Venice to Rome


Tassinari-Rideout bicycle tour


1 -31 luglio 1998

 

versione italiana by Piero

english version by Chet

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Mi chiamo Piero Tassinari e abito a Meldola, un piccolo borgo in provincia di Forlì. Son un grande appassionato di turismo in bicicletta e nel corso di un mio viaggio negli States, nel luglio 1995, vidi per la prima volta una "recumbent", la mitica bicicletta in cui il ciclista pedala ponedosi in una posizione più o meno reclinata. Il mio amico Chet Rideaut spinse la sua recumbent da Gran Canyon Village in Arizona fino a Fort Collins in Colorado, per un totale di 1000 miglia. Io pedalavo su una mountain bike e la mia spinta era decisamente più efficace, soprattutto in salita. Dopo una settimana sulla bicicletta, cominciarono a manifestarsi alcuni disagi dovuti al sellino e alla posizione, e ciò nonostante io avessi praticato questo sport per molti anni. Fu allora che cominciai a pensare all'eventualità di dotarmi di quella strana bicicletta che, in un primo tempo, non avevo considerato tale. Nell'estate del 1997 ordinai una short wheel base recumbent, denominata Speed Ross, della ditta inglese Crystall Engineering. Durante il 1998 ho coperto 7500 km in massima parte sulla Speed Ross. Il test comunque più importante, sia per il mezzo che per il "sistema di propulsione corpo", è stato il tour Venice to Rome Tassinari-Rideout Bicycle Tour.

Partenza: 1° luglio 1998

L'appuntamento era a Mestre ... ore 7,45. Chet e la moglie Lynn sarebbero arrivati in treno da Amburgo, dove avevano trascorso un periodo di vacanza presso il loro figlio Vale. Credetemi ... non è cosa da poco darsi appuntamento nel tal posto dell'Italia alla tal ora: loro provenienti dal Colorado, via Amburgo, io molto più semplicemente da un paese distante circa 200 km. Su quel treno Chet e Lynn non c'erano e nessuno poteva calmare la mia ansia. Finalmente, dopo un'ora di stress, dalla porta aperta di una carrozza apparvero le sagome strane delle loro long wheel base recumbent, seguite dai due amici e da una montagna di borse. Non c'era tempo per i saluti, gli abbracci ... Sui treni italiani questo tipo di trasporto è l'eccezione, non un fatto di routine, ragion per cui mi buttai in aiuto di Chet e Lynn per evitare che il treno ripartisse con una parte del bagaglio ancora nello scompartimento.

Bene, finalmente potevamo guardarci in faccia, parlare, scoprire che la nostra amicizia, cresciuta fra le righe di una fitta corrispondenza dopo il tour del 1995, era più che mai vitale!

Alla stazione di Mestre eravamo già diventati un'attrazione: un folto capannello di curiosi cresceva attorno alle biciclette ponendoci quelle stesse domande che si sarebbero poi reiterate nei successivi 1300 km:

"Ma ... le avete costruite voi?"

"Ma come possono stare in equilibrio con tutti questi bagagli?"

"Ma ... possono andare anche in salita?"

La mia Speed Ross era già equipaggiata di due capienti borse laterali, sormontate da una valigetta sopra la quale erano agganciate il sacco a pelo e la tenda. In tal modo il carico risultava sbilanciato verso l'alto rendendo precario l'assetto della bici: impiegammo più di un'ora per sistemare i bagagli, quindi ci buttammo nel caos della città di Mestre in direzione dei Lidi. Già fin dalla partenza si evidenziò un problema che in molte occasioni ci procurò una notevole dose di stress: il traffico in Italia è caotico e "maleducato", spesso la ricerca di strade alternative risultava laboriosa, se non addirittura impossibile. I miei amici americani, abituati ai grandi spazi e a un sisitema di comunicazioni stradali più efficiente, esclamavano sempre: "quando lo racconterò non mi crederanno, questo è un incubo!" Ritornerò sul problema più avanti quando descriverò l'itinerario in modo più dettagliato.

