto di angoscia impazienza e timore (qualcuno la definisce paura). Lasciamo la terraferma e ci facciamo avvolgere dall'oscurità che spegne i colori. Gli odori e il rumore saranno le uniche cose a farci compagnia da adesso. Dopo qualche minuto la costa non ci ripara più dal vento e lo sballottamento delle onde provoca rumori che ti fanno trasalire e perdite di equilibrio per la mancanza di riferimenti visivi, (una cosa che ho notato del mal di mare è che si prova molto meno se si è al buio totale piuttosto che con la luce, almeno a me fa questo effetto, e di mal di mare potrei parlarvene per una settimana). In poco tempo ci si abitua ma rimane quella sensazione a far restare con tutti i sensi all'erta. Ci stiamo immergendo nell'oscurità, l'illuminazione dei paesi alle nostre spalle accentua quella differenza fra chiaro e scuro e mi sembra di entrare nel nulla a tutta velocità.

Il buio è totale, fino a che siamo ad un discreta distanza da terra dobbiamo ruotare di novanta gradi gli strumenti perchè la loro tenue luce ci abbaglia e ci impedisce di vedere anche solo dentro l'imbarcazione. Stiamo per svoltare dietro l'isola e fra poco la navigazione sarà solo strumentale, mi giro per vedere il momento nel quale le ultime luci dei paesi sulla costa scompaiono. Non riesco più a distinguere niente, nemmeno il viso del mio amico che si trova a pochi centimetri dal mio, il cielo coperto che minaccia pioggia e la foschia alzata dal vento che imperversa sul mare non permettono alla luce delle stelle di giungere fino a noi e farci cosi distinguere le sagome della terraferma. Lo strumento ci indica che stiamo passando ad una cinquantina di metri da riva per girare dietro alla prima isola ma anche se ne conosciamo la precisione siamo con l'orecchio teso ad ascoltare il tipico rumore dei frangenti. Il rompersi delle onde vicino al gommone, a causa del vento, mi inganna più volte e in questi istanti mi pare sempre di vedere qualcosa davanti a noi. Mi fido ormai del gps e della spericolata guida del mio compagno ma c'è sempre un qualcosa che mi spinge a guardare avanti per evitare ogni pericolo. Non esisterà niente che mi possa far stare tranquillo quando non si distingue nulla della strada che si sta per percorrere, nemmeno le tecnologie più moderne e sofisticate o il fatto di fare ogni notte lo stesso percorso. Chi, guidando un'imbarcazione in condizioni difficili, fa credere che non ci sia nessun problema o vuole mascherare la sua preoccupazione ai passeggeri o è un incosciente. Il nostro viaggio continua per una ventina di minuti durante i quali pur rimanendo apparentemente tranquilli la tensione non ci permette di pensare ad altro che a quello che stiamo facendo. Venti minuti che sembrano lunghissimi scompaiono nel momento in cui tocchiamo terra e vengono dimenticati in un'istante sopraffatti dalle concitate manovre dello sbarco con il mare poco amichevole di stasera.

Ritornando

E' quasi mezzanotte di domenica e siamo sulla strada del ritorno, adesso c'è la luna e il cielo è terso. Sono disteso sopra le attrezzature sistemate alla rinfusa e guardo la scia lasciata dal nostro gommone. La fatica di questi due giorni è stata notevole, per come siamo abituati è una cosa normale, e siccome sento che potrei addormentarmi per stare sveglio controllo che non si addormenti il mio amico. Alle nostre spalle sotto la luna appena sorta guardo allontanarsi l'isola che ci ha ospitati per due giorni: la mia preferita. La luce radente della luna mi fa vedere gli unici colori che si possono distinguere stasera e cioè quello dei fiori lilla che ricoprono quasi interamente la roccia che forma le isole qui intorno. Strano non averli notati di giorno ma sono così radi che si distinguono solo osservandoli stando seduti o più in basso ancora. Così assorto nei miei pensieri non mi accorgo di quello che sta accadendo. Qualcosa ci insegue, si muove dentro la schiuma che stiamo lasciando ed è più veloce di noi ! Quasi non ci credo, chiamo a gran voce il mio amico che appena conscio di quello che sta succedendo da gas cercando di distanziare quel coso ma senza riuscirci. Un "siluro" penso incredulo ricordando i film di guerra; ma sto vaneggiando?

Viaggia sotto la superficie dell'acqua spostandone un gran quantità e vanifica i nostri zig zag. Ci sta raggiungendo, mi guardo attorno cercando la fonte di questo evento ma siamo soli in mezzo al mare di notte e, mi ricordo questo pensiero, senza testimoni di ciò che ci sta accadendo. Guardo l'espressione sul viso del mio amico e mi scopro terrorizzato come lui, non c'è il tempo per  pensare o fare nulla. Ci è vicinissimo, ci prende in pieno. Penso di aver aspettato l'esplosione, in quel momento, invece un grande colpo sulla vetroresina del gommone mette fine alle nostre paure. Mi sporgo con timore a vedere cosa ci ha investito: una boa, una stupida boa attaccata ad un grosso spago è incastrata dietro al motore. La dinamica ci è subito chiara: abbiamo pescato con il gambo del motore il lunghissimo spago di una boa abbandonata e questa, per effetto della trazione esercitata da sottacqua, ci ha raggiunti ad una velocità doppia della nostra. Adesso sembra una stupidata ma il modo in cui si è svolto il tutto ci ha lasciati senza fiato. Un paio di risate a denti stretti per sdrammatizzare e sono di nuovo ad ammirare il paesaggio notturno consapevole di aver provato una cosa incredibile e irripetibile.

Home page