GLI ESERCITI NELLA STORIA

L'ESERCITO DEI FARAONI

L'antico Egitto, circondato dai deserti, è praticamente isolato e non ha quindi grandi tradizioni militari; il primo esercito di cui si ha notizia risale al 3000 a.C. circa.

Nell'Antico Regno la struttura dell'esercito è feudale; i governatori dei distretti controllano armate distrettuali di contadini, che svolgono i loro compiti principalmente nel periodo dell'inondazione, quando non possono lavorare nei campi.

Nel Medio Regno nascono due figure: il militare di carriera, cioè l'ufficiale, e il mercenario, un soldato di nazionalità straniera assoldato nell'esercito.

Nel Nuovo Regno i popoli libici prigionieri diventano prima mercenari e poi dominatori dell'Egitto.

Nel Tardo Periodo sono i mercenari greci a formare l'ossatura dell'esercito egizio; essi non sono più ricompensati, come in passato, con terreni, ma vengono pagati in oro e questo rende più facile un loro cambiamento di fronte.

L'impero dei faraoni viene creato più che altro dalla superiorità organizzativa di un popolo unito e tecnicamente progredito; è conquistato e difeso con l'aiuto di ampi corpi mercenari, reclutati nei paesi confinanti e anche tra quelli sconfitti: nubiani, libi, siriani e popolazioni costiere.

Nel periodo più antico i soldati sono una fanteria leggera, vestiti con un solo gonnellino e armati con spada, ascia, lancia e, solo occasionalmente, scudo; di fianco ai fanti combattono aliquote di arcieri, armati di arco leggero e frecce, e di frombolieri, armati di lunga fionda che scaglia piccole pietre.

Nel 1500 a.C. gli hyksos, provenienti dall'Asia, introducono in Egitto l'uso del cavallo e la costruzione dei carri da battaglia, di foggia simile alle bighe, che conferisce all'esercito egiziano una certa superiorità, ma una vera cavalleria non viene mai costituita.

Dall'epoca del faraone Ramesses viene introdotta l'usanza di suddividere l'esercito in raggruppamenti autonomi, ciascuno dei quali porta il nome di una grande divinità.

L'unico dato certo sulla consistenza numerica dell'esercito riguarda la seconda battaglia di Kadesh del 1279 a.C., dove il faraone Ramesses II schiera 4 divisioni di 5.000 effettivi ciascuna, di cui circa la metà mercenari, appoggiate da 500 carri da guerra, contro gli Ittiti e li sconfigge.

Le navi, che inizialmente erano usate come mezzi di trasporto lungo il Nilo, nel Nuovo Regno sono utilizzate per attaccare i nemici nel delta del fiume; sono piccole imbarcazioni con un solo albero maestro ed un'unica fila di rematori.


LA FALANGE MACEDONE

Tra il 334 e il 326 a.C. l'esercito di Alessandro Magno conquista un impero che si estende dall'Adriatico al fiume Indo; è formato da circa 50.000 uomini.

Punto forte è la cavalleria: i "soci", 1.800 nobili guidati personalmente dal re, sono suddivisi in 8 "iliae" e formano anche la guardia del corpo reale; sono cavalleria pesante, ma dispongono di armamento leggero: elmo, pettorale, scudo rotondo, lancia lunga 180 cm e sottile, e sciabola corta. Essi cavalcano senza staffe, dopo il primo assalto la loro lancia si spezza e continuano il combattimento con la sciabola.

In appoggio c'è la cavalleria leggera: 900 elementi delle classi sociali inferiori, destinati alla ricognizione e alle schermaglie sui fianchi dello schieramento.

La fanteria è suddivisa in due corpi: gli "ipaspisti", 3.000 soldati scelti equipaggiati con la "sarissa", lancia lunga 2 o 3 metri, dotata di lama da 30 cm, ed i "pezetaeri", oltre 40.000 che rappresentano il grosso della fanteria, truppe di leva, ed hanno una lancia lunga da 4 a 6 metri.

Sul campo la falange è formata da 4 "chiliarchie", a loro volta costituite da 4 "syntagma" di 256 "opliti", la fanteria di linea, disposti su 16 file di 16 uomini; alle loro spalle una compatta linea di "peltasti", la fanteria scelta, costituisce la riserva operativa; il grosso viene preceduto dagli "psiloi", la fanteria leggera, che impegna il nemico per prima in una serie di scaramucce in ordine sparso; la cavalleria, equamente suddivisa sui due lati, protegge i fianchi nella fase iniziale dello scontro, poi si lancia all'assalto ai lati dello schieramento nemico.

L'esercito macedone si sposta senza mogli al seguito; i matrimoni con donne locali sono proibiti; tutto ciò incoraggia le relazioni omosessuali; lo stesso Alessandro ne ha una con Efaisto.

Le falangi macedoni hanno facilmente ragione dell'armata persiana, formata da 40.000 uomini; il grosso dell'esercito persiano insegue i macedoni con 100.000 uomini, ma Alessandro vince nello scontro forze doppie delle sue; giunti in India i macedoni patiscono la fame, sono alla mercè dei monsoni, uniformi e provviste marciscono, le armi arrugginiscono; Alessandro decide di fermare lì la sua avanzata e ordina di tornare indietro.

Giunti a casa, in Macedonia, i soldati ricevono manifestazioni di gioia: essi sono i fondatori dell'impero; Alessandro muore l'anno successivo a soli 33 anni di età e il suo esercito, senza di lui, inizia a sgretolarsi.

LA LEGIONE ROMANA

L'esercito romano, rispetto a quello macedone, ha un vantaggio: non è legato alla figura di un singolo condottiero, ma trae la propria forza dalla rigida struttura nella quale ogni elemento si trova al suo posto.

La storia dell'esercito romano copre sei secoli, quindi è soggetta a mutamenti umani e sociali; inizialmente i cittadini sono arruolati solo nei casi di emergenza, in seguito si fa ricorso ai volontari.

Nel II secolo d.C. l'esercito raggiunge la massima solidità; è formato da tre corpi: guardia pretoriana, legioni e ausiliari; le legioni inquadrano oltre la metà degli effettivi dell'intero esercito, sono una trentina, ciascuna su circa 5.500 legionari.

Il primo passo per diventare legionario è il "probatio", colloquio con un apposito comitato: fabbri, maniscalchi, carpentieri, macellai e cacciatori sono accettati; pescatori, cuochi, panettieri, osti e gestori di bordelli vengono scartati; segue l'esame del fisico: è richiesta un'altezza minima di 170 centimetri.

Dopo il giuramento di fedeltà allo stato, si passa all'addestramento: in 5 ore di marcia a passo militare si devono coprire 20 miglia romane (25 chilometri, l'equivalente di 5 chilometri l'ora), a passo pieno le miglia diventano 24. Il maneggio delle armi prevede l'uso del "gladius", corta spada che va usata dal basso verso l'alto; il "pilum", lancia in legno con punta in ferro temperata solo all'estremità cosicchè dopo il lancio si spezza e non può essere riusata dal nemico, viene impiegato sia nel corpo a corpo sia nel lancio a distanza; l'attrezzatura completa del legionario può sfiorare i 45 chilogrammi di peso.

La legione, unità più flessibile della falange macedone in quanto può assumere diversi schieramenti, comprende una linea di "veliti", fanteria leggera formata dai soldati più giovani armati di scudo tondo, giavellotto e daga, che impegna il nemico nelle schermaglie; seguono 10 manipoli di "astati", i lanciatori di giavellotto; in terza fila ci sono 10 manipoli di "principali", armati di lancia e in ultima posizione 10 manipoli di "triari", i veterani, rinforzati dai "veliti" dopo le fasi iniziali dello scontro.

Ogni manipolo è formato da 2 centurie di circa 60 elementi, 30 per i "veliti" e i "triari"; quattro manipoli, uno di "veliti", uno di "astati", uno di "principali" e uno di "triari", formano una coorte; 10 coorti danno vita alla legione; un quarto dell'organico della legione è costituito dagli "immuni", cioè coloro che sono esenti dal combattimento poichè svolgono altri incarichi: scritturali, topografi, fabbri, carpentieri, idraulici, muratori.

La legione dispone anche di una propria cavalleria, pur se di dimensioni ridotte: 120 cavalieri, gli "equiti", suddivisi in 10 "turme"; il grosso della cavalleria viene generalmente fornito dagli ausiliari, gli alleati; i romani dispongono anche di una loro "artiglieria": catapulte e balestre; simbolo della legione è l'aquila che rappresenta lo spirito, o "genio".