La prima parte del tour era completamente pianeggiante e comprendeva il giro completo della laguna veneta e del Parco Regionale del Delta del Po. Questi primi 500km, suddivisi in tappe dai 60 ai 75 km, avrebbero favorito un allenamento in "progress" di Chet e Lynn che non avevano macinato un chilometraggio sufficiente tanto da ritenersi ben preparati per un tale viaggio.

Conosco abbastanza bene queste zone del Veneto e dell'Emilia Romagna e quindi potevo guidare i miei amici fornendo loro le informazioni geografiche, storiche, logistiche del territorio che stavamo attraversando. Da Mestre puntammo su Jesolo Lido, quindi, lungo la strada dei cordoni lagunari, arrivammo a Punta Sabbioni. Dedicammo un giorno a Venezia, quindi ripartimmo passando per Lido di Venezia, Pellestrina (magica!) e Chioggia. In questa sezione dell'itinerario i "punti dolenti" (mi riferisco al traffico) sono stati la statale da Mestre a Jesolo e il tratto di strada dal centro di Chioggia al campeggio di Sottomarina.

L'area del Parco Regionale del Delta del Po è un intricato labirinto di strade strette, talune sopraelevate sugli argini dei rami del delta, altre fiancheggiano o attravervano valli e lagune. È un paesaggio relativamente antropizzato in cui a zone naturalistiche si alternano bonifiche agricole punteggiate dalle caratteristiche case coloniche. Nonostante avessi visitato il parco del delta diverse volte, in alcune occasioni fu necessario consultare la carta geografica o chiedere informazioni in quanto avevo smarrito i punti di riferimento abituali a causa dell'intricata ragnatela delle stradelle del delta. L'asse stradale di riferimento in questa sezione del tour è la S.S. Romea; transitammo solo lungo alcuni tratti di questo importante asse di collegamento Nord-Est Sud-Est e dovemmo concentrare la nostra attenzione più sulla strada che sul paesaggio circostante in quanto il traffico dei veicoli pesanti era terrorizzante.

Tralascio i nomi di piccoli paesi all'interno del parco del delta, segnalo Porto Tolle che si trova al centro dell'area e dove è operante un ufficio turistico; ci sono alcuni alberghi e una struttura presso la quale si possono noleggiare biciclette. Verso sud, oltre il delta del fiume Po, si estende una zona umida prossima alla costa, caratterizzata da valli, lagune ed estese pinete. Degno di menzione e di attenzione è il Gran Boscone della Mesola, dove tuttavia non entrammo perché la visita è regolamentata da orari molto ristretti.

Nella nostra marcia di avvicinamento alla mia cittadina (Meldola), situata ai piedi delle colline, visitammo l'Abbazia di Pomposa, Comacchio e le sue Valli, i Lidi di Comacchio, Ravenna, Cesena e gli innumerevoli paesi della Romagna posti lungo l'itinerario, ognuno dei quali vanta la sua bella rocca, o piazza, o chiesa. A Meldola Chet e Lynn furono miei ospiti per tre giorni, in attesa che, dopo una serie di inconvenienti dovuti all'incompatibilità fra il sistema ferroviario italiano e i cicloturisti che di esso necessitano per eventuali trasferimenti, anche il figlio dei Rideout, Vale, riuscisse ad unirsi alla comitiva. Nonostante le mie intenzioni e i programmi preventivamente concordati, trascorremmo i tre giorni nella mia cittadina e dintorni senza usare la bicicletta ... l'automobile, quando è a portata di mano, è un vizio ineluttabile.

