Negli
ultimi anni, a Milano come nel resto d’Italia, la destra
neonazista ha preso sempre più piede e forza, gruppuscoli di
estrema destra escono dalla clandestinità in cui il senso
comune e l’opinione pubblica li aveva relegati negli ultimi
sessant’anni.
Grazie alle connivenze politiche del centro destra e
l’indifferenza assordante del centro sinistra queste frange di
nostalgici di Hitler e Mussolini ritengono sia giunto il momento
di uscire allo scoperto, di poter addirittura sfilare
tranquillamente per le strade di Milano per inneggiare al duce,
alla superiorità della razza e alla pulizia etnica.
I vecchi partigiani ricordano ai tanti smemorati come in questo
stato “democratico” tutti hanno il diritto ad esprimere le
proprie opinioni, ma è espressamente vietato e perseguitato
dalla legge chi incita all’odio e alla discriminazione
razziale, chi tenta di dar vita ad un’organizzazione fascista.
Loro che hanno combattuto sui monti subito le torture e la
persecuzione dei fascisti, riconoscono il paradosso di chi in
nome della democrazia pretende di avere voce e spazio pur
essendo acerrimo nemico e apertamente ostile al concetto stesso
di democrazia: purtroppo la saggezza dei vecchi partigiani e la
memoria antifascista tendono a sbiadirsi sotto i colpi del
revisionismo storico e della real politic.
Restano fuori da questa ipocrisia tanti giovani che nei
quartieri e nei centri sociali cercano di denunciare con forza i
rigurgiti fascisti e si oppongono in prima persona smascherando
il vero volto dei neonazisti.
Quel volto che cercano di nascondere dietro il doppiopetto dei
candidati “impresentabili” o del tailleur della Mussolini:
è il volto degli assalti e degli attentati quotidiani nei
centri sociali, con le molotov e le spranghe e il volto dei
pestaggi dei dieci contro uno, degli accoltellamenti, fino alla
barbarie dell’assassinio di Dax. Si muovono di notte i
fascisti con le taniche di benzina, i coltelli; il loro impegno
politico è proprio questo: assaltare i centri sociali ma anche
centri di accoglienza per immigrati, homeless, ritrovi
alternativi.
Di questo innalzamento della violenza fascista nessuno ne parla,
ne i giornali, ne le televisioni, ma anche tante forze politiche
cosiddette democratiche, malgrado le reti antifasciste hanno
lanciato non uno ma mille segnali di allarme e di denuncia, di
allerta per una vigilanza democratica. Dopo centinaia di
iniziative e mobilitazioni antifasciste, dopo aver preparato
dossier, conferenze, iniziative di controinformazione, dopo aver
denunciato dettagliatamente le connivenze politiche, le ingenti
coperture finanziarie, le collusioni criminali, poco o nulla si
è mosso; anzi le aggressioni, i pestaggi e gli attentati hanno
continuato ancor più in questa settimana di campagna
elettorale.
La manifestazione di sabato non può essere compresa se
scollegata da questo contesto più generale. Le forme e i modi
di contestazione alla parata neonazista di Milano non sono state
solo un errore grave perché hanno prestato il fianco alle
strumentalizzazioni elettorali della destra, ma anche
tatticamente autolesioniste. Soprattutto credo che sarebbe stato
infinitamente più efficace al fine del consenso opporre ad una
sfilata fascista forme di disobbedienza sociale. Inseguire i
fascisti sul terreno della loro violenza è stato disastroso.
Ma certo erano ben altre le forze che avrebbero dovuto stare
sabato mattina in Corso Buenos Aires ad impedire il
concentramento dei fascisti. Se ci fossero state probabilmente
l’esito dell’iniziativa sarebbe stato diverso.
C’è un assordante silenzio rispetto a un presidente del
consiglio che non solo ha sdoganato i neonazisti ma ha
addirittura stretto un accordo elettorale: se Chirac si fosse
alleato con Le Pen o la Merkel con i neonazisti ci sarebbe stata
una rivolta morale prima ancora che politica. E invece è solo
il movimento e i centri sociali che si trovano a dover
fronteggiare a volte efficacemente, altre volte con esiti
disastrosi il riemergere dei neonazisti.
Ma su questo punto vorrei essere molto chiaro: io faccio parte
del movimento, ma non sono né il “portavoce” come
vorrebbero sempre i giornali, né il “mandante” come
vorrebbe Pisanu, né tanto meno il “giudice” come pretendono
Rutelli e Fassino. Per cui non vorrei che per i prossimi anni
ogni volta che accade qualcosa vengono a chiederne conto a me.
Il movimento ha molte facce e molte sensibilità, non è univoco
né tanto meno è possibile dividere tra buoni e cattivi. Pisanu
farebbe bene a non utilizzare il Viminale come strumento di
propaganda elettorale.
La responsabilità politica di quello che è successo è anche
del questore di Milano che ha autorizzato quel corteo che come
già è successo in precedenza poteva e doveva essere vietato.
Ora il problema è capire come rilanciare in termini di massa le
mobilitazioni antifasciste perché non bisogna delegare a
ristretti gruppi di attvisti antifascisti la battaglia contro il
pericolo neofascista, mentre questa battaglia deve investire
tutte le soggettività individuali e collettive sinceramente
democratiche, individuando pratiche di lotta in grado di
coniugare il conflitto, la partecipazione, la radicalità e il
consenso.
Ricordo tanti giovani che come me hanno lottato mettendosi in
gioco al fianco degli esclusi e dei senza voce, chi si è
sdraiato sui binari per bloccare i treni carichi di armi, chi ha
pichettato le fabbriche insieme agli operai, chi ha sostenuto le
lotte degli sfrattati.
Pur non condividendo l’esito dell’iniziativa di Milano,
piuttosto che speculare elettoralmente su quei fatti
bisognerebbe avere il coraggio, tutti insieme, di chiedere per
rasserenare il clima la liberazione dei ragazzi arrestati.
Francesco Caruso
Liberazione, 14-Marzo-2006