Al termine dei 20 anni di servizio, ma solo in alcuni periodi storici, i legionari ricevono una pensione, in altri ricevono in compenso terre da coltivare nelle nuove zone conquistate, questo al fine di romanizzare tutto l'impero.

                         LE LEGIONI ROMANE NEL 68 d.C.                

II Legione Augusta a Glevum (Gloucester)

IX Legione Hispanica a Lindum Colonia (Lincoln)

XX Legione Valeria Victrix a Uroconium (Shrewsbury)

V Legione Alaudae a Vetera (presso Xanten)

XV Legione Primigenia a Noviomagus (presso Xanten)

XVI Legione Gallica a Novaesium (Neuss)

I Legione Germanica a Bonna (Bonn)

IV Legione Macedonica a Magontiacum (Magonza)

XXII Legione Primigenia a Magontiacum (Magonza)

XXI Legione Rapax a Vindonissa (Windisch)

X Legione Gemina a Carnuntum (presso Bratislava)

XIII Legione Gemina a Aquincum (Budapest)

XI Legione Claudia a Singidunum (sul Danubio)

VIII Legione Claudia a Viminacium (sul Danubio)

III Legione Gallica a Oescus (sul Danubio)

VII Legione Claudia a Durostorum (sul Danubio)

VI Legione Victrix (in Aragona)

XIV Legione Gemina a Lugdunum (Lione)

I Legione Italica (in Italia)

III Legione Augusta (al confine Algeria-Tunisia)

III Legione Cyrenaica (Alessandria d'Egitto)

XXII Legione Deiotariana (ad Alessandria d'Egitto)

V Legione Macedonica (in Giudea)

X Legione Fretensis (in Giudea)

XV Legione Apollinaris (in Giudea)

IV Legione Scythica ad Antiochia (in Siria)

VI Legione Ferrata ad Antiochia (in Siria)

XII Legione Fulminata ad Antiochia (in Siria)

L'ESERCITO BIZANTINO

Bisanzio eredita l'esercito dell'Impero Romano d'Oriente; con alcuni cambiamenti strutturali è il fattore predominante nella sopravvivenza dell'Impero Bizantino per ben 1000 anni.

Due testi del tempo sono giunti a noi: lo "Strategicon" scritto dall'imperatore Maurizio nel 59 d.C. e la "Tactica" di Leone il Saggio dell'anno 900 circa.

Inizialmente formato da guarnigioni locali, in seguito l'esercito bizantino si struttura in "temi" permanenti; alla fine del 600 esistono 7 temi, nel 900 essi sono 30; queste unità sono formate da soldati-contadini che ricevono proprietà terriere in cambio dei loro servizi.

Il "catafratto" è la figura più importante: cavaliere con pesante armatura equipaggiato di scudo, lancia, sciabola ed arco (arma snobbata dai legionari romani); anche il suo cavallo è protetto da una maglia metallica.

La fanteria tradizionale, detta "numerus", comprende fanteria leggera composta di arcieri con scudo, arco e faretra con 40 frecce, e fanteria pesante composta di "scutatus", fanti equipaggiati di un grande scudo rotondo, lancia, spada e ascia; ogni 4 o 5 soldati c'è un attendente con un cavallo che trasporta i loro bagagli; ogni "pentarchia" (compagnia) di fanteria ha in organico un medico e 6-8 portaferiti.

La "tema" bizantina si struttura su 2 "turme" di 5 "bande"; la banda, a sua volta comprende 5 "pentarchie" formate da 5 "pentacontarchie" di 40 soldati; con un totale di circa 10.000 effettivi la tema può essere paragonata alla moderna divisione.

Nel 1025 l'Impero conta 46 temi che si estendono dall'Italia meridionale all'Armenia; essi sono sia unità militari che divisioni amministrative del territorio; nel 1204 Costantinopoli viene saccheggiata dai Crociati e nel 1453 l'impero cade definitivamente nelle mani dei Turchi Ottomani.

I VICHINGHI

Le invasioni vichinghe del 700 colgono di sorpresa l'Europa cristiana; provenienti dalla Scandinavia e dalla Danimarca i vichinghi si considerano semplicemente membri di una delle tante tribù del Nord Europa.

Fondano uno stato a Kiev, saccheggiano Costantinopoli, raggiungono Baghdad, l'Irlanda, la Gran Bretagna, la Francia e l'Italia; le loro navi a vela e remi si spingono in Groenlandia e a Terranova, attratti dalle ricchezze dei nuovi territori.

Il capo di una tribù, il re, viene eletto dagli "jarls", i conti, grandi o piccoli feudatari e quasi sempre famosi guerrieri; la maggior parte dei guerrieri appartiene però alla classe dei "bondir", uomini liberi, contadini animati da un alto spirito di indipendenza; infine vi sono gli schiavi, la classe inferiore a stento ritenuta a livelli umani.

Il combattente vichingo, specie se lontano dalla patria, è parte di un'unità nella quale fedeltà sociale e militare sono collegate, prevalgono in lui il senso dell'onore e la devozione, anche se la disciplina è molto relativa.

Il soldato indossa una veste di lana pesante, pantaloni lunghi e larghi per la nobiltà, stretti per i "bondir"; sopra porta una maglia metallica; l'elmo è di varie foggie ornato dall'emblema del cinghiale; gli elmi ornati da ali o da corna - ormai entrati nella fantasia popolare - sono indossati solo dal re o dai conti durante le cerimonie.

L'arma principale è la spada a doppia lama con impugnatura decorata; ogni guerriero le assegna un nome e dice di averla avuto in dono dal dio Odino o di essesela fatta fabbricare dai nani della foresta; l'altra arma più usata è l'ascia; ci sono anche lance lunghe un paio di metri e scudi rotondi.

Orgoglio dei Vichinghi sono le loro navi, ancora oggi ritenute gli scafi più semplici e, al tempo stesso più sicuri, mai progettati; la nave rinvenuta ad Oslo supera i 20 metri, è larga 4 e pesca meno di un metro, ha 16 remi per lato lunghi 6 metri circa, un albero maestro di 13 metri e un'ampia vela quadra; sui bordi sono appoggiati 64 scudi di legno, metà di colore nero e metà gialli; a prua e a poppa sono intagliati la testa e la coda di un dragone.

Sulla terraferma il mezzo di trasporto è il cavallo, sempre ornato da paramenti colorati, non usato però in battaglia: il guerriero vichingo preferisce combattere a piedi; egli non è certo invincibile, ma per lungo tempo nessun popolo si rivela abbastanza forte da sconfiggerlo.

I NORMANNI

Dopo l'anno 1000 l'intera Europa è retta dal sistema feudale militare ed economico; il cavaliere feudale è equipaggiato di pesante armatura, scudo, lancia e spada e, in cambio di concessioni terriere, i feudi appunto, presta servizio militare per conto di un signore.

La massima espressione dello spirito aggressivo esistente nel Medioevo è la I^ Crociata; a simbolo dei guerrieri crociati si possono prendere i Normanni; diretti discendenti dei Vichinghi e sconfitti nel 911, il loro capo Rolf viene nominato duca della Normandia dall'imperatore Carlo III, divenendo vassallo del re di Francia.

Trent'anni dopo i Normanni si sono convertiti al cristianesimo, hanno assimilato usi, costumi e linguaggio delle popolazioni francesi, ma non hanno perso lo spirito guerriero che li contraddistingue.

Nella I^ Crociata non formano una compagine compatta, ma combattono agli ordini di vari capi; considerati barbari dagli altri militari, non sono versati alle sottili arti della guerra e della diplomazia, ma in battaglia il vigore individuale li contraddistingue portandoli quasi sempre alla vittoria.

I guerrieri Normanni si tramandano di padre in figlio l'arte di cavalcare, di usare lancia e spada, e di muoversi con l'armatura, alquanto pesante; sotto l'armatura portano una maglia metallica, sui 15 chilogrammi, confezionata con molta cura; il loro scudo, di inedita foggia, è studiato proprio per l'uso a cavallo: assomiglia ad un aquilone e, in futuro, sarà usato come stemma araldico; la spada, lunga 110 cm, è più sottile di quella vichinga.

Giunti in Mediterraneo per la crociata, il clima caldo costringe i guerrieri a modificare l'equipaggiamento; la pesante armatura non viene più indossata e, sopra la cotta di maglia metallica, essi portano una tunica di lino, bianca con croce rossa davanti e dietro.