Il 12 luglio ripartimmo spronati da una gran voglia di conquistarci il territorio con la sola forza delle nostre gambe. Era prevista una tappa di media lunghezza, in considerazione del fatto che avremmo dovuto raggiungere la quota più elevata di tutto l'itinerario: Passo Tre Faggi, vicino a Premilcuore, sullo spartiacque appennininico a cavallo fra la Romagna e la Toscana (995 m). Finalmente i miei amici americani, abituati alla vista delle maestose Rocky Mountains, potevano godersi lo spettacolo delle nostre montagne verdeggianti e saggiare le loro potenzialità come scalatori a cavallo delle recumbents (a dir la verità, il giovane Vale Rideout viaggiava su una leggerissima Specialized MTB attrezzata di tutto punto). I nostri ritmi risultarono decisamente lenti, non solo perché le recumbents sono svantaggiate nei percorsi in salita per le loro caratteristiche ergodinamiche, ma anche perché Chet e Lynn non avevano un allenamento adeguato. Su quella salita, caratterizzata da una pendenza lieve, mediamente del 5%, avremmo potuto procedere ad una velocità di 10-9 km/h, ritmo del tutto rispettabile se si considerano i 15 kg di bagaglio. In realtà salivamo ad una "velocità" di 6-7 km/h e ciononostante Chet e Lynn reclamavano una pausa ogni due o tre km, soprattutto nel tratto finale. Riporto queste considerazioni per dovere di cronaca, in quanto in un tour a tappe l'obiettivo più importante è terminare la tappa quotidiana evitando le complicazioni muscolari e le conseguenze che lo sforzo può arrecare per diversi giorni. Inoltre in un tour a tappe è necessario dedicare una parte della giornata alla visita di paesi e città, selezionando in anticipo i monumenti, le vestigia storiche, i musei, le attrazioni naturalistiche degne di una sosta più o meno lunga. Nella giornata di trasferimento da Meldola a S. Godenzo visitammo i piccoli paesi situati nella vallata del Rabbi, in particolare Premilcuore che durante l'estate è meta privilegiata dei "bagnanti di fiume". Anche noi, prima dell'ascesa al Passo Tre Faggi, ci tuffammo nelle chiare e fresche acque del torrente ... che fresca! (questa piacevole sensazione non sarebbe durata a lungo in quanto il famigerato caldo torrido di luglio stava incombendo!). Voglio qui ricordare l'agriturismo dove trascorremmo la notte, immerso nel bosco non lontano dal Passo del Muraglione, a pochi km dal paese di S. Godenzo. Pierangelo (055/8374260) fu squisito, amichevole, "vero". La sua casa di montagna, costruita nello stile tipico di questa zona dell'Appennino, può alloggiare pochi ospiti, ma il trattamento è delizioso. Cenammo insieme, Pierangelo e gli ospiti, come se fossimo stati amici di vecchia data. Chet improvvisò un concertino di musica country suonando il suo mandolino da viaggio e duettando con la moglie Lynn ... entrambi vantano una magnifica voce!

Da S. Godenzo a Fiesole avemmo modo di apprezzare la bellezza del paesaggio toscano; dopo una piacevolissima discesa, affrontammo una nuova salita fino alla ripidissima collina dove è situato il campeggio di Fiesole. Nel tardo pomeriggio visitammo la cittadina, i resti della città romana e il museo. Dalle piazzole a terrazza del campeggio la vista di Firenze di notte era "magica". Non si poteva lasciare Firenze senza dedicarle almeno una giornata "piena"; la città rinascimentale per eccellenza offre tesori architettonici ed artistici ad ogni angolo di strada.

Lasciata la città, gli amici americani furono messi a dura prova dal cosiddetto "mangia e bevi"! Su e giù per le splendide colline della Toscana, da Fiesole a Firenze, a Castellina in Chianti, a Siena, a S. Gimignano, a Volterra, a Massa Marittima fino a incontrare di nuovo il mare a Follonica ... fu una splendida galoppata attraverso un territorio piacevolmente vario sia per gli aspetti del paesaggio naturale che urbano. Le Colline Metallifere, da Saline di Volterra a Massa Marittima, sono un "mangia e bevi" micidiale: alcuni strappi hanno una pendenza del 12% e la mia Speed Ross, carica di bagagli, procedeva a una velocità al limite dell'equilibrio. Lo sforzo era notevole e in alcuni tratti fui sul punto di cedere, di subire "l'onta" di mettere i piedi a terra ... ma strinsi i denti guadagnando la sommità di ogni salita con i muscoli sempre più dolenti. Vale, in sella alla sua Specialized MTB, inizialmente viaggiava a un ritmo leggermente superiore, ma nella parte finale della tappa era decisamente provato. Chet e Lynn percorrevano i tratti finali di ogni salita camminando; avevo suggerito loro di non forzare in modo eccessivo, visto che sarebbe stata la tappa più dura dell'intero tour! Quella delle Colline Metallifere fu una giornata "eroica", ma alcuni momenti di scoraggiamento per il caldo e la stanchezza non ci impedirono di gustare la selvaggia bellezza di quel paesaggio. Chet, che è un professore di scienze, si mostrò particolarmente interessato al fenomeno dei soffioni boraciferi di Larderello e agli impianti per l'utilizzazione dell'energia termica.

