Doubs Franco-Suisse, giugno 2006…

 

…Stranamente quest’anno ci accoglie il caldo.

Sul grande, vecchio ponte che attraversa la Doubs a Goumois, portando alla riva svizzera del fiume, il sole a picco pesa sulle spalle e l’atmosfera è spessa, un po’ appiccicosa.

Neanche fossimo a Jesolo…

Per fortuna di quando in quando un alito di vento porta un po’ di sollievo. Ci guardiamo un po’ preoccupati dopo aver constatato, dai segni dell’acqua sulle pietre della riva, che il livello è un bel po’ più alto del consueto, e dà l’impressione di star ancora alzandosi. La corrente è più forte, e nei recessi dove l’anno scorso avevamo scorto dei temoli veramente grossi (ma proprio grossi!), non si vede muoversi alcunché. Eh, con quest’acquaccia saran tutti rintanati nelle buche…

Mah.

Dopo la consueta prima occhiata dall’alto del ponte, la curiosità ci porta ad esplorare la parte di fiume a valle: una stradina che neanche avevamo notato dà accesso ad un campeggio, e di lì prosegue, costeggiando il corso della Doubs, verso una meta dal nome promettente: l’Hotel “Le Moulin du Plain”… Che per noi potrebbe essere interessante sia per l’alloggio, sia perché è uno dei posti dove si rilasciano i permessi di pesca.

Già il percorso è splendido: una stradina a saliscendi, stretta e sinuosa, si snoda lungo la riva sinistra, risalendo a volte il pendio fino ad una decina di metri di altezza rispetto al fiume, a tratti scorrendo quasi a fondovalle, totalmente immersa in un bosco fitto, fresco ed odoroso…

 

 

 Facciamo un paio di soste lungo la via per dar un’occhiata all’acqua, che risulta effettivamente di livello più alto, ma guardando bene si nota una bella presenza di pesci: tanti temoloni che si aggirano mangiucchiando a mezz’acqua o grufolando sul fondo, e qualche bella trota zebrata più o meno in caccia, davanti ad una pietra o nell’acqua piatta sottosponda. Non male…

Uno sguardo misto di sollievo e compiacimento scambiato fra noi vale più di mille discorsi, e silenziosamente ci mettiamo d’accordo: si pescherà. Avanti verso l’hotel, quindi!

Continuando la strada, ci inoltriamo nel paese incantato…

Alcune casette da vacanze, dei veri chalet in legno e pietra, si svelano di quando in quando, arroccati sul pendio e celati in buona parte dagli alberi; spunta anche qualche macchina di pescatori (anche troppe, a dire il vero… Ma la riserva è grande diversi chilometri, c’è posto per tutti…), la quiete del bosco ci avvolge per tutta la via. Ecco l’hotel, una bella costruzione a poche decine di metri dal fiume che qui si apre in una piana larga e lenta, chiusa da un piccolo salto d’acqua. E ci sono i pescatori, chiaramente…

Come sempre veniamo accolti con il sorriso: nessun problema per l’alloggio, nessun problema per le cartes de peche, i permessi… E, visto il menù, nessun problema, ci fermiamo anche a pranzo!

Sbarchiamo un po’ di bagagli, diamo un’altra veloce occhiata al circondario scoprendo uno stagno pieno di graziose ranocchie con le quali ci intratteniamo un poco (se i pesci saran difficili da prendere come le rane, mi sa che avremo un pomeriggio particolarmente complicato…), dopodiché ci accomodiamo a tavola.

Che dire… Canard aux griottines avec pommes sautées, anatra alle amarene con patate stufate (e insalata verde), accompagnata da un Anjou rosso del 2000 che resusciterebbe un morto…

 

 

Se questo è l’inizio, promette bene!

E, siccome la pesca è benessere… Visto il sole alto, il discreto calduccio e… la scarsa vitalità che sfoggiamo a causa della digestione in corso (e dell’Anjou, diciamolo…) decidiamo di prenderci una pausa di riflessione nel quasi fresco dei nostri appartamenti. Io confesso che ho preso proprio sonno… Ed il risveglio è stato in armonia con lo spirito che contraddistingue le nostre vacanze, ovvero “niente privazioni”: la moka che borbotta mentre il caffè sale!