La religione li condiziona al punto che, durante l'assedio di Gerusalemme, combattono scalzi in segno di devozione; la prospettiva di un ricco bottino li rincuora sempre; essi sono un misto di orgoglio, avidità, ambizione, religiosità, crudeltà e spirito di adattamento.

LA CAVALLERIA MEDIOEVALE

A seguito della I^ Crociata sorgono in Europa vari ordini di monaci-guerrieri; grazie alla ferrea disciplina essi diventano molto potenti; il più famoso di questi ordini rimane quello dei Templari.

Il fondatore è Ugo di Payers che, nel 1118, ottiene da re Baldovino di Gerusalemme (lo stato cristiano costituito al termine della I^ Crociata) l'autorizzazione a formare un gruppo di audaci cavalieri destinati a pattugliare le strade che conducono alla Terra Santa.

L'ordine dei Templari comprende tre classi: i cavalieri, di stirpe nobile, formano la prima; i sergenti (che hanno la tunica nera con croce rossa), scudieri e sovrintendenti alla comunità, la seconda; ecclesiastici e non militari la terza.

Dopo tante ricchezze accumulate in battaglia i Templari si trasformano in banchieri; diventano arroganti e disdegnano le corti reali; il Gran Maestro dell'ordine siede nel tribunale di Gerusalemme; il papa è definito "suzerain", il non-re.

Un altro ordine similare è rappresentato dai Cavalieri Teutonici; essi sono in pochi, solo 50 all'inizio, poi 1.600 nell'anno 1400; provenienti dalla Prussia sono fanatici e astuti; vestono tuniche bianche con croce nera; per arricchirsi adottano il sistema di non uccidere i prigionieri di guerra, ma di chiedere un riscatto.

Nel XV secolo i cavalieri medioevali iniziano a combattere a piedi per non esporre i loro cavalli al tiro delle balestre, arma particolarmente usata dagli anglosassoni; ad esempio nella battaglia di Agincourt, nel 1415, la debolezza dei cavalieri francesi viene evidenziata dalla vittoria degli anglosassoni, inferiori di numero, ma meglio organizzati.

I CAPITANI DI VENTURA

Vengono così definiti i capi di una banda di mercenari nell'Italia del XV secolo; essi stipulano un contratto con un signore: anticipo in denaro e rate successive, assicurazione in caso di mutilazioni, a volte una pensione; tutto ciò in cambio di servigi militari e dell'impegno a non combattere a fianco dei nemici per un dato periodo; doveri feudali e difesa dell'onore non sono però impliciti nel contratto.

I mercenari, ovviamente, hanno origini molto più antiche: il faraone egiziano Ramsete II ne arruola alcuni per la campagna contro gli Ittiti, Alessandro Magno arruola mercenari greci, l'esercito cartaginese di Annibale è interamente formato da mercenari, Giulio Cesare utilizza con profitto la cavalleria dei Germani e dei Galli, poi imitato dai suoi successori, l'Impero Bizantino annovera tra le sue file interi reparti vichinghi, l'esercito francese che invade la Gran Bretagna nel 1066 è essenzialmente mercenario, ci sono anche i famosi balestrieri genovesi.

Le bande di mercenari, note come compagnie di ventura, sono precedute in Francia dalle "libere compagnie", formate da soldati ormai in congedo, e seguite in Svizzera dai ben noti alabardieri che diventeranno la guardia del corpo del re di Francia e, lo sono ancora oggi, le guardie personali del papa.

Nel 1751 solo un terzo dell'esercito di Federico il Grande è costituito da prussiani, il resto è formato da mercenari di varie nazioni; la definizione di mercenario è semplicemente quella di un soldato che combatte in cambio di una paga, all'opposto del soldato feudale che combatte per far fronte ai propri doveri.

In Italia la situazione è particolare: si tratta della nazione più ricca d'Europa, ma anche della meno unificata, costituita da città-stato sempre in guerra tra loro; piccole come stato, ma grandi come città, Firenze ad esempio ha lo stesso numero di abitanti di Parigi.

Ogni banda di mercenari ha un capo, si autodefinisce compagnia per sottolineare l'uguaglianza tra i membri ed è suddivisa in lance, ciascuna con un cavaliere, uno scudiero che si occupa del cavallo, un paggio che fa la manutenzione all'armatura, e due arcieri.

Famosa è la Compagnia Bianca, inizialmente capitanata da un tedesco che finisce decapitato dai suoi soldati; gli succede Giovanni Acuto (nome italianizzato dell'inglese John Hawkwood).

Alberico da Barbiano forma la Compagnia di San Giorgio per combattere sotto papa Urbano VI contro l'avversario francese papa Clemente VII; la vittoria ottenuta dal da Barbiano a Marino Romano pone termine alla supremazia dei mercenari stranieri e segna l'inizio della supremazia dei capitani di ventura italiani.

La struttura si evolve: l'unità basilare agli ordini di un capitano di ventura è la casa formata da squadroni di 5 lance comandate da caporali; gli "uomini d'arme", in special modo i più fedeli, sono legati al capo della casa da un rapporto semi-feudale.

Nell'Italia meridionale i capitani di ventura arrivano ad influenzare le decisioni politiche: ad esempio il capitano generale di Napoli, Federico da Montefeltro, costringe la città ad attaccare Sigismondo Malatesta, suo acerrimo nemico.

Ogni capitano insegna il proprio stile di combattimento, anche se tutti gli insegnamenti traggono origine dalla scuola del da Barbiano; i seguaci di Andrea Fortebracci, detto Fortebraccio da Montone, prediligono la potenza dell'assalto, quelli di Muzio Attendolo, detto lo Sforza, sono celebri per l'abilità di manovrare.

Nello scontro tra Francesco di Bussone, detto il Carmagnola, e Niccolò Piccinino, il primo cattura 5.000 cavalieri e 5.000 fanti nemici senza causare la morte di un sol'uomo da ambo le parti; gli scrittori del tempo, come il Machiavelli, accusano i capitani di ventura di aver fallito nel tentativo di difendere l'Italia, posposto ai loro interessi personali, d'altronde essi fanno della carriera militare un mestiere, non certo una fede.

GLI ALABARDIERI SVIZZERI

Nel XV secolo i soldati a cavallo e le compagnie di ventura diventano antiquati di fronte alle solide fanterie dei cantoni svizzeri e dei loro emuli tedeschi, conosciuti come alemanni.

Gli svizzeri sono rinomati in tutta Europa per la loro velocità di marcia e le indubbie qualità di combattenti; la leggerezza delle loro armature, in origine, è imposta semplicemente dalla mancanza di mezzi.

Gli alabardieri combattono in colonne, armati di lunghe alabarde e picche, con una formazione simile alla falange macedone; sono scortati dai balestrieri e, più tardi, da fanti armati di pistoloni.

Spietati, meschini e insubordinati, solo inizialmente sottoposti ad un'esemplare disciplina, diventano mercenari; i loro capitani sono eletti dalla truppa che spesso rifiuta gli ordini che non ritiene giusti.

I LANZICHENECCHI

Il termine significa semplicemente "uomini delle pianure"; si tratta di un corpo formato dall'imperatore Massimiliano, ispirato dai successi degli svizzeri.

Il corpo annovera compagnie di 300 elementi comandate da un capitano e dai suoi luogotenenti; l'armamento è, come per gli svizzeri, di alabarde e picche, ma più corte; in appoggio ci sono fanti armati di archibugi e corte spade-pugnali.

I combattimenti che vedono i Lanzichenecchi opposti agli svizzeri sono sempre tremendi e brutali; alla fine però prevale la disciplina tedesca ed il sistema di arruolare un esercito permanente viene a prevalere in tutti gli stati europei.

IL TERCIO SPAGNOLO

Fino ai primi anni del XVII secolo l'Impero Spagnolo è uno dei più vasti e ricchi d'Europa; creato da alleanze e matrimoni combinati viene mantenuto grazie ad una macchina militare che non trova riscontro in altre nazioni.

1492: anno determinante per la Spagna; la scoperta delle nuove terre americane e la definitiva sconfitta dei Mori nella penisola Iberica influenza la storia spagnola.

Il soldato spagnolo si guadagna la fama di migliore in campo nel XVI secolo; veterano di campagne europee, africane e americane, adotta prontamente le novità del campo militare: archibugi, moschetti e pistoloni.

Dopo il 1530 si costituiscono i "tercios", unità di forza simile ad un moderno reggimento; ogni tercio comprende 12 compagnie formate da circa 200 picchieri e 20 archibugieri; completano l'organico 9 ufficiali, un suonatore di cornamusa ed un barbiere-infermiere; ogni compagnia è suddivisa in reparti minori guidati da luogotenenti e sergenti.

