La sfida delle tute blu: no alla concertazione

I metalmeccanici erano l’immagine della rivoluzione e del mutamento sociale». Pietro Ingrao parla davanti ai 730 delegati del ventiquattresimo congresso della Fiom. Sui due megaschermi ai lati del palco scorrono le immagini della sua intervista a Gianni Rinaldini, segretario generale della Fiom. Altri tempi storici e altri luoghi sociali quelli rievocati dall’anziano leader.

Ma quando attacca a parlare Rinaldini, che nella relazione introduttiva fa un bilancio fallimentare della concertazione, è difficile sfuggire alla sensazione che le attuali tute blu della Cgil possano rappresentare ancora il vero motore della trasformazione sociale nel paese.

Quella trasformazione di “protesta e di proposta”, «senza governi amici» e densa di una visione complessiva della società, che spazia dalla «inchiesta sociale» alla necessità di un sindacato europeo, a cui non eravamo più abituati leggendo un intervento sindacale.

La relazione di Rinaldini affronta tutti i temi cruciali: dal no alla guerra ai temi internazionali, dalla Tav alle privatizzazioni, fino all’apertura della vertenza aziendale alla Fiat, ferma a dieci anni fa.
Il segretario generale della Fiom parte proprio da lì, da una valutazione onesta e senza veli della fine dell’esperienza del patto sociale, in qualsiasi salsa lo si voglia riproporre, «anche in presenza di un auspicabile nuovo governo».

«Ritengo quel percorso non più possibile, per la semplice ragione che le condizioni sono profondamente mutate, le condizioni dei lavoratori, delle lavoratrici e dei pensionati non sono comparabili con quelle di allora», dice. Conflitto sociale come il far west? Nemmeno per sogno. E la chiusura dell’accordo sul rinnovo del secondo biennio dei metalmeccanici l’ha dimostrato.

Il punto non è l’assenza di un sistema di regole contrattuali. Il punto è la «definizione di un patto sociale», dice Rinaldini. E poi aggiunge: «Il sistema di regole contrattuali non è una priorità». Del resto, seguendo il ragionamento della relazione, la sua sembra più una constatazione che una presa di posizione.

Non sono stati forse gli imprenditori a “interpretare” l’inflazione programmata come una riduzione sistematica dei salari? Non sono stati forse gli imprenditori ad utilizzare la moderazione salariale per scorribande in borsa e privatizzazioni di tutti i tipi? Non sono stati forse gli imprenditori a puntare a testa bassa contro il contratto nazionale pretendendo di ridurre il sindacato a un mero soggetto collaborativo? E oggi cosa vuol fare la Cgil, tornare ad essere una autorità salariale che rivendica «incrementi reali delle retribuzioni» oppure seguire quella china?

E’ il senso della tesi 8°, sulla contrattazione, presentata dallo stesso Rinaldini insieme a quella sulla democrazia. Formulata in questo modo, però, irrompe direttamente nel congresso nazionale della Cgil di Rimini, con una forza che va ben oltre quel 15% raccolto tra i lavoratori.

Ai rapporti con la Cgil, e al XV congresso, il segretario della Fiom dedica ben cinque pagine della sua relazione, a partire da quell’idea di sindacato dell’industria, o sindacato di filiera produttiva, di cui si è sempre parlato ma su cui si è poco agito. E’ uno snodo centrale del ragionamento, perché contiene il punto sui due livelli contrattuali, e quindi sulla difesa del contratto nazionale, e anche i rapporti tra sindacato confederale e singole categorie.

Nel vivo del conflitto sociale, il sindacato confederale tenta una sintesi oppure detta la linea e basta? La risposta a questa domanda nella prospettiva della neo-concertazione non sembra così scontata. Quale bilanciamento troverà il patto neoconcertativo tra contrattazione nazionale e contrattazione aziendale. «Se le cose che ho detto hanno un senso - sottolinea Rinaldini - è evidente che qualsiasi ragionamento sulla riprogettazione del paese (lo slogan del congresso Cgil, *ndr*) a partire dal lavoro per un’organizzazione sindacale non può che partire dai luoghi dove si esercita la prestazione lavorativa e quindi dalla contrattazione».

Gli imprenditori vogliono passare da lì, come ha dimostrato ultimamente la vicenda del rinnovo del contratto dei metalmeccanici, per dettare quelle «condizioni unilaterali» su orari e salari, unica ipotesi allo studio per la ripresa della competitività.

Al congresso Rinaldini promette un gioco trasparente, però. Cioè, nessuna intenzione di creare un’area programmatica o simili. La conclusione sarà unitaria. Certo, sul come sono state trattate le Tesi alternative nel corso del voto nei luoghi di lavoro non tralascia alcune critiche. E per il futuro fa una proposta: «Serve una norma regolamentare precisa per i futuri congressi: si definisca un tempo di 3 settimane per lo svolgimento delle assemblee e successivamente due/tre giornate dove tutti gli iscritti nei luoghi di lavoro e nel territorio possano esprimersi a voto segreto su documenti e delegati». Letta fuori dal sindacalese vuol dire che la democrazia non è un optional nella vita interna del sindacato e se le urne per le votazioni sono state lasciate troppo tempo aperte questo può aver lasciato spazio a una “gestione” eccessiva del voto da parte dell’apparato sindacale.

Ma Rinaldini si spinge anche oltre, fino alla critica del documento dei 12, che ha agito «da corto circuito» nel confronto interno, e richiamando il rispetto del criterio di “una testa un voto”. Solo in questo modo, infatti, si sarebbe potuto valutare serenamente il successo delle Tesi alternative su democrazia e contrattazione oltre il mero confine della Fiom. Ma ciò non è avvenuto. Tanto per fare un esempio, in Fisac, la categoria dei bancari, a tutt’oggi non è ancora possibile sapere la percentuale esatta dei voti.

La chiusura dell’accordo con Federmeccanica dà a Rinaldini il carburante giusto per guardare con ottimismo ai rapporti con Fim e Uilm ai quali propone di mettersi a lavorare per tempo, «alla fine del mese di settembre», alla piattaforma per il rinnovo del contratto che scade come da programma nel giugno del 2007. Il segretario della Cisl Caprioli si dice d’accordo, ma non risparmia critiche alla Fiom sul tema della democrazia: «Restano approfondimenti da fare. Ci sono pericolose semplificazioni sull’uso del referendum».

Le parole di Rinaldini non sono piaciute al segretario confederale della Cgil, Gianpaolo Patta, il quale ha annunciato che “lavoro e società” si ricostituirà anche in Fiom. «Ci auguriamo che venga rispettato il pluralismo - ha aggiunto Patta - per il peso che lavoro e società ha nella categoria».

Per Paolo Ferrero, della segreteria nazionale del Prc, quello proposto da Rinaldini «è il sindacato di cui c’è bisogno, che non ha governi amici e che affronta i problemi sociali a tutto tondo».

di Fabio Sebastiani (Liberazione mercoledì 8 febbraio)