(Rivolto agli oratori che l’hanno preceduto,
rappresentanti dei comitati cittadini) Vi ringrazio per ciò che mi
avete insegnato stasera con i vostri interventi. Ne avevo proprio
bisogno. Mi hanno illuminato e anche vieppiù depresso.
Infatti stasera mi sento piuttosto abbattuto. In questi giorni ho
girato molto per Milano, tanto nel centro che in periferia. Sono
mesi, ormai, che vado intorno, mi informo, ascolto: è come andassi
a scuola. Ho avuto sempre con me un operatore che ha ripreso ogni
incontro o dialogo e ha registrato le immagini degli sventramenti
per la costruzione di palazzi e parcheggi, case fatiscenti, folle ai
mercati e cittadini che salgono e scendono dai tram e dai treni.
Io sono stato qui proprio come uno studente, ad ascoltare delle
lezioni. Le vostre testimonianze sono state una conferma di quello
che ho elencato nella mia memoria, delle cose che ho visto intorno
che mi hanno addolorato, angosciato e mi hanno fatto ritrovare come
dentro una ragnatela, per cui mi chiedevo “Come risolvere questa
disperata situazione? Come ti tiri fuori da questa immensa trappola
di smog, frastuono, traffico e ingorghi, macchinamenti e
truffalderie? Come disfare l’impianto incancrenito su cui
sopravvive questa città?”
In più stasera da tutti quelli che hanno preso la parola ho sentito
ribadire le ragioni storiche e strutturali di questa situazione con
termini più precisi, direi geometrici. Stasera per me è stata
veramente una grande lezione, ma sono sicuro anche per il pubblico
che vi ha ascoltati.
Ero vicino ai miei compagni… come dire di cordata… – State
attenti a non intendere questo termine nel significato ormai
convenzionale…– Guardavo anche i loro visi… erano stupiti
della precisione e dell’essenzialità con cui venivano esposte le
infamie e del coraggio con cui si indicavano i responsabili: tutti.
Perché molte volte si è ripetuto: “La destra è veramente
colpevole di infamia, di brutalità, di arraffo, di superficialità,
di imbecillità in certi momenti, di buffoneria proprio oltre il
limite.”
Ma quante colpe ha anche la sinistra? Profonde colpe, che durano da
tanto tempo. Cioè il fatto di non aver seguito fino in fondo, di
non aver tenuto, come si dice, il fiato sul collo a tutta questa
gente, incalzandoli, e di aver accettato dei compromessi, quanti
compromessi! (applausi del pubblico) quanto lasciar correre per
anni, anni, anni…
Molto tempo fa mi ritrovavo alla Palazzina Liberty a Milano,
mettevamo in scena degli spettacoli ed erano spettacoli feroci,
denunce forti, che oggi si accettano, perché ormai sono stati
sciolti dal tempo. Ma che difficoltà in quel momento farli passare,
specie da parte di certi dirigenti della sinistra che non
accettavano che si andasse fino in fondo. Il loro tormentone era
smorzate i toni, siate cauti.
Noi si gridava: “Le stragi sono di Stato”. Loro ribadivano:
“Calma, lasciate che la giustizia faccia il proprio corso”. E
aggiungevano rivolti ai giudici e al Governo: “Fate luce”. Non:
facciamo noi luce, ma loro!, i governanti, che
spostavano i processi contro le stragi in Puglia, Calabria, come in
un carosello da polverone.
E abbiamo molto sofferto di questo. Abbiamo perso la presenza,
abbiamo perso la cadenza, abbiamo perso la giusta caparbietà che
bisogna tirar fuori per far rispettare i propri diritti. Non te li
danno! Non te li regalano mai i diritti! Devi prenderteli!
Abbiamo sentito parlare di leggi… quante volte: applicare la
legge, l’ordine, bisogna seguire le regole. Ma quando mai le leggi
hanno fatto la storia degli uomini? È stato il combattere quasi
sempre contro certe leggi imposte che ha liberato il cammino degli
uomini (applausi), leggi fatte passare di prepotenza per abbattere,
per distruggere, per abbassare la nostra volontà di essere, di
esistere, di collettività e di legame agli interessi collettivi e
non andarsene ognuno per il proprio campo.
E poi ribadisco: l’eterno ricorrere ai compromessi. Noi siamo
maestri di compromessi, diceva qualche grande filosofo, ma il gesto
più coraggioso, che ci leverebbe nella credibilità, è proprio
quello di sfuggire al compromesso, assolutamente non accettarlo.
Quando pensi che uno degli uomini politici tenuto in molta
considerazione dal nostro presidente del Consiglio, un certo Lunardi,
specialista di trafori e ponti, ha dichiarato: “La mafia c’è e
con la mafia bisogna imparare a convivere”. Prego, gradisce un
caffè? Un semplice contatto, l’inizio di un dialogo…
E non è forse questo un altro percorso, sostituendo il termine
obbrobrioso di mafia, molto simile a quello che alcuni maestri della
politica realistica caldeggiano per un prossimo futuro, compreso
quello della direzione di questa nostra una città? “Bisogna
convivere con il potere – ti dicono – con coloro che gestiscono
la finanza, convivere con i furbi, le forze, o meglio i poteri forti
della città.”
Allora, questa sera abbiamo sentito ripetere esplicitamente questo
stesso problema da voi dei comitati che mi avete preceduto su questo
palco, e di questo coraggio io vi ringrazio immensamente. Avete
ribadito che non basta avere idee chiare, non basta proporre delle
soluzioni drastiche, non basta dire “Blocchiamo le gigantesche
costruzioni che deturpano l’assetto della città, blocchiamo lo
scempio dei parcheggi a più piani che ingoiano migliaia di
macchine, le stesse che troveremo invadere le strade adiacenti,
causando ingorghi da giudizio universale…”.