Giunti sulla "West Coast", ci eravamo lasciati alle spalle le grandi salite; l'itinerario si snodava in prossimità della costa, sostanzialmente pianeggiante anche se interrotto da brevi salite all'avvicinarsi dei promontori di Punta Ala, Talamone, Argentario, Cosa. Il caldo si faceva ogni giorno più feroce, ma la sosta nei campeggi lungo le spiagge ci procurava il refrigerio del lungo bagno pomeridiano.

Da Follonica a Punta Ala, a Castiglione della Pescaia, a Marina di Alberese, a Talamone, alla penisola dell'Argentario, alle rovine etrusco-romane di Cosa, fino a Montalto Marina attraversammo il territorio meridionale della Maremma e del Parco Nazionale dell'Uccellina. Pur essendo un'area fortemente antropizzata dove l'industria turistica è molto sviluppata, molti tratti della costa sono orlati da lussureggianti pinete. Degni di nota sono la laguna di Orbetello, disegnata dai due tomboli (spettacolari se visti da Punta Telegrafo, in cima all'Argentario), alcuni laghetti retrodunali, lo scoglio di Talamone, le cittadine di Castiglione della Pescaia e di Capalbio.

Questa sezione del Tour è lunga circa 200 km percorribili su strette strade di campagna tra la costa e la S.S. Aurelia. Quest'ultima divenne un vero incubo in quanto non era sempre possibile pedalare su strade alternative, almeno che non si allungasse l'itinerario di alcune decine di chilometri. Quando questa importante arteria, trafficatissima, fu ristrutturata (ora è una superstrada a quattro corsie) non si pensò che in questa "benedetta" Italia circolano anche le biciclette e gli scooter! Ben due o tre volte mi sono smarrito, ho perso tempo, ho percorso un numero di km maggiore del previsto sotto un sole cocente nella ricerca affannosa di una strada alternativa non indicata sulla cartina. Niente da fare! Ci ritrovavamo sempre in quella maledetta superstrada, spauriti dalla mole degli autoarticolati che incombevano su di noi come giganteschi mostri.

A Marina di Montalto Vale decise di interrompere il tour per i problemi che gli stava procurando il sellino della MTB (un'ulteriore riprova della validità della recumbent come mezzo più idoneo al turismo in bicicletta). Anche sua madre Lynn restò alcuni giorni al campeggio di Marina di Montalto, per poi raggiungere Roma in treno con le biciclette al seguito. Io e l'amico Chet proseguimmo l'itinerario del tour con l'obiettivo di raggiungere Roma attraversando le colline dei Monti Cimini e Sabatini. È un territorio interessante per i caratteristici laghi vulcanici di Vico e di Bracciano e per le innumerevoli necropoli etrusche disseminate nella zona.

Da Marina di Montalto, a Tarquinia, a Vetralla, al Lago di Vico, a Caprarola, a Civita Castellana fino a Roma, percorrendo la via Flaminia, affrontammo sostanzialmente una lunga ma lieve salita (a parte alcuni strappi da "ipossia") fino alla strada sommitale di cratere del Lago di Vico. Da qui ci gustammo una lunga discesa fino a incrociare la via Flaminia. Quest'antica strada costruita dai Romani (sono ancora visibili alcune sezione dell'antico lastricato) conduce direttamente a Roma in leggero saliscendi. Rimanemmo nella capitale tre giorni, di cui due dedicati alla visita della città. La comitiva si riunì al camping Flaminio, situato alle porte di Roma, una struttura ricettiva ben organizzata dove si potevano incontrare ospiti da ogni parte del pianeta. Non lontano dal campeggio partiva una comoda pista ciclabile che, attraverso un'area verde in prossimità del fiume Tevere, conduceva in città. Il giro Turistico di Roma in bicicletta, una vera pazzia, fu l'ultima tappa del nostro tour. Il giorno 31 luglio aiutai i miei amici nell'immane lavoro di imballaggio della biciclette e del materiale che si erano portati appresso. In serata raggiungemmo l'areoporto di Fiumicino caricando tre grandi scatole e diversi borsoni in un pulmino che un gruppo di turisti cecoslovacchi (simpaticissimi e gentilissimi) ci aveva messo a disposizione. Ci salutammo con affetto evitando il prolungarsi di inutili smancerie e dandoci appuntamento al nuovo millenio per un lungo tour negli Sates.