In campo i picchieri formano il centro dello schieramento; gli archibugieri, 10 per lato, formano due file: il primo della fila spara e subito dopo corre all'ultimo posto iniziando le complesse operazioni di ricarica dell'arma; si ottiene così il primo esempio sul campo del fuoco "automatico".

I tercios sono formati su base geografica, uno dei primi è di stanza in Lombardia, e assumono nomi fantasiosi tipo gli "Immortali"; ognuno di essi è comandato da un mastro di campo, equivalente al moderno colonnello, coadiuvato da un gran numero di ufficiali.

Nel 1640, durante la campagna d'Olanda, l'esercito spagnolo comprende 17.000 spagnoli, 37.000 olandesi, 15.000 tedeschi, 4.000 italiani e 2.500 britannici.

LA CAVALLERIA DI OLIVER CROMWELL

Nell'agosto 1642 in Gran Bretagna scoppia la guerra civile che oppone il re Carlo al Parlamento; un esercito permanente non esiste, ci sono solamente bande addestrate che operano a livello di contea.

A fine anno i volontari delle forze parlamentari non sono ancora riusciti a sopraffare le forze del re; lo statista Oliver Cromwell propone l'arruolamento di elementi le cui convinzioni religiose e politiche siano tali da motivarli nella lotta.

Cromwell sceglie gli agricoltori, quelli che lui rappresenta nel parlamento britannico, i proprietari terrieri ed i loro figli, li definisce "uomini di fede", e li arruola nella cavalleria, la posizione più prestigiosa dell'esercito, con stipendi più alti e maggiori possibilità di rifornimenti e di bottino.

Egli stesso entra nell'esercito con il grado di capitano e la facoltà di arruolare squadroni di 80 cavalieri; nel 1643 è promosso colonnello e arruola altri squadroni; nel 1644 il suo reggimento conta 14 squadroni di 80-100 elementi ciascuno; pone cinque suoi parenti al comando di altrettanti squadroni.

La cavalleria di Cromwell è formata da tiratori a cavallo; essi vestono pettorale e schienale di di ferro su veste di cuoio, questi fermano i colpi di spada e di giavellotto, ma non le pallottole; in testa hanno un elmo con paranuca; sono armati di pistolone, spada e talvolta ascia; vengono soprannominati "Ironsides", uomini di ferro e, dai nemici "Roundhead", testa rotonda, a causa del taglio dei capelli a calotta circolare.

La tattica dei cavalieri si ispira ai fanti spagnoli; essi combattono allineati su tre file, la prima fila apre il fuoco con i pistoloni, poi esegue un dietro-front e si porta all'ultimo posto per ricaricare le armi; la seconda fila avanza e spara e così via; la fine della guerra vede la vittoria dei parlamentari sulle residue forze reali e le innovazioni del Cromwell vengono mantenute anche in seguito nell'esercito britannico.

L'ESERCITO DI FEDERICO IL GRANDE

Salito al trono di Prussia nel 1740 Federico II eredita un regno giovane, nel quale vige un sistema militare senza pari in tutta Europa.

Le truppe di Federico, detto "il Grande", ottengono una lunga serie di vittorie tattiche; in tempo di pace l'esercito conta 80.000 uomini, in guerra vengono arruolati tutti gli operai e i contadini, integrati da reclute straniere.

La Scuola dei Cadetti di Berlino forma un terzo dei nuovi ufficiali, con severità e durezza; gli ufficiali, inviati ai reggimenti, iniziano una competizione per ottenere i posti migliori; vestiti con belle uniformi e ben alloggiati, frequentano i salotti intellettuali di Berlino; si forma una vera e propria casta.

I soldati, per contro, non godono di alcun privilegio sociale in cambio del loro servizio nell'esercito; tutti i maschi tra i 18 ed i 40 anni sono soggetti all'arruolamento nel reggimento di stanza locale; dopo due anni di leva obbligatoria possono tornare a casa ma, un mese in primavera e uno in autunno, hanno l'obbligo di presentarsi per le esercitazioni campali; inoltre durante il lavoro in tempo di pace devono indossare le insegne dell'esercito imperiale.

Lo stato è diviso in cantoni, ciascuno dei quali responsabile di un reggimento; il reggimento di cavalleria conta 1.800 cavalli, quello di fanteria circa 5.000 moschetti; la crema dei giovani è destinata alla cavalleria, gli alti ragazzi della Pomerania e del Brandeburgo diventano granatieri, gli uomini della Slesia, della Vesfalia e di Berlino, meno alti, formano i reggimenti meno prestigiosi come quelli di fucilieri.

Nasce un nuovo corpo: i "feldjager", fanteria leggera formata da guardie forestali, guardiacaccia e cacciatori, che in guerra diventano esploratori; gli elementi tecnicamente dotati vengono destinati all'artiglieria, considerata però di rango inferiore alle altre armi.

Un addestramento inizialmente dolce e comprensivo, poi imperniato sul terrore, tramuta i soldati in fantocci destinati a marciare in formazione e ad ubbidire ciecamente agli ordini; Federico sa bene che, con l'estensione dei confini e la scarsezza di uomini disponibili, l'unica possibilità di vittoria consiste nella superiorità locale, ottenuta concentrando vari reggimenti in un solo cantone.

L'arma principale è il moschetto con canna da un metro, calibro 19 mm, usato come arma da fuoco o come supporto per la baionetta d'acciaio; l'addestramento al tiro viene molto curato, la tecnica consiste nell'impiegare un intero plotone per far fuoco su un unico bersaglio; 180 metri rappresentano la massima distanza utile per colpire un uomo in piedi.

Nell'esercito di Federico nascono le manovre sul campo di battaglia, frutto di un lungo e intenso addestramento; un reggimento può, ad esempio, far passare le proprie compagnie dall'ordine di marcia in colonna all'ordine di combattimento in linea di fila, nel minor tempo possibile.

L'artiglieria prussiana utilizza cannoni da 12 libbre (con proietto da 5,4 kg), con 15 serventi e una cadenza di tiro di un colpo al minuto; obici da 7 libbre (con proietto di 3,2 kg), con 12 serventi che riescono a sparare un colpo al minuto; il cannone da 3 libbre (con proietto di 1,3 kg), con 8 serventi, spara 2 colpi al minuto.

Nel 1757, durante la Guerra dei Sette Anni, l'esercito di Federico è nettamente inferiore a quello degli alleati: austriaci, tedeschi e francesi; gli austriaci, vittoriosi, si accampano presso Breslavia con 70.000 uomini; Federico, con un esercito tre volte più piccolo, decide di marciare contro di loro.

Fa avanzare il suo fianco sinistro e subito gli austriaci rinforzano l'ala destra con la cavalleria; la sua mossa è però solo una finta, egli sfrutta la manovrabilità delle sue truppe e fa eseguire una conversione generale a destra; i suoi soldati, coperti da un'altura, piombano sul fianco sinistro nemico ormai sguarnito; gli austriaci, accortisi del trucco, lanciano alla carica la cavalleria, ma gli squadroni scelti di ussari prussiani li fermano, contrattaccano e annientano l'ala sinistra nemica; l'elemento decisivo della vittoria resta la precisione dell'artiglieria prussiana che accompagna, grazie alla sua mobilità, gli assalti della cavalleria e della fanteria.

Alla morte di Federico, nel 1786, il suo esercito rimane invariato; i suoi successori pensano che le sue idee innovative non possano più essere migliorate; l'esercito prussiano verrà poi completamente distrutto nel 1806, durante la battaglia di Jena, dall'armata di Napoleone.

LA GRANDE ARME'E

1789: la rivoluzione francese porta grandi cambiamenti in Francia e, di riflesso, in tutta l'Europa; l'esercito del re, relativamente contenuto e formato da professionisti, lascia il posto ad una forza massiccia, basata sulla leva obbligatoria.

L'esercito reale ha 102 reggimenti di fanteria, 12 battaglioni di fanteria leggera, 62 reggimenti di cavalleria, 7 reggimenti di artiglieria; per un quarto è formato da stranieri: svizzeri, tedeschi e irlandesi; due terzi degli ufficiali sono nobili; le truppe, chiamate a reprimere le dimostrazioni popolari contro il re, spesso si rifiutano di eseguire gli ordini.

L'8 luglio i parigini chiedono all'Assemblea Nazionale il permesso di costituire la guardia cittadina; le truppe di guarnigione a Parigi non si oppongono, anzi molti di loro prendono parte alla famosa presa della Bastiglia.