Bisogna cancellare tutto questo obbrobrio non solo dalle carte
progettuali, ma anche dal territorio. Dobbiamo urlare perentori:
“Non ci devono essere più”. Bisogna veramente toglierli di
mezzo, torri, tunnel, garage a grappoli, perfino sotto la darsena
dei navigli. Ma c’è subito il coro dei moderati che ansimando ti
chiede: “Ma scusa, ma delle strutture già in atto, dei tunnel già
a metà traforati, delle basi dei grattacieli, degli alberi mozzati,
che ne facciamo? Ormai ce li abbiamo, ci conviene tenerli. Sono
soldi…” No!!! Non si tengono! Perché è da lì che si ritorna
da capo: “Mettiamoci una pietra sopra, anche più di una, ormai
abbiamo spesi dei quattrini, è un peccato buttarli.”
No, mi spiace ma giacché voi parlate sempre di leggi allora vi
diciamo che è proprio per rispetto alle leggi civili che si deve
togliere di mezzo questo orrore. Siete voi a voler uscire dalla
legge: fuori legge, a danno della salute pubblica, della onestà,
della sicurezza. Noi dobbiamo cercare assolutamente di non
permettere che questi progetti vadano avanti. Ma non avete fatto
caso allo scatto da centometristi, eseguito in questi ultimi giorni
da tutti i dirigenti della destra al potere pur di arrivare a
mettere il piede sul nastro di partenza dei lavori, per poter posare
“le mani sulla città” e bloccare ogni impedimento, così da
proseguire fino alla fine nell’issare pareti fino all’ultima
colata di cemento.
E di nuovo le leggi e le regole che bisogna ingoiarsi con il solito
accompagnamento della manata sulle spalle… lascia correre…
lascia fare… non piantiamo grane.
Ecco la mia tristezza. Il mio timore ossessivo, ma ho scoperto
stasera che questo dubbio lo sto dividendo con tutti i comitati qui
presenti, è che chi sarà scelto a salire sul podio del Comune alla
fine sarà spinto a seguire questa soluzione.
Noi temiamo che il vincente non avrà la determinazione di tener
fede fino in fondo a quello che ha promesso, noi testimoni, a
proposito della difesa di questa grande trasformazione: l’impegno
assoluto di voler ad ogni corso liberarci dall’aria malsana, dal
caos del traffico, la volontà di costruire case non per speculare
come sempre ma per dare rifugio ai cittadini, aiuto e sicurezza ai
bambini e agli anziani, spaccare la logica di una Milano fatta di un
centro, isola di benessere e una periferia dormitorio e palestra di
criminalità…
Insomma cambiare pagina, cambiare linguaggio, cambiare sistema,
cambiare cultura, buttare all’aria la logica del compromesso,
dell’accettazione… del tiriamo a campare… e del chi ce lo fa
fare di aver contro quelli che contano! (applausi).
Ma mi chiedo: erano solo belle parole quelle che tutti noi candidati
alle primarie abbiamo snocciolato per giorni e giorni davanti a
platee diverse? Noi l’abbiamo promesso questo radicale
cambiamento. Bisognerebbe fare come nei grandi riti della storia
antica: un solenne giuramento con il fuoco, con le mani levate in
aria, davanti ai bambini, giurare davanti a tutte le donne della
comunità, davanti alle madri che gridano in coro: “Se ci
tradirai, dovrai ucciderti davanti a noi.”
Ma siamo fuori da questo tempo, ormai i giuramenti si fanno
soprattutto in politica e non sei tenuto a rispettarli. Così tutto
diventa una seria buffonata. Ed è questo che non sopporto. Odio il
mondo del compromesso. (applausi)
Io ho avuto una grande fortuna nella mia vita e ho affrontato
situazioni davvero pesanti, difficili, da tremare, non ho dormito le
notti. Non so se voi potete immaginare che cosa significhi debuttare
a New York, per esempio, in uno dei più grandi teatri del mondo
oppure a Parigi, oppure metter su un’opera con 250 persone da
dirigere e coordinare, rischiando capitali enormi, costretto al
successo ad ogni costo, evitando il crollo, non solo finanziario. Se
lo spettacolo fallisce, rischia di fallire anche il teatro, rischi
di fallire tu stesso, la tua storia, tutto quello che hai fatto in
una vita.
Ebbene, vi assicuro che non è niente rispetto alla tensione che ho
all’idea che potrei anche essere eletto sindaco (applausi). Ci
sono dei giorni in cui mi dico: “Speriamo mi vada male”
(risata). Perché quello che ci aspetta, che aspetta ad ognuno di
noi candidati se vincente, è un impegno mastodontico di fatica, di
forza, di tenacia e di coraggio.
Parliamoci chiaro: la città che ci lasciano sembra una banca dopo
un assalto di rapinatori, una città che ha subito un bombardamento
come fosse Baghdad.
Ma, in mezzo a tanta angoscia, questa sera ho vissuto un momento di
grande conforto. Era bello sentire parlare delle persone,
soprattutto delle donne, ognuna di un quartiere con una propria
storia, esporre con forza e passione, con coscienza e conoscenza,
scoprire la sapienza che emanavano nei loro discorsi.
Allora forse la soluzione è proprio questa: che siate voi a
dirigere questo paese, questa città. Non è una boutade (applauso):
dovete essere voi! Il sindaco deve essere soprattutto un
coordinatore di intelligenze, giacché qui noi questa sera le
abbiamo viste chiare.
Basta così.
Dario Fo, 18 gennaio 2006