Il mio contachilometri aveva registrato il numero 1300 che per la verità non costituisce una distanza impossibile ... qualsiasi ciclista con un allenamento minimo (1000 km percorsi nelle settimane prima della partenza) può cimentarsi in un viaggio a tappe simile a quello da me raccontato.

Credo valga la pena fornire qualche informazione sui campeggi da noi visitati e sulla nostra organizzazione in merito all'alimentazione. Prima di tutto vorrei sottolineare la differenza sostanziale fra l'idea di campeggio in Italia e negli Stati Uniti. I nostri campeggi, soprattutto quelli situati nelle località marine, sono come delle piccole città dove la densità delle tende, roulottes o campers è eccessiva. I campeggiatori italiani trasferiscono nel campeggio dove trascorrono le loro vacanze un'infinità di accessori per la casa nonché elettrodomestici, per non rinunciare alle tanto amate comodità domestiche! La struttura ricettiva spesso dispone di piscina, attrezzature sportive, bar, ristorante, market, discoteca, sala giochi ma ... ahimé! il ciclista itinerante raramente può contare su un tavolo e due panche nelle vicinanze della piazzola dove ha piantato la propria tenda! Durante il tour da Gran Cayon Village a Fort Collins insieme all'amico Chett, pernottammo in tanti campeggi e ogni piazzola (nello stesso spazio nei campeggi italiani vengono disposte almeno 5 tende) era attrezzata con tavolo, panche e grill! Un bravo! ai simpatici gestori del campeggio di S. Gimignano! Questo risultò l'unico, dei tanti in cui pernottammo, che disponeva di una zona cottura comune e di tavoli per i campeggiatori che non si portavano la casa appresso. A Volterra e a Massa Marittima dormimmo in un convento per la modica somma si 20000 lire a testa; questa opportunità ci fu suggerita rispettivamente dal leader di un gruppo di turisti inglesi e da alcune persone anziane da me interpellate a Massa Marittima. Anche se il campeggio è sinonimo di libertà, un buon letto, ogni tanto, ripagava di tante fatiche. Anche la sosta negli agriturismo ben si adatta al turista "on the road", tuttavia molte strutture, soprattutto in Toscana, risultarono più care di un albergo (va comunque sottolineato il fascino di queste stupende case padronali elegantemente ristrutturate immerse in una campagna "lussureggiante", dove l'ospite dispone di ogni tipo di confort ed è adescato da una cucina sana, robusta e nel contempo raffinata).

Parlando di cibo ... il nostro regime alimentare non era quello che si potrebbe definire una dieta per sportivi! Lynn si occupava della spesa quotidiana; nel tardo pomeriggio, prima di arrivare al campeggio, cercavamo un supermarket per fare provviste e dividevamo le spese. Lynn amava cucinare e preparare la cena a base di pasta, riso, carne e verdure preparate secondo l'estro del momento. In genere riproponeva le ricette che era solita preparare anche a casa, compatibilmente con gli strumenti e le strutture a nostra disposizione (il che significa fornellino da campeggio, set di pentolini e tegami e un telo in plastica come piano di lavoro!). La cena, dopo le tensioni quotidiane dovute ad eventuali difficoltà dell'itinerario e al caldo, era un piacevole momento conviviale che si poteva protrarre fino all'ora di coricarsi nelle rispettive tende.