Va detto: la Francia è un paese bellissimo ed ha tanti punti di eccellenza, ma il caffè è veramente “una ciofeca”, come direbbe Totò… E così siam corsi ai ripari; fornelletto CampingGaz e moka!

Caffellattino, quattro chiacchiere studiando la mappa della riserva, una sistematina alle mosche e  ai vari accessori, poi il difficile: la scelta della canna…

Eh già… Abbiam visto diversi negozi di pesca e pure la Maison Nationale de l’Eau et de la Peche, il Museo Nazionale delle Acque e della Pesca ad Ornans, ma abbiamo più canne (bambù, s’intende…) noi tre che tutti ‘sti altri esercizi messi insieme! Mah, un po’ di esagerazione ogni tanto si può tollerare…

Visto che siamo in Francia… Si opta tutti e tre per delle canne di Pezon et Michel: io e Sandro scegliamo la St. Louis, 8’1” # 4, potente quanto basta per qualche lancio un po’ più lungo se serve, ma senza perdere la morbidezza e la precisione che caratterizzano le nostre predilette francesine, mentre Paolo sfoggia la sua Prima Normale da 8’½, # 5, bella “presente” nel lancio ma con una pastosità d’uso veramente “d’altri tempi”.

Pronti, via: decidiamo di scendere ancora il corso del grande fiume, per cercare qualche zona un po’ meno battuta, e ci avviamo. Qualche altra ricognizione veloce lungo il percorso fa emergere una considerazione sulla quale, tanto per cambiare, siamo tutti d’accordo: oggi “pagnotta dura”!

…Espressione triestino-pescatoria che sta a significare pesca moooolto difficile…

I pesci mangiano sotto, l’acqua un po’ più veloce non sembra invogliarli a salire a bollare (anche se a dire il vero qualche sporadica bollata, qua e là, la si vede), però notiamo una discreta schiusa di effimere, che ci rincuora un poco. E’ giugno inoltrato, il caldo ed una certa instabilità nel livello dell’acqua son tutti elementi che rendono ancora più impegnativa la sfida, ma noi non ci tiriamo di certo indietro… D’altra parte, ci siam presi dei cappottoni anche nelle familiari acque di casa, a volte: per male che vada, avremo preso della buona aria in un posto semplicemente meraviglioso. Fra preparativi e ciacole arriva il momento di pescare, e bardati di tutto punto ci avviamo verso il fiume. Lasciamo la  macchina parcheggiata sotto gli ultimi alberi che fiancheggiano la stradina a mezza costa, e ci avviamo verso la riva del fiume. Usciti dal bosco…

Il colpo d’occhio toglie il fiato.

 

 

Ci troviamo sopra un pendio che digrada dolcemente verso l’acqua, falciato di recente: un prato lungo trecento, forse quattrocento metri e largo settanta-ottanta, chiuso verso monte da alberi fitti che lasciano intravedere uno chalet, mentre il fiume qui scorre placido in una larga spianata incorniciata da altro bosco sulla riva svizzera. Il sole ancora alto accende il tenero verde dell’erba, carica il verde scuro della foresta e rende ancora più impenetrabile l’ombra del sottobosco: una lenta bollata si staglia a metà del fiume, poco avanti ad un pietrone che emerge dall’acqua e fende la corrente,  mentre una coppia d’anatre in volo veloce e agile sorvola gli alberelli che in un paio di tratti sorgono lungo la sponda davanti a noi…

Silenzio.

E chi ha il coraggio di parlare?

Questo è davvero il posto dei nostri sogni…

Sandro, con il suo humour di pescatore navigato, ci desta dicendo “E in un posto così bello,  pensate che  riusciremo anche a prender dei pesci?”

Ci facciamo una risata, spezzando l’incantesimo… E, già che ci siamo, ci ricordiamo che non siamo venuti a praticare la meditazione trascendentale, ma a pescare. Cioè, va bene un po’ di rapimento, un po’ di poesia, un po’ di estasi… Ma se è capitato che la prima bollata si sia “persa” nel quadro idilliaco, la seconda ci fa sussultare e ci riporta alla mente la nostra passione. Notiamo un altro paio di pescatori, lungo la sponda, tutti intenti a lanciare e a cambiar mosche… Stà a vedere che un po’ d’attività magari la si trova…

Illusione!