Nel 1790 la guardia nazionale parigina è in continuo aumento, contando già su 48.000 uomini, mentre l'esercito è in declino; in altre città si arruolano altre formazioni: i "burgerois", truppe locali, i "sans-coulottes", radicali, e anche gruppi di briganti apolitici.

Durante la primavera del 1792 Austria e Prussia, volendo approfittare della situazione interna, dichiarano guerra alla Francia; i volontari vincono in Belgio ma, senza molto addestramento, vengono presto respinti fino alle porte di Parigi; il re viene deposto nel mese di agosto.

Nel febbraio 1793 anche la Gran Bretagna dichiara guerra alla Francia; il 21 febbraio vengono aboliti i reggimenti francesi, sostituiti dalle "demi-brigades", formate da un battaglione di regolari, che combatte al centro, e due battaglioni di volontari alle ali.

Spagna e Prussia concludono trattati di pace con la Francia nel 1795 e l'esercito francese occupa l'Olanda; l'anno successivo si riduce a 350.000 uomini, con però maggiore esperienza, come messo in luce dalle campagne in Germania e Italia del 1796-97.

Torna in auge la disciplina militare ed emergono giovani e brillanti ufficiali come il corso Napoleone Bonaparte; una buona parte dell'esercito è impiegato come fanteria leggera, cioè combatte in ordine sparso prediligendo l'iniziativa individuale, contrapposta alle rigide formazioni dell'ordine chiuso.

Molto importante è l'"ordre mixte", che consiste 3 o 4 linee di truppe molto manovrabili; l'esercito francese dispone di una notevole capacità d'adattamento a qualunque tipo di terreno; inoltre viaggia leggero contando di sfruttare le risorse locali.

Nel 1798-1801 l'Armèe combatte contro la 2^ Coalizione di stati europei; il primo console e futuro imperatore Napoleone crea uno strumento militare che è l'espressione della sua genialità; alla base del sistema vi è l'arruolamento di massa; le opinioni politiche degli ufficiali non rappresentano più motivi di sospetto; vengono ripristinate alcune vecchie regole del codice militare.

Nel 1800 Napoleone crea il "corpo", nuova grande unità che riunisce due o più divisioni e, nel 1803, tornano in auge i reggimenti; con unità scelte di veterani si forma la Guardia Imperiale: 2.800 cavalieri e 5.000 fanti; nel 1805 la Grande Armèe di Napoleone si dimostra una forza eccezionale, difficile da battere; dopo le vittorie sugli austriaci ad Austerlitz e sui prussiani a Jena subirà le sconfitte in Russia ed a Waterloo.

LA GUERRA CIVILE AMERICANA

La prima cosa da notare riguardo alla guerra civile americana è che le truppe sono interamente formate da volontari; le cause del conflitto si manifestano nel tardo 1861 con la creazione degli Stati Confederati d'America (più conosciuti come "sudisti"); inizialmente il loro esercito conta 35.000 effettivi.

Al Nord il presidente Lincoln dispone di un esercito federale di soli 16.367 uomini e deve ricorrere all'arruolamento di altri volontari; molti ufficiali federali, come il generale Lee, abbandonano l'incarico e si arruolano nelle file dei Confederati.

Particolare curioso: alcune donne riescono ad arruolarsi volontarie nell'esercito nordista e, solo dopo diverso tempo, vengono scoperte e rimandate a casa.

Il corpo di volontari dell'Unione (i "nordisti"), ha una ferma di tre anni; al loro fianco viene arruolata la milizia, con ferma di tre mesi.

Al Sud gli ufficiali regolari sono subito suddivisi tra i reparti, al fine di compensare l'inesperienza dei volontari; i reggimenti, arruolati su base locale, sono sempre in competizione tra loro.

Senza esperienza diretta di guerra, molti giovani americani che hanno letto le imprese di Napoleone si arruolano pieni di entusiasmo; al termine del periodo di ferma i soldati vengono trattenuti in servizio con allettanti proposte e discorsi patriottici all' "americana".

Nel 1865 la disciplina e le dure condizioni di vita forgiano una forza militare che non è certo inferiore agli eserciti europei; vi è però qualche problema di lingua: tra i volontari ci sono ebrei, tedeschi, francesi, norvegesi e olandesi che spesso non comprendono gli ordini ricevuti; ricordiamo anche che il presidente Lincoln offre a Garibaldi il comando di un'armata unionista, rifiutato però dal generale che in quel periodo soffre molto di artrosi.

Entrambi gli schieramenti utilizzano lo stesso equipaggiamento, con divise blu per i nordisti, grigie per i sudisti, le uniformi dei prigionieri vengono tinte e riutilizzate; i rifornimenti a volte sono abbondanti, a volte scarsi.

Nel campo delle artiglierie la guerra civile vede il passaggio dai cannoni ad avancarica a quelli con possibilità di retrocarica; la loro gittata è sui 2.500 metri; le armi usate da entrambe le parti sono i moschetti a canna rigata Springfield calibro .58 pollici (14,7 mm), americano, e l'inglese Enfield calibro .577 pollici (14,65 mm).

L'opinione pubblica americana viene scossa dalle fotografie, pubblicate sui giornali, dei caduti in battaglia: 20.000 sudisti nella Battaglia di Seven Days, 9.400 sudisti e14.400 nordisti a Second Bull Run; a Gettysburg il 1° Reggimento "Minnesota" dell'Unione perde l'85 % degli uomini ed il 1° Reggimento "Texas" dei Confederati l'82 %, i caduti confederati sono 20.451: è il risultato del progresso tecnologico dell'arte bellica.

LA GRANDE GUERRA

Il 5 agosto 1914 i tedeschi entrano in Belgio, dando il via alla Prima Guerra Mondiale; pochi giorni dopo 120.000 soldati britannici attraversano la Manica e si uniscono alle 5 armate dell'esercito francese.

I britannici, non molto numerosi, sono soldati di professione ben addestrati; i francesi, molto numerosi, sono coscritti con un addestramento mediocre; la dottrina militare dell'epoca prevede: offensiva a qualunque costo, la difensiva va abolita, la miglior difesa è l'attacco.

Il Corpo di Spedizione britannico è formato da 6 divisioni di fanteria, di circa 18.000 uomini ognuna, e una divisione di cavalleria; la fanteria divisionale comprende 12 battaglioni, l'artiglieria divisionale dispone di 58 cannoni e 18 obici, la divisione ha anche un reparto esplorante di cavalleria, uno del genio, uno di sanità, uno addetto ai rifornimenti ed uno addetto ai trasporti; la divisione di cavalleria si articola su 4 brigate di 3 reggimenti, più le truppe divisionali, per un totale di 9.000 uomini.

L'esercito francese del generale Joffre ha 5 armate, un corpo di cavalleria ed una riserva generale formata da due gruppi di divisioni; inizialmente esso schiera 1.900.000 uomini ripartiti in oltre 1.300 battaglioni di fanteria, 500 squadroni di cavalleria e 750 batterie d'artiglieria.

La dottrina militare francese è imperniata sul movimento e sulla potenza di fuoco; è stato calcolato che sono stati sparati  82.000 colpi per ogni nemico messo fuori combattimento; nel 1915 le vistose uniformi, cappotto azzurro, pantaloni e berretto rossi, vengono sostituite dalla nuova divisa grigio-azzurro.

L'esercito italiano entra nel conflitto il 24 maggio 1915: appena uscito vittorioso dalla Guerra di Libia contro l'Impero Ottomano, è ancora in fase di riassetto; le sezioni di mitragliatrici, nuova arma introdotta da poco, sono la metà di quelle previste; le dotazioni di bombe a mano sono praticamente inesistenti; le artiglierie pesanti sono presenti in numero molto ridotto.

Nel complesso l'Italia scende in campo con 4 armate, 14 corpi d'armata, 35 divisioni di fanteria, una divisione bersaglieri e 4 divisioni di cavalleria; sono in linea 875.000 uomini, 216.000 quadrupedi, 3.280 automezzi; l'armamento consiste in 760.000 fucili, 170.000 moschetti, 618 mitragliatrici, 1.797 pezzi d'artiglieria di piccolo calibro, 112 pezzi pesanti campali e 132 pezzi pesanti; il nuovo corpo aeronautico dispone di 15 squadriglie aeroplani con 58 velivoli, 10 sezioni di aerostati e 5 dirigibili; abolite da tempo le uniformi vistose, i soldati italiani vestono in grigio-verde.

LE PANZERDIVISIONEN

L'esercito tedesco, durante la Seconda Guerra Mondiale, è il più efficiente apparato bellico dei tempi moderni, con una tradizione militare che risale a Federico di Prussia.