Chet e Lynn non avevano accettato la mia proposta di trascorrere le sere in città e consumare la cena al ristorante o in pizzeria in modo da poter gustare le specialità locali. Questa scelta, più volte ribadita, era dettata dalla necessità di contenere le spese nel budget previsto, inoltre i Rideout, stanchi per il caldo e la confusione delle nostre città, consideravano il campeggio luogo accogliente, rilassante, sicuro, in cui era possibile incontrare gente, parlare e organizzare "parties". Solo in alcune occasioni "speciali" cenammo al ristorante e Chet, Lynn e Vale furono veramente brillanti! La colazione era sempre molto abbondante e comprendeva: frutta, yogourt, cereali, affettati, uova, pancetta, biscotti e caffè. Durante la giornata la fame era il rilevatore dei bisogni alimentari di ciascuno, per cui all'occasione ci fermavamo a consumare le provviste rimaste o nel parco pubblico di una città, o seduti al bar sorseggiando una birra, o all'ombra di un albero lungo la strada. Nel pomeriggio cercavamo di non mancare all'appuntamento con il gelato.

Ora, in queste fredde e uggiose giornate invernali, è bello pensare e scrivere di quell'esperienza, dipanare, una dopo l'altra, le immagini di quel tour, ricordare i discorsi, gli scherzi, le battute ... rivedere il sole che implacabile si alzava sull'orizzonte ed arroventava un'altra giornata!piero2.jpg (19281 bytes)

Meldola, gennaio 1998

Piero Tassinari

anni 47, maestro elementare

 

 

 

Venice to Rome by Recumbent

It took me three years to get my ducks in a row. In 1995 I did a self contained bike tour from the Grand Canyon to Rocky Mountain National Park with Piero Tassinari, an elementary school teacher from Meldola, Italy (RCN, June/July 1996). Piero insisted that we should repeat the process in his native Italy, which would be a chance to see Italy through his eyes. This time my wife, Lynn, accompanied us.

The problems of transportation proved surmountable, even though we were flying to Europe with our long wheelbase recumbents. I used furniture boxes that measured 6 feet long for each bike. The bikes were taken apart, removing wheels, seat, handlebars, and the rear derailleur; I packed so much other gear in the boxes (sleeping bags, pads, etc.) that the boxes weighed in at about 55 lbs. I also wanted to use my BOB trailer, so I packed it inside a large duffelbag with the recumbent seats and other gear.

We began our excursion by flying to Hamburg, Germany. There we visited our son Vale, travelling to see the sights by walking, biking, and using the trains. Vale and his girl friend Tia are both performers in musicals in Hamburg, so we went to see them perform in the Phantom of the Opera and in Cats. The bike trails of Hamburg are made of red brick, and they are laid along the edge of the wider sidewalks. If you walk or stand on this trail for more than ten seconds you hear the warning of bike bells, and may have to dodge some serious bike commuter. The wet weather of Hamburg doesn’t seem to slow these cyclists, who sport rain gear and even umbrellas! The combination of expensive gasoline, limited parking, well developed bike trails, and regular trains seem to make car ownership in Hamburg foolishness, since we could take our bikes on the trains with us. Maneuvering our long bikes up and down stairs to a second floor apartment proved to be quite a trial, however!

After ten days we left Hamburg by train, and Vale planned to join us later for biking in Italy. We rode the trains for almost 24 hours, with two changes, one at 5:30 am... after many difficulties (involving missing one train in Italy, and taking a slightly later train) we arrived in Mestre. Piero was right alongside; when we didn’t appear he simply expected us to arrive on the next train. Piero rode a mountain bike on our Grand Canyon tour in America, but he has since changed to a Speed Ross recumbent for medical reasons. I was riding my Infinity LWB with a BOB Trailer, while Lynn was riding a Rans Stratus and using front and rear packs.

Italy is usually far from being a flat ride, but Piero’s itinerary involved starting with the Venice Lagoons and the Po River Valley, which are as flat as a pancake. We were surprised with the volume of traffic - although Piero chose the less travelled routes, small cars and motor scooters thrummed by continuously. We found Italian drivers to be very respectful of bicycles, however, and they gave us a wide berth. We began a pattern of visiting cities from the campgrounds by public transportation - Venice we reached by boat, for instance, and it is virtually impossible to traverse with motor vehicles or by bicycle. It is truly charming as a city, and a large part of its charm is due to the lack of internal combustion engines! We walked its narrow lanes for hours, and also explored by gondola.

