Il capriolo di mare

Non si può stare fermi senza pescare d'inverno o almeno questo è quello che si pensa quando si è presi dall'euforia delle uscite settimanali con gli amici. C'è invece il tempo per ogni cosa e il riposo invernale serve a recuperare lo stato d'animo e rimettere a posto le attrezzature stanche della lunga stagione appena conclusa. Invece si esce ugualmente con freddo e vento sapendo di andare a vuoto o quasi in posti dove si potrebbe fare qualche incontro importante con una preda da sogno ma si sa gia in partenza che questo non accadrà di sicuro. Allora, in una di queste uscite, succederà qualcosa di veramente interessante che magari non centra nulla con la pesca ma che rimanendo a casa non avremmo mai visto.

Il gommone (anzi gommino) di due metri e novanta ci ospita tutti e tre seduti di fronte con i piedi sopra gli zaini e le borse con le canne tanto altro posto non c'è n'è. Lo abbiamo portato con la uno rossa legato sul tetto con delle cinghie che passano dentro i finestrini per sicurezza e che mi passano davanti agli occhi, messo in mare e montato il motore in pochi istanti davanti agli increduli pescatori del posto. Il tragitto dura circa quindici minuti e per il primo tratto il vento di bora ci investe lateralmente bagnandoci ad ogni onda più alta. Il motore da quindici cavalli ci porta senza sforzo essendo esagerato per la grandezza dell'imbarcazione (vedremo in seguito che ce la farà anche con quattro persone cariche di tutto punto) ma in condizioni di mare molto mosso risulterà appena sufficiente a trarre d'impaccio anche solo due di noi. Siamo a qualche grado sotto lo zero ma dove siamo diretti il vento ci passa ai lati lasciandoci in completa bonaccia e poi sta sorgendo il sole di una splendida giornata di gennaio. Ora siamo sull'estrema punta alla fine del grande canale e davanti a noi si vede il mare aperto e in lontananza le prime isole dalmate che sbucano dalla foschia mattutina. Sistemato gommone canne e tutte le altre cianfrusaglie ci prepariamo all'arrivo del sole perchè in questo luogo anche in questo periodo si può stare in costume da bagno. Tutti i vestiti a terra a formare un comodo giaciglio, ci si sdraia sopra al riparo fra i cespugli e le rocce bianche e bruciate dal sole e dal mare. E' importante studiare bene la posizione per evitare i refoli del vento che talvolta riescono a infiltrarsi tra gli alberi e avere la visuale libera sulle nostre canne per non perdere nemmeno la pur minima toccata. In questo periodo si deve poter distinguere il minimo movimento del cimino dato che potrebbe accadere anche una sola volte durante il giorno e perdersi proprio l'unico pesce del giorno sarebbe imperdonabile. Il rumore del vento supera alla grande quello del mare che ribolle ai lati della nostra posizione mentre davanti a noi si crea un oasi di pace quasi innaturale per una cinquantina di metri. Trasportati dal vento, come in un fiume, arrivano molti tronchi d'albero rami e foglie in abbondanza segno della furia della bora che si abbatte sulla vegetazione della costa alle nostre spalle. Si usa una tecnica speciale per muoversi in queste condizioni, tecnica che funziona anche con il caldo del deserto. Si deve muoversi lentamente e di traverso, non correre nemmeno se la tua canna si flette sotto la trazione di un pesce perchè dopo essere stati fermi per diverso tempo a crogiolarsi sotto il sole l'effetto dell'aria gelata sul corpo seminudo ti fa provare dei brividi da accapponare la pelle..... Per muoversi di traverso intendo camminare come si vedono nelle figure gli egiziani in modo da far scorrere meno aria possibile sulla pelle e funziona come dicevo anche col caldo torrido del deserto per evitare le scottature (metodo suggerito da un amico che ha vissuto diversi anni nel Sahara). Ogni tanto per movimentare la giornata che dal punto di vista pescatorio si sta dimostrando abbastanza piatta, vado a fare una piccola ricognizione accertartandomi delle condizioni del mare per vedere se il rientro, che nell'ultimo tratto si deve fare controvento, sarà più o meno bagnato. Quando mi sposto per questi pochi minuti mi devo vestire bene perchè facendo appena qualche centinaio di metri sono nel pieno del rumore. Il rumore del vento che soffia da queste parti è prodotto dal passare dell'aria sopra e attraverso gli alberi le rocce e si mischia a quello del mare. Dipende molto da dove si ascolta e riesce a somigliare a un ululato sordo e in ogni caso quando si dà da fare è veramente impressionante. Non si può permettersi di prenderlo alla leggera gia a terra, in mare risulta determinante calcolare quando e dove andare, e a volte se andare. C'è chi è rimasto per giorni (cinque) su una determinata isola bevendo l'acqua piovana, mangiando i pochi pesci catturati riparati dalla barca sistemata sottosopra per aver sottovalutato la forza di questo vento. Nessuno ti viene a salvare nemmeno le varie barche della capitaneria sono in grado di aiutarti in quei giorni, e non sono pochi, quando la bora si scatena. Sono quasi ritornato alla mia postazione quando vedo uno strano tronco nell'acqua che poi sparisce, non capisco cosa sia ma rimango ad osservare cercando di vederlo spuntare dalle onde che in questo punto sono veramente alte. Il mio amico prende un pesce, una tanuta abbastanza bella e decide di riporla in una pozza di un paio di metri di diametro con una bella e grossa pietra al suo interno. Osservo da lontano il recupero della preda ma il mio sguardo torna verso il mare alla ricerca dello strano tronco che finalmente riappare. Sono le zampe di un animale, poco dopo ne vedo la testa spuntare dalla superficie del mare, è vivo e nuota disperatamente per salvarsi ma ritorna sotto spinto dalle onde per un tempo che mi sembra lunghissimo. Credo non riappaia più ma lo rivedo sotto il pelo dell'acqua per un istante prima che un onda ricopra il tutto. Non c'è tempo da perdere ma è difficile convincere gli amici di quello che ho visto farli rivestire con tanto di tuta impermeabile e seguirmi in mezzo a quel mare. Infatti la mia visione si trovava proprio nel punto dove il vento spinge le onde del canale a incontrare il mare aperto formando una zona dove il moto dell'acqua e dell'aria diventano irregolari e imprevedibili. Con non poca difficoltà raggiungiamo la zona fra le prese in giro dei miei compagni e le inondate che riceviamo ad ogni metro percorso ma del "capriolo", che nell'ultima apparizione avevo pensato potesse essere, nessuna traccia. "Spegniamo il motore (cosa che non si dovrebbe fare in queste condizioni) per evitare di ferire l'animale e "guardiamoci attorno" grido per farmi sentire, e lo vedo. La corrente lo sta portando verso di noi, si muove come per nuotare ma un metro sott'acqua e in maniera quasi rassegnata senza alcun vigore. Mentre passa sotto il gommone immergo il braccio fino a che arrivo e, non so ancora come, lo prendo per le orecchie. Lo issiamo a bordo senza sforzo perchè una bella onda ci da una mano facendoci arrivare l'acqua gelida fino dentro le scarpe entrando dal collo. Ripresa la credibilità sugli amici dato che le prese in giro stavano degenerando, osservo il passeggero immobile sul pagliolo della barca e penso che sia stato il movimento dell'acqua a farlo sembrare vivo poco prima. Ma si muove, tossisce ed espelle acqua dalle narici con un rantolo che non promette niente di buono, è completamente adagiato sul fondo del gommone e non riesce neanche ad alzare la testa.

