La Bolivia
Il 3 novembre del 1966, il Che
parte per la capitale della Bolivia, La Paz, con il passaporto
uruguayano intestato a Adolfo Mena González, professione
commerciante; ha una credenziale con il timbro della Direzione
Nazionale dell'Informazione della Presidenza della Repubblica di
Bolivia; la firma in calce è quella del Capo Gabinetto, signor
Gonzalo López Muñoz, che lo presenta come un inviato speciale
dell'Organizzazione degli Stati Americani (OSA), incaricato di
realizzare uno studio informativo sulle relazioni economiche e
sociali esistenti nella campagna boliviana.Il 7 novembre Ernesto Che Guevara raggiunge la fattoria
scelta come punto d'incontro del gruppo che costituirà il focolaio
guerrigliero in Bolivia. II giorno dopo l'arrivo, inizia le
perlustrazioni nella zona per costruire gli accampamenti, che
sposterà continuamente, e per cercare grotte dove nascondere
munizioni, rifornimenti e apparecchi radio.
In dicembre, al gruppo del quale
facevano parte anche Villegas, Pombo, Leonardo Tamayo Nuñez, Urbano
si uniscono, tra gli altri, i boliviani Inti e Coco Peredo, Lorgio
Vaca Marchetti, Carlos, e l'altro cubano, José Mar¡a Mart¡nez
Tamayo. Il Che, nel suo diario, parla di un comportamento un po'
strano di Mario Monje, segretario generale del Partito Comunista
Boliviano, molto vicino all'Unione Sovietica, che, dopo aver dato
comunque la sua adesione incondizionata, il primo gennaio del 1967,
senza nessun preavviso, si ritira. Proprio la notte prima, brindando
con il Che e gli altri compagni, Monje aveva detto: "Nuestras vidas
non significaban nada frente al hecho de la
revolución".
L'11 di febbraio 1967 appunta
sul suo diario che è il giorno del compleanno "del viejo", suo
padre. Hanno già incontrato il Rio Grande, lo hanno attraversato e
continuano la marcia verso il fiume Masicur¡. Il 15 ricorda il
compleanno della figlia Hildita, e il 18 quello della moglie Aleida,
che chiama affettuosamente Josefina. Il 24 annota il compleanno del
figlio Ernesto. Dorme su una amaca che, quando piove, e questo
succede spesso, si trasforma in una specie di coperta.
Mangiano come possono e quello che trovano: lumache, frutti
selvatici, cuore di palma, uccelli e, a volte, anche piccole
scimmie. Siamo alla fine di febbraio: ritrovano il Rio Grande, lo
devono di nuovo attraversare e, il Che, sul diario, piangerà la
morte, per annegamento, di Benjam¡n Coronado Córdova. Arrivano,
l'otto marzo, a Tatarenda. Alcuni campesinos li ospitano e
finalmente riescono a riposare e a mangiare qualcosa di diverso.
Sono seduti a un povero ma benedetto tavolo e hanno davanti riso in
bianco, carne di porco e bevono anche una buona tazza di
caffè!
Continua la marcia. Il governo
boliviano, l'11 marzo, sollecita l'aiuto immediato degli Stati Uniti
e stabilisce il coordinamento dei servizi segreti di Argentina,
Brasile, Cile, Perù e Paraguay. Alcuni uomini del gruppo che ha
portato il sindacalista Moisés-Guevara disertano. Tempo dopo si
saprà che uno di questi, Vincente Rocabado, lavorava per la polizia
segreta e per i militari boliviani; Pastor Barrera aveva dato
parecchie informazioni anche alla Cia. A proposito della Cia, si sa
che in questi giorni arrivano a Camiri alcuni dei suoi ufficiali,
tra cui un agente di origine cubana, che si fa chiamare Eduardo
Gonzáles. Il Che chiede al giornalista Regis Debray, che era
riuscito a raggiungerlo, di informare il mondo, a partire dagli
intellettuali Sartre e Russel, che avevano bisogno di solidarietà,
ma soprattutto di soldi e medicine.
Il 23 marzo 1967 iniziano le
operazioni di guerriglia. Una pattuglia dell'esercito boliviano, in
perlustrazione, cade in un'imboscata nella gola di Nancahuazu; lo
scontro produce sette morti, quattordici prigionieri (che verranno
liberati quasi subito, come fa di solito il Comandante) e quattro
feriti, per l'esercito. I guerriglieri, che non hanno subìto
perdite, si impossessano di tre mortai, sedici Mauser, due Bz, tre
Uzi, due radio e vestiario. Nonostante il successo, la propaganda
negativa dell'esercito boliviano continua. All'aeroporto di Santa
Cruz, arriva un aereo nordamericano con quindici istruttori di
antiguerriglia che avevano fatto molta esperienza in Vietnam. Al
Movimento di Liberazione della Bolivia, così come è stato definito
dal Che il suo gruppo, si integrano ventinove boliviani, sedici
cubani e tre peruviani. Comunque il Comandante è preoccupato e
annota che, ascoltando la radio, ha capito che i militari boliviani
sanno quasi sempre dove sono, con estrema
precisione.