We were self contained on this tour, and camped most nights. On the positive side of the ledger, Italian campgrounds frequently were a cheaper way to get to a good beach, and often had a swimming pool, grocery store, bar and restaurant, and even a laundry. As in the states, they tend to be a better way to get to see and to meet the Italians first hand. What we found as a negative, however, is that they lacked any kind of a picnic table or even benches, since this is something the Italian campers supply. This meant we often sat on the ground while eating and cooking, but I found the BOB trailer, when flipped over, makes a fairly decent cooking table. We found the Italians more outgoing, warmer and more reactive than the stalwart Germans, but they also tend to be more gregarious, which can make camping a noisier experience. Showers are usually adequate, although you may pay extra for hot water. Toilets in these campgrounds are often the European pissoirs, which are the trial of a lifetime! Fees are high at the campgrounds (as high as $12 per person), and we found that at some of the towns a stay at a monastery or seminary would cost no more and be much better equipped. Finding these facilities is easier, of course, with a native Italian guide!

Italian touring has a very different feel than a tour in the western U.S., in that history is the main focus. We were continually entering another church or museum. The scenery was interesting near the mouth of the Po River, however, and we enjoyed some of the quaint towns on the way, such as Pellestrina and Porto Tolle. Another difference in Italy is that the highways are not numbered or marked in any way. This makes navigation, even for a local Italian like Piero, difficult at times. As you left a town there would be small signs showing what towns lay ahead, but knowing whether you were picking a heavily travelled road or a preferred backroad route was frequently difficult.

We passed Bosco di Mesola, a natural forest preserve, and I saw a radio controlled airplane crossing the road. A little farther on I saw a small airport where the plane landed, and the three of us turned in with our recumbents. Here we were welcomed like royalty, and it turned out that this airport was devoted to ultralight aircraft. One of the pilots, Roberto, successfully rode all of our recumbents, long wheelbase or short, above seat steering or below, loaded or unloaded, without even a twitch. When he asked me if I would like a ride in an ultralight I didn’t hesitate - if he could pilot our weird steeds he had my complete confidence. I climbed in behind Roberto, with the three bladed wooden push prop right behind me. After accelerating in exhilerating fashion on the grass runway we were up and away for a big loop above the airport. The wing was adjusted with a triangular framework below, much like in hang gliders, and Roberto was shifting the bar from side to side to adjust for the gusty winds. The landing was also amazing as we skimmed inches over the grass, seemingly speeding up, before setting down and rocking forward. After we gave our thanks and said our goodbyes, we headed for the beach and its campgrounds. As we pedalled along we heard the hum of the ultralight engines above us, as a group of them headed east to fly over the beautiful beaches.

After visiting Ravenna and enjoying the fantastic mosaics, we headed inland to Piero’s home town of Meldola. This is rolling farmland at the foot of the Apennine Range, and it is incredibly beautiful. We stayed in Meldola for several days, seeing the local sights and enjoying the best food and wines. I found (since I now had access to a bathroom scale) that Lynn and I had overloaded our bikes; we trimmed down our packs in preparation for some hard climbing in the mountains.

The Italian mountains have very steep climbs, often 8% or even 10% grades, and this proved quite a challenge for loaded bikes, even with our third chainring. Small villages along the way are often charming, and we would stop for a farmer’s market or for an ice cream cone. At the Donkey Bridge above Premilcuore we even paused for a swim, which was delightful on this hot day. It seemed that Lynn did amazingly well with climbs on her Rans Stratus. Downhills could be as daunting as the climbs; after reaching the crest we had several miles of continuous steep downhills, and I would have to stop to cool off my rims from time to time.

We stopped at a farm guesthouse, where we set up our tents and dined on home cooking. After dinner I got out my mandolin, and we had a singalong with the farm couple and the guests; a lady from a caribbean isle, and a couple from Venice. Their favorites were Country Roads, Sweet Baby James, and Clementine. As we finally walked out to our tents we marvelled at the stars and the twinkling fireflies.

We now biked into hilly Tuscany, past scenic vinyards and fields of sunflowers. In Fiesole we camped and were joined by my son Vale on his mountain bike, who said he was a little surprised by the 16% slope on the road up to the campground! We stayed a couple nights and took a bus into Florence, enjoying its many churches and the glories of the the Duomo and the Uffizi Gallery. It seems that far fewer Italians ride bicycles on this side of Italy, despite signs saying "If you love Florence, ride your bike." Florence, like many Italian cities, is becoming choked with fast moving Fiats and Vespas. The peaceful experience of Venice was only a memory here, with noisy traffic flowing through this historic town. The idea of closing off even the historic centers of the Tuscan towns to motorized traffic is something that has seemingly never occurred to the Italians, unfortunately.