La sconfitta subita dalla Germania nel 1918, limita l'esercito a 4.000 ufficiali e 100.000 soldati; per volere di Francia e Gran Bretagna viene abolito lo Stato Maggiore e chiusa l'accademia militare; questo comporta da un lato la formazione di nuovi ufficiali, giovani e con idee innovative, mentre dall'altro si studia come aggirare le clausole del tratto di pace.

Nel più assoluto segreto la Germania stipula un accordo con l'Unione Sovietica per la produzione di aerei ed i soldati tedeschi si addestrano sui carri armati russi; le 7 divisioni tedesche esistenti vengono prima portate a 21, poi a 39, usando per loro lo pseudonimo di "guardie confinarie"; si ricostituisce uno stato maggiore, definendolo "ufficio militare"; alla fine degli anni '20 le clausole del trattato di pace vengono ormai eluse, sotto gli occhi degli alleati europei.

Con l'avvento del nazismo nel 1933, e con la segreta complicità dell'Unione Sovietica, il programma di riarmo è accelerato; la Reichswehr, l'esercito del generale Von Seekt, può considerarsi un gioiello militare.

Hitler, salito al potere, decide di infischiarsene apertamente delle restrizioni imposte alla Germania, deciso a riportare l'esercito tedesco all'originario prestigio; ricordando che ha prestato servizio in fanteria nella Grande Guerra, durante una rivista militare passa in rassegna 3 plotoni equipaggiati di carri armati leggeri, autoblindo, motocicli e cannoncini controcarro ed esclama: "Ecco quel che mi serve!"

In quel momento nasce il "pugno blindato" dell'esercito tedesco: le divisioni corazzate; creare dal nulla una forza corazzata non è impresa da poco, oltre a uomini e materiali servono dottrine e un lungo addestramento.

La Germania degli anni trenta non possiede tecnici specializzati, carri armati, artiglierie, solo buone idee e qualche ufficiale lungimirante come Heinz Guderian; il riarmo tedesco avviene in fretta e a scapito della qualità.

Le divisioni corazzate, costituite nel 1935, sono 6, affiancate da 4 divisioni leggere, o meccanizzate, queste ultime trasformate in corazzate solo nel 1940; in quell'anno i tedeschi dispongono di 2.574 carri armati, tra cui molti PzKw I da addestramento, armati solo di mitragliatrici; i PzKw II costituiscono un passo avanti, con la corazza da 30 mm e il cannoncino da 20 mm; solo con il PzKw IV si può però parlare di vero e proprio carro armato; con corazza da 80 mm e cannone da 75 mm esso diventa il "mulo" delle panzerdivisionen; inoltre è notevolmente utile l'apporto di carri PzKw 35 t e Pzkw 38 t, requisiti nella Cecoslovacchia invasa.

Gli appartenenti alle Panzertruppen si sentono un'èlite e si comportano come tali; agli equipaggi dei carri viene insegnato sia a pilotare che a usare cannone, mitragliatrici e apparato radio, così da essere intercambiabili; un rigoroso addestramento mette in risalto l'efficienza.

Come "prova generale in costume" le panzerdivisionen sono impiegate prima nell'Anschluss, l'annessione dell'Austria, nel 1938, poi nell'occupazione della Cecoslovacchia nel 1939; nel settembre 1939, all'entrata in guerra contro la Polonia, le divisioni corazzate hanno ciascuna 2 reggimenti carri su 2 battaglioni, una brigata granatieri corazzati su 2 reggimenti, trasportati da autocarri, artiglieria a traino meccanico e genio per un totale di circa 13.000 effettivi.

Nel maggio 1940 il fronte si sposta a occidente; con la rapida conclusione della campagna di Francia le unità panzer dimostrano di essere la punta di lancia dell'esercito germanico, la maggior parte del quale, è bene ricordarlo, è ancora formata da fanterie appiedate e artiglierie ippotrainate; altra importante innovazione riguarda il binomio carro armato-aereo: i famosi "Stukas", cacciabombardieri che attaccano in picchiata accompagnati dal sibilo sinistro dei loro motori.

Il 22 giugno 1941 scatta l' "Operazione Barbarossa", l'attacco all'Unione Sovietica voluto da Hitler; oltre 3 milioni di soldati dell'Asse si rovesciano al di là della frontiera orientale del Reich tedesco, preceduti ovviamente dalle Panzerdivisionen; i tedeschi contano di conludere vittoriosamente la campagna in autunno, ma l'inverno russo li coglie solo alle porte di Mosca.

Il "rasputitsa", il fango nelle sconfinate steppe russe, risucchia gli stivali dei fanti e rallenta i carri; la neve e il clima rigido provocano numerosi congelamenti; il rancio è cattivo e giunge sempre freddo, i soldati non possono neanche "arrangiarsi" in quanto i russi hanno lasciato dietro di loro solo terra bruciata.

Sul fronte occidentale 8 divisioni corazzate vengono impiegate con successo nelle Ardenne dove gli Alleati, sbarcati in Normandia, vengono colti completamente di sorpresa; la tattica delle panzerdivisionen consiste in due fasi: sfondamento del fronte nemico e sfruttamento del successo.

In Nordafrica il famoso Afrikakorps di Rommel basa la sua forza sull'impiego di 2 divisioni corazzate e una motorizzata nelle zone desertiche della Libia e dell'Egitto e, infine, della Tunisia.

Con la strenua difesa di Berlino attaccata dagli Alleati occidentali da Ovest e dai Russi da Est termina l'impiego bellico delle Panzerdivisionen, le quali si guadagnano a buon titolo una fama mondiale che rimane scritta nella storia.


I ROYAL COMMANDOS BRITANNICI

Giugno 1940: mentre il Corpo di Spedizione Britannico in Francia evacua Dunkerque, in Gran Bretagna vengono costituiti i Royal Commandos.

Dal 1938 lo stato maggiore britannico si interessa alle operazioni speciali; il colonnello Clarke, attingendo alla sua esperienza vissuta nella guerra contro i Boeri in Sudafrica, concepisce l'idea di incursori che operino con colpi di mano.

La prima impresa è del 25 giugno, presso Le Touquet in Francia; i "Leopardi di Churchill" apprendono sul campo come risolvere problemi e necessità.

Dai 10 volontari iniziali si arriva a costituire una brigata di commandos , comandata dal generale delle Guardie Haydon, in Scozia; gli aspiranti incursori devono ovviamente possedere un alto livello di forma fisica e di bravura pratica; spesso le reclute provengono dalla riserva o dall'esercito territoriale.

Il programma prevede la costituzione di 10 Commandos  ciascuno di 10 Team formati da 50 uomini; l'addestramento duro riduce però il totale a meno di 4.000 effettivi.

I commandos britannici non hanno caserme, usufruiscono dell'acquartieramento presso le abitazioni civili; addestrati da vari comandanti ne assorbono le peculiarità stimolando l'iniziativa individuale; l'armamento moderno e selezionato, voluto da Churchill, tarda però ad arrivare.

Questi soldati vestono le uniformi regolamentari dell'esercito; il loro corpo non ha nulla di clandestino; solo le operazioni, ovviamente, si svolgono nel massimo segreto.

La tattica prevede di effettuare, con piccoli gruppi di uomini, infiltrazioni in territorio nemico, combattute con metodi non convenzionali; dopo alterne fortune, e sempre subendo perdite piuttosto elevate, i commandos giungono alla fine del conflitto con 3 brigate in organico.

I GUERRIERI DEL BUSHIDO

Ultimi nella corsa alla conquista di un impero, i giapponesi nel 1904 occupano Formosa, le isole Curili e le Ryukyu; sfidano la potenza della Russia tzarista e conquistano la Corea e buona parte della Manciuria cinese.

Nella Prima Guerra Mondiale scendono in campo a fianco degli Alleati e, al termine del conflitto, ricevono un mandato sulle isole del Pacifico meridionale: Marianne, Caroline, Palau e Marshall.

Nel 1931 i loro rapporti con la Cina, sempre molto tesi, sfociano in un conflitto aperto anche se ufficialmente la guerra non viene mai dichiarata; nel 1937 creano in Manciuria lo stato-fantoccio del Manchukuo, poi conquistano Pechino, Tien-tsin, Shanghai e Nanchino; l'anno successivo occupano Hankow e Canton.

