Indice degli Interventi

Il potere dov’è? Lontano, lontano...

di Fausto Bertinotti

 

Di nuovo, i metalmeccanici. 

Di nuovo, un’attesa che riempie di sé il paese, a così scarsa distanza da uno sciopero generale

La manifestazione nazionale di oggi (2 dic 2005)  è quasi per antonomasia l’espressione più ricca e matura del conflitto di classe – e ci permetteremo anche il lusso dell’emotività, della “simpatia”, più profonde.

Perché questa giornata è così importante? 

Non soltanto perché è una tappa rilevante della lotta alle politiche neoliberiste del governo Berlusconi. 

Non semplicemente perché sintetizza – e dà forza – alla ormai già lunga battaglia per il rinnovo del contratto nazionale (per il quale Federmeccanica propone il provocatorio aumento di sessanta euro al mese, e il controllo totale dell’orario, cioè del tempo di vita delle persone). 

Ma perché riporta sulla scena politica la centralità del lavoro, e del conflitto di lavoro, spesso cancellata, negata, umiliata. 

Una centralità nient’affatto “statica”, ma interamente proiettata sulla ricostruzione di una nuova e più vasta soggettività sociale: da Genova in poi, del resto, la Fiom, il sindacato maggiore dei lavoratori delle imprese metalmeccaniche, si è cimentata proprio con questa sfida, l’ha percepita come uno dei propri compiti di questa fase storica. 

E infatti la Fiom ha partecipato, in prima persona, alla vertenza comunitaria della Val di Susa – e il suo segretario nazionale chiede con forza che si sospenda l’avvio della Tav e si ridiscuta insieme alla popolazione interessata il destino della valle. 

E infatti, insieme agli operai, oggi sfilerà una delegazione dei giovani di Locri. 

E infatti l’imponente corteo che oggi occuperà pacificamente Roma si ricongiunge, idealmente e perfino fisicamente, alla manifestazione di dopodomani dei migranti: un’altra parte essenziale del proletariato del nostro tempo, condannata alla clandestinità e al sottosalario.

Come possiamo non vedere il valore strategico, nient’affatto “settoriale”, della lotta dei metalmeccanici? 

Al tempo stesso, non possiamo però non vedere il problema drammatico che ci è posto di fronte: la solitudine del conflitto operaio. 

La sua distanza dalla politica – la politica corrente. La sua difficoltà ad orientarne davvero le scelte, e l’agenda.


Per un verso, la politica attuale tende a diventare, sempre di più, un mestiere separato, specialistico, autoreferenziale – un “lavoro” che risponde a se stesso e in se stesso, non nella realtà viva delle donne e degli uomini in carne ed ossa, trova i suoi riferimenti. 

Per un altro verso, essa cancella dalla sua Weltanschaung il conflitto, sociale e di classe: o non lo vede, o lo bolla come pura patologia. 

Il percorso di questi anni della sinistra liberale è, in proposito, emblematico: fin dai tempi del “congresso tematico” di Roma (quello che culminò nello scontro tra D’Alema e Cofferati), era evidente, nei Ds, la cancellazione di una visione di classe della società, e la soppressione di ogni legame virtuoso tra di essa e la stessa dimensione riformista, o socialdemocratica. 

Ma non è ancor più emblematico il fatto che il futuro Partito Democratico si avvia a nascere con una ideale “tessera numero uno” che appartiene a Carlo de Benedetti, uno dei massimi esponenti del capitalismo italiano? 

Qui, nella saldatura crescente tra il nuovo soggetto politico in fieri e la proposta strategica di un pezzo di borghesia, la “vittima designata” è il lavoro – sono ancora loro, i metalmeccanici che rispondono oggi anche e soprattutto a questo tentativo di cancellazione, di frantumazione, di marginalizzazione.. 

In alto, la politica rappresenta tutto questo nella forma del progetto neocentrista, dentro la quale maturano, in realtà, nuove forme di dominio e di oppressione.

Per tutte queste ragioni, la ricomposizione dei diversi conflitti in atto nel paese è al centro della nostra proposta politica: è anzi una necessità vitale. 

I movimenti che si stanno sviluppando, o che si sono già sviluppati – dalla scuola all’ambiente, dalle diverse “comunità” alle più svariate categorie sociali – non hanno ancora trovato una vera e forte “logica” di unificazione, che non potrà venire dall’esterno, ma potrà scaturire solo da una elaborazione alternativa di natura corale, sociale – in questo senso, interna. 

Interna ai movimenti, giocoforza plurale e articolata, ma capace di una comune progettualità – sui diritti, il modello di sviluppo, la società da trasformare e costruire. 

Il nuovo soggetto politico al quale pensiamo di dar vita – il Partito della sinistra europea, sezione italiana – ha precisamente qui, nella prospettiva di una nuova soggettività sociale, la sua prima ragione di esistenza. 

Anche con questo impegno, guardiamo con speranza alla prova di forza di cui oggi i lavoratori metalmeccanici saranno protagonisti. 

A loro, il nostro saluto più intenso.

Liberazione 2 dicembre 2005

Indice degli Interventi