Il 10 aprile un altro
distaccamento dell'esercito inviato all'inseguimento cade in
un'imboscata: tre morti, un ferito e sette prigionieri tra i
soldati; i guerriglieri hanno un ferito grave, el Rubio, che morirà
poco dopo. L'esercito arresta quaranta contadini sospettati di
appoggio alla guerriglia: alcuni di loro verranno assassinati e
abbandonati nella selva.
Il 30 maggio, la colonna del Che
si scontra con l'esercito nei pressi della ferrovia Yacuiba-Santa
Cruz. Tre sono i soldati morti e dieci i prigionieri. A giugno il
governo boliviano proclama lo stato d'assedio e nella città di La
Paz viene effettuata una vasta retata di elementi appartenenti alla
sinistra. A giugno, nella zona delle miniere di Catavi, i minatori
assaltano e bruciano la caserma della polizia e, d'accordo con i
minatori di Huanuni, dichiarano territori liberi i loro
distretti.
24 giugno 1967: nella notte di
San Juan, i minatori in lotta si concedono una pausa "felice":
danzano, bevono chicha, generalmente si ubriacano. Avevano deciso di
togliere, dal loro disperato salario, un giorno al mese per donarli
alla guerriglia. In quella notte, chiamata in seguito anche "la
notte della mattanza", i soldati dell'esercito boliviano hanno
atteso che questi minatori fossero ben ubriachi, poi sono entrati
nell'accampamento e hanno incominciato a sparare... Dopo il
massacro, altri dirigenti sindacali spariscono o vengono portati al
confino. La radio Argentina dà la notizia di ottantasette
morti.
A Florida in quegli stessi
giorni avviene un nuovo scontro tra il gruppo del Che e l'esercito:
vengono feriti Pombo e Tuma che morirà poco dopo, nel corso di un
intervento tentato in extremis dal Che. Muoiono anche quattro
soldati. Il Comandante non sta bene e soffre di tremendi attacchi
d'asma.
Il 29 giugno a Santa Cruz gli
studenti dichiarano territorio libero l'Università locale; il 3
luglio Debray conferma, in un'intervista a un giornale, la presenza
del Che in Bolivia; il 6 luglio i guerriglieri occupano per qualche
ora la città di Samaipata, ma inizia anche la grande operazione
d'accerchiamento concertata dall'esercito boliviano.
L'11 luglio finisce lo sciopero
dei minatori che avevano protestato contro la strage compiuta
dall'esercito boliviano sui lavoratori in lotta, la notte di San
Juan. Mentre i guerriglieri sono accampati nei pressi del fiume
Suspiro, avviene uno scontro con un distaccamento dell'esercito le
cui perdite ammontano a due morti e sei feriti. Ma muoiono anche due
guerriglieri. Pacho, un altro ribelle, è ferito anche se non
gravemente. Nel combattimento perdono undici zaini con medicine, un
registratore, alcuni libri tra i quali La Rivoluzione nella
Rivoluzione, con note del Che, e un testo di Trotzkij. Il gruppo dei
guerriglieri è formato ormai da sole ventidue persone tra le quali
due feriti e un inabile, il Comandante Guevara, tormentato
dall'asma, senza medicine che possano aiutarlo.
Il 19 luglio i guerriglieri
arrivano in un villaggio che si chiama Moroco, nella foresta
boliviana, e il Che, a proposito del comportamento degli abitanti,
scrive: "Ci hanno bene accolto, ma Calixto, ossia un contadino
nominato sindaco da una commissione militare passata dal villaggio
un mese fa, si è mostrato freddo e non disposto a venderci alcune
cosette". Come dire che tutti lo accolsero bene eccetto uno,
Calixto, appunto. Più avanti: " [...] al tramonto, sono arrivati tre
mercanti con dei maiali. Calixto ha assicurato che sono di Postrer
Valle e che li conosce". Il giorno dopo il Che scrive che un altro
contadino, Paulino, lo ha informato che i tre individui non sono,
per la verità, mercanti; uno è tenente e gli altri due hanno una
carica simile. L'informazione, avverte Paulino, l'ha avuta dalla
figlia di Calixto che è la sua fidanzata. A questo punto, il
Comandante chiede a Inti Peredo di andare ad appostarsi davanti alla
casa dove è entrato il falso mercante. Poco dopo l'uomo esce:
è un sottotenente di polizia.