Nel 1941 occupano l'Indocina Francese e, dopo il loro ingresso ufficiale nel Secondo Conflitto Mondiale il 7 Dicembre, sottraggono con estrema rapidità i possedimenti occidentali dell'Estremo Oriente; Singapore, la "Gibilterra d'Oriente" dei britannici viene attaccata e invasa da 60.000 giapponesi contro i 120.000 difensori.

Diversi nel carattere dagli europei, i giapponesi vanno all'assalto in massa contro cannoni e mitragliatrici, a volte all'arma bianca; i loro ufficiali, dopo aver subito una sconfitta che ritengono disonorevole, si sventrano coll' "hara-kiri", i piloti da caccia si lanciano volontariamente contro le navi avversarie con la tecnica "kamikaze"; un soldato giapponese può combattere, solo nella giungla, per un quarto di secolo, rifiutando l'idea che il suo paese ha perso la guerra. Perche?

La risposta si trova nel "bushido", il codice del soldato, e nel "kodo", la "condotta verso l'imperatore"; il bushido non è un semplice regolamento militare, è la dottrina morale degli antichi "samurai", casta di guerrieri medioevali, ufficialmente abolita nel 1867, ma ancora rispettata fino al Secondo Conflitto Mondiale; essa continua ad influenzare tutti i militari giapponesi fino alla fine della guerra; le supreme virtù sono l'obbedienza, lo stile di vita austero, l'onore e il coraggio.

L'altra componente del codice morale è la fede assoluta nella sacralità del loro imperatore; la tradizione vuole che le isole del Giappone siano state governate all'inizio dalla dea del sole, Jimmu, capostipite della dinastia degli imperatori; da qui nasce il nome di "Popolo del Sol Levante", effigiato anche sulla bandiera nazionale.

I giapponesi odiano la razza bianca, non governano personalmente i territori conquistati, ma utilizzano governi fantoccio, e si presentano come liberatori inneggiando al motto "l'Asia agli asiatici!".

Al di fuori dell'ambiente militare, però, gli atteggiamenti aggressivi del bushido non vengono molto accettati; molti giovani "bene" considerano la morale dei samurai come un relitto dell'antica barbarie e fanno di tutto per imboscarsi, lasciando gli affari di guerra alle classi più ignoranti.

I militari accolgono favorevolmente l'introduzione della coscrizione obbligatoria alla vigilia della guerra; essi sperano di instillare i principi del bushido e del kodo nell'intera popolazione maschile; tre mesi di corso intensivo trasformano le reclute in fanatici bellicosi.

Il Giappone non dispone di caserme; le truppe sono sempre alloggiate presso la popolazione del luogo in cui si trovano; i ragazzi dai 17 ai 19 anni d'età sono assegnati alla difesa territoriale; dopo i 19 anni sono arruolati nell'esercito, purchè la loro statura superi 1,52 metri.

Gli ufficiali sono di tre categorie: quelli delle alte sfere, prescelti fin da bambini, quelli che hanno fatto la gavetta, la maggioranza, e gli eletti dalla truppa per brevi periodi di comando; la "katana", sciabola molto tagliente, è il loro simbolo.

Con un sacchetto di riso integrale nel tascapane, da consumarsi bollito, i militari giapponesi si spostano per lo più a piedi, restii ad appoggiarsi a mezzi corazzati e artiglierie, che sminuiscono il valore del soldato nel loro modo di pensare; la massima sciagura è cadere vivi nelle mani del nemico.

Il bushido però non è sufficiente a far vincere la guerra al popolo giapponese; dopo numerose brillanti vittorie, inizia la lenta e inesorabile sconfitta, dovuta anche alla carenza di risorse materiali.

I MARINES AMERICANI

La fama dei "colli di cuoio", i marines americani, viene conquistata faticosamente durante la Seconda Guerra Mondiale; durante le più aspre battaglie dell'intero conflitto il loro comportamento è magnifico.

Dotati di carabine, mitra, bombe a mano al fosforo e lanciafiamme, essi possono contare sul fuoco d'appoggio delle navi e indirizzare gli attacchi dei velivoli decollati da portaerei sulle postazione nemiche più munite.

Occasionalmente combattono a fianco dell'esercito in campagne terrestri, come in Francia nel 1918; la disfatta britannica nello sbarco a Gallipoli del 1915 viene analizzata a fondo dal corpo anfibio americano.

Nel periodo compreso tra le due guerre mondiali si sperimentano nuove tecniche di combattimento, non tralasciando nulla; si va dal modo di caricare le navi da sbarco allo scarico veloce dei rifornimenti sulle spiagge, fino all'evacuazione dei feriti dal campo di battaglia.

Nel 1933 viene creata la Fleet Marine Force, unità specializzata nell'assalto anfibio, che nel 1941 raggiunge i 26.000 effettivi, circa un terzo dell'intero US Marine Corps.

Il maggiore contributo alla vittoria i marines lo offrono nell'area del Pacifico dove, dopo gli iniziali successi giapponesi, contrattaccano compiendo letteralmente salti da un'isola all'altra, partendo dalle Hawaii e giungendo fino al cuore del Giappone; i fatti d'arme di Guadalcanal, Saipan, Guam, Iwo-Jima ed altri luoghi restano scolpiti nella memoria dei Marines.

Anche sul fronte europeo i "colli di cuoio" sono presenti; essi prendono parte agli sbarchi sulle coste francesi prima della Normandia e poi della Provenza e dimostrano che l'affermazione del loro inno è realtà: "...combattere in cielo, in terra e in mare".

I VIET-MINH

Dopo l'abbandono delle colonie asiatiche da parte delle potenze occidentali, prolificano i movimenti nazionalisti; appoggiati da Unione Sovietica e Cina comuniste essi originano la guerriglia.

I guerriglieri sono combattenti assai diversi dai militari tradizionali; per dirla come Mao Tse-dong: "non sono tenuti a formare una comunità distinta dalla popolazione civile, ma devono farne parte come milizia altamente politicizzata".

Scevri dalle pesanti strutture militari tradizionali, i combattenti della guerriglia possono diventare molto efficienti anche contro un esercito regolare di maggiori dimensioni e dotato di maggiori mezzi.

Nel maggio 1939 il partito comunista indocinese dà vita alla Lega rivoluzionaria per l'indipendenza del Vietnam, la cui denominazione abbreviata è Viet-minh, contro la Francia colonizzatrice.

Durante la II^ Guerra Mondiale i guerriglieri vietnamiti si battono contro i giapponesi e acquisiscono esperienza; in cambio di informazioni ricevono denaro e armi dagli Stati Uniti; nel 1945 il Viet-minh proclama unilateralmente l'indipendenza; Francia e Viet-minh intavolano lunghe e infruttuose discussioni circa il futuro del Vietnam.

I Viet-minh si mostrano all'opinione pubblica facendo esplodere la centrale elettrica di Hanoi; è il segnale per l'attacco generale alle postazione francesi che avviene in tutto il paese; all'interno del Vieth-minh sono ancora presenti numerosi non comunisti i quali, per liberarsi dal dominio straniero, accettano di combattere la guerriglia a fianco dei politicizzati Vieth-min.

Nel dicembre 1946 scoppia la guerra d'Indocina; il presidente Ho Chi-minh incita il popolo a insorgere; secondo i canoni della dottrina comunista la guerriglia ha tre eserciti: l'esercito del popolo lavoratore impegnato nella produzione, l'esercito regionale nel quale i soldati combattono per un certo tempo poi tornano a lavorare nei campi, e l'esercito regolare.

L'esercito regolare, comandato dal generale Giap, ha truppe ben addestrate con 60.000-100.000 fucili e 3.000-8.000 mitragliatrici catturate ai francesi e ai cinesi; unico segno distintivo sulle uniformi sono le stellette portate sul colletto della giubba.

La Francia impegna 190.000 uomini; un quarto francesi, il resto mercenari della Legione Straniera, Nordafricani, Vietnamiti fedeli a loro; metà degli effettivi sono inchiodati nella difesa delle postazioni fortificate; i Viet-minh occupano il Laos e vi instaurano un governo di stampo comunista.

La tattica dei guerriglieri prevede molto di rado le battaglie campali; essi vivono in gallerie scavate nel sottosuolo, attrezzate con depositi di rifornimenti, con entrate ben mascherate; il terreno in superficie viene disseminato di trappole; le azioni prevedono imboscate e attacchi del tipo "mordi e fuggi".

I guerriglieri controllano il Vietnam settentrionale a Nord del 17° parallelo; i nazionalisti avversi al comunismo riescono a prendere il controllo del Vietnam meridionale; l'8 maggio 1954 la guerra è conclusa e i francesi devono abbandonare il paese. In seguito al loro posto subentreranno gli americani.

