DIFENDIAMO LO STRETTO DI MESSINA


MANIFESTAZIONE NAZIONALE DOMENICA 22  GENNAIO 2006
contro il ponte  sullo Stretto 

Parteciperà una  delegazione del popolo NOTAV.... 

Inoltre dal 16 al 17 febbraio tutti  in VAL DI SUSA 

Grande assemblea  delle realtà territoriali in lotta 

Per maggiori informazioni visita  il sito: www.retenoponte.org

NO AL  PONTE!!  DIFENDIAMO LO STRETTO DI  MESSINA 
APPELLO PER LA MANIFESTAZIONE DELLO STRETTO



La manifestazione  per lo Stretto di Messina, promossa  per domenica
22 gennaio 2006  (raduno ore 10,00 a piazza Cairoli,  Messina) dalla Rete Noponte, si ispira ad un modello di società basato  su principi ecosostenibili e  solidali e intende difendere la ricchezza  paesistica, ambientale e  naturalistica del mare e delle terre tra  Calabria e Sicilia, vera  grande risorsa turistica, In un luogo unico  nella storia e nella  cultura del Mediterraneo che va difeso da  interventi il cui impatto  sarebbe irreversibile. 

La Manifestazione per lo Stretto di Messina  vuole riportare le popolazioni al centro dei  processi decisionali che  riguardano i progetti che hanno impatto sul  loro territorio. 

In  questa zona ad levato rischio sismico e dai  precari equilibri  urbanistici e territoriali, il Governo, nonostante  evidenti carenze  progettuali e la crescente opposizione della  popolazione, sta portando 
avanti la realizzazione di un ponte che  vorrebbe collegare le due  sponde dello Stretto, ad unica campata della  lunghezza di 3.300 metri,  con doppio impalcato stradale e ferroviario, per un costo prudenziale stimato, oggi, a consuntivo in circa 6  miliardi di euro (quando il  costo reale dell'opera, per l'aumento dei  prezzi dei materiali, delle  compensazioni ambientali e del calcolo  sbagliato sulla durata dei  cantieri, almeno 12 invece di 6 anni,  portano a stime che si aggirano  tra i 7,5 e i 9 miliardi di euro).

La  scelta governativa è stata  imposta ai cittadini italiani e alle città di Messina e Villa San  Giovanni, sfruttando i meccanismi  antidemocratici di semplificazione e  accelerazione delle procedure  della cosiddetta Legge Obiettivo (L. n.  443/2001), che prevede in  tutta  Italia la realizzazione (senza alcuna  seria analisi degli  impatti  ambientali e del calcolo costi/benefici per la comunità) di  oltre 250 
interventi per una spesa complessiva  preventivata di 264  miliardi di  euro ed elevatissimi costi ambientali  e sociali. Anche la  TAV, che vede  mobilitati migliaia di cittadini in  Val di Susa, è  figlia della stessa  Legge Obiettivo, che vorrebbe  imporre loro costi  sociali ed ambientali ingenti, senza verifiche  approfondite e senza  la  volontà della popolazione che dovrebbe subire  per oltre 15 anni, lavori  e danni anche  sanitari incalcolabili  

Nonostante ben 3 indagini  in  corso della DIA di  Roma per turbativa d'asta in merito alla gara  del  general contractor  già espletata; per  falso in atto pubblico e  sottrazione di documenti  sul parere reso  dalla commissione speciale  VIA del Ministero dell'Ambiente; per  infiltrazioni mafiose (che hanno  già visto l'arresto di personaggi legati alla criminalità organizzata, pronti ad investire ben  5 miliardi di euro per la realizzazione del  ponte) e nonostante la  messa in mora del governo italiano da parte  dell'Unione Europea per  la  violazione di due direttive comunitarie,  il  Governo insiste senza tentennamenti, nel continuare a lanciare  questa  sfida avventata e  distruttiva che noi raccogliamo con la  Manifestazione per lo Stretto  promossa per domenica 22 gennaio 2006. 

