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Perché Fassino e Rutelli temono Zapatero
di Ramon Mantovani

Perché Fassino, Rutelli, e per alcuni versi anche Prodi, nell'ultima settimana sembrano voler cambiare linea sull'Iraq? In parte, si potrà dire, perché già più volte, negli ultimi mesi, hanno usato aggettivi e illustrazioni del concetto di ritiro delle truppe italiane tesi più a rassicurare l'amministrazione Bush che non a soddisfare la domanda politica che viene dal popolo prima ancora che dal movimento pacifista e dalle sue componenti più coerenti ed intransigenti. In realtà non è questa la spiegazione utile a capire la portata della questione che si sta aprendo. Sia perché ci sono fatti che, per quanto accompagnati da ambiguità ed ipocrisie varie, hanno un valore indiscutibile. Per esempio il voto di tutte le opposizioni, tranne l'Udeur, contro la proroga della missione (Si può anche dire che si vuole il ritiro scaglionato e concordato, ma se si vota contro la proroga della missione si compie un gesto inequivocabile in favore del ritiro immediato ed incondizionato). Sia perché tut ti questi signori sanno bene che per quante dichiarazioni e discussioni virtuali facciano, ci sarà, prima delle elezioni, di nuovo un voto sulla proroga della missione che scade il 31 dicembre, e sanno altrettanto bene che votare a favore, concordando con il governo Berlusconi un programma di ritiro delle truppe - a sua volta concordato con gli occupanti e con il governo iracheno - farebbe esplodere la coalizione dell'Unione e metterebbe a rischio serissimo la possibile vittoria elettorale. Voteranno di nuovo contro, magari dicendo cose ancora piú ambigue e confuse, ma voteranno contro.

Io penso che il vero oggetto del contendere di questo contraddittorio dibattito fatto di dichiarazioni, parziali smentite, piccoli imbrogli propagandistici, diplomatismi e slogan privi di contenuti, sia molto serio ed alto, forse ancora più dello stesso ritiro delle truppe italiane dall'Iraq. In altre parole, penso che la questione in discussione sia la natura autonoma o meno della politica estera del prossimo governo. Politica estera che risulterà segnata e condizionata da due fattori aventi una forza intrinseca enorme e sui quali poco o nulla possono fare Fassino, Rutelli e Prodi: 1) la contrarietà alla guerra dall'opposizione, in sintonia con il popolo italiano, in nessun modo può tradursi in una condivisione della gestione della guerra dal governo, perché tale sarebbe la collaborazione con le forze occupanti di Usa e Gran Bretagna; 2) il ritiro unilaterale ed incondizionato della Spagna, e di tanti altri paesi, fa piazza pulita del "senso di responsabilità", del "r ealismo", del "pragmatismo" che ha sempre fatto escludere ai nostrani sedicenti riformisti qualsiasi atto unilaterale di politica estera. Infatti essi, tutti e tre, si sono affannati piú volte, a dire "non faremo come Zapatero". Addirittura Prodi ha dichiarato «io non farò colpi di teatro come Zapatero». Ma nessuno dei tre ha spiegato perché! Né in una intervista né in un articolo o da un Vespa qualsiasi abbiamo potuto leggere o sentire perché e su cosa Zapatero avrebbe sbagliato.

Capisco che sia imbarazzante per loro ma il mondo cambia. Ed oggi un paese da sempre subalterno agli Usa - anche se meno dell'Italia che ha in Europa il record assoluto di servilismo - governato da un partito socialista, sceglie la strada di una politica estera autonoma. Senza che questo produca catastrofi ed isolamenti del governo spagnolo che, al contrario, ha oggi un ruolo internazionale ben piú importante di ieri. In realtà il problema connesso al ritiro delle truppe non sta nei tempi del ritiro stesso, quanto nei modi. Per essere chiari, sarebbe paradossalmente meglio un ritiro scaglionato e lento ma non concordato con nessuno piuttosto che un ritiro veloce concordato con gli Usa. Perché nel primo caso avremmo un gesto politico autonomo utile ad isolare la politica di guerra e nel secondo il rientro nei ranghi e un ritiro "concesso" in cambio di un rafforzamento dell'alleanza occidentale uni o multilaterale che sia.

Quanto alla litania del tipo "non possiamo lasciare gli iracheni da soli", sfido tutti gli ipocriti, che la ripetono convinti di usare un argomento dalla forte presa morale, a programmare, insieme al ritiro unilaterale delle truppe, l'invio di migliaia di volontari ed aiuti di ogni genere anche in accordo con le attuali autorità irachene e soprattutto li sfidiamo a mettere in cantiere, già fin d'ora, come opposizione italiana, iniziative tese a produrre, o comunque a favorire, un dialogo e una trattativa politica con la resistenza irachena che isoli le forze terroriste legate a Bin Laden e metta fine alla guerra civile fra iracheni che invece Usa e Gran Bretagna vogliono alimentare per giustificare la loro occupazione nel tempo.

16 novembre 2005

 
 

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