«È stato premiato il nostro impegno nel tenere insieme unità e radicalità».


È un Fausto Bertinotti visibilmente soddisfatto quello che analizza il risultato elettorale del suo partito. E d’altra parte il voto ha premiato molto Rifondazione: nella prossima legislatura avrà ben 52 parlamentari in più, rispetto a quelli eletti nel 2001. Il Segretario del Prc ci tiene anche a ribadire subito un altro messaggio: «La rottura dell’Unione è fuori dal panorama politico».

Segretario, vogliamo commentare il voto per il Prc?

«È un ottimo risultato. Già nella campagna elettorale, le nostre iniziative hanno avuto un successo veramente straordinario, per numero e composizione. Nelle piazze, oltre alle nostre radici, erano visibili fasce di ceto medio mai viste prima. C’è stato un investimento significativo nel nostro partito di una parte importante del mondo dello spettacolo, della ricerca, dell’arte, che dimostra come siamo in espansione».

Da che cosa è dipeso principalmente il vostro successo?

«Intanto, dall’innovazione della cultura e delle forme della politica da parte del Prc. Quel processo che dalla non violenza ci ha portato alla sinistra europea, un nuovo soggetto politico fondato sulla sinistra radicale. E poi, c’è stato sicuramente il riconoscimento di un impegno che ha tenuto insieme unità e radicalità. Siamo stati parte costituente dell’Unione, abbiamo legato i nostri destini a quelli dell’alleanza. E dall’altro lato, abbiamo proposto un carattere di sinistra, radicale, profondo, non per questioni ideologiche, ma per il riconoscimento della necessità del paese e lo sviluppo di un racconto e di una narrazione di un popolo che si è venuto costituendo».

Di quale popolo parla?

«Sotto lo sbecco del governo Berlusconi - che faremmo male a considerare un’escrescenza, una parentesi, perchè è uno dei racconti possibili di questa Italia nel suo profondo - un altro racconto, altrettanto profondo, si vede in questa Italia duale, che chiede un cambiamento radicale».

Il buon risultato della sinistra radicale può portare a un’aggregazione tra voi, i Verdi e il Pdci?

«No. Noi lavoriamo sull’ipotesi della sinistra europea. Non sull’assemblamento di vari partiti, ma su un processo originale»

Come vi rapportererete all’Unione nel suo complesso?

«Non possiamo distinguere il nostro destino da quello dell’Unione. Investiamo sull’Unione e sulla sua capacità di riforma del paese. E contribuiamo a questo anche attraverso un’autonomia critica non solo verso Berlusconi, ma verso il sistema capitalistico».

Quale sarà il vostro contributo al governo?

«Contribuiremo a far emergere l’anima riformatrice che esiste e che la dualità del Paese rende ancora più indispensabile. Si deve andare in profondità nella società, e non ci si riesce con la moderazione, battendo la strada della Grosse koalition o dell’Entende cordial con la destra. Si deve arrivare in quelle aree mute della società, che nel voto possono anche avere un esito contrapposto ai loro interessi materiali e immateriali»

In che modo?

«La lotta alla precariretà è un cardine di questo discorso. Facendo una stima approssimativa, circa il 55% dei giovani ha votato per l’Unione, contro il 45% per la Cdl. Malgrado questo non si può dire che un’intera generazione sia contro il centrodestra, eppure un’intera generazione è contro la precarietà. Se vuoi un processo di riforma devi intercettare strati sociali depoliticizzati, e così sposti anche voti. Pensare che si possano guadagnare consensi con la moderazione, in quest’Italia duale, è una fuga dalla realtà, una sovrapposizione politicista alla durezza di una profonda divisione».

Vogliamo ricordare alcuni dei contenuti specifici di Rifondazione?

«Non voglio presentare alcuni elementi del programma come nostri, perché sono propri dell’Unione. Il compito delle forze radicali è far emergere il contenuto riformatore più forte, fare da levatrici. E da lievito ai movimenti e alle lotte sociali. E vorrei bandire l’idea della rottura dell’Unione»

Come vi rapporterete a un eventuale partito democratico?

«Va detto intanto che l’Ulivo è andato meglio dei partiti distintamente, il cui carattere si è andato un po’ oscurando. Il partito democratico è una risposta sbagliata al problema reale della riorganizzazione delle forze politiche del paese, dopo una lunga stagione adattativa. Loro proveranno a farlo, noi continueremo a lavorare sull’idea della sinistra europea»