Non è un documento
ufficiale, probabilmente sarà riscritto dall’inizio alla fine.
E’ solo una «bozza di lavoro»,
modificabile, modificabilissima.
Ma in ogni caso quel volumetto di
duecentosettantaquattro pagine resterà agli atti come uno dei più
brutti episodi della storia dell’Unione.
Di cosa si parla? Della stesura, di
una prima stesura – firmata da Andrea Papini, fedelissimo di Prodi
– per provare a buttare giù il programma definitivo della
coalizione. Un testo che per una parte almeno dello schieramento è
semplicemente irricevibile.
L’hanno detto i verdi che ieri
sono andati a protestare direttamente dal candidato premier.
E l’ha detto Rifondazione.
Che l’altra sera con una lunga e
dettagliata lettera firmata da Walter De Cesaris, che rappresenta il
Prc nelle trattative sul programma, ha spiegato che quel testo deve
essere accantonato. Messo da parte. Riscritto.
Il tutto, a pochi giorni dal
vertice fra i leader dei partiti che avrebbe dovuto dare il placet
definitivo alla «bozza». Bozza che così sarebbe potuta passare al
vaglio delle assemblee regionali, prima della convention nazionale,
in programma a metà febbraio.
Si erano decise queste date
ravvicinate perché, appena venti giorni fa, il «grosso» sembrava
fatto.
Come sanno davvero tutti, a
dicembre, all’inizio di dicembre, s’era concluso il lavoro delle
quattordici commissioni, divise per temi.
E la stragrande maggioranza di
queste commissioni (le chiamavano «tavoli») si era chiusa con un
documento unitario.
Votato da tutte le forze presenti:
dall’Udeur a Rifondazione.
A giudizio di tutti, almeno di
quelli che avevano voluto commentare quei documenti, si trattava di
proposte avanzate. In qualche caso anche avanzatissime (come per
esempio sul riconoscimento delle coppie di fatto).
Solo la commissione che avrebbe
dovuto scrivere la «scheda» sulla finanza pubblica aveva chiuso i
battenti senza un accordo.
Troppo forti erano le distanze sul
tema delle liberalizzazioni, sulla priorità da dare al rientro del
deficit statale, devastato da cinque anni di governo delle destre,
sulla previdenza.
Ma anche in questo caso, passi in
avanti erano stati fatti.
Al seminario di San Martino al
Campo, a due passi da Perugia, dove tutti i leader dei partiti
assieme a Prodi aveva concordato di «accogliere» le proposte
unitarie avanzate dalle commissioni e di incaricare un ristretto
gruppo di persone di scrivere un testo condiviso sulle grandi scelte
economiche.
Di questo lavoro si è appunto
incaricato l’esponente della Margherita Andrea Papini.
Anziché un lavoro collegiale, il
responsabile ha preferito affidarsi al suo staff.
«Ma solo per ragioni di tempo, per
brevità», ha continuato a ripetere.
Si è arrivati così all’altro
giorno, quando il testo, appunto quelle duecentosettantaquattro
pagine, sono state inviate a tutte le forze dell’Unione.
Cos’è accaduto? Molte cose. La
«bozza» – con la scusa di asciugare i testi, di riassumerli –
ha stravolto, cambiato, cancellato interi punti. Il tutto con un
unico obiettivo: edulcorarne i contenuti, ammorbidirli.
Spostare al «centro», insomma,
l’asse del programma.
Servono esempi?
Eccoli. La commissione esteri –
che aveva uno dei compiti più delicati da svolgere – dopo
estenuanti discussioni aveva trovato una formulazione che tutti, ma
proprio tutti, avevano definito accettabile.
Il documento definiva «la guerra e
l’occupazione militare gravi errori». Ora, nella «bozza», la
parola «occupazione» è stata cancellata. Sparita, non c’è più.
Solo la guerra, insomma, sarebbe
stata un errore, la presenza di truppe americane no.
E ancora. Non c’è più neanche
la richiesta dell’istituzione di una commissione d’inchiesta sui
tragici fatti di Genova del 2000. Anche di questa proposta,
semplicemente non si parla.
La «bozza» allora si limita a
cancellare? No, fa di più. A volte sostituisce le parole, le
cambia. Stravolgendo il senso delle richieste del centro-sinistra.
Anche qui, occorrono esempi? Più
chiaro di tutti, è ciò che è avvenuto nel paragrafo relativo al
Ponte sullo Stretto di Messina, l’inutile, devastante opera voluta
dalle destre. Il testo originale era inequivoco: «Sospendere
l’iter procedurale in atto per realizzare le priorità
infrastrutturali nel Mezzogiorno». Ora è diventato: «Sospendere
l’iter procedurale in atto e valutare le effettive priorità
infrastrutturali nel Mezzogiorno». Secondo l’ultima versione,
insomma, la progettazione del Ponte si sospende. Ma poi, l’opera
potrebbe rientrare nel lavoro di «valutazione» delle opere
nessarie al Sud.
Due testi se non proprio opposti,
molto, molto differenti.
C’è poi, il caso limite.
Riguarda un altro dei temi chiave della discussione: la precarietà,
gli strumenti per superarla. Riguarda cosa mettere al posto delle
norme della legge Biagi.
L’iniziale documento, varato
dalla commissione, diceva che «la regolamentazione del lavoro
interinale dovrà essere rivista, anche considerando
l’impostazione legislativa del precedente governo di
centrosinistra». Ora quelle righe sono diventate un elogio di Treu,
delle politiche del governo D’Alema: «Riteniamo opportuno
recuperare l’originaria legislazione definita dai governi di
centrosinistra».
Il documento, la «bozza» di
documento è tutto così. Là omette, là cancella, là stravolge.
Con sistematicità.
Perché gli interventi più pesanti
avvengono proprio su quei punti dove le componenti moderate e
riformiste dell’Unione avevano ingoiato con difficoltà le sintesi
raggiunte. Come sulle politiche per i migranti.
L’impianto della proposta – che
ne avrebbe fatto, se realizzata, una delle legislazione più
avanzata d’Europa – è stato stravolto, con piccolissime
aggiunte.
Con un certosino e millimetrico
lavoro di taglia e cuci. Al punto che ora le espulsioni si
potrebbero rendere necessarie per «assicurare l’identificazione
degli immigrati».
Che è più o meno, la filosofia
dell’attuale, vigente legge che si voleva superare.
Un documento rispedito al mittente,
dunque. Inutilizzabile.
Qualcuno ieri diceva che in alcuni
parti giustificherebbe l’organizzazione immediata di uno sciopero
generale. Un documento di lavoro, però. Un brogliaccio, niente di
più.
Ma resta la preoccupazione.
Che in difficoltà su altri campi,
i moderati dell’Unione vogliano giocarsi le loro carte sul
programma.
I prossimi giorni scioglieranno i
dubbi.
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