Noi riteniamo che questa sia  una  sfida sbagliata: 

- per il progresso  tecnologico. 
Non esiste  ponte al  mondo, stradale e ferroviario, ad  unica campata che superi i 1.900 metri. Allo stato attuale delle  conoscenze un ponte ad unica campata di 3.300 metri di lunghezza,  come quello voluto dal Governo, potrebbe  essere costruito solo tra  100  anni. - per i conti  pubblici. Stime  ufficiali prevedono che il  traffico stradale previsto  nel 2032 sia di  soli 18.500 autoveicoli al giorno, quando (se davvero si volesse  ripagare il ponte con i pedaggi) bisognerebbe garantirne  perlomeno 100.000, con le  conseguenze  prevedibili per le aree urbane di Messina,  Villa San  Giovanni e Reggio  Calabria; il traffico  ferroviario è modesto  ma le  FS dovranno pagare  una gabella annua,  quando il ponte andrà in  esercizio, di 138 milioni  di euro per  contribuire a ripagarlo e per  garantirne gli elevatissimi costi di  gestione. 

- per l'economia del  Sud. 
I 6 miliardi (che  potrebbero  diventare tra i 7,5 e i 9) a  consuntivo e i 138 milioni l' anno, per  oltre 40 anni, potrebbero essere  meglio impiegati per il  potenziamento e  l'ammodernamento delle  reti stradali e ferroviarie  siciliane e calabresi, per la  ristrutturazione  degli scali portuali  e  aeroportuali o da trasformare  in aeroporti  civili (come Comiso e  Sigonella) e per incentivare il  trasporto via  mare e aereo di merci e  passeggeri. 
Mentre il mondo  intero promuove le autostrade del  mare  come mezzo più economico ed  ecologico per il  trasporto delle  merci, in  Italia si vuole rendere  carrabile il braccio  di mare che  separa la  Sicilia dal continente. 

- Per il lavoro nel  Mezzogiorno. 
L'occupazione temporanea nei 7 anni di  cantiere, stimata  dal  Governo, è  gonfiata del 100% e sarà richiesta  manodopera ad alta specializzazione  che escluderà le maestranze locali  mentre si  nasconde  che, a regime,  verranno tagliati centinaia di  posti di  lavoro tra gli  addetti del  traghettamento. 

- per l'ambiente.
Con  opere, cantieri,  discariche e  cave si devasta un  habitat unico nel  Mediterraneo per la  ricchezza  della biodiversità e  11 tra siti di  interesse comunitario e  zone di  protezione speciale,  tutelate dall'Europa; la qualità della  vita di  decine di migliaia di  cittadini che  vivono sulle due sponde,  sarà  compromessa  definitivamente.  

- per il  territorio. 
Dicono che il  ponte  reggerà  sismi anche elevati, ma solo  il 25 % delle case di  Messina e  Reggio  Calabria sono in sicurezza  antisismica. In caso di  terremoto,  le due  città si trasformerebbero  in due cimiteri. 

Noi  rispondiamo all'avventurismo del Governo  chiedendo con la  Manifestazione per lo  Stretto del 22 gennaio di: 

1) non perfezionare  alcun accordo con il  General Contractor per evitare  qualunque danno ai  conti pubblici, tanto più che ancora non si  conoscono gli esiti delle  indagini in  corso e delle procedure d'infrazione europee;

2) impiegare  i 6  miliardi di euro (che potrebbero  diventare tra i 7,5 e i 9)  previsti  a  consuntivo per la  realizzazione del ponte per adeguare e  potenziare invece le  infrastrutture esistenti in Calabria e Sicilia; 

3) cancellare  l'aiuto di Stato di 138 milioni di euro, garantito  attraverso RFI,  alla  Stretto di Messina SpA;

4) rivedere la posizione  degli enti  pubblici  nei confronti della Stretto di Messina S.p.a, l'obiettivo del  progressivo superamento del suo attuale assetto, al  fine  di una  reale  promozione delle infrastrutture realmente utili al  Sud, sulla  base di  un piano di investimenti, frutto di un ampio  confronto  tra le  popolazioni e gli enti locali.

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