Questo, faceva la polizia: infiltrava persone che si spacciavano per
commercianti nelle zone della guerriglia, a volte per poter spiare i
guerriglieri altre volte per spaventare i contadini con la minaccia
di bruciare i raccolti''.
Il 14 agosto del 1967 il Che
annota, sul suo diario, che la radio aveva dato la notizia che
l'esercito aveva scoperto alcune grotte usate dai guerriglieri e
avevano così potuto prendere documenti, piantine, tantissime
fotografie.
L'editore Giangiacomo
Feltrinelli viene arrestato a La Paz (qualche giorno dopo verrà
espulso dal Paese); aveva preso le difese di Cuba e denunciato
alcuni piani della Cia. Anche in Italia ci sono mobilitazioni a suo
favore.
Mentre il generale americano
Porter visita un campo di berretti verdi a Santa Cruz, una compagnia
della VII divisione tende un'imboscata al gruppo di Joaqu¡n che
cerca di attraversare il Rio Grande. Due guerriglieri, fatti
prigionieri in uno scontro avvenuto il 12 agosto, hanno parlato,
consentendo un agguato della VII divisione dell'esercito. In realtà
l'imboscata è a Puerto Mauricio, sul Rio Grande. Se fosse stata
detta la verità, i soldi ricavati dalla taglia sui guerriglieri, li
avrebbero avuti quelli della IV divisione. Cadono nove guerriglieri,
e con loro Acuña Nuñez, Joaqu¡n, e Tamara Bunke Bider, Tania.
L'esercito perde un solo uomo.
A settembre e precisamente il 2,
il gruppo del Che tende l'ennesima imboscata nei pressi di Valle
Grande, che non riesce. Un guerrigliero muore e viene arrestata
Loyola Guzmán, giovane sindacalista, che aveva aiutato la guerriglia
dal punto di vista dei finanziamenti. Il Che appunta che la ragazza
era giovane, soave, molto determinata. Il sindacato nazionale dei
maestri proclama uno sciopero nazionale.
Il 22 settembre c'è una
conferenza stampa dei generali Barrientos e Ovando che esibiscono il
materiale fotografico trovato nelle grotte e negli accampamenti dei
guerriglieri, nonché i passaporti cubani; in questa occasione si
afferma che il gruppo capeggiato dal Che è stato localizzato nei
pressi del villaggio La Higuera a Valle Grande. Ad Alto Seco, un
villaggio di cinquanta case che i guerriglieri hanno occupato, Inti
Peredo tiene, nelle piccole aule della scuola, un discorso sugli
obiettivi della rivoluzione. Il 26, a Picacho, il mondo contadino in
festa offre ai guerriglieri un menu raro, per quei giorni: uova,
piccoli funghi cucinati in salsa piccante, dolci e ancora arance e
ciambelle. Alcune donne chiedono al Comandante di ballare sul ritmo
delle canzoni intonate da Coco Peredo con la sua chitarra. Il Che
deve dire di no; educatamente, come suo solito, si scusa, non sta
molto bene. Pochi giorni dopo, sempre nella zona di Valle Grande, il
suo gruppo cade in un'imboscata. Muoiono Coco Peredo e Miguel
Hernández Osorio; Gutiérrez Ardaya, Benigno, è ferito. Disertano
Camba e León.
La
morte
Ernesto Che Guevara viene fatto
prigioniero l'8 ottobre del 1967 è portato nella scuola di La
Higuera in cui rimane fino al 9 mattina; venne informato
dell'arresto il Presidente della Bolivia, che alle nove di sera si
reca dall'ambasciatore degli Stati Uniti a La Paz e alla sua
presenza telefona a Washington: la risposta fu che il Che doveva
morire e subito, perché costituiva un grave pericolo per gli
interessi degli Stati Uniti e della Bolivia. I motivi? L'opinione pubblica internazionale si
sarebbe potuta mobilitare, gruppi di comunisti fanatici avrebbero
potuto cercare di liberarlo e la Bolivia si sarebbe agitata. Era
preferibile la sua morte, la sua distruzione totale. Un duro colpo
per Cuba e per i movimenti rivoluzionari dell'America Latina,
dissero! Decisero quindi di ucciderlo. Félix Ramos era un traditore,
di origine cubana, agente della Cia, e partecipò all'uccisione del
Che. I testimoni dissero che quando cercarono d'interrogare il Che
usando la violenza, fu proprio lui che gli strappò parte della
barba. Il Comandante, come suo solito, si ribellò; gli legarono le
mani prima davanti e poi dietro, e il Che sputò in faccia proprio a
Félix Ramos. In una delle foto che gli fecero prima di ucciderlo, si
vede chiaramente che una parte della sua famosa barba gli era stata
strappata. Gli spararono all'una e dieci del giorno 9.