LA LEGIONE STRANIERA

I mercenari più famosi sono senz'altro quelli della Legione Straniera francese; essi sono però un esempio atipico per fedeltà e attaccamento al dovere dimostrati in combattimento; la forza della Legione sta nella capacità di addestrare le reclute, provenienti da ogni parte del mondo, e trasformarle in componenti devoti di una comunità militare.

Fino al tempo della Guerra d'Algeria, nel 1961, la Legione non richiede documenti a chi si vuole arruolare; egli può declinare le generalità che meglio crede e dimostrare, senza certificati, di avere un'età compresa tra i 18 e i 40 anni.

Dopo ogni guerra, nei centri di reclutamento legionari si presentano militari degli eserciti sconfitti, come i russi bianchi nei primi anni '20; non si hanno dati certi, ma sembra che dopo la Seconda Guerra Mondiale, l'80 % dei sottufficiali provenga dall'esercito tedesco; sono presenti anche molti fascisti italiani che hanno scelto volontariamente l'esilio, come il gerarca Bottai.

La festa del corpo si celebra il 30 aprile, in ricordo del giorno in cui, nel 1863, 46 legionari guidati dal capitano Danjou tengono testa a migliaia di messicani nel paese centroamericano; alle reclute si instillano sentimenti di fedeltà verso la Legione, più che verso la Francia.

I legionari combattono nella I^ Guerra Mondiale, in Africa Settentrionale negli anni 1921-25, nella II Guerra Mondiale, in Indocina nel 1946-54, in Algeria nel 1960-62; qui il Fronte di Liberazione Nazionale incoraggia i legionari a disertare e li aiuta a raggiungere l'Europa, i francesi sono costretti a spostare di continuo i reparti per contenere il fenomeno.

Nel 1950 la Legione Straniera tocca il suo massimo sviluppo con oltre 50.000 effettivi in organico; oggi il centro di arruolamento di Corte, in Corsica, esiste ancora, ma le regole sono cambiate: i legionari sono poche migliaia e, per essere ammessi, occorre un titolo di studio.

L'ESERCITO DI ISRAELE

Le capacità difensive degli israeliani non hanno riscontro in nessun'altra nazione al mondo; la cosa non ci deve sorprendere: lo stato di Israele confina con tre nazioni arabe che hanno pubblicamente promesso di annientarlo. 

Gli ebrei hanno sempre avuto ben chiaro il concetto di reciproco aiuto nelle avversità durante secoli di persecuzioni; dopo la creazione del nuovo stato ebraico, nel 1948, nella Palestina abbandonata dai britannici, essi si sono trovati a vivere ogni giorno della loro vita circondati da popolazioni ostili.

La popolazione israeliana nel 1967 è di 2.200.000 abitanti, assediati da 44 milioni di arabi; pertanto uomini e donne, all'età di 18 anni, vengono chiamati alle armi e restano in servizio 26 mesi; un corso di 8 settimane, riservato agli uomini, insegna loro lo spostamento rapido, la marcia forzata e il combattimento notturno; le donne portano le armi e sono addestrate a servirsene per difesa personale.

La coscrizione fornisce un numero di soldati sufficiente per il tempo di pace, ma nel caso non improbabile di guerra, Israele si affida ad un sistema di richiamo dei riservisti altamente perfezionato; i riservisti sono tenuti a prestare servizio un giorno al mese e un intero mese all'anno.

Quando richiamati, i soldati della riserva raggiungono velocemente la propria unità, dove ricoprono un incarico particolare; le esercitazioni di mobilitazione sono frequenti e possono essere annunciate pubblicamente attraverso radio e quotidiani, o in gran segreto mediante parole in codice trasmesse via radio.

Nel tempo massimo di tre giorni si possono mobilitare 250.000 riservisti e altrettanti restano a disposizione per integrare un esercito regolare di 80.000-100.000 effettivi; gli ufficiali provengono dalla gavetta e non sono molto più anziani dei loro sottoposti; la disciplina non si basa sull'autoritarismo, bensì sullo spirito di sopravvivenza che accomuna tutti.

Ciò che in altri eserciti è inusuale, in quello israeliano è nella norma: ufficiali superiori che guidano pattuglie esploranti, generali che comandano un assalto a bordo di un carro armato; pur combattendo guerre difensive, la tattica si basa sull'offensiva; il corpo di maggiori dimensioni è quello dei carristi.

Le tattiche usate nel combattimento di unità corazzate, in territorio desertico, risalgono a quelle del maresciallo tedesco Rommel, opportunamente rielaborate e modernizzate; due unità corazzate, affiancate, sfondano il fronte nemico, due unità meccanizzate, che le seguono, si infiltrano nella breccia e sostengono il peso maggiore dello scontro, supportate dai carri che nel frattempo hanno eseguito una conversione, una quinta unità motorizzata procede per ultima a ventaglio eliminando le sacche di resistenza nemiche, catturando prigionieri e materiale bellico; al centro delle unità avanzanti, in una specie di corridoio protetto, un efficiente servizio di autocarri-navetta provvede a rifornire munizioni e carburanti, nonchè all'evacuazione immediata dei feriti.

Uno dei punti di forza degli ebrei consiste nel non abbandonare mai i camerati feriti in combattimento; un altro consiste nell'ammodernare vecchie armi tipo i carri armati rendendole atte al combattimento e nell'utilizzo di armamenti catturati al nemico; le operazioni terrestri sono poi coordinate in modo efficiente, e soprattutto in tempo reale, con quelle aeree e navali.

I GUERRIGLIERI DELL'ISLAM

Nei paesi arabi di fede islamica, l'indice di alfabetizzazione è molto basso; inoltre, all'interno di un'unica nazione si possono sentir parlare anche un centinaio di dialetti diversi; in questo clima di ignoranza e confusione, politici e religiosi musulmani senza scrupoli hanno facile presa sulle masse.

Tirando in ballo le "guerre sante" (la "jiad" coranica è in realtà un conflitto interiore tra intelletto e spiritualità) i vertici arabi creano guerriglieri fanatici determinati al suicidio con l'illusione di entrare nelle grazie di Allah se sacrificano la loro vita in combattimento; pronti a tutto non disdegnano le azioni terroristiche di infimo stampo; a parte le guerre combattute contro Israele in modo più o meno regolare, il primo esempio eclatante risale alla rivoluzione iraniana, nella quale gli ayatollah, sorta di monaci-guerrieri mediorientali, rovesciano il governo dello Scià sobillando le masse.

Poi il colonnello libico Gheddafi, forte delle sue ricchezze petrolifere e dell'aiuto sovietico, ma sempre pulce contro elefante, punzecchia gli Stati Uniti più volte, fino al momento in cui lo strapotere americano lo induce ad un più prudente silenzio ed a limitarsi a finanziare i gruppi terroristi rimanendo nell'ombra.

Nella guerra Iran-Irak, che vede due fazioni musulmane il lotta tra loro, sciiti contro sunniti, assistiamo a episodi sconcertanti: soldati di fanteria - tra i quali numerosi adolescenti - che corrono volontariamente sui campi minati per aprire la strada alle ondate successive di combattenti.

La guerra in Afghanistan è un episodio anomalo: il popolo afgano combatte per la sua indipendenza dall'Unione Sovietica comunista che lo ha invaso; spicca la figura del comandante guerrigliero Massod, ideatore delle famose "motorak", unità formate da un reparto comando, 3 reparti d'assalto e uno d'appoggio, equipaggiate con materiale russo catturato e qualche arma giunta dagli U.S.A. come i lanciamissili portatili "Stinger" efficacemente usati contro gli elicotteri d'attacco russi; l'eroe popolare finisce però assassinato da una fazione rivale.

Il dittatore iracheno Saddam Hussein sfida le potenze occidentali occupando i pozzi petroliferi del Kuwait; una coalizione internazionale raggiunge il Golfo Persico per salvaguardare sia l'autonomia kuwaitiana, sia i propri interessi petroliferi (il petrolio, che piaccia o no, è basilare per la vita delle nazioni industrializzate), e lo sconfigge imponendo dure sanzioni e continui controlli; Saddam finisce impiccato.

E infine Osama bin Laden si autoproclama capo della "guerra santa" contro gli infedeli, cristiani o ebrei che siano; la "santità" della sua guerra viene pubblicamente manifestata con l'attentato alle Twin Towers americane; si sospettano manovre economiche che coinvolgono ingenti capitali della famiglia bin Laden, il quale viene ucciso da truppe U.S.A.