A Milano un errore molto grave
Ma stop alle strumentalizzazioni

un intervento di Francesco Caruso

Negli ultimi anni, a Milano come nel resto d’Italia, la destra neonazista ha preso sempre più piede e forza, gruppuscoli di estrema destra escono dalla clandestinità in cui il senso comune e l’opinione pubblica li aveva relegati negli ultimi sessant’anni.
Grazie alle connivenze politiche del centro destra e l’indifferenza assordante del centro sinistra queste frange di nostalgici di Hitler e Mussolini ritengono sia giunto il momento di uscire allo scoperto, di poter addirittura sfilare tranquillamente per le strade di Milano per inneggiare al duce, alla superiorità della razza e alla pulizia etnica.

I vecchi partigiani ricordano ai tanti smemorati come in questo stato “democratico” tutti hanno il diritto ad esprimere le proprie opinioni, ma è espressamente vietato e perseguitato dalla legge chi incita all’odio e alla discriminazione razziale, chi tenta di dar vita ad un’organizzazione fascista.

Loro che hanno combattuto sui monti subito le torture e la persecuzione dei fascisti, riconoscono il paradosso di chi in nome della democrazia pretende di avere voce e spazio pur essendo acerrimo nemico e apertamente ostile al concetto stesso di democrazia: purtroppo la saggezza dei vecchi partigiani e la memoria antifascista tendono a sbiadirsi sotto i colpi del revisionismo storico e della real politic.

Restano fuori da questa ipocrisia tanti giovani che nei quartieri e nei centri sociali cercano di denunciare con forza i rigurgiti fascisti e si oppongono in prima persona smascherando il vero volto dei neonazisti.

Quel volto che cercano di nascondere dietro il doppiopetto dei candidati “impresentabili” o del tailleur della Mussolini: è il volto degli assalti e degli attentati quotidiani nei centri sociali, con le molotov e le spranghe e il volto dei pestaggi dei dieci contro uno, degli accoltellamenti, fino alla barbarie dell’assassinio di Dax. Si muovono di notte i fascisti con le taniche di benzina, i coltelli; il loro impegno politico è proprio questo: assaltare i centri sociali ma anche centri di accoglienza per immigrati, homeless, ritrovi alternativi.


Di questo innalzamento della violenza fascista nessuno ne parla, ne i giornali, ne le televisioni, ma anche tante forze politiche cosiddette democratiche, malgrado le reti antifasciste hanno lanciato non uno ma mille segnali di allarme e di denuncia, di allerta per una vigilanza democratica. Dopo centinaia di iniziative e mobilitazioni antifasciste, dopo aver preparato dossier, conferenze, iniziative di controinformazione, dopo aver denunciato dettagliatamente le connivenze politiche, le ingenti coperture finanziarie, le collusioni criminali, poco o nulla si è mosso; anzi le aggressioni, i pestaggi e gli attentati hanno continuato ancor più in questa settimana di campagna elettorale.
La manifestazione di sabato non può essere compresa se scollegata da questo contesto più generale. Le forme e i modi di contestazione alla parata neonazista di Milano non sono state solo un errore grave perché hanno prestato il fianco alle strumentalizzazioni elettorali della destra, ma anche tatticamente autolesioniste. Soprattutto credo che sarebbe stato infinitamente più efficace al fine del consenso opporre ad una sfilata fascista forme di disobbedienza sociale. Inseguire i fascisti sul terreno della loro violenza è stato disastroso.

Ma certo erano ben altre le forze che avrebbero dovuto stare sabato mattina in Corso Buenos Aires ad impedire il concentramento dei fascisti. Se ci fossero state probabilmente l’esito dell’iniziativa sarebbe stato diverso.

C’è un assordante silenzio rispetto a un presidente del consiglio che non solo ha sdoganato i neonazisti ma ha addirittura stretto un accordo elettorale: se Chirac si fosse alleato con Le Pen o la Merkel con i neonazisti ci sarebbe stata una rivolta morale prima ancora che politica. E invece è solo il movimento e i centri sociali che si trovano a dover fronteggiare a volte efficacemente, altre volte con esiti disastrosi il riemergere dei neonazisti.

Ma su questo punto vorrei essere molto chiaro: io faccio parte del movimento, ma non sono né il “portavoce” come vorrebbero sempre i giornali, né il “mandante” come vorrebbe Pisanu, né tanto meno il “giudice” come pretendono Rutelli e Fassino. Per cui non vorrei che per i prossimi anni ogni volta che accade qualcosa vengono a chiederne conto a me.

Il movimento ha molte facce e molte sensibilità, non è univoco né tanto meno è possibile dividere tra buoni e cattivi. Pisanu farebbe bene a non utilizzare il Viminale come strumento di propaganda elettorale.

La responsabilità politica di quello che è successo è anche del questore di Milano che ha autorizzato quel corteo che come già è successo in precedenza poteva e doveva essere vietato. Ora il problema è capire come rilanciare in termini di massa le mobilitazioni antifasciste perché non bisogna delegare a ristretti gruppi di attvisti antifascisti la battaglia contro il pericolo neofascista, mentre questa battaglia deve investire tutte le soggettività individuali e collettive sinceramente democratiche, individuando pratiche di lotta in grado di coniugare il conflitto, la partecipazione, la radicalità e il consenso.

Ricordo tanti giovani che come me hanno lottato mettendosi in gioco al fianco degli esclusi e dei senza voce, chi si è sdraiato sui binari per bloccare i treni carichi di armi, chi ha pichettato le fabbriche insieme agli operai, chi ha sostenuto le lotte degli sfrattati.

Pur non condividendo l’esito dell’iniziativa di Milano, piuttosto che speculare elettoralmente su quei fatti bisognerebbe avere il coraggio, tutti insieme, di chiedere per rasserenare il clima la liberazione dei ragazzi arrestati.

Francesco Caruso

Liberazione, 14-Marzo-2006