Pongo una domanda un
po’ provocatoria.
Secondo voi, il peggior uomo politico
italiano (ognuno scelga il suo: Berlusconi, Fini, Castelli, Calderoli,
Gasparri, Cuffaro…) se fosse stato posto di fronte al dilemma,
semplicissimo per ciascuno di noi, se graziare Tookie Williams o
spedirlo sulla forca, cosa avrebbe fatto?
Lo avrebbe fatto ammazzare, di lì a
dodici ore, per convinzione, per sete di giustizia o di vendetta, per
calcolo politico, per sadismo, per conformismo?
Io credo di no: l’avrebbe
graziato.
Perché? Perché, mi chiedo, su temi
così importanti - che riguardano il concetto che si ha della vita,
del bene, del male, della vendetta, del perdono, della giustizia,
della rivalsa - la peggior destra italiana è di gran lunga superiore
alla destra liberale americana della quale il governatore Arnold
Schwarzenegger è uno dei più brillanti esponenti?
Ho una sola risposta. Paradossale ma
credo inoppugnabile.
C’è una questione di civiltà.
Gli Stati Uniti sono un paese
giovane, con radici “corte” e un livello ancora molto irregolare
di civilizzazione.
Ci sono campi nei quali la civiltà
americana è molto avanzata: la libertà di stampa e di espressione, i
diritti civili di una parte della popolazione (i bianchi
economicamente ben sistemati), il funzionamento dei servizi e della
pubblica amministrazione, eccetera.
In altri campi siamo appena fuori dal
medioevo.
Il senso comune, la cultura dominante
negli Stati Uniti, ad esempio, coltiva un’idea sul diritto alla
vita, sull’amministrazione della giustizia, sulla legittimità della
violenza e persino sulla sacralità e intoccabilità dell’individuo,
che sta molti secoli più indietro rispetto allo spirito pubblico
europeo.
Ieri, in un bell’articolo
pubblicato su questo giornale, il mio amico Piero Bernocchi, diceva più
o meno così: sono antiamericano e rivendico il mio antiamericanismo,
perché non ce l’ho con il governo degli Stati Uniti, o col loro
presidente, o coi ministri, i poliziotti, i boia: ce l’ho con la
nazione Stati Uniti, perché questa nazione è in grado di esprimere
solo valori di sopraffazione e di morte, aspirazioni imperialiste,
pulsioni autoritarie, violente, nazionaliste.
Conosco Piero Bernocchi da quando
eravamo ragazzi, e da allora - diciamo la verità, con affetto - lo ho
sempre considerato un estremista e un “gruppettaro”… Anche
stavolta è così.
Una condanna dell’America, in
quanto America - quasi fosse l’impero del male - è infondata,
sbagliata, priva di ragioni.
Però Bernocchi, con la consueta
franchezza e irruenza, pone alcuni problemi che sono veri, seri.
Il primo sta in questa domanda: perché
nell’analisi storica, o politica, o persino culturale e letteraria
sugli Stati Uniti, omettiamo sempre di considerare il fatto che quel
paese è diventato grande sulla base di uno sterminio, di un genocidio
paragonabile solo a quello eseguito da Hitler sugli ebrei, e che
questo genocidio ha portato alla cancellazione totale dalla storia di
un popolo gagliardo, raffinato e fiero, che era il popolo padrone di
quel continente (è l’unico caso nella vicenda umana, credo, nel
quale un genocidio produce la scomparsa totale di una intera
popolazione di milioni di individui)?
E ancora, che questo paese ha costruito le basi della sua superpotenza
economica su un sistema di produzione originario basato sulla schiavitù,
e che gli schiavi erano il frutto di azioni di rapina, di sequestro,
poi di deportazione feroce dall’Africa?
E perché omettiamo di dire che il
sistema di giustizia americano in parte - ma solo in parte - è
copiato da quello britannico, ma ancora oggi è fortemente
condizionato da una idea di giustizia che nell’ottocento - anni dopo
Beccaria - era fondato sul processo di piazza e sul linciaggio?
Cosa c’è di più obbrobrioso - si
chiedeva Bernocchi - che costruire un’intera epopea di film (e anche
di racconti letterari) sull’esaltazione di un genocidio, cioè del
massacro dei “pellerossa”, come è avvenuto a Holliwood con la
produzione di un fenomeno cinematografico e letterario che ha dilagato
con straordinario successo in tutto il mondo, ha influenzato la
fantasia della nostra giovinezza, ha diffuso valori (il coraggio, la
forza, la violenza, la freddezza nel colpire), ha fatto da battistrada
al grande cinema moderno?
C’è qualcuno che sa rispondere in
modo decente a questa domanda?
Badate che la glaciale spietatezza di
Arnold Schwarzenegger, che in piena tranquillità ha mandato a morte
il cinquantenne scrittore, poeta ed ex gangster Tookie William, non è
un’eccezione.
E’ così, sta nelle cose: la
stragrande maggioranza degli americani non ha un’idea diversa di
giustizia. Decine di associazioni, anche di giovani, hanno organizzato
manifestazioni l’altra sera per gridare la propria rabbia: urlavano
“friggetelo, friggete Tookie…”.
E del resto, non è agghiacciante il
candore con il quale, pochi giorni fa, George Bush si è presentato
alla tv per dire che la guerra andava bene e che aveva ammazzato 30
mila iracheni?
Torno alla domanda iniziale: ve lo
immaginate il perfido Berlusconi, o persino Storace, andare in
Parlamento e dire: tutto bene, ragazzi, ne ho fatti fuori trentamila,
vado avanti così…
Oggi, giustamente, in Italia ci
stiamo battendo per l’amnistia.
Abbiamo troppa gente in prigione,
troppi poveracci. Circa 60.000, uno ogni mille italiani.
E’ uno scandalo ed è
inumano.
Sapete quanti sono i carcerati negli
Stati Uniti? Due milioni e mezzo, uno ogni cento americani.
E tra i giovani neri di età compresa
fra i 19 e i 45 anni, quelli che sono, o sono stati, o andranno in
prigione, sono uno su tre.
Non vi sembra che si possa parlare di
Stato autoritario?
E’ una forzatura polemica?
No.
Abbiamo sempre condannato Castro per
le sue violazioni di diritti umani.
Giustamente.
Però a Cuba, nel 2004, non ci sono
state esecuzioni.
Negli Usa 58.
Le statistiche dicono che se si leva
la Cina (che è una specie di infame catena di montaggio di
fucilazioni), nella classifica degli Stati assassini, ai primi posti
ci sono l’Iran (con 168 esecuzioni) poi la Corea del Nord con una
settantina, e poi gli Usa, appunto con 58.
Perché non ammettere che questo
paese - che pure ha al suo interno delle cose meravigliose, ha il suo
popolo afro-americano con grandissime tradizioni, ha la musica, ha la
letteratura, ha grandi punte di eccellenza nello studio della scienza,
della filosofia, della politologia, ha una formidabile macchina
economica, ha dato i natali, o l’asilo, a giganti del pensiero,
dell’arte come, per dire, Luois Armstrong, Einstein, John Brown,
Marc Twain, MalcolmX, e tantissimi altri - non è ancora un paese
pienamente civile?
E’ importante ammetterlo, per una
sola semplicissima ragione: perché la tendenza della cultura politica
europea è quella che dice: uniformaci agli Usa.
No, per carità. Sarebbe un
imbarbarimento del mondo.
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