The next day, after a death defying bike ride through frenetic Florence, we headed out into the Tuscan countryside and visited the glorious hill towns. All you find here are hill towns because folks just didn’t get along in Italy during centuries past. For safety the towns had to be at the top of the hills, where boiling oil and arrows could be rained down on the attackers. Luckily boiling oil and crossbows are now out - what this meant for cyclists like us, however, was that the daily ride was a series of killer climbs, each followed by glorious downhills. The end of each day was an exhausting ascent into our town of destination. The most amazing day was our ride between Volterra and Massa Marittima. We didn’t see one other bicycle during this 40 mile ride (the locals must have known better), and I later figured that we climbed at least 10 miles of 8% grade or steeper that day! We were rewarded here by a local festival, with flag twirling contests, and by a visit to the ancient armory with its "weapons of mass destruction." Though we definitely paid in sweat and tears, we also enjoyed the glories of San Gimignano, Siena, Volterra, and Montecerboli, on our way to the sea.

We rolled down into Follonica on the Mediterranean, where a crowd assembled to examine our recumbent mounts. We spent several days heading down the coast and swimming at the fantastic beaches. One of the highlights was Talamone, a spectacular medieval town on a cliff. We climbed down a narrow trail to the rocky beach, and enjoyed bobbing in the crystal clear water like baby seals. On another day Lynn swam at the beach near the campground, while the three of us biked up to the ancient Cosa ruins. This was a hilltop town occupied by the Etruscans and later by the Romans.

Now in late July the temperature soared, and I longed to bike early in the day so we could relax and swim during the hot hours. I later found that this was the hottest summer in 50 years in Italy! With our group of four it proved impossible to organize an early departure due to differences of opinion, so we continued to suffer. Stops at fruit stands and stopping under sprinklers provided some relief. Lynn and my son Vale decided to spend more time at the beach when we got to Montalto di Castro, and to get to Rome by train. Piero and I left them at about 10:00am, stopping in Tarquinia to enjoy the Etruscan art. We then headed back "into the furnace" and suffered mightily in our climbs to Monte Romano.

We vowed to get an early start, and departed the next morning at 6:00am; this time we hardly noticed the heat, and climbed from Casaletto to the volcanic crater rim and down into the caldera to Lago di Vico, a famous volcanic lake. Here we swam and relaxed in the campground in quite an idyllic setting.

The next day we had Lago di Bracciano as our intended destination, but we had heard the previous night that Lynn and Vale would be biking into Flaminia today, which is the campground north of Rome. Upon reaching Civita Castellana, I suggested to Piero we could skip the visit to the lake and take Via Flaminio, the Roman road which leads directly to Rome. Piero and I made great time along this well paved highway.

We spent three nights at Flaminia, biking from there into Rome on the bike trail. It was quite an experience to visit Saint Peter’s, the Roman Forum, and the Colliseum by bicycle. Another day we visited the Sistene Chapel and the Vatican Museums by bus, and also enjoyed the Fountain of the Four Rivers and the Trevi Fountain as we walked around the city. Finally, on the last day we got some bike boxes and packed up the bikes - a 3 or 4 hour process involving extra boxes as well as some cutting and taping. The trip back was exhausting, to say the least, since to prepare for our early departure we started off by spending the night in the Leonardo da Vinci Airport in Rome! Vale flew back to Hamburg, while Lynn and I returned to Denver via Frankfurt and O’Hare.

Our Italian trip was fantastic, but in retrospect I certainly would time it differently. With Piero’s teaching schedule July was the month of choice, and it proved to be hot and sticky, particularly the last half of the month. If I had my druthers I would do it in the Spring or Fall. Piero was a fantastic guide, though, and proved indispensible in finding a good route. In any case we wouldn’t have experienced Italy through his eyes, which made such an amazing difference.

Chet Rideout

Chetride@aol.com