Tanto tempo fa

 

E’ la metà degli anni settanta e mi trovo spesso sulle rive del fiume Vipacco nella parte slovena a guardare mio padre pescare. L’acqua mi affascinava già allora ma erano ancora tante le distrazioni in quei luoghi. Fin da quei giorni però la fine della giornata era completata da una magia.

Mi ricordo che circa un’ ora prima che facesse buio, Mario(mio padre), arrivava dal fiume spesso senza alcun pesce o solo uno, e fin qui niente di strano! Ricordo come fosse ora che prima di allontanarsi mi dava una bella “fumata“ con lo spray antizanzare, dopo di che si incamminava verso il fiume e scompariva nell’imbrunire. Poco dopo che si era fatto buio era di ritorno con una, due o anche tre trote da restare impietriti. Si insomma pesci da un chilo a uno e mezzo circa, per lo più ibridi fario-marmorata. Non capivo come facesse in cosi poco tempo a prenderle, e pensai allora che dovevo andare con lui per scoprire questo mistero.

La volta successiva gli chiesi: vengo con te? Lui con un sorriso mi disse: va bene allora porterai la borsa; io mi sentivo già protagonista ma quello che volevo vedere erano le trote. Ci dirigemmo verso un tratto piuttosto profondo e poco accessibile. Ormai era quasi l’ imbrunire e arrivati nel punto giusto ci fermammo. Dopo aver posato la borsa mi avvicinai a Mario, lui mi indicò un pertugio da dove si poteva osservare un tratto d’ acqua. In un attimo tutto era chiaro, la magia esisteva davvero. A pelo d’ acqua vedevo le trote tutte di taglia considerevole che bollavano tranquillamente.

Mario intanto montava la mosca giusta, con qualche falso lancio e una tecnica speciale metteva la mosca poco a monte della trota, quando questa arrivava davanti al muso il pesce saliva pigramente e la risucchiava facendo un rumore inconfondibile che non dimenticherò mai. Mario allora aspettava un momento prima di ferrare. La Phantom 9 piedi di Hardy si piegava e aveva inizio la furibonda lotta ma dopo qualche manciata di minuti la trota era sul prato vicino alla borsa in tutto il suo splendore. Avevo capito la magia, che però durava solo pochi minuti, e mi resi conto che nel fiume c’erano molte trote ma durante il giorno non si vedevano mai, era alla sera che ne sbucavano fuori così tante. La difficoltà non era quella di vederle e di cacciarle, ma quella di trovare un pertugio tra la vegetazione per poter lanciare la mosca, e parecchie volte era impossibile, ma comunque erano così numerose che un pertugio o l’altro aveva le sue trote.

Mario vide la luce nei miei occhi e capì tutto ancora prima che io me ne rendessi conto. Avevo visto molte volte durante il giorno catturare delle belle trote, ma in quel modo alla sera era una cosa fantastica, era un sogno.

Mi avvicinai alla pesca delle trote dapprima con il cucchiaino. Senza neanche dirmelo, la volta dopo Mario mi diede canna, mulinello, cucchiaini ecc. Non dimenticherò mai la prima lezione di pesca al lancio. Dopo aver montato l’ attrezzatura mi fece vedere qualche lancio e proprio durante uno di questi la trota abboccò, lui impassibile la tirò a riva per poi liberarla delicatamente. Cominciai a pescare con entusiasmo, ma ben presto l’ amarezza prese il suo posto; alla sera avevo le braccia doloranti per aver fatto centinaia di lanci, ma di trote neanche l’ombra. Continuò cosi per diverse uscite finche una sera qualcosa abboccò al mio cucchiaino; con il cuore in gola a trecento all’ora portai a riva la mia prima trota, una fario di buona taglia. Pescai al lancio per un paio di stagioni e catturai in tutto una trota, una miseria in confronto a quelle che prendeva mio padre. Lui mi aveva detto che in quel fiume il cucchiaino non era l’ esca migliore e per questo non bisognava assolutamente mollare, però un po’ deluso lo ero!

Mi convinsi che il metodo con la mosca era più redditizio e alla fine di marzo del 1979 acquistai la mia prima canna da mosca, una fiberglass 8’6’’coda 5 da ben 29500 lire e una coda di topo DT4F della Fassa. L’apertura del 79 pescai ancora col cucchiaino, ebbi fortuna, catturai due splendide fario ma il mio obbiettivo era ormai la mosca.

Era sabato pomeriggio, il 15 aprile dello stesso anno, Mario stava come al solito rovistando fra le scatole di mosche per fare un po’ di ordine nella borsa. Mi feci coraggio e mi presentai da lui con canna e coda in mano dicendo: ecco, io ho comperato questa! Lui mi guardò e prendendo la canna in mano per vederla esclamo: si, non è male però ci vuole il mulinello!  Avevo la risposta giusta: ho visto in un negozio un bel mulinello (ma non avevo i soldi). Quindici minuti dopo eravamo nel negozio (a quei tempi il traffico era una fantasia) e acquistammo il suddetto mulinello, un Heddon 310, classica imitazione dell’ LRH di Hardy. Caricammo un po’ di baking e la coda ; tutto era pronto per il giorno dopo. Una volta arrivati sul fiume montai in fretta la mia attrezzatura, Mario fece il primo collaudo e dopo aver detto che funzionava abbastanza bene aggiunse: guarda, si fa cosi e con un paio di falsi lanci e una posa a dir poco perfetta mi consegnò la mia canna e si incamminò verso monte. Non ebbi problemi a capire il meccanismo del lancio, averlo visto tante volte mi aiutò, e in quel memorabile giorno catturai la mia prima trota con la mosca  con una Adams su amo del 14.

Home page