     
   Ecco cosa succede se si tiene la pellicola per troppo tempo nella macchina fotografica!!!

Lo portiamo a riva e lo avvolgiamo con gli asciugamani che abbiamo portato per noi e notiamo delle ferite alle zampe e sul petto ma non gravi, praticamente delle escoriazioni dovute a probabili cadute dalle rocce. La costa, in certi tratti, è alta quattro o cinque metri e a strapiombo per diversi chilometri e può succedere che cani randagi o anche i cinghiali, inseguano i caprioli fino a farli cadere in mare. Questi devono nuotare per poter risalire nel bosco ma se incappano in un giornata come questa vengono trascinati in mare aperto con le conseguenze che possiamo immaginare. Comunque appena asciutto lo sistemiamo ad una decina di metri alle nostre spalle al sole e sull'erba vicino ad alcuni cespugli che gli fanno da riparo. Dopo mezz'ora alza la testa e si guarda attorno ma è stremato al punto che ci vorranno un paio d'ore perchè provi senza riuscirci a rimettersi in piedi. Nel frattempo catturo un paio di tanute piccole che ritornano subito nel mare e alcune stelle marine colorate. Non vedo invece, nella pozza, il pesce del mio amico che si è nascosto sotto quella grossa pietra al centro e immediatamente capisco cosa potrò fargli fare per ripagarlo delle burle di prima. Poco prima dell'ora del rientro faccio notare agli altri che non ha senso portare a casa un solo pesce e si dovrà rimetterlo nel suo ambiente dopo aver però prima svuotato la pozza dall'acqua fino al punto da poterlo tirare fuori dal suo nascondiglio. Immaginate quanto tempo ci vuole per vuotare (con un secchiello da cinque litri) una pozza di circa due metri e mezzo di diametro profonda circa sessanta centimetri. Mi godo lo spettacolo con il tramonto sullo sfondo e quando il pesce torna nell'acqua noto che il capriolo ha percorso una decina di metri verso il bosco, si è sistemato accovacciato come per passare la notte e ha lo sguardo molto più attento. Felici gli auguriamo buona fortuna e ci dirigiamo verso il gommone che ci attende impaziente (si fa per dire) di riportarci fra le onde rese più alte dalla bora che, come sempre, aumenta il suo vigore con l'arrivo dell'oscurità.

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