Nel pomeriggio il cadavere venne
trasportato a Valle Grande nell'ospedale Señor de Malta, dove gli
tagliarono le mani per permettere ai periti argentini di fare le
prove dattiloscopiche. Gli agenti della Cia volevano tagliargli
anche la bella testa per inviarla negli Stati Uniti, ma i medici di
Valle Grande si opposero e il cadavere venne dapprima esposto a
Valle Grande e poi sepolto in un luogo segreto, in una fossa comune,
nei pressi dell'aeroporto di quella città.
Nel ventesimo anniversario della
sua morte i giovani boliviani gli hanno fatto omaggio a La Higuera e
hanno scoperto un busto alla sua memoria. Fra di loro c'era anche il
figlio del militare che dirigeva la compagnia che aveva catturato il
Che. Nel luogo dove l'avevano barbaramente ucciso, dentro e fuori
dalla scuola, i contadini hanno collocato anche alcune pietre su cui
accendono candele e mettono fiori. Nell'ospedale, uno dei lavoratori
più anziani aveva conservato tutti gli strumenti con cui avevano
fatto l'autopsia al Che: alcuni di questi oggetti si trovano oggi
nel museo di Santa Clara a lui dedicato, e altri nel museo della
Rivoluzione a La Habana. I boliviani hanno donato ai cubani anche la barella
con cui il Che venne portato da La Higuera a Valle Grande. La
barella era stata conservata dalla stessa persona che lo aveva
accolto all'ospedale.
In seguito, girò la voce che lo
avessero cremato e disperse le ceneri, ma non era vero: la scomparsa
del cadavere del Comandante ha accresciuto negli anni il mistero
attorno alla figura del grande rivoluzionario. La località della
sepoltura è rimasta sconosciuta fino a luglio del 1997, quando un
gruppo di ricercatori ha identificato il cranio e alcune ossa del
Comandante, sepolto in una fossa comune assieme a sette compañeros,
a Valle Grande, circa 150 miglia a sud-est di Santa Cruz. Un
ritrovamento reso possibile da Mario Vergas Salinas, un generale in
pensione dell'esercito boliviano, che nel 1995 ha scelto di porre
fine al silenzio imposto a riguardo della sepoltura del Che. E reso
possibile anche grazie lalla testimonianza di Gustavo Villoldo,
l'uomo che inseguì e catturò Guevara in Bolivia, e che ne ordinò la
sepoltura segreta per evitare che i resti diventassero un monumento
alla rivoluzione comunista cubana.
Ritorno "a casa"
I resti del Che sono stati
traslati a Cuba, più precisamente a Santa Clara: il 17 ottobre 1997
è stata una data memorabile per la città cubana, quasi un nuovo
ingresso trionfale del Comandante: cori di bambini, 21 salve di
cannone, picchetto d'onore e accensione di una fiamma perpetua sulla
nuova tomba del Che da parte di Fidel Castro. Oltre centomila
persone hanno visitato il nuovo mausoleo in cui sono conservati i
resti del Comandante, nei soli primi due giorni di "ritorno a casa".
Tra i visitatori più illustri, anche papa Giovanni Paolo II che, in
occasione del recente e storico viaggio nell'isola caraibica, ha
voluto rendere omaggio alla tomba del Che.
Così, dopo anni in cui si era
creduto di tutto - dall'impossibilità di accettare la notizia
dell'uccisione del Che, al trafugamento del suo corpo, alla
cremazione dei resti, al lancio del corpo stesso da un elicottero in
volo sulla foresta boliviana per evitare che fosse trovato -
finalmente il Che ha avuto sepoltura certa a Santa Clara. E il mito
continua.
[All'interno della sterminata
produzione editoriale su Ernesto Che Guevara, ho consultato i
seguenti volumi: Roberto Massari, Che Guevara. Pensiero e
politica dell'utopia, Erre emme edizioni; Ernesto Che Guevara,
Scritti scelti, a cura di Roberto Massari, 2 voll. Erre emme
edizioni; Almeyra - Santarelli, Guevara, il pensiero ribelle,
Datanews; Ruben Vasquez Diaz, La Bolivia del Che, Jaca Book;
Saverio Tutino, Guevara al tempo di Guevara, Editori Riuniti;
Liliana Bucellini, Il Che: l'amore, la politica, la rivolta;
Che Guevara, Diario in Bolivia, Feltrinelli; Ernesto Che
Guevara, uomo, compagno, amico..., a cura di Roberto Massari,
Erre emme edizioni; Antonio Moscato, Che Guevara, Teti
editore; Associazione di Amicizia Italia-Cuba, Non solo
guerrigliero (mostra
fotografica)] |