Segretario, vogliamo commentare il
voto per il Prc?
«È un ottimo risultato. Già
nella campagna elettorale, le nostre iniziative hanno avuto un
successo veramente straordinario, per numero e composizione. Nelle
piazze, oltre alle nostre radici, erano visibili fasce di ceto medio
mai viste prima. C’è stato un investimento significativo nel nostro
partito di una parte importante del mondo dello spettacolo, della
ricerca, dell’arte, che dimostra come siamo in espansione».
Da che cosa è dipeso
principalmente il vostro successo?
«Intanto, dall’innovazione
della cultura e delle forme della politica da parte del Prc. Quel
processo che dalla non violenza ci ha portato alla sinistra europea,
un nuovo soggetto politico fondato sulla sinistra radicale. E poi,
c’è stato sicuramente il riconoscimento di un impegno che ha tenuto
insieme unità e radicalità. Siamo stati parte costituente
dell’Unione, abbiamo legato i nostri destini a quelli
dell’alleanza. E dall’altro lato, abbiamo proposto un carattere di
sinistra, radicale, profondo, non per questioni ideologiche, ma per il
riconoscimento della necessità del paese e lo sviluppo di un racconto
e di una narrazione di un popolo che si è venuto costituendo».
Di quale popolo parla?
«Sotto lo sbecco del governo
Berlusconi - che faremmo male a considerare un’escrescenza, una
parentesi, perchè è uno dei racconti possibili di questa Italia nel
suo profondo - un altro racconto, altrettanto profondo, si vede in
questa Italia duale, che chiede un cambiamento radicale».
Il buon risultato della sinistra
radicale può portare a un’aggregazione tra voi, i Verdi e il Pdci?
«No. Noi lavoriamo
sull’ipotesi della sinistra europea. Non sull’assemblamento di
vari partiti, ma su un processo originale»
Come vi rapportererete
all’Unione nel suo complesso?
«Non possiamo distinguere il
nostro destino da quello dell’Unione. Investiamo sull’Unione e
sulla sua capacità di riforma del paese. E contribuiamo a questo
anche attraverso un’autonomia critica non solo verso Berlusconi, ma
verso il sistema capitalistico».
Quale sarà il vostro contributo
al governo?
«Contribuiremo a far emergere
l’anima riformatrice che esiste e che la dualità del Paese rende
ancora più indispensabile. Si deve andare in profondità nella società,
e non ci si riesce con la moderazione, battendo la strada della Grosse
koalition o dell’Entende cordial con la destra. Si deve
arrivare in quelle aree mute della società, che nel voto possono
anche avere un esito contrapposto ai loro interessi materiali e
immateriali»
In che modo?
«La lotta alla precariretà è
un cardine di questo discorso. Facendo una stima approssimativa, circa
il 55% dei giovani ha votato per l’Unione, contro il 45% per la Cdl.
Malgrado questo non si può dire che un’intera generazione sia
contro il centrodestra, eppure un’intera generazione è contro la
precarietà. Se vuoi un processo di riforma devi intercettare strati
sociali depoliticizzati, e così sposti anche voti. Pensare che si
possano guadagnare consensi con la moderazione, in quest’Italia
duale, è una fuga dalla realtà, una sovrapposizione politicista alla
durezza di una profonda divisione».
Vogliamo ricordare alcuni dei
contenuti specifici di Rifondazione?
«Non voglio presentare alcuni
elementi del programma come nostri, perché sono propri dell’Unione.
Il compito delle forze radicali è far emergere il contenuto
riformatore più forte, fare da levatrici. E da lievito ai movimenti e
alle lotte sociali. E vorrei
bandire l’idea della rottura dell’Unione»
Come vi rapporterete a un
eventuale partito democratico?
«Va detto intanto che l’Ulivo
è andato meglio dei partiti distintamente, il cui carattere si è
andato un po’ oscurando. Il partito democratico è una risposta
sbagliata al problema reale della riorganizzazione delle forze
politiche del paese, dopo una lunga stagione adattativa. Loro
proveranno a farlo, noi continueremo a lavorare sull’idea della
sinistra europea»