Sentire qualcosa........

......ma cosa?

E' domenica sera, sono appena tornato dalle ferie in Corsica, e sto rivedendo mentalmente quello che ho vissuto in questi giorni di vacanza e di pesca ma il mio pensiero é già da un'altra parte. Per qualche giorno non si va a pescare, bisogna lavorare e stare con la famiglia, non si può essere sempre via il sabato e la domenica però......

Arriva il giovedì e io sento che c'è qualcuno che mi aspetta da qualche parte. Siamo venerdì e lo so. All'improvviso so che devo andare a pescare in un posto particolare dove non mi sono mai fermato prima. Ci sono passato tante volte e non mi sono mai fermato. Era più vicino, in lieve riparo dal vento e c'è uno spuntone di roccia dal quale si può anche lanciare con la canna. Sono quindici minuti circa di strada e non trenta e sono sempre passato oltre quasi a cercare di convincermi che più si cammina più si fatica più si è premiati. Ma vedo questo posto è come se uscisse dalla nebbia, come se in tutta quella zona, guardandola, fosse l'unica a fuoco. E questione di un minuto, lascio il lavoro e sono dall'amico Fabio a prendere l'esca. Mezzo chilo di bibi di tutte le misure, grandi medi piccoli e di quelli marrone scuri per occasioni particolari. Mia moglie si convince subito che è meglio lasciarmi andare oppure capisce dalla mia determinazione che non potrebbe fare niente per fermarmi. 

La notte non dormo, mi capita spesso quando ho la certezza di andare a colpo sicuro, come quando ho trovato dove si raggruppano le orate o quando, stando dietro a saraghi e pagelli, faccio il pieno a ogni uscita con il palamito. Ho preparato tre canne, due con il rotante e una con il mulinello fisso. Dove andrò la cosa più difficile è il lancio, si sta su un gradino di circa un metro che corre parallelo alla costa e alle spalle le rocce salgono quasi verticali per finire nel groviglio di rami della macchia mediterranea. In questo punto lo spuntone di roccia è come un trampolino che si prolunga sul mare per quasi un metro e permette di lanciare senza che la canna tocchi le cime degli alberi. La sporgenza è un po' inclinata verso sinistra quasi a indicare la direzione dei lanci. Quando mi alzo sono stranamente calmo e carico la macchina senza la solita fretta che mi fa sempre dimenticare qualcosa a casa. Dopo cento metri devo tornare indietro perché mi sono dimenticato la merenda!!!

La strada e lunga e tortuosa e piove anche forte, al confine con la Croazia la mia è l'unica macchina da diverso tempo dato che devo svegliare il doganiere per farmi alzare la sbarra. Arrivo che fa ancora buio ma per fortuna in macchina trovo la lampada che ho usato ogni sera per pescare in spiaggia in Corsica e cosi mi avvio subito guadagnando una ventina di minuti. Non ho molto carico da portare ma a causa dell'alta marea devo, in alcuni passaggi, lasciare un po' di roba e portarla in due volte. Fortunatamente non piove più e una volta arrivato a destinazione mi sistemo senza difficoltà. Pur essendo in settembre non ci sono i piccoli pesci che divorano l'esca e così decido di sostituirla ogni ora. Verso le dieci prendo due orate sul mezzo chilo e senza nemmeno pensarci le rilascio: non sono venuto qua per questo.    Ma per cosa......