Qualche raro pesce, molto episodicamente, si decide a prendere una mosca a galla… Ma per il resto non si muove nulla. Cioè, succede tutto sott’acqua: anche qui ci son tantissimi temoli di buona taglia e diverse trote pure di belle dimensioni, ma trovano talmente tante larve e ninfe sott’acqua che la bollata è veramente un avvenimento raro.

Ma noi, duri e puri, ci proviamo lo stesso: qualche moschetta appetitosa, oppure qualche mosca di maggio bella grande, oppure una ninfetta leggermente piombata… Il massimo che otteniamo è qualche occhiata, a metà strada fra il distratto e lo schifato, da parte dei temoli che dopo aver osservato i nostri artificiali si permettono pure  dei sarcastici commenti tipo:

 

- “Mmmh, Devaux 916… Carina, ma da ‘ste parti non ci prendi niente con questa, bello mio…”

- “Bella ninfa… Fosse vera, sai che cenetta!”

- “Ehi ragazzi, erano anni che non vedevo una Adams!”

- “Una Sedge a quest’ora? Ma cosa vi siete bevuti? L’Anjou, scommetto…”

- “Ecco, bravo… Sbatacchia pure la coda sull’acqua che così mi scappano i gamberetti!”

- “Questi mi sa che son stranieri, ‘ste mosche qui non le avevo mai viste…”

- “Ehi, capo… Guarda che la tua mosca non galleggia più, sarebbe ora di cambiarla…”

 

Scherzi a parte… Noi non demordiamo! Ben distanti fra di noi, ognuno sta studiando la propria zona.

Io sto in una larga apertura fra due ciuffi di vegetazione, che fanno un po’ d’ombra sull’acqua e mi permettono di defilarmi dalla vista dei pesci. Ovvero, dei tre temoli da chilo che guizzano allegramente a pochi metri dalla riva, uno a monte, gli altri due quasi affiancati un po’ più a valle, facendo man bassa di tutto quel che si muove accanto a loro, spostandosi anche considerevolmente per andare a piluccare qualcosa che ha attratto la loro attenzione.

Lancio con cautela, riesco a fare delle pose delicate (grazie St. Louis… Anche se non è proprio il massimo come canna per le pose corte e precise, è pur sempre un bambù di Pezon et Michel… Souplesse et puissance!), un paio di volte i pesciotti salgono decisi verso il mio artificiale, ma si limitano a dare un occhio per poi riprendere il loro festino subacqueo.

Smetto per qualche minuto per non infastidirli, cambio mosca, provo a posare un po’ più lungo o un po’ più a monte, per farli muovere… Niente. Altra pausa, mi sposto e vado a far compagnia a Sandro che ha il suo bel daffare con una trota che bolla, sporadicamente, in corrente. La prassi è quasi la stessa…

 

 

Lancio delicato e preciso, pausa, cambio mosca, altri lanci, pausa…

Io torno a trovare i “miei” temoli, e vedo subito che han cambiato comportamento: ora fan vedere anche qualche bollata “a secca”... Seleziono tre o quattro moschette sull’amo del 18, dal grigino al giallo, e cerco di valutare quale potrebbe esser quella giusta, guardando attentamente cosa attira l’attenzione dei maestosi timallidi.

Mmh-mmh, visto! …Grigina chiara chiara, forse il 18 è un po’ troppo piccola ma senz’altro il 16 è un po’ troppo grande… Masssì, proviamo.

Primo passaggio sul temolo a monte: ignorata.

Secondo passaggio sul temolo a monte: idem.

Terzo passaggio sul temolo a monte: la guardo ma non la prendo neanche se schiatti.

Quarto passaggio sul temolo a monte: è come se io non ci fossi (e neanche la mosca).

Ok, mon cherQuando il gioco si fa duro… Si cambia preda.

Temolo a valle più vicino a riva, allora.