Succede la prima cosa per la quale sono venuto qua oggi. Comincia a piovere leggermente poi aumenta e alla fine è un vero diluvio. Mi nascondo dentro alla vegetazione e con la tuta da pioggia sto veramente al riparo, quasi non mi bagno tanto fitte sono le foglie. Dura poco, esco dagli alberi e mangio qualcosa. La corrente che si forma dentro a questa specie di canale e sempre stata forte ma oggi sembra un fiume che trasporta un mucchio di foglie secche e non che la pioggia ha staccato dagli alberi. Assieme a queste anche molte formiche alate che galleggiano sulla superficie e mi passano davanti in gran numero. Ora sento dei rumori conosciuti ma non è questo il posto giusto. Sono bollate. Mi sposto un po' più in alto per vedere meglio. Spigole, tante. Piccole medie grandi, giganti. Mangiano le formiche cadute in acqua, come fossimo in un fiume. Per circa dieci metri dalla riva la corrente sembra veramente quella di un fiume poi il fondale sprofonda fino ai trenta metri e qui l'acqua e ferma. In questa striscia di mare color marrone a causa della terra rossa lavata dalla pioggia le spigole stanno in fila e si rubano il pasto scacciandosi continuamente quasi giocando. Riesco a vedere la costa per un bel po' sia a destra che a sinistra e lo spettacolo è ovunque. Lascio incustodite le canne e mi sposto per qualche centinaio di metri verso sinistra dove è più facile camminare e le spigole sono anche li. Non riesco a credere che in un posto dove non ne ho mai vista una, non che non ci siano anzi, potevano essercene tante nello stesso momento. Se veniva mio fratello con le sue canne in bamboo e le mosche faceva una strage. Provo a lanciare un artificiale poi un'altro e poi il terzo che ho ma le spigole li evitano affondando per poi risalire e continuare a mangiare le mosche. Cerco addirittura di agganciarle con le ancorette degli artificiali tanto non si spaventano ma non ci riesco. Torno dalle mie canne immobili e mi godo lo spettacolo che durerà un ora abbondante con i pesci che si esibiscono anche in evoluzioni fuori dall'acqua. Se qualcuno me lo avesse raccontato lo avrei preso per un pallonaro ma ora che sono qui penso che il fatto di credere che c'è sempre un fondamento di verità nelle storie più strane non sia una cosa sbagliata. Bisogna venire proprio qui in questo posto, per questa specie di sentiero che entra ed esce dall'acqua a seconda della marea e che ti porta solo a pescare. Non è frequentato da nessun altro che da pescatori perché a un certo punto finisce e non porta da nessun altra parte che sul mare e bisogna venirci in un giorno come questo, non ieri o domani ma oggi. Non lo vedrò mai più uno spettacolo come questo ne lo avranno visto in molti da queste parti. Quando la corrente esaurisce la sua forza finisce tutto e mi lascia ancora incredulo a cercare con lo sguardo quei pesci che mi hanno mostrato qualcosa di cui ricordarsi, qualcosa che hanno mostrato a pochi. 

E' calato il vento e il mare è immobile come in una vasca da bagno. Qui il silenzio ti assorda quando sei solo. Alle volte sussulto per il rumore di un ramoscello che si raddrizza dopo essere stato calpestato al mattino al mio passaggio o per una mosca che passa a mezzo metro dalla mia testa.  Si sente il rumore delle ali degli uccelli migratori che passano sopra i banchi di nebbia si sente quello che non si sente mai. Il silenzio ti fa espandere i sensi a cercare di vedere più lontano. Come quando fa buio si aprono gli occhi in maniera esagerata cosi con il silenzio che dura da troppe ore si cerca di sentire qualcosa tendendo l'orecchio e, ascoltando, si sente di tutto. Rumori e suoni che fanno i vestiti, le scarpe, le mani; cose a cui nella vita di tutti i giorni non ci si fa più caso.  

Mi concentro sulla pesca dato che sono stato troppo preso da altre cose oggi. Provo a lanciare più lontano con il rotante per raggiungere i trenta o più metri di profondità. In cima alla sporgenza tiro fuori tutta la mia forza perché ho poca rincorsa da dare a piombo e esca e quasi mi brucio il pollice frenando la bobina. Sento che sono andato lontano quanto basta per sperare in qualcosa e tanto, di più non si potrebbe. Non appena il piombo tocca il fondo recupero il filo, metto in tensione e inserisco solo il cicalino lasciando la bobina libera. I pesci qui sono diffidenti, non devono sentire alcun impedimento quando mangiano. Sono seduto da pochi secondi e il fischiare del mulinello mi fa prendere uno spavento di quelli veri. A volte con il vento non si sente neppure ma qui il suo suono sembra amplificato mille volte dal silenzio. Dopo essermi ripreso e aver ferrato inizio a recuperare un sarago di buone dimensioni che si difende con vigore, forte anche di tutti quei metri d'acqua che lo separano dalla superficie e lo fanno sembrare molto più pesante. Non serve il guadino e dato che il filo e l'amo che uso sono di dimensioni superiori al necessario lo tiro a terra di peso. E uno!! esclamo e forse sarà l'unico per oggi. Parlo raramente quando sono a pesca da solo e lo faccio solo dopo molte ore, parlo piano per non turbare il silenzio, mi muovo senza far rotolare le pietre come se qualcuno mi potesse sgridare se faccio rumore. Mi comporto in questo modo inconsciamente forse perché si diventa parte di quel silenzio standoci dentro.  Ora guardo il pesce e guardo anche l'orologio: o faccio qualcosa o torno a casa con un pesce solo, anche se non male. I saraghi non sono mai soli, viaggiano sempre in gruppo, forse con un lancio uguale o più lungo?? E' una di quelle cose che vengono d'istinto senza pensare bene a quello che si sta facendo. Amo n° 1, filo del trenta (mai usato in questo posto), bracciolo lungo che nel lancio l'esca tocca a terra e si rischia di rovinarla nello strappo del lancio e un bibi piccolissimo per arrivare lontano il più possibile. Forse la fortuna mi porterà l'esca sopra il gruppo di saraghi al quale ne manca già uno oppure un pagello di quelli veri mi farà una visita dalle profondità marine. Mi sforzo di più nel lancio e ci riesco senza dover frenare come prima la bobina, i lanci che ho fatto oggi costringendo i mulinelli rotanti a fare delle cose per le quali non sono nati, mi sono serviti. Sono soddisfatto, molto soddisfatto, quasi quasi questo bel lancio mi fa sentire già pago di questa giornata. Il silenzio adesso è al massimo, la calma e assoluta fuori e dentro di me e di solito in questo momento accade sempre qualcosa di interessante o di insolito. Mi guardo attorno cercando quello che sta per succedere e succede. Il bibi appena lanciato viene trascinato via da qualcosa che fa girare la bobina del Millionaire come se avesse un motore elettrico e non accenna a fermarsi anzi accelera la sua corsa. Prima ancora di dirigermi verso la canna un pensiero blocca la mia azione.

All'ultimo lancio, durante le ferie, il mio amico aveva incrociato il filo di questo mulinello con il suo con il risultato di rovinarlo a circa meta della sua lunghezza. Si, proprio di questo e io, nella certezza che non lo avrei usato per un' po' di tempo, non lo avevo cambiato. Non ho il coraggio di prendere in mano la canna e di ferrare con la consueta forza e rimango immobile con la mano a pochi centimetri dalla canna quasi impietrito. Rimango così per diversi secondi fino a che il vigore del pesce nel correre via mi risveglia e il pollice frena la bobina con una dolcezza unica: la accarezzo premendo sempre di più fino a fermarlo. Sento il filo tendersi fino a esaurire la sua elasticità e piegare la canna che devo abbassare velocemente per ridurre la tensione. Non mi sono mai sentito cosi impotente a pesca, la forza sprigionata da quell'animale, il filo rovinato, il terminale sottile, l'amo così piccolo in una bocca tanto grande e per ultimo il guadino... ancora ben impacchettato nella borsa fanno vacillare il mio solito ottimismo. Diminuisco la pressione sul filo e lascio che esca dando metri di vantaggio al mio avversario. Sono da solo, come piace a me, in una giornata che ha gia dato tante emozioni e mai come questa volta rimpiango il mio gommone e i miei amici per avere un aiuto. Mentre la bobina continua a perdere filo allento tutta la frizione per poter fare quel mezzo giro di manovella che innesta il  meccanismo di recupero senza avere nessuno strappo, neanche il minimo. Ora stringo un po', quel  tanto che basta perché il filo si svolga senza imparruccarsi e freno la bobina solo con il pollice con il terrore che una fuga del pesce rompa la lenza già provata. Penso sia un dentice dal momento che ha abboccato a più di trenta metri di profondità e dal modo di tirare: senza fermarsi mai un momento e puntando sempre verso il fondo. Provo a forzare un poco ma anche se faccio piegare la canna in modo molto accentuato non ottengo nessuna reazione dall'altra parte. La potenza che devo fermare è tale che non posso fare niente, non riesco nemmeno a rallentarlo o farlo cambiare direzione, solo quando freno un po' di più il comportamento cambia quasi a somigliare a quello di un orata. Non posso perdere tempo in tentativi e visto che non ho molta scelta decido di applicare la massima tensione possibile senza rischiare prendendo così tempo e poi devo ancora tirare fuori il guadino dalla borsa con una mano sola. Da quando ha cominciato la sua fuga il pesce non si è mai fermato per un solo centimetro alternando un procedere costante a fughe improvvise e decise. Quando ho il guadino pronto sono agli sgoccioli con il filo. Ho sempre sognato di arrivare a una situazione come questa cioè vedere il colore del fondo della bobina a pesca e non solo quando si cambia il filo, ma ora non è una sensazione piacevole. Era una cosa della quale avevamo parlato molte volte con la speranza che a uno di noi potesse accadere ma consapevoli del fatto che fosse molto difficile da avverarsi. Ora devo agire in un modo o nell'altro perché di filo ne è rimasto poco perciò inizio a chiudere la frizione che fino ad adesso era rimasta al minimo. Rischio anche di rompere, le fughe improvvise sono così violente che mi trovano impreparato e sorpreso di avere a che fare con qualcosa che non è ancora stanco.  Penso proprio di non farcela questa volta ma quando ormai intravedo il nodo che lega il filo alla bobina sotto alle ultime spire la trazione cala di colpo come se avesse ceduto qualcosa. Inizio appena adesso il recupero senza sentire più niente dall'altro capo della lenza che si è ormai posata sull' acqua fino ai miei piedi. Non ci credo, sembra tutto finito in un istante ma non riesco nemmeno a rendermene conto che vedo il filo, che sto riavvolgendo senza alcuna fatica, provenire dalla mia sinistra come se fosse trasportato dall'acqua. Troppo forte dovrebbe essere la corrente per spostare tutti quei metri in cosi poco tempo quindi affretto il recupero sperando. Sento che il pesce è ancora agganciato ma sta correndo verso riva più velocemente di quanto io riesca a riavvolgere e per di più il filo sta strisciando contro le pietre dello scalino davanti a me. Ormai non ho più il contatto diretto posso solo recuperare e dirigermi alla mia sinistra guardando nell'acqua. Mi passa fra le dita il tratto di nylon rovinato e questo mi ridà fiducia in quanto adesso posso contare sulla mia attrezzatura al cento per cento. Dovendo fare velocemente un bel tratto di strada accidentata con la canna e il guadino infilo quest'ultimo nei pantaloni per avere le mani libere. Recupero camminando il filo che e arrivato quasi a riva tanto che dove la costa rientra va a impigliarsi sui rami di un albero che sporgono sul mare. In un passaggio più difficile, a complicare le cose, il manico del guadino scivolando giù per i pantaloni mi spunta fuori vicino al piede impedendomi di muovere la gamba sinistra. Continuo ugualmente fino all'albero, libero la lenza dai rami e quando lo supero vedo il pesce. Mi si piegano per un momento le ginocchia, è a galla a mezzo metro da riva ed è enorme. Avrei dovuto immaginarlo così  grande eppure la sorpresa e tanta e ora la gioia e la paura di non riuscire a portare a riva la preda si mescolano in una strana sensazione. L'emozione che si prova in questi momenti non si può descrivere o provare in alcun'altro modo, è unica. 

 

La pinna destra fuori dall'acqua sembra salutarmi, mi avvicino sfilo il guadino e ci faccio entrare la testa accompagnandola con la canna. Quando è dentro per metà lo occupa tutto perciò prendo la coda con la mano e lo porto a terra. Appoggio l'orata su uno scalino con dell'erba dietro di me e mi avvicino a guardarla. A causa della conformazione del terreno mi ritrovo inginocchiato davanti a lei ma è giusto così davanti alla regina dei mari. L'amo è agganciato al labbro e il lungo combattimento ha creato un'asola di circa un centimetro dal quale sarebbe potuto uscire con facilità se non fosse stato schiacciato dai denti fino a richiuderlo ad occhiello. Non si muoverà più, è praticamente morta per lo sforzo prolungato. Rimango alcuni minuti a osservarla sperando di non svegliarmi all'improvviso da un bellissimo sogno poi mi accorgo che non è solo felicità quello che sto provando ma anche una specie di rassegnazione. Quando si cattura un pesce da un chilo si spera in quello da due poi da tre e poi.... la voglia cresce ma quando si arriva a ciò che si pensa non sia  superabile lo stimolo si affievolisce. Per fortuna ci sono tante specie di pesci, tante specialità di pesca, e cambiare per un po' di tempo non può che far bene.

Sarà l'ultimo pesce del giorno, non l'ultimo dei più grandi da quel giorno, ma comunque una cosa che ricorderò sempre nei minimi particolari anche quelli che non ho riportato qui. Da allora non sono più ritornato in quel posto ne ho avuto ancora quella strana sensazione di dover andare in un posto particolare, chissà domani?

Home page