Primo passaggio… Ancora prima di calare la coda di topo sull’acqua mi accorgo che forse sono un po’ lungo: alzo rapidamente la punta della canna per accorciare il lancio e non rischiare di posare proprio sulla testa del temolo. Qualche voluta di coda, lenta, si adagia sull’acqua subito sotto sponda e vorrei recuperarla, ma vedo che la mosca si è posata bene, su una linea che passerà abbastanza vicino al muso del pesce e mi immobilizzo.

Il temolo si sposta in direzione opposta alla mia mosca che è ancora abbastanza a monte, prende qualcosa, e con tutta calma ritorna al suo posto. Poi, vede il mio artificiale. Sale con una lentezza a dir poco esasperante e lascia che la mosca lo superi: ed ecco, con tutta la sua aggraziata rapidità, fa una mezza curva per salire in superficie e con un guizzo del testone la prende.

Ferrata… C’è.

Cuore in gola. Ho preso un temolo sulla Doubs!

…Calma…

La coda che si era posata, lenta, sull’acqua sotto sponda e che non avevo recuperato, ha fatto ritardare la ferrata (il che potrebbe esser bene) e l’ha resa anche un po’ meno decisa (il che potrebbe esser male).

Paolo e Sandro han visto la ferrata e il balenare del pesce che lotta preso all’amo: con la coda dell’occhio noto che hanno interrotto la pesca per guardarmi e Paolo, cameraman ufficiale della spedizione France 2006 , in quel momento con la canna sotto il braccio, si sta avvicinando svelto svelto, armando la videocamera.

Il mio temolone fa il diavolo a quattro: una bella fuga chiamando fuori qualche metro di coda, una risalita conclusa da un balzo quasi fuori dall’acqua, poi un paio di contorsioni vicino al fondo, poi… Merde  (in francese sembra più elegante…), si è slamato.

Ferrata poco decisa: lo dicevo io che dovevo recuperare subito quel po’ di coda sotto sponda…

Segue uno dei sospiri più profondi che si siano sentiti nella valle della Doubs…

Bene così, è la pesca.

Grido “E’ andato…”, per non far fare tutta la strada a Paolo (e forse anche per evitare che riprenda la delusione che appare sul mio volto per qualche attimo…), colgo il cenno di disappunto di Sandro, riavvolgo la coda e mi fermo un attimo.

Mi guardo in giro, mi rivolgo verso i ragazzi allargando le braccia e facendo spallucce… E penso che anche se ho appena perso un bellissimo pesce, sono felice di esser qui.

Verso le otto i due pescatori che avevamo intravisto lasciano il campo,  e rimaniamo soli. Il sole sta per nascondersi dietro le montagne, finalmente, e dopo una veloce sosta alla macchina per dissetarci ritorniamo all’acqua, confidenti nel coup de soir.

E che coup de soirL’acqua ribolle, e l’aria è piena di cose che volano !

 

Mosche di maggio…

…plecotteri, sedges, chironomidi, effimere di tutte le dimensioni… Ed i pesci sono entrati seriamente in attività. Il rumore delle bollate è chiaramente avvertibile, e ci galvanizza: mosca nuova, posto promettente, dieci - quindici pesci che bollano a portata di canna… E via, un bel lancio, preciso e dolce… E poi un altro, e un altro… E un altro ancora…

E qui la Doubs ci impartisce la sua severa lezione: neanche un pesce che fosse venuto a mangiare le nostre mosche!

Un’oretta di attività intensa, fino a buio, e neanche una cattura. Sembra impossibile… Le proviamo tutte, ma niente da fare. Mangiano, mangiano, mangiano… Ma cosa???

Con attenzione, Sandro osserva accuratamente l’acqua con il piccolo binocolo Nikon che si porta sempre dietro, e dopo qualche minuto di studio ci mette a parte delle sue scoperte: continuano a mangiare le cosiddette emergenti, ma siccome è buio anche per i pesci, attendono che arrivino alla superficie, quando le possono vedere meglio stagliarsi contro il cielo ancora rischiarato dal crepuscolo, e le ghermiscono appena aprono le ali per farle asciugare.

… Niente speranze, quindi… E chi ce l’ha, l’imitazione dell’emergente che apre le ali??? Soprattutto che affondi, quindi che nuoti fino alla superficie e che le schiuda un attimo dopo esser emersa…

Continuiamo con i nostri tentativi, anche se sappiamo già che saranno sterili: ma metti che un temolo buongustaio abbia voglia di un pasto un po’ diverso… Non si sa mai…

Niente temoli buongustai.

Tutti abitudinari e poco propensi alle novità. Sembrano quasi pensionati triestini…

Ormai è buio, il crepuscolo sta lasciando il passo all’oscurità: le bollate continuano ininterrotte, ma ormai si vede a malapena dove mettere i piedi mentre prendiamo la via del ritorno, attraversando il pratone e risalendo il pendio. Sono le 22.35… Il fatto di esser circa 500 km più a ovest sposta di un’ora in avanti il momento del tramonto. Anche quello dell’alba, credo (ma non l’abbiamo verificato di persona…).

 “Ragazzi, che spettacolo”.

Forse davvero pensare di prendere un pesce alla prima uscita su questo fiume leggendario era pretender troppo… Se i temoli e le trote son così numerosi e così cresciutelli, ci sarà un motivo!

Si rientra verso l’albergo, cercando di carpire attraverso l’oscurità incombente un ultimo scorcio di Doubs, di fissare un’ultima immagine dei boschi ora silenziosi, dopo aver riecheggiato di gorgheggi, canti e richiami per tutto il giorno…

Buonanotte, Doubs Franco-Suisse!

Il mattino dopo…Inauguriamo la nuova giornata in maniera estremamente ben auspicante: siamo così in armonia con il mondo, che neanche sentiamo la sveglia. Eh, il troppo relax gioca di questi scherzi…

Vabbè, niente tavolo accanto alla finestra “vista Doubs”, niente giovanissima e graziosissima cameriera dal “bonjour messieurs” quasi cantato,  niente colazione a base di baguettes o croissant con burro e marmellata, o fagottini al cioccolato.

D’altra parte, dopo l’anatra alle amarene con l’Anjou di ieri un po’ di dieta non può far male… Il nostro albergatore comunque tiene fede alla tradizione di accoglienza e cortesia che abbiamo sempre notato: in un attimo ci prepara tre tazzone di cioccolata ed un bel cestino di croissant, e ce li serve sul terrazzo.  Il sogno continua…

 

 

Sotto l’ombrellone si sta al fresco, i fiori al balcone ingentiliscono l’ambiente, mentre sbirciamo il fiume siamo allietati dalla solita colonna sonora di canti e richiami dei mille volatili che popolano il bosco, punteggiata a momenti dal gracidare lontano di qualche ranocchia…

Dopo la colazione, ci uniamo per un po’ alle conversazioni dei pescatori che si stanno preparando a partire per la battuta quotidiana. Dopo le solite “presentazioni”, si inizia a parlare ovviamente di pesca, e scopriamo (ma già lo sospettavamo…) di non esser stati gli unici a non aver cuccato niente, il giorno prima: tanti pesci, anche grandi, ma… Solo visti da lontano! Un gran cambiar di mosche, provar approcci guardinghi, scrutare qua e là correnti e giri d’acqua promettenti… Gran cautela, si fa ricorso a tutta la “cattiveria” e l’esperienza, ma catture… Neanche una.

Eh, ragazzi, questa è o no l’università della pesca???

Ma il posto, l’atmosfera, i momenti magici vissuti in questo cantuccio di mondo, che per qualche ora è stato tutto per noi, sono un dono che ci rimarrà dentro a lungo, catture o non catture. Già di nostro non abbiamo mai fatto della pesca una questione di “cestino”; quando poi si approcciano acque sconosciute, magari anche in condizioni non ottimali, bisogna sfoggiare tutta l’umiltà del mondo ed accontentarsi di esser ospiti.

Per ora, ospiti… spettatori: se un giorno ci verrà dato di approfittare di quanto il fiume potrà offrire, si vedrà…

Si vedrà, perché nel nostro intimo sappiamo già, abbiamo già capito, è come se ce lo fossimo promesso…

 

Doubs Franco-Suisse… Torneremo